Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34771 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34771 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23218/2021 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
ZAULI (ZLACRL57E03D357U);
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti- nonché contro
COGNOME NOME COGNOME
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 2259/2021, depositata il 25/08/2021 e notificata il 26/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che quello stipulato in data 29/07/2005 tra NOME COGNOME da un lato, e NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dall’altro, fosse un valido patto di manleva, in base al quale questi ultimi si erano obbligati a tenere indenne NOME COGNOME <> relativi all’atto di conferimento del fondo RAGIONE_SOCIALE alla società agricola RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Forlì, con sentenza n. 741/2013, rigettava la domanda di accertamento negativo del credito preteso da NOME COGNOME, pari ad euro 148.758,00 (cioè all’importo richiesto dall’Agenzia delle Entrate per maggiori imposte e interessi) e accoglieva la domanda riconvenzionale di NOME COGNOME, ritenendo gli attori, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME obbligati a tenerlo indenne delle conseguenze patrimoniali dell’accertamento tributario, rigettava le altre domande riconvenzionali, perché il convenuto non aveva dimostrato di avere effettuato pagamenti a favore dell’erario.
La Corte d’Appello di Bologna, investita dell’impugnazione, in via principale, da NOME COGNOME e, in via incidentale, da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con la sentenza n. 2259/2021, depositata il 25/08/2021 e notificata il 26/08/2021, ha accolto l’appello incidentale e, per l’effetto, ha dichiarato nullo l’atto di cui alla scrittura privata del 29/07/2005
relativamente al patto di manleva avente ad oggetto l’imposta di registro ed ha rigettato ogni altro motivo di appello.
NOME COGNOME ricorre ora per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis -1 cod.proc.civ.
In data 2/04/2023 i controricorrenti hanno presentato istanza di cessazione della materia del contendere
NOME COGNOME ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Va esaminata in via prioritaria l’istanza di cessazione della materia del contendere avanzata dai controricorrenti, con richiesta di assegnare loro la vittoria di spese in base al principio di soccombenza virtuale, giustificata con il fatto che, in pendenza di lite, la richiesta dell’Agenzia delle entrate, alla era correlato il patto di manleva per cui è causa, è stata rigettata da Cass. 25/10/2021, n. 29858 (che ha cassato senza rinvio il decisum del giudice di merito e ha accolto il gravame di NOME COGNOME contro gli atti di imposizione) e da Cass. 2/11/2021, n. 31002 che ha accolto il gravame della società agricola Lapalina contro gli atti di imposizione.
NOME COGNOME con la memoria ex art. 380 bis 1 cod.proc.civ., si è opposto a detta istanza, insistendo per ottenere la refusione dei costi processuali del processo presupposto e dei tre gradi di questo giudizio, la cassazione della decisione d’appello nonché il risarcimento dei danni, attesa l’incedibilità dell’unico bene rimastogli perché attinto da ipoteche e vincolo a favore dell’Erario.
L’istanza dei controricorrenti merita accoglimento.
Il ricorso qui scrutinato riguarda in tutte le sue articolazioni il patto di manleva e la sua invocabilità nei confronti degli odierni controricorrenti.
Venuto meno l’obbligo impositivo cui detto patto era correlato è da ritenersi venuto meno l’interesse del ricorrente a coltivare il ricorso.
Ciò determina la declaratoria d ‘ inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, cui consegue la condanna alle spese del giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale che impone lo scrutinio dei motivi di ricorso al fine di accertare quale sarebbe stato l’esito del processo ove inammissibilità non fosse intervenuta.
Trova infatti applicazione il principio secondo cui la <> (Cass. 31/10/2023, n.30251 che applica i principi enunciati da Cass., Sez. Un., 10553 del 7/05/2009, n. 10553).
2) Va dunque esaminato il ricorso sia pure ai soli fini dell’accertamento della soccombenza virtuale.
Con il primo motivo si denunzia la violazione e/o falsa violazione dell’art. 62 d.p.r. n. 131/1986 e dell’art. 1418 cod.civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
Attinto da censura è l’intero ragionamento che ha indotto la Corte territoriale a ritenere nullo l’accordo intercorso tra le parti; ragionamento basato sui seguenti argomenti:
in presenza di un divieto espresso contenuto in specifiche norme tributarie, è nullo l’accordo volto ad attribuire ad un soggetto diverso da quello tenuto per legge il carico tributario: ciò è dimostrato dalla giurisprudenza di legittimità che ammette il patto di manleva delle imposte ICI, IMU e che non lo consente nel caso di INVIM (Cass., Sez. Un., n. 6882/2019), proprio perché nel primo caso, a differenza del secondo, l’autonomia privata non confligge con <>;
-nel caso di compravendita l’art. 57 del d.p.r. n. 131/1986, quanto all’imposta di registro, e l’art. 11 del d.lgs. n. 347/1990, quanto all’imposta ipotecaria e catastale, pongono il relativo pagamento a carico delle parti del contratto (e, quindi, nella specie, a carico di NOME COGNOME e alla società agricola alla quale il primo aveva conferito il Podere Palina);
la prevista nullità di ogni patto che realizzi il risultato vietato, cioè il trasferimento dell’imposta ad un soggetto diverso da quello tenutovi per legge, colpisce non solo il patto di manleva (in base al quale il tributo è pagato dal soggetto passivo e viene in seguito rimborsato dal manlevatore), ma anche <> (p. 7 della sentenza);
-il diritto al rimborso dell’odierno ricorrente non era maturato, atteso che il patto di manleva era stato azionato in assenza di alcun esborso da parte sua, perciò anche il patto di trasferimento delle imposte ipotecarie e catastali, per le quali non è
specificamente sanzionata la nullità del patto di trasferimento, non poteva essere azionato per ottenere la condanna dei manlevatori;
-avendo lo stesso ricorrente qualificato l’accordo per cui è causa come patto di manleva, sebbene esso fosse stato denominato dagli stipulanti atto di fideiussione, non gli giovava l’averlo definito in appello contratto autonomo di garanzia perché <>;
-il fatto che l’importo massimo di euro 350.000,00 fosse stato definito escutibile a prima richiesta non comportava il diritto del manlevato <>.
