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Patto interno ATI: Nullo se viola le quote di lavoro

Una società costruttrice si opponeva al pagamento di una somma a un’altra impresa, previsto da un accordo per la sua partecipazione a un’Associazione Temporanea di Imprese (ATI) per un appalto pubblico. L’accordo prevedeva che l’impresa non avrebbe eseguito alcun lavoro, ma avrebbe solo ‘prestato’ i suoi requisiti. La Corte di Cassazione ha dichiarato nullo tale patto interno ATI, poiché viola il principio imperativo di corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione dei lavori, a tutela dell’interesse pubblico.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Patto Interno ATI: Nullo se Viola le Quote di Lavoro negli Appalti Pubblici

Un patto interno ATI che altera la ripartizione dei lavori rispetto a quanto dichiarato alla stazione appaltante è valido? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27703/2024, ha fornito una risposta netta: tali accordi sono nulli perché contrari a norme imperative. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale a tutela della trasparenza e del corretto funzionamento degli appalti pubblici. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società edile, che chiameremo Alfa, si era opposta a un decreto ingiuntivo emesso a favore di un’altra impresa, Beta. Il pagamento richiesto, pari a quasi 200.000 euro, si basava su una scrittura privata. L’accordo era nato nell’ambito della partecipazione a un consorzio per l’aggiudicazione di un importante appalto pubblico per la gestione di un cimitero comunale.

In sostanza, l’impresa Beta era subentrata in un’Associazione Temporanea di Imprese (ATI) per garantire il possesso dei requisiti necessari dopo il ritiro di un altro membro. Tuttavia, sin da subito, Beta aveva manifestato l’intenzione di non eseguire alcuna parte dei lavori. L’accordo contestato prevedeva il pagamento di una somma a Beta come compenso per la sua ‘collaborazione’, ovvero per aver messo a disposizione i propri requisiti per permettere all’ATI di stipulare il contratto con il Comune. La società Alfa, ricevuta la richiesta di pagamento per le rate restanti, sosteneva la nullità dell’accordo per mancanza di causa o per illiceità, dato che Beta non aveva svolto alcuna prestazione effettiva.

Il Percorso Giudiziario

Il Tribunale di primo grado aveva respinto l’opposizione di Alfa, ritenendo che il credito di Beta trovasse fondamento nella scrittura privata, considerata come un compenso per la collaborazione prestata e non legata all’esecuzione dei lavori.

Successivamente, la Corte d’Appello aveva confermato questa decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la somma era un corrispettivo legittimo per la partecipazione di Beta all’ATI, finalizzata ad assicurare al raggruppamento i requisiti soggettivi richiesti dalla legge per aggiudicarsi l’appalto. La Corte territoriale aveva escluso l’illiceità dell’accordo, inquadrandolo nell’ambito dell’autonomia contrattuale delle parti (art. 1322 c.c.).

Il Patto interno ATI e le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente le decisioni dei gradi precedenti, accogliendo il ricorso della società Alfa. Il punto centrale della decisione risiede nella violazione del principio imperativo, vigente nella normativa sugli appalti pubblici, della necessaria corrispondenza tra la quota di partecipazione di un’impresa all’ATI e la quota di lavori che la stessa è tenuta a eseguire.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha affermato che le norme sugli appalti pubblici, sia quelle vigenti all’epoca dei fatti (L. 109/1994 e D.P.R. 554/1999) sia quelle successive (D.Lgs. 163/2006), hanno carattere inderogabile. Queste disposizioni non mirano solo a regolare i rapporti tra privati, ma a tutelare l’interesse pubblico superiore. Tale interesse consiste nell’assicurare che i lavori vengano eseguiti da imprese che possiedono effettivamente i requisiti tecnici e finanziari dichiarati in sede di gara.

Un patto interno ATI che, come nel caso di specie, estromette di fatto un’impresa dall’esecuzione dei lavori, pur mantenendo formalmente la sua partecipazione per ‘coprire’ i requisiti, costituisce un negozio in frode alla legge (art. 1344 c.c.). Esso elude una norma imperativa e frustra lo scopo principale dell’associazione temporanea: unire le forze di più imprese per garantire il buon andamento e il risultato finale dell’opera pubblica.

La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui la mancata corrispondenza tra partecipazione all’ATI ed esecuzione dei lavori comporta la ‘nullità virtuale’ del patto (art. 1418 c.c.). L’autonomia contrattuale privata non può spingersi fino a derogare a principi di ordine pubblico posti a presidio della trasparenza e della corretta competizione nelle gare pubbliche.

Le Conclusioni

La Corte ha cassato la sentenza d’appello, stabilendo che l’accordo tra Alfa e Beta era nullo. Di conseguenza, la pretesa di pagamento di Beta era infondata. La decisione riafferma con forza che negli appalti pubblici la forma deve corrispondere alla sostanza. Le imprese che si uniscono in ATI devono partecipare effettivamente all’esecuzione dei lavori in proporzione alle quote dichiarate. Qualsiasi accordo segreto che alteri questa corrispondenza è illecito e non produce alcun effetto giuridico, rendendo inesigibili i crediti che ne derivano.

È valido un accordo interno a un’ATI che esonera una delle imprese dall’eseguire i lavori?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale patto è nullo. La legge sugli appalti pubblici impone una corrispondenza obbligatoria tra la quota di partecipazione all’ATI e la quota di lavori che ciascuna impresa deve eseguire.

Perché la corrispondenza tra quota di partecipazione e quota di esecuzione lavori in un’ATI è un principio inderogabile?
Perché questo principio tutela l’interesse pubblico. Assicura che le imprese che si aggiudicano l’appalto posseggano realmente e utilizzino i requisiti tecnici e finanziari dichiarati in gara, garantendo così la corretta e qualificata esecuzione dell’opera pubblica.

Quali sono le conseguenze della nullità di un patto interno ATI di questo tipo?
L’accordo nullo non produce alcun effetto legale. Ciò significa che qualsiasi pretesa di pagamento basata su tale patto è infondata. Se delle somme sono già state versate in esecuzione dell’accordo nullo, chi le ha ricevute è tenuto a restituirle.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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