Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26531/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura a margine del ricorso,
-ricorrente-
contro
NOME e NOME COGNOME,
-intimati-
nonché contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura in calce al controricorso con ricorso incidentale,
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n.517/2019 depositata il 24.5.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 10.3.2008 i germani COGNOME NOME NOME NOME e NOME convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Brindisi il fratello COGNOME NOME per sentire dichiarare aperta la successione del padre, COGNOME NOME NOME deceduto il 12.3.1998, e regolata la stessa dal testamento olografo del 25.9.1993, pubblicato al notaio NOME COGNOME il 15.1.2008, e non dal testamento olografo a sua volta datato 25.9.1993, redatto in stampatello e con firma apocrifa, pubblicato su richiesta di tutti gli eredi il 27.8.1998 dal notaio COGNOME di Fasano, contenente disposizioni parzialmente diverse, del quale ultimo chiedevano di accertare la falsità ed inesistenza con conseguente nullità della convalida relativa da parte degli eredi. Aggiungevano gli attori che COGNOME NOME, in forza di contratti di affitto di fondo rustico conclusi col padre NOME NOME NOME, era stato immesso nel possesso anche delle quote della masseria Spetterrata, destinate dal de cuius proprietario ai fratelli COGNOME e COGNOME
NOME Chiedevano, quindi, di assegnare le quote ( rectius porzioni, essendo stati istituiti gli eredi ex re certa ) secondo il testamento pubblicato dal notaio COGNOME il 15.1.2008, con condanna del convenuto al rilascio degli immobili spettanti a COGNOME NOME e COGNOME COGNOME ed al risarcimento dei danni da loro subiti per il mancato godimento dei beni, o in subordine a rendere il conto del godimento degli stessi beni ed a pagare il relativo profitto agli aventi diritto.
Si costituiva in primo grado COGNOME NOMECOGNOME che sosteneva che il testamento pubblicato il 15.1.2008 era stato redatto dal padre assegnando a ciascuno dei figli i beni che alla data del 25.9.1993 essi avevano dichiarato di avere interesse a ricevere; che il testamento apocrifo pubblicato dal notaio COGNOME il 27.8.1998 era stato invece ideato di comune accordo dagli eredi, con l’autorizzazione anche del padre, che per motivi di infermità fisica non aveva potuto provvedervi personalmente, allo scopo di evitare gli oneri fiscali che sarebbero scaturiti dall’esecuzione del testamento autentico e per assecondare volontà sopravvenute di alcuni eredi sulle porzioni da attribuire.
COGNOME NOME eccepiva che l’azione volta a fare dichiarare la nullità del testamento pubblicato dal notaio COGNOME doveva ritenersi prescritta, che comunque l’esecuzione volontaria di un testamento falso che riproduceva fedelmente la volontà del testatore era prevista dall’art. 590 cod. civ. e che egli poteva invocare l’usucapione abbreviata ex art. 1159 cod. civ. per il fabbricato da lui posseduto. In via riconvenzionale, per l’ipotesi in cui invece avessero trovato accoglimento le domande degli attori, COGNOME NOME chiedeva che gli fosse riconosciuto il diritto alle indennità di cui all’art. 17 della L. n. 203/1982 per la masseria Spetterrata e gli annessi terreni di oltre trenta ettari che gli erano stati affittati dal padre ed al rimborso delle spese per le migliorie apportate al fabbricato in suo possesso, oltre al risarcimento dei
danni subiti per la cessazione dell’attività agrituristica esercitata nell’immobile.
Escussi testimoni ed espletata CTU, il Tribunale di Brindisi in composizione collegiale, con la sentenza n. 1587/2014 del 9.6/3.10.2014, respingeva l’eccezione di prescrizione; riteneva non convalidabile ex art. 590 cod. civ. il testamento pubblicato dal notaio COGNOME il 15.1.2008 in quanto apocrifo; dichiarava aperta la successione di COGNOME NOME NOME da regolare sulla base del testamento olografo pubblicato dal notaio COGNOME il 15.1.2008; rigettava l’eccezione di usucapione abbreviata di NOME NOME, che condannava a rilasciare a favore di COGNOME l’alloggio ed il ristorante al piano terra col piazzale di pertinenza a lui assegnati con quel testamento; determinava i crediti indennitari di COGNOME NOME per i miglioramenti apportati al fabbricato di proprietà di COGNOME ed il credito indennitario di quest’ultimo verso COGNOME NOME per il mancato godimento della sua porzione della masseria Spetterrata, condannando COGNOME NOME, previa compensazione, al pagamento in favore di NOME COGNOME della differenza di € 14.839,97, rigettava ogni altra domanda e compensava le spese processuali.
