Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30921/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 5315/2020 depositata il 28/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1. La società RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di € 194.000,00, oltre IVA e interessi determinati ai sensi del d.lgs. n.231/2002, fondato sulle fatture nn. 96 e 116 del 2008, emesse in forza della scrittura privata del 14.9.2007, sottoscritta nell’ambito del rapporto di cui al contratto di affidamento in concessione del 4.12.2006 concluso dal Comune RAGIONE_SOCIALE Sassari con il RAGIONE_SOCIALE (costituito dalle odierne parti e da altre società con atto del 19.9.2006) per la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione del cimitero comunale “San Paolo” di Sassari, a seguito dell’aggiudicazione di un contratto di appalto dall’importo di € 31.223.545,00.
1.1 Con scrittura del 19.9.2006, la società RAGIONE_SOCIALE aveva manifestato la propria volontà di non partecipare ai lavori oggetto del capitolato d’appalto predisposto dal Comune di Sassari e la RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a tenere indenne la stessa RAGIONE_SOCIALE da qualunque pretesa che il Comune avrebbe potuto formulare in relazione al contratto predetto. Il 15.9.2007 la RAGIONE_SOCIALE aveva informato la società opponente, l’RAGIONE_SOCIALE e il Comune RAGIONE_SOCIALE Sassari di non essere più interessata all ‘ esecuzione dei lavori affidati al RAGIONE_SOCIALE; con nota successiva alla scrittura del 14.9.2007, con la quale la società opposta si era dichiarata disponibile a non eseguire i lavori per la quota del 31% ad essa spettante e la RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a corrisponderle la somma di (290.000,00 oltre IVA) per la collaborazione sino ad allora prestata, da versare in tre rate, di cui le prime due di € 96.000,00 (con scadenze al 30.4.2008 e al 31.10.2008, la prima delle quali già versata) e la terza di €
98.000,00, con scadenza al 31.1.2009. Con sentenza n.967/2009, il TAR Sardegna – a seguito di ricorso presentato da altra RAGIONE_SOCIALE aveva annullato l’aggiudicazione della concessione al RAGIONE_SOCIALE.
1.2 L’opponente aveva preliminarmente dedotto l’incompetenza del Tribunale adito e aveva, quindi, sostenuto l’infondatezza della pretesa, in quanto la scrittura privata doveva considerarsi nulla e priva di causa, perché nessuna prestazione era stata eseguita dalla ditta opposta in attuazione dell’affidamento. Sicché aveva chiesto la revoca del decreto opposto e formulato domanda riconvenzionale con la quale aveva chiesto la restituzione della somma già versata o, in via subordinata, aveva chiesto la diminuzione della somma ingiunta, in proporzione all’indennizzo riconosciuto al consorzio per i soli lavori già svolti.
La RAGIONE_SOCIALE si era costituita chiedendo il rigetto di tutte le avverse domande.
Il Tribunale aveva rilevato l’infondatezza del l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dall’opponente sulla base del criterio rappresentato dalla collocazione della sede amministrativa della RAGIONE_SOCIALE e, nel merito, aveva ritenuto che il credito azionato trovasse il proprio fondamento in una scrittura privata sottoscritta da entrambe le parti, con la quale la RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a corrispondere la somma di € 290.000,00 per la collaborazione prestata, al fine di regolare i rispettivi rapporti di dare/avere, dopo la rinuncia della RAGIONE_SOCIALE alla partecipazione all’ATI. Dunque, l’opposizione andava rigettata così come la domanda riconvenzionale fondata sui medesimi presupposti in quanto la prestazione indicata nella scrittura privata era il
compenso per l’attività già svolta e non era riconducibile all’importo complessivo del contratto.
4. La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Cassino censurandola per non avere preso in considerazione l’argomentazione inerente alla nullità della scrittura privata del 14.9.2007 per mancanza ovvero per illiceità della causa o dei motivi in quanto – mediante la relativa stipulazione – si sarebbe pattuito il diritto della RAGIONE_SOCIALE ad ottenere una prestazione patrimoniale pur in assenza di qualsiasi effettiva partecipazione di tale impresa tanto alla fase preparatoria rispetto all’aggiudicazione quanto a quella successiva (e ciò anche in forza della dichiarazione, sottoscritta in pari data dalla RAGIONE_SOCIALE, con la quale la stessa società appellante prendeva atto della volontà della RAGIONE_SOCIALE di non prendere parte all’esecuzione delle opere oggetto del contratto).
