Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21524 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21524 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11361-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale -nonché contro
RAGIONE_SOCIALE;
ricorrente principale – controricorrente incidentale –
Oggetto
Contratto agenzia -patto non concorrenza
R.G.N. 11361/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
avverso la sentenza n. 663/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 02/09/2019 R.G.N. 677/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Corte d’appello di Bologna ha accolto l’appello di NOME COGNOME e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, volta ad ottenere la condanna dell’ex agente al pagamento della penale prevista per la violazione del patto di non concorrenza.
La Corte territoriale ha individuato la materia del contendere alla stessa devoluta come circoscritta alla ‘operatività del patto di non concorrenza post contrattuale, di cui all’articolo 12, co. 2 e 3 del mandato di agenzia e della penale di cui al l’art. 12, co. 4’. Ha dato atto della mancata riproposizione da parte della società appellata della questione inerente alla violazione del patto di non concorrenza, ad opera dell’agente, già nel corso del periodo di preavviso.
Ha accertato che la società non aveva corrisposto, contestualmente alla cessazione del rapporto e nonostante la richiesta dell’agente in data 4 marzo 2013, l’indennità corrispettiva del patto di non concorrenza, ciò in palese violazione dell’art. 1751bi s c.c. che ne prevede il pagamento ‘in occasione della cessazione del rapporto di agenzia’ e di quanto statuito dagli A.e.c. del 2009, confermati dal nuovo accordo del 10 marzo 2010, secondo cui il pagamento del corrispettivo deve avvenire ‘inderogabilment e in un’unica soluzione alla fine del rapporto’. Ha ritenuto che l’adempimento della preponente condizionasse l’operatività stessa del patto di non concorrenza e che fosse quindi fondata l’eccezione dell’agente, di non essere
obbligato al pagamento della penale a causa dell’inadempimento del patto imputabile alla preponente.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi. NOME COGNOME COGNOME COGNOME con controricorso e ricorso incidentale con un unico motivo. La società ha depositato controricorso in replica al ricorso incide ntale. È stata depositata memoria nell’interesse del COGNOME.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Ricorso principale della RAGIONE_SOCIALE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 329 c.p.c., per avere la Corte d’Appello ritenuto precluso l’apprezzamento della circostanza di fatto, emersa nel giudizio di primo grado, che il COGNOME fosse inadempiente al patto di non concorrenza ultra-attivo nel momento stesso in cui cessava il suo rapporto con la preponente, e lo fosse stato anche prima, durante il periodo di preavviso. E per avere, il giudice a quo, ritenuto di non essere obbligato a (anzi di doversi astenere dal) tener conto di quelle circostanze in quanto incontestabilmente accertate.
Con il secondo motivo è dedotto, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, cioè l’avere il COGNOME iniziato a lavorare per una impresa concorrente quando il contratto con RAGIONE_SOCIALE non era ancora cessato e l’essere stato in forza alla medesima impresa concorrente contemporaneamente alla cessazione del contratto.
Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, cioè l’avere in ogni caso il COGNOME reclamato l’indennità corrispettiva del patto di non concorrenza successivamente alla cessazione del rapporto con RAGIONE_SOCIALE, mentre già a tale patto si era reso inadempiente.
Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. stante l’inapplicabilità della norma alle fattispecie in cui l’eccipiente l ‘inadimpleti contractus sia debitore di una prestazione ‘di non fare”.
Con il quinto motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per totale assenza di motivazione su un punto nodale della controversia, ossia il perché, in tema di patto di non concorrenza ultra-attivo, l’obbligo di pagamento della corrispettiva indennità non possa essere “sganciato” dal dovere di non concorrenza.
Con il sesto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art. 1460, 1175 e 1375, 1206 c.c., di per sé considerati e in relazione all’art. 1751-bis c.c., e dell’art. 7 dell’Accordo Economico Collettivo 16.02.2009 del settore commercio (e/o dell’Accordo Economico Collettivo 10.03.2010 del settore commercio), per avere la Corte d’appello errato nell’interpretare le citate disposizioni valorizzando l’elemento cronologico anziché i rapporti di proporzionalità e corrispettività tra le prestazioni non adempiute.
Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Col motivo in esame si denuncia la violazione del principio ” tantum devolutum quantum appellatum “. Si tratta della denuncia di un error in procedendo che abilita questa Corte
all’esame diretto degli atti processuali, ferma la ammissibilità del motivo (v. Cass. n. 11738 del 2016; n. 23834 del 2019; Cass., S.U. n. 8077 del 2012), nella specie sussistente essendo lo stesso corredato della trascrizione per estratto degli atti processuali su cui le censure si fondano e del deposito degli stessi in allegato al ricorso per cassazione (v. Cass. S.U. n. 8950 del 2022; Cass. n. 12481 del 2022). Secondo la tesi della società ricorrente, la sentenza di primo grado aveva accertato l’inadempi mento del COGNOME in costanza del rapporto di agenzia, ed esattamente che lo stesso aveva iniziato a lavorare per la concorrenza quando il contratto con la RAGIONE_SOCIALE non era ancora cessato o contemporaneamente alla cessazione dello stesso; tale accertamento era incontestato e di esso la Corte d’appello avrebbe dovuto tenere conto quale elemento decisivo per la soluzione della controversia.