Tale sentenza veniva appellata in via principale da COGNOME NOME, che col primo motivo sosteneva che il Tribunale avrebbe dovuto procedere nell’interpretare il verbale di pubblicazione del notaio COGNOME del 27.8.1998 ad una distinta valutazione delle dichiarazioni con le quali gli eredi avevano confermato il testamento apocrifo, rispetto a quelle con le quali avevano invece manifestato la volontà di convalidare le intese da loro raggiunte per una ripartizione del patrimonio paterno diversa da quella prevista nel testamento olografo del 25.9.1993, in seguito pubblicato dal notaio NOME COGNOME il 15.1.2008. Col secondo motivo l’appellante principale lamentava la reiezione della sua domanda di usucapione abbreviata per mancato decorso del termine decennale
e per avere posseduto in mala fede. Col terzo motivo l’appellante principale lamentava che a suo carico, ed a favore di NOME COGNOME fosse stato riconosciuto un indennizzo per mancato godimento dei beni a lui assegnati dal de cuius per € 129.527,49, omettendo di applicare l’art. 1227 cod. civ. benché egli fosse consapevole della falsità del testamento al quale gli eredi avevano dato volontaria esecuzione, avesse volontariamente dato esecuzione allo scambio dei beni assegnati a lui ed a COGNOME COGNOME (con conseguente compensazione) e non avesse mai richiesto prima del giudizio il rilascio dei beni, che peraltro COGNOME NOME deteneva in base ai contratti di affitto conclusi col padre. Lamentava, altresì, che dall’indennizzo per le migliorie riconosciuto in suo favore, sulla base della CTU espletata, fosse stato detratto l’importo di £ 232.708.000 del contributo regionale per la masseria Spetterrata, trasformata in agriturismo, che a lui solo competeva per avere intrapreso tale attività, chiedendo quindi di riconoscere il suo diritto alle migliorie per € 15.533,75 oltre rivalutazione monetaria, con conseguente diritto alla ritenzione della masseria fino all’avvenuto pagamento delle migliorie.
Contro la sentenza di primo grado proponeva poi appello incidentale COGNOME che lamentava che nella determinazione del credito per le migliorie riconosciuto in favore di COGNOME NOME non si fosse tenuto conto della scrittura privata del 17.11.1995, con la quale i germani COGNOME, col consenso del padre, avevano accertato l’entità delle spese sostenute per la ristrutturazione della masseria Spetterrata da COGNOME NOME e COGNOME NOME, del costo dei lavori effettuati allo scopo dall’impresa di COGNOME NOME, dell’ammontare del contributo regionale erogato per la trasformazione in agriturismo della masseria, della destinazione data al relativo importo di £ 232.708.000, ed avevano determinato il residuo credito vantato da COGNOME NOME NOME per avere in via prevalente finanziato la
ristrutturazione in £ 112.000.000, dichiarando di essere soddisfatti per le migliorie apportate e di non pretendere ulteriori compensi e stabilendo le somme di denaro che COGNOME NOME NOME e NOME avrebbero dovuto versare alla massa ereditaria al momento dell’apertura della successione di COGNOME NOME per soddisfare l’accertato suo residuo credito verso i figli. Avendo quindi la suddetta scrittura privata regolato la sorte dei miglioramenti e del contributo regionale per la ristrutturazione, che era stato erogato a COGNOME NOME, dotato dei requisiti soggettivi necessari, col consenso dei germani e del padre solo per poter beneficiare di quel contributo, a COGNOME NOME andavano riconosciute secondo l’appellante incidentale solo le migliorie per interventi successivi al 17.11.1995, per un importo stimato dal CTU in € 15.533,75. Pertanto, COGNOME NOME doveva essere condannato, operata la compensazione tra il credito per mancato godimento di € 129.527,49 ed il credito per i miglioramenti di €15.533,75, al versamento in suo favore della differenza di €113.993,74 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data della stima del CTU (7.2.2013) al saldo.
La Corte d’Appello di Lecce, nella contumacia di COGNOME NOME, NOME e NOME, con la sentenza n. 517/2019 del 12.2/24.5.2019, rigettava i primi due motivi dell’appello principale, ed in parziale accoglimento del terzo motivo di appello principale e dell’appello incidentale, rigettava la domanda di COGNOME NOME di condanna al pagamento dell’indennizzo per le migliorie apportate alla masseria Spetterrata fino al 17.11.1995, determinava il credito del predetto per le migliorie realizzate dopo quella data in €15,533,75 ed il credito di COGNOME COGNOME per il mancato godimento della casa e del sottostante ristorante della suddetta masseria in € 65.432,08, ed operata la parziale compensazione, condannava COGNOME COGNOME al pagamento in favore di COGNOME della differenza di € 49.898,33, oltre rivalutazione monetaria
secondo le variazioni degli indici Istat dalla data dell’impugnata sentenza fino a quella della sentenza di appello e con gli interessi legali da quest’ultima data al saldo.