Secondo la Corte d’Appello, pur in assenza di qualsiasi attività operativa spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE, la somma quantificata nella scrittura privata del 14.9.2007 era stata comunque riconosciuta quale corrispettivo per la partecipazione della medesima all’ATI, dopo che altra impresa aveva fatto venire meno la propria disponibilità, allo scopo di assicurare che il raggruppamento fosse dotato dei requisiti soggettivi previsti dalla normativa di settore al fine di aggiudicarsi l’affidamento dei lavori. Doveva ritenersi, ai fini di una valutazione della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti (in riferimento alla disposizione generale contenuta nell’art.1322 cod.civ.), che il riconoscimento – da parte della società capogruppo – di una remunerazione per la sola disponibilità alla partecipazione all’atto costitutivo dell’ATI, con la specifica finalità
di assicurare al raggruppamento temporanea la sussistenza dei requisiti soggettivi per la partecipazione a procedure ad evidenza pubblica, non potesse essere ritenuto né privo di causa e né valutabile come sostenuto da causa o da motivo illecito. Di conseguenza, non poteva ritenersi illecito l’accordo medesimo nella parte in cui riconosceva alla società medesima il diritto alla corresponsione di una controprestazione patrimoniale.
Infondata era altresì la deduzione, formulata in via subordinata, finalizzata alla pronuncia della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione ai sensi dell’art. 1463 cod. civ., ciò in quanto, come risultava dagli atti, alla dichiarazione di illegittimità della procedura di aggiudicazione non era però seguita quella della inefficacia del relativo contratto (in relazione agli artt.121 e ss. del codice del processo amministrativo), non essendo intervento il subentro dell ‘i mpresa vittoriosa nel procedimento celebrato in sede di giurisdizione amministrativa.
5.. RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso
La società ricorrente, con memoria depositata in prossimità dell’udienza , ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c. incostituzionalità degli artt. da 62 a 72 della l. 9.8.2013, n.
98, che ha convertito il d.l. 21.6.2013, n. 69, in relazione agli artt. 102 e 106 della Costituzione.
La sentenza impugnata sarebbe nulla per vizio di costituzione del Giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., atteso che al Collegio Giudicante ha partecipato anche un giudice ausiliario in virtù degli artt. da 62 a 72 della l. n. 98 del 2013 viziati da illegittimità costituzionale.
1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.
Come evidenziato anche dalla stessa ricorrente nella memoria la questione è stata risolta dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 41 del 2021 che ha stabilito l ‘illegittimità costituzionale delle norme indicate in rubrica solo a decorrere dal 31 ottobre 2025.
Deve farsi applicazione del seguente principio di diritto: A seguito della sentenza della Corte Cost. n. 41 del 2021, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quelle disposizioni, contenute nel d.l. n. 69 del 2013 (conv. con modif. nella l. n. 98 del 2013), che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo “status” di componente dei collegi nelle sezioni delle corti di appello, queste ultime potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari, fino a quando, entro la data del 31/10/2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a quel momento, infatti, la temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto è volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili. (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 32065 del 05/11/2021, Rv. 662813 – 01).
Ric. 2020 n. 30921 sez. S2 – ud. 02/10/2024
Ne consegue l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1322, 1343, 1344 e 1345 c.c., nonché degli arti. 8, 13, commi 1 e 5, della l. 11.2.1994, n. 109, e dell’art. 93, comma 4, del d.p.r. 21.12.1999, n. 554.
Secondo parte ricorrente sarebbe nullo l’accordo con il quale era stato pattuito un corrispettivo in favore di RAGIONE_SOCIALE per la mera partecipazione all’ATI, al fine di integrarne i requisiti necessari per l’aggiudicazione e per la stipula del contratto, con l’intesa che essa non avrebbe eseguito alcuna opera.
Nell’ambito dei contratti pubblici vige il principio della necessaria e perfetta corrispondenza tra quote di partecipazione all’ATI e quote di esecuzione dei lavori da parte di ciascuna associata nel raggruppamento temporaneo di imprese. Si tratterebbe di un “precetto imperativo” come affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “non può dubitarsi che siano affette da nullità (ex art. 1418 c.c., comma 1; nullità c.d. virtuale) le pattuizioni che vengano a opporsi, o comunque intendano derogare, al detto principio di corrispondenza”.