14. Contrariamente all’assunto della società, la Corte d’appello ha correttamente interpretato la sentenza di primo grado ritenendo che la stessa avesse accertato la violazione dell’obbligo di non concorrenza, da parte dell’agente, dopo la cessione del rapporto. Il tribunale, nella ricostruzione fattuale, ha sottolineato che l’agente non aveva contestato ‘di essersi recato, dopo la cessazione del rapporto, presso anche solo alcuni dei clienti meglio indicati in ricorso poi passati alla concorrenza (NOME)’ e che quindi non aveva ‘nega(to) di essere passato alla NOME, anche solo a rapporto cessato’ (p. 2, § 3.1.). Inoltre, nell’effettuare la valutazione comparativa dei rispettivi inadempimenti e facendo proprie le considerazioni svolte dalla società nelle note finali, il tribunale ha rilevato la ‘mancanza di necessaria ‘contemporaneità’ tra le prestazioni relative alle obbligazioni rispettivamente assunte dalle parti: una (quella del preponente) dovuta in un un’unica soluzione,
come dicono i reclamanti, al momento stesso della cessazione del contratto, l’altra (quella dell’agente) dovuta per tutto il tempo corrispondente alla durata del vincolo di non concorrenza postcontrattuale’ (p. 4, primo cpv.).
15. La sentenza di primo grado è stata impugnata unicamente dal COGNOME che ha denunciato la violazione dell’art. 1460 c.c. e l’erronea interpretazione della clausola contrattuale in tema di penale per la violazione del patto di non concorrenza ultra-attivo (così riassunto nella memoria di costituzione in appello della RAGIONE_SOCIALE, p. 3). La società non ha riproposto, con appello incidentale, la questione dell’inadempimento dell’agente in corso di rapporto ma si è limitata a replicare ai motivi di ricorso avversari, aggiungendo, quale mero argomento difensivo volto a paraliz zare la dedotta violazione dell’art. 1460 c.c., che ‘quand’anche le due obbligazioni (non fare e pagare) fossero interdipendenti e la correlativa indennità dovesse davvero essere liquidata contestualmente allo scioglimento del rapporto, in quel momento il COGNOME non aveva alcun diritto di percepirla, essendosi già reso inadempiente in via assorbente e irreversibile’ (v. memoria p. 8, terzultimo cpv.).
La Corte di merito ha quindi correttamente applicato il principio ” tantum devolutum quantum appellatum “, considerando accertata dal primo giudice e devoluta dall’appellante unicamente la questione dell’inadempimento dell’agente in epoca successiva alla cessazione del contratto di agenzia.
Respinto il primo motivo di ricorso, risultano assorbiti il secondo e il terzo motivo che ripropongono il tema dell’inadempimento anteriore alla conclusione del contratto.
I motivi di ricorso dal quarto al sesto, da trattare congiuntamente, sono invece fondati e devono trovare accoglimento.
Secondo il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, il giudice, ove venga proposta dalla parte l’eccezione ” inadimplenti non est adimplendum “, deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui, qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art. 1455 c.c., deve ritenere che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia di buona fede e quindi non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460, comma 2, c.c. (v. Cass. n. 11430 del 2006; n. 22626 del 2016; n. n. 14986 del 2021; 36295 del 2023).
La Corte d’appello ha omesso tale valutazione di proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti poiché ha considerato l’anteriorità cronologica del mancato pagamento dell’indennità da parte della preponente come di per sé idonea a legittimare la libera zione dell’agente dall’obbligo di non concorrenza e quindi dall’obbligo di pagamento della penale in caso di inadempimento, addirittura considerando l’obbligo della società di pagare l’indennità come contestuale alla cessazione del rapporto e tale adempimento condizione per la operatività stessa del patto di non concorrenza.
In tal modo la Corte d’appello ha violato anzitutto l’art. 1751bis c.c. dando dello stesso una interpretazione errata.
22. L’interpretazione è errata dal punto di vista letterale atteso che l’art. 1751bis prevede l’obbligo di corrispondere l’indennità ‘in occasione della cessazione del rapporto’, con una formula ampia che non individua quale scadenza l’esatto momento di cessazione del rapporto.
23. In senso analogo è la disciplina dettata dagli Aec. Essi, quando stabilisco che l’indennità deve essere corrisposta ‘inderogabilmente in un’unica soluzione alla fine del rapporto’ esigono come inderogabile l’unicità della soluzione e non il momento di pagamento come necessariamente coincidente con la cessazione del rapporto.
24. Inoltre, dal punto di vista logico, se si ritenesse, come ha fatto la Corte di merito, che l’obbligo della preponente di pagare l’indennità deve inderogabilmente essere adempiuto al momento di risoluzione del rapporto, si eliminerebbe a priori la possibilità di configurare una violazione del patto di non concorrenza post contrattuale, che dovrebbe esistere già al momento di cessazione del rapporto o realizzarsi istantaneamente in tale momento, il che non è plausibile.
25. Per effetto della errata interpretazione dell’art. 1751bis c.c., i giudici di appello hanno violato anche l’art. 1460 c.c., omettendo del tutto il giudizio di proporzionalità in un caso in cui è acclarata la violazione del patto da parte dell’agente in epoca successiva alla cessazione del rapporto.
26. Le considerazioni svolte conducono all’accoglimento dei motivi dal quarto al sesto del ricorso principale, risultando infondato il primo motivo e assorbiti sia il secondo e il terzo motivo del ricorso principale e sia il ricorso incidentale che verte sulla regolazione delle spese processuali nel giudizio di appello. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla medesima Corte
d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie i motivi dal quarto al sesto del ricorso principale, rigetta il primo motivo e dichiara assorbiti i residui motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C orte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nell’adunanza del 12 giugno 2024