In particolare, la sentenza di secondo grado escludeva che il verbale di pubblicazione del testamento pubblicato dal notaio COGNOME il 15.1.2008, nel quale le parti avevano espresso la volontà di confermare il testamento ‘ convalidandolo e accettandolo in ogni sua disposizione ‘, avesse manifestato una volontà negoziale ulteriore rispetto alla mera conferma di un testamento la cui apocrifia era già stata accertata con sentenza passata in giudicato per mancata impugnazione, apocrifia che, impedendo di ricondurre al defunto il documento, da ritenere inesistente, era ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte ostativa all’applicazione dell’art. 590 cod. civ. (Cass. n. 1689/1964). La sentenza sottolineava che l’espressione ‘ accettandolo in ogni sua disposizione ‘, non poteva essere decontestualizzata ed enfatizzata al punto da costituire manifestazione della volontà di dar vita ad un non meglio qualificato negozio inter vivos, per la dirimente ragione che i coeredi avevano semplicemente espresso la volontà di conferma delle disposizioni testamentarie e non altro.
La Corte d’Appello riteneva infondata la riproposta domanda di usucapione abbreviata della masseria Spetterrata di COGNOME Nicola, sia per il mancato decorso del termine decennale dell’art. 1159 cod. civ., sia perché il testamento falso, e quindi nullo ed inesistente, non poteva costituire atto idoneo ai fini del trasferimento (in tal senso Cass. n. 3466/1982; Cass. n.3255/1971).
Veniva poi esclusa la nullità della scrittura privata del 17.11.1995 per violazione dei patti successori sanzionata dall’art. 458 cod. civ., in quanto l’oggetto della scrittura privata veniva individuato nell’accertamento dei rapporti di dare/avere tra il de cuius ed i figli, nell’imputazione del contributo regionale ricevuto per la
ristrutturazione della masseria Spetterrata dai medesimi compiuta col prevalente contributo economico di COGNOME NOME e nella determinazione dei residui crediti di quest’ultimo verso i figli, con differimento del loro soddisfacimento al momento dell’apertura della successione di COGNOME NOME con espressa dichiarazione di soddisfacimento delle parti e di insussistenza di residue pretese per i lavori di ristrutturazione effettuati. Non era, invece, in contestazione nella causa il credito restitutorio del de cuius, del quale con la scrittura privata erano stati regolati soltanto i tempi di soddisfacimento, differendoli all’apertura della successione paterna, per cui non c’era stata una regolamentazione diretta, o indiretta di diritti nascenti dalla successione di NOME NOME Data la validità di tale scrittura privata, che aveva stabilito anche la sorte dei miglioramenti apportati da COGNOME NOME fino al 17.11.1995, oltre che del contributo regionale erogato, l’indennizzo per i miglioramenti spettante a COGNOME NOME veniva ridotto ad € 15.533,75, secondo la stima del CTU riferita ai soli miglioramenti successivi al 17.11.1995.