Il medesimo precetto risultava già sancito -nel regime ratione temporis applicabile alla vicenda in esame – dagli artt. 8, 13, commi l e 5, della L. 11.2.1994, n. 109, e dall’art. 93, comma 4, del D.P.R. 21.12.1 999, n. 554, come pacificamente ritenuto in giurisprudenza. In particolare, l’art. 93, comma 4, del D.P.R. n. 554/1999 stabiliva che “le imprese riunite in associazione temporanea devono eseguire i lavori nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.
Un patto interno al l’ ATI, mirante ad estromettere dall’esecuzione dei lavori una o più delle imprese riunite, costituirebbe un negozio in frode alla legge, ai sensi dell’art. 1344 cod. civ. come stabilito dalla Corte di cassazione in altro precedente.
RAGIONE_SOCIALE subentrò nell ‘ ATI in sostituzione di un’altra impresa che era venuta meno prima della stipula del contratto con il Comune, con conseguente necessità di integrare i requisiti finanziari e tecnici dell’ATI, a pena di revoca dell ‘ aggiudicazione. RAGIONE_SOCIALE, nel rendersi disponibile a partecipare all ‘ ATI, dichiarò fin da subito di non voler eseguire alcun lavoro e tanto meno assumere la gestione del servizio cimiteriale di cui si discute, come documentato nella scrittura del 19.9.2006. Nell’accordo del 14.9.2007 (nullo in sé ed anche in via derivata per effetto della illiceità della precedente intesa, richiamata nello stesso) venne riconosciuto in favore di RAGIONE_SOCIALE un importo di 290.000,00 euro “per la collaborazione prestata ” e cioè in realtà per aver messo a disposizione dell’ATI i propri requisiti, ai fini della stipula del contratto di concessione con il Comune.
Secondo parte ricorrente tutta la normativa dettata dal Codice dei contratti pubblici – e, prima di questo, dalla L. n. 109/ 1994 ha carattere inderogabile e imperativo, in quanto volta alla tutela dell ‘ interesse pubblico connesso a detti lavori. Al riguardo, è stato evidenziato dalla Suprema Corte che il riferimento all’ art. 1322 c.c. – invocato anche nella sentenza impugnata – risulta “assolutamente inidoneo a fondare un giudizio di legittimità e di meritevolezza” della diversa (rispetto alla specifica previsione legale) regolamentazione interna tra i soggetti partecipanti all’ATI,
considerati “i profili di natura pubblicistica ” della normativa di cui si tratta (Cass., Sez. l, 23.1.2012, n. 837). Tale pronuncia richiama, sul punto, una più risalente pronuncia della Suprema Corte (la n. 7287 del 7.8. 1977), secondo cui “è affetto da nullità l’accordo interno fra le singole imprese in forza del quale taluna di esse viene esclusa dall’esecuzione dei lavori appaltati”, come quello di cui si controverte nella presente causa.
Risulterebbero, pertanto, violati e falsamente applicati gli artt. 1418 e 1322 c.c., avendo la sentenza impugnata ritenuto erroneamente valido un accordo che contrasta apertamente con le disposizioni di ordine pubblico della L. n. 109/1994 e del D.P.R. n. 554/1999 dianzi ricordate, aventi natura imperativa e inderogabile, con conseguente violazione e falsa applicazione anche di queste ultime disposizioni. Parimenti violati sarebbero anche gli artt. 1343 c.c., a mente del quale è “illecita” la causa del contratto “quando è contraria a norme imperative, al! ‘ordine pubblico o al buon costume”, nonché gli artt. 1344 c.c. e 1345 c.c.
Dalla nullità de ll’ accordo del 14.9.2007 deriverebbe l’ infondatezza della pretesa di RAGIONE_SOCIALE e la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con conseguente obbligo per la stessa di restituire alla ricorrente l’importo ricevuto.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affrontare, con riferimento alla disciplina ratione temporis applicabile, la questione relativa alla legittimità o validità di un patto interno tra le imprese partecipanti ad un raggruppamento temporaneo che consenta una diversa ripartizione dei lavori rispetto a quanto indicato all’amministrazione al momento della offerta per la partecipazione alla gara.
