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Patto di prova nullo se il lavoro era già svolto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha confermato la nullità di un patto di prova inserito in un contratto di lavoro, poiché la lavoratrice aveva già svolto le medesime mansioni per la stessa azienda nei mesi immediatamente precedenti l’assunzione formale. Secondo la Corte, la finalità del patto di prova, ovvero la sperimentazione reciproca tra le parti, era già stata soddisfatta. Di conseguenza, il licenziamento intimato durante tale periodo è stato dichiarato illegittimo, con condanna dell’azienda al risarcimento del danno.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Patto di Prova Nullo: Quando la Prova è Già Stata Superata

Il patto di prova è uno strumento fondamentale nel diritto del lavoro, pensato per consentire a datore e lavoratore di valutarsi a vicenda all’inizio di un nuovo rapporto. Ma cosa succede se questa valutazione è già avvenuta prima ancora della firma del contratto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, stabilendo che un patto di prova è nullo se il lavoratore ha già svolto le medesime mansioni per lo stesso datore di lavoro, rendendo illegittimo l’eventuale licenziamento durante tale periodo.

I Fatti del Caso: Un Rapporto di Lavoro Precedente

Il caso ha origine dalla controversia tra un’azienda e una sua dipendente. La lavoratrice era stata assunta con un contratto che prevedeva un periodo di prova, durante il quale era stata licenziata. La dipendente ha impugnato il licenziamento sostenendo che, nei mesi immediatamente precedenti all’assunzione formale, aveva già collaborato con la stessa azienda svolgendo esattamente le stesse mansioni per le quali era stata poi messa in prova.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla lavoratrice, dichiarando nullo il patto di prova e, di conseguenza, illegittimo il licenziamento. L’azienda, non accettando la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: La Nullità del Patto di Prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze dei gradi precedenti. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: la causa del patto di prova è la sperimentazione reciproca della convenienza del rapporto di lavoro. Se questa sperimentazione è già avvenuta, con esito positivo, attraverso una prestazione lavorativa precedente, il patto di prova successivo perde la sua funzione e deve considerarsi nullo.

L’irrilevanza della Qualificazione del Rapporto Precedente

Uno degli aspetti più interessanti della decisione riguarda l’irrilevanza della natura giuridica del rapporto di lavoro precedente. La Corte ha chiarito che non importa se la collaborazione precedente fosse un contratto a progetto, una prestazione autonoma o un altro tipo di accordo. Ciò che conta è che l’attività svolta in concreto sia stata la stessa, consentendo al datore di lavoro di verificare le competenze e le capacità del lavoratore. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva accertato che l’attività svolta prima e dopo l’assunzione formale era “del tutto sovrapponibile”.

I Limiti del Giudizio di Cassazione e il patto di prova

La Cassazione ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso con cui l’azienda cercava di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove testimoniali. I giudici hanno ricordato che il loro ruolo non è quello di un “terzo grado di giudizio” per riesaminare il merito della controversia, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. L’accertamento dei fatti, come la valutazione delle testimonianze o la comparazione delle mansioni svolte, spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione centrale della Corte si fonda sulla funzione stessa del patto di prova. Questo istituto non può essere utilizzato in modo pretestuoso per creare una via di recesso più semplice da un rapporto di lavoro già collaudato. La sua esistenza è giustificata solo dalla necessità di una verifica iniziale. Quando tale verifica è già intervenuta, per le medesime mansioni, tra le stesse parti, la causa del patto viene meno. La giurisprudenza è costante nell’affermare che l’apposizione di un patto di prova in queste circostanze è illegittima, poiché si tradurrebbe in un abuso dello strumento a danno del lavoratore.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del lavoratore contro un uso improprio del patto di prova. Per le aziende, emerge un chiaro monito: prima di assumere un collaboratore con cui si è già avuto un rapporto di lavoro, è essenziale valutare attentamente se le nuove mansioni siano effettivamente diverse da quelle già svolte. Se le attività sono le stesse, l’inserimento di un patto di prova nel contratto è un rischio significativo, poiché un eventuale licenziamento durante tale periodo potrebbe essere facilmente impugnato e dichiarato illegittimo, con conseguente obbligo di risarcimento. Per i lavoratori, questa decisione rappresenta un’importante conferma del principio secondo cui la sostanza del rapporto di lavoro prevale sulla forma contrattuale adottata.

Un patto di prova è sempre valido se inserito in un contratto di lavoro?
No, non è sempre valido. La sua validità è strettamente legata alla sua funzione, che è quella di permettere a datore di lavoro e lavoratore di sperimentare la convenienza del rapporto. Se questa sperimentazione è già avvenuta in un periodo precedente per le stesse mansioni, il patto è nullo.

Se ho già lavorato per un’azienda come consulente, possono assumermi con un patto di prova per le stesse mansioni?
Secondo i principi affermati dalla sentenza, no. Se le attività svolte in precedenza, anche con un contratto di natura diversa (es. consulenza o a progetto), sono di fatto le stesse del nuovo contratto di lavoro subordinato, il patto di prova è considerato illegittimo perché la verifica delle capacità del lavoratore è già stata effettuata.

Cosa succede se un’azienda licenzia un dipendente durante un patto di prova dichiarato nullo?
Il licenziamento viene considerato illegittimo. In tal caso, al lavoratore spetta una tutela risarcitoria. Nel caso esaminato dalla Corte, l’azienda è stata condannata al pagamento di un’indennità pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione, oltre agli accessori di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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