Il ricorrente contesta, innanzitutto, che quanto all’imposta di registro vi sia un obbligo analogo a quello previsto dall’art. 27 del dpr n. 643/1972 a proposito dell’INVIM di qui l’inconferente richiamo da parte della Corte territoriale della giurisprudenza di legittimità in tema di RAGIONE_SOCIALE -e, in aggiunta, ritiene non correttamente applicata da parte del giudice a quo tanto la pronuncia n. 5308/1992 di questa Corte che, infatti, dopo aver ritenuto inderogabile il principio secondo cui l’obbligo tributario non può essere riversato su persone diverse dal soggetto passivo, aveva ritenuto che l’accordo con cui due parti, diverse dal soggetto dell’obbligo impositivo, si assumevano l’obbligo di pagare l’INVIM non violava l’art. 27 dpr n. 643/1972 né l’art. 53 Cost., quanto la pronuncia n. 6882/2019 con cui le Sezioni Unite hanno ritenuto che nel caso di manleva il soggetto obbligato rimane l’onerato, il quale viene solo rimborsato da un terzo.
Questo primo motivo pone tre distinte questioni: a) se esista un divieto espresso di trasferimento dell’imposta di registro ad un soggetto diverso da quello tenutovi per legge; b) se il patto di
manleva realizzi il risultato vietato dalla legge, cioè quello di riversare l’obbligo tributario su un soggetto diverso da quello obbligato; c) se il patto di manleva per essere fatto valere richieda il preventivo esborso della somma oggetto della manleva da parte del manlevato.
Dette questioni sono state fatte oggetto di altrettante rationes decidendi da parte della corte d’appello. Il che impone l’applicazione del principio secondo cui ove una sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario per giungere all’annullamento della pronunzia- non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l ‘ accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione, il quale è l’annullamento della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano.
È sufficiente, pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, perché il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni (Cass., Sez. Un., 29/03/2013, n. 7931 e successiva giurisprudenza conforme).
Ciò detto, va ribadito il principio di diritto enunciato da Cass. 1°/12/2021, n. 37709 secondo cui il patto di c.d. manleva, contratto atipico, dal quale scaturisce l’obbligo del mallevadore di tenere indenne il manlevato dalle conseguenze patrimoniali dannose di eventi o di atti il cui verificarsi sia del tutto eventuale, riconosce al manlevato (nel caso di specie, con riguardo agli oneri sopportati in relazione ed a causa dell’atto di trasferimento), un diritto di rivalsa, sicché:
solo al verificarsi dell’evento portatore di conseguenze patrimoniali negative, oggetto di manleva, sorge il diritto di rivalsa del manlevato;
solo l’esborso sostenuto per l’adempimento del debito, non il debito in sé considerato, esclusivamente proprio del garantito, gli consente di azionare il patto.
La conclusione della corte territoriale, dunque, non è affatto errata, ma risulta conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
Con il secondo motivo si prospetta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1322 e 1936 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Secondo il ricorrente, la clausola a prima richiesta, a differenza di quanto affermato dalla corte d’appello, rende il fideiussore, vicario del debitore, obbligato in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione essendo la prestazione per cui si è obbligato qualitativamente diversa da quella garantita nonché non sempre sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto del tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.
A tale stregua, a meno di una exceptio doli , il garante è tenuto al pagamento senza opporre eccezioni fondate sul rapporto principale.
Né la Corte d’Appello avrebbe potuto pretendere da parte sua il pagamento prima di agire in manleva, avendo stipulato il patto di manleva proprio allo scopo di acquisire le somme necessarie per pagare le sanzioni, per evitare ipoteche e per affrontare un eventuale giudizio contro l’erario.
Il motivo è infondato.
Escluso che il patto intercorso tra le parti potesse essere qualificato come fideiussione, essendo a tutti gli effetti un patto di manleva, deve escludersi anche la possibilità di configurare la sussistenza di una garanzia a prima richiesta.
La manleva è una clausola di trasferimento del rischio che ha effetto unicamente tra manlevante e debitore; l’obbligo è assunto dal mallevadore direttamente nei confronti del debitore e nel suo interesse anziché verso il creditore, sostanziandosi nel trasferimento sul mallevadore del rischio derivante dalle conseguenze economiche di un comportamento del manlevato; quindi, il mallevadore non garantisce l’adempimento altrui.
Con il terzo motivo si imputa al giudice a quo di aver violato e/o falsamente applicato l’art. 1418 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Censurata è la statuizione con cui la corte di merito, pur dubitando che il patto di manleva fosse nullo quanto alle imposte ipotecarie e fiscali, non essendo espressamente sanzionata la nullità dei patti di trasferimento, ha ritenuto applicabile il principio generale secondo cui è nulla la elusione dell’obbligo fiscale da parte del contribuente su cui tale obbligo gravi e ciò sebbene la violazione della normativa fiscale non incida sulla validità del contratto (Cass. n. 13621/2004).
Il motivo è infondato.
È decisivo il rilievo che ha portato al rigetto del primo motivo: per far valere il diritto di manleva il beneficiario avrebbe dovuto effettuare l’esborso.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Le spese, che seguono la soccombenza virtuale, sono poste a carico del ricorrente e sono liquidate in favore dei controricorrenti nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro
6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori come per legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio dell’11 novembre 2024 dalla