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Patto leonino: quando la clausola di garanzia è valida?

Una società holding ha contestato un’obbligazione di pagamento derivante da una permuta azionaria, sostenendo che la clausola di indennizzo costituisse un patto leonino vietato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la clausola è valida. La Corte ha chiarito che il divieto si applica solo quando l’esclusione di un socio dalle perdite è totale e costante. In questo caso, la garanzia era limitata nel tempo e parte di un’operazione più ampia, configurandosi come una legittima opzione ‘put’ all’interno di un patto parasociale.

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Patto Leonino: Quando la Garanzia sulle Azioni è Legittima?

Il divieto di patto leonino, sancito dall’articolo 2265 del Codice Civile, rappresenta un pilastro del diritto societario italiano, volto a impedire che un socio sia escluso totalmente dalla partecipazione ai rischi e ai profitti dell’impresa. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre scontata, specialmente nel contesto di complesse operazioni finanziarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’analisi cruciale sui confini di questo divieto, distinguendo le clausole nulle da quelle legittime, come le opzioni put inserite in patti parasociali.

I Fatti del Caso: Una Permuta Azionaria con Garanzia

La vicenda trae origine da un contratto di permuta azionaria. Una società holding aveva acquisito le partecipazioni di alcuni soci in una società, cedendo in cambio proprie azioni di un’altra società quotata. Il contratto conteneva una clausola di indennizzo (art. 5, lettera b) a favore dei soci cedenti: se, entro un determinato periodo, il valore delle azioni ricevute fosse sceso al di sotto di un prezzo pattuito (1,00 euro per azione), la società acquirente si impegnava a versare loro la differenza.

Al verificarsi di tale condizione, i soci beneficiari hanno richiesto il pagamento dell’indennizzo. La società holding si è opposta, sostenendo la nullità della clausola, poiché, a suo dire, essa configurava un patto leonino, escludendo di fatto i nuovi soci da ogni rischio di perdita legato alle azioni ricevute.

La Questione Giuridica e il Divieto di Patto Leonino

Il nucleo della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’art. 2265 c.c., che sancisce la nullità del patto “con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. La società ricorrente sosteneva che la garanzia di un valore minimo delle azioni eliminava completamente il rischio d’impresa per i beneficiari, addossandolo interamente su di essa. Questo, secondo la sua tesi, alterava la causa stessa del contratto di società, che presuppone la condivisione del rischio imprenditoriale.

I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, avevano respinto questa tesi, qualificando la clausola come una valida e meritevole opzione put, inserita in un contesto più ampio di una permuta azionaria. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: i Criteri per Escludere il Patto Leonino

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la validità della clausola e fornendo un’importante lezione sui limiti del divieto di patto leonino.

Patto Parasociale e Opzione Put: Strumenti Legittimi

In primo luogo, la Corte ha inquadrato la clausola nell’ambito dei patti parasociali. Questi accordi, ormai pienamente riconosciuti dall’ordinamento (art. 2341-bis c.c.), consentono ai soci di regolare i propri interessi in modo complementare allo statuto societario. Un’opzione put, che garantisce a un socio la possibilità di cedere la propria partecipazione a un prezzo predeterminato, è uno strumento legittimo all’interno di questi patti, finalizzato a stabilizzare gli assetti proprietari e a incentivare operazioni di investimento.

I Requisiti del Patto Leonino: Esclusione “Totale e Costante”

Il punto cruciale della decisione risiede nella definizione dei requisiti che rendono un patto “leonino”. La Cassazione, richiamando suoi precedenti consolidati (tra cui la sentenza n. 17498/2018), ha ribadito che per violare il divieto, l’esclusione dal rischio (o dagli utili) deve essere totale e costante.

Nel caso di specie, questi requisiti non erano soddisfatti perché:
1. L’esclusione non era costante: la garanzia era limitata a un periodo di tempo ben definito e non copriva l’intera durata della partecipazione sociale.
2. L’esclusione non era totale: la clausola era inserita in un contratto di permuta e fungeva da garanzia su una specifica operazione di scambio, non escludendo i soci da ogni altro rischio o utile derivante dalla loro qualità di soci.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la nullità del patto leonino è legata alla sua capacità di stravolgere la causa societatis, ovvero lo scopo fondamentale del contratto di società che consiste nel dividersi gli utili e condividere i rischi. Una clausola come quella in esame non altera la causa del contratto, ma si inserisce in una più ampia operazione economica (la permuta), bilanciando gli interessi delle parti. Non si trattava di un socio esentato per sempre da ogni perdita, ma di una parte contrattuale che, in un’operazione specifica, aveva ottenuto una garanzia a tempo determinato sul valore dei beni ricevuti in cambio. L’accordo, quindi, non solo era valido, ma anche meritevole di tutela secondo l’autonomia contrattuale delle parti (art. 1322 c.c.).

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per la prassi societaria e finanziaria. Si conferma che non tutte le clausole che proteggono un socio dalle perdite sono nulle. La validità di tali patti dipende dal contesto e dalle loro caratteristiche. In particolare, le opzioni put e altre forme di garanzia sono legittime quando sono temporanee, condizionate e funzionali a operazioni complesse come finanziamenti, acquisizioni o, come in questo caso, permute. La decisione offre quindi maggiore certezza giuridica agli operatori, chiarendo che il divieto di patto leonino deve essere interpretato in modo rigoroso, sanzionando solo le pattuizioni che annullano completamente e permanentemente il rischio d’impresa per uno dei soci.

Che cos’è un patto leonino secondo la Corte di Cassazione?
È un accordo che determina uno stravolgimento totale e costante del ruolo del socio. L’esclusione dalle perdite (o dagli utili) deve essere completa, alterando la causa del contratto di società, e tendenzialmente irreversibile per tutta la durata della partecipazione del socio.

Perché la clausola di indennizzo nel caso esaminato non è stata considerata un patto leonino?
Perché non possedeva i caratteri dell’assolutezza e della costanza. La garanzia era limitata a un preciso arco temporale e inserita in una più ampia operazione di permuta azionaria. Pertanto, non escludeva i soci dal rischio d’impresa in modo permanente e totale, ma forniva una tutela specifica e circoscritta.

Un’opzione ‘put’ che garantisce a un socio di rivendere le proprie azioni allo stesso prezzo di acquisto è valida?
Sì, secondo la giurisprudenza citata dalla Corte, un patto di opzione ‘put’ è generalmente lecito e meritevole di tutela. È considerato un valido patto parasociale, spesso utilizzato per incentivare operazioni di finanziamento o investimento, e non viola di per sé il divieto di patto leonino, a meno che non realizzi un’esclusione totale e costante dal rischio d’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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