In più di un’occasione, con indirizzo cui il Collegio intende dare continuità, si è detto che: In tema di appalti pubblici, è nullo il patto parasociale intercorso tra i concorrenti riuniti in ATI, che non rispecchi la percentuale di partecipazione ai lavori indicata nel documento presentato in sede di offerta, in forza dell’art. 37 del d.lgs. n. 163 del 2006 – nel testo applicabile “ratione temporis” prima delle modifiche introdotte dal d.l. n. 47 del 2014, conv. con modif. dalla l. n. 80 del 2014 -, a tenore del quale la mancata corrispondenza tra partecipazione all’ATI ed esecuzione dei lavori comporta la “nullità del contratto”, trattandosi di precetto imperativo non derogabile dall’autonomia delle parti ( Sez. 1, Sent. n. 28978 del 2019, vedi anche Sez. 1, Sent. n. 837 del 2012, nonché con riferimento alla disciplina previgente Sez. 1, Sent. n. 7287 del 1997).
Si è infatti sottolineato che la normativa del codice dei contratti pubblici vigente all’epoca e applicabile anche al caso in esame disponeva, in particolare, che «devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti» (comma 4 dell’art. 37); che «è vietata qualsiasi modificazione della composizione dei raggruppamenti … rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta»; che «i concorrenti riuniti in raggruppamento devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento» (comma 13 dell’art. 37). Da questo insieme normativo emerge chiaro che la disciplina dell’epoca poneva -quale interesse pubblico sotteso alla regolamentazione della materia – non già il mero obiettivo di evitare che, in corso d’opera, si verificassero improprie sostituzioni
soggettive. Assumeva a proprio principio, piuttosto, quello della corrispondenza tra quote di partecipazione all’ATI e quote di esecuzione dei lavori. A tal proposito nel citato precedente si richiamava anche la decisione 28 agosto 2014 del Consiglio di Stato (in adunanza plenaria), che aveva rilevato che il rispetto di tale corrispondenza era tale da imporsi «già nella fase dell’offerta», costituendo la relativa dichiarazione requisito di ammissione alla gara e non contenuto di obbligazione da far valere solo in sede di esecuzione del contratto. La stessa pronuncia del giudice amministrativo aveva segnalato che la corrispondenza in discorso esprime «un precetto imperativo che introduce un requisito di ammissione» e che la normativa del codice deve «intendersi corrispondentemente eterointegrata ai sensi dell’art. 1339 cod. civ., sicché la sua inosservanza determina l’esclusione dalla gara».
Del resto, la disciplina contenuta nell’art. 37 è anche univoca nel prescrivere che il mancato rispetto del requisito della corrispondenza tra partecipazione all’ATI e l’esecuzione dei lavori comporta «annullamento della gara, nullità del contratto, esclusione dei concorrenti riuniti in associazione».
Poste queste premesse, non può dubitarsi che siano affette da nullità (ex art. 1418, comma 1, cod. civ.; nullità c.d. virtuale) le pattuizioni che vengano a opporsi, o comunque intendano derogare, al suddetto principio di corrispondenza (in relazione al periodo di vigenza del medesimo). In tal caso infatti il suddetto accordo interno fra le singole imprese in forza del quale taluna di esse viene esclusa dall’esecuzione dei lavori appaltati è idoneo a frustrare lo scopo principale della temporanea associazione, ravvisabile nell’esigenza di assicurare, attraverso il concorso degli
apporti di tutte le imprese, il buon andamento e il risultato finale dei lavori appaltati, altrimenti compromessi dalla (presupposta) inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari in possesso delle imprese singole, onde la mancata realizzazione di un siffatto scopo configura un’ipotesi di frode in danno dell’amministrazione committente per elusione di norme imperative con conseguente nullità dell’accordo costituente lo strumento per tale elusione.
2.2 Alla luce dei richiamati precedenti deve affermarsi l’erroneità della decisione della Corte d’Appello che ha confermato quella del Tribunale circa la meritevolez za dell’accordo di cui alla scrittura privata del 2007 intercorso tra la società ricorrente e la società RAGIONE_SOCIALE, con il quale le parti avevano pattuito da un lato che la RAGIONE_SOCIALE rinunciava allo svolgimento dei lavori ad essa spettanti per il 31 per cento e che la RAGIONE_SOCIALE riconosceva a quest’ ultima per la collaborazione già prestata, consistente nella mera disponibilità a partecipare alla gara, la somma di 290.000 euro. Ne consegue che la censura proposta dalla ricorrente è fondata; il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 2 ottobre 2024.
LA PRESIDENTE NOME COGNOME