Quanto alla domanda di NOME COGNOME volta ad ottenere da COGNOME NOME l’indennizzo per il mancato godimento dei beni a lui assegnati nel testamento valido, che erano stati oggetto di contratti di affitto stipulati dal de cuius con COGNOME NOME e che riguardavano la masseria Spetterrata ed i terreni annessi, la Corte d’Appello rilevava che non erano stati forniti elementi di prova del loro carattere simulato, smentito anche dalla sentenza del Tribunale di Brindisi n. 360/2015, confermata dalla sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 110/2016, pronunciata nel giudizio che vedeva contrapposto a COGNOME NOME il fratello COGNOME NOME, e che pertanto, essendo opponibili i contratti di affitto stipulati dal de cuius con COGNOME NOME anche all’erede di COGNOME NOME NOME, COGNOME COGNOME quest’ultimo aveva diritto all’indennizzo in questione da parte di COGNOME NOME non dalla data di apertura
della successione (12.3.1998), ma dalla successiva data di scadenza dei contratti di affitto (11.11.2005), che aveva fatto scattare l’obbligo di rilascio anziché a favore dell’originario concedente dell’erede al quale i beni erano stati assegnati, COGNOME non essendovi quindi spazio in quel contesto di tempo e di titoli per l’applicazione dell’art. 1227 cod. civ. invocata da COGNOME COGNOME Sulla scorta dell’espletata e non contestata CTU dell’ing. COGNOME, la Corte d’Appello rideterminava, quindi, il credito per l’indennizzo da mancato godimento dei beni vantato da COGNOME COGNOME nei confronti di COGNOME NOME per il periodo successivo al novembre 2005 in € 65.432,08, e detratto il controcredito vantato da COGNOME NOME per le migliorie apportate (€15.533,75), condannava quest’ultimo al pagamento in favore di COGNOME della differenza di € 49.898,33, oltre rivalutazione monetaria ed interessi sul credito rivalutato mediante applicazione degli indici Istat, con decorrenza dalla sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza, notificata l’11.6.2019, ha proposto ricorso a questa Corte COGNOME NOMECOGNOME affidandosi a tre motivi. Ha proposto controricorso e ricorso incidentale COGNOME al quale ha resistito con controricorso COGNOME NOME. Sono rimasti intimati COGNOME NOME, NOME e NOME.
La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.
Nell’imminenza della pubblica udienza COGNOME Nicola e COGNOME COGNOME hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo del ricorso principale COGNOME COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1366, 1367 e 1424 cod. civ., nonché degli articoli 112 e 113 c.p.c. e l’omesso
esame di atti, fatti e documenti decisivi della controversia oggetto di discussione.
Si duole il ricorrente che la Corte d’Appello non abbia individuato nel verbale di pubblicazione del notaio COGNOME del 27.8.1998, relativo al testamento a stampatello falsamente attribuito a NOME NOMECOGNOME accanto alla volontà degli eredi di confermare il suddetto testamento, un autonomo patto dei medesimi, volto a manifestare la volontà degli eredi di distribuire diversamente tra loro gli stessi beni ereditari dei quali il de cuius aveva disposto col testamento olografo autentico del 25.9.1993 pubblicato dal notaio COGNOME il 15.1.2008, secondo un’intesa che avrebbe raccolto anche il consenso del padre, che però non avrebbe potuto sottoscrivere, per ragioni di salute impedienti, la modifica delle sue precedenti volontà testamentarie.
Anzitutto va rilevato che la doglianza ai sensi dell’art. 360 comma primo n.5) c.p.c. è inammissibile ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c. per l’esistenza di una ‘ doppia conforme ‘, ed in quanto non risulta individuato un fatto storico primario, o secondario decisivo, oggetto di discussione tra le parti, che non sia stato considerato. Ed invero il ricorrente principale si è limitato a dolersi che non sia stato attribuito peso probatorio alla testimonianza di COGNOME NOME, che avrebbe riconosciuto l’esistenza di un accordo verbale per la modifica delle disposizioni del testamento autentico del de cuius ; ma la testimonianza su un accordo relativo alla distribuzione di beni immobili, che dovrebbe avere la forma scritta a pena di nullità ex art. 1350 n. 1) cod. civ., non può certamente ritenersi decisiva, risultando un mero accordo verbale di divisione di beni immobili improduttivo di effetti giuridici. In realtà, il ricorrente punta, inammissibilmente, ad ottenere, in questa sede di legittimità, una diversa ricostruzione del fatto, che ravvisi l’esistenza del patto aggiunto rispetto alla mera volontà confermativa invalida del testamento falso, manifestata dai coeredi
nel verbale di pubblicazione del notaio COGNOME del 27.8.1998 del testamento a stampatello di COGNOME NOME, e motivatamente ravvisata dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, basandosi sul criterio della comune intenzione della parti fondata sul dato letterale, secondo il dettato dell’art. 1362 cod. civ., e sul collegamento logico della disposizione convenzionale con l’atto nel quale era contenuta, secondo il principio dell’interpretazione complessiva delle clausole dettato dall’art. 1363 cod. civ., applicando criteri interpretativi prioritari rispetto ai criteri sussidiari del principio dell’interpretazione secondo buona fede dell’art. 1366 cod. civ. e del principio di conservazione del contratto dell’art. 1367 cod. civ., invocati dal ricorrente, ed utilizzabili solo quando dall’applicazione dei criteri degli articoli 1362 e 1363 cod. civ. residui un dubbio tra opposte interpretazioni (vedi in tal senso Cass. sez. lav. 8.10.2024 n.26244; Cass. 30.4.2024 n.11568; Cass. n.5595/2014; Cass. n.27564/2011; Cass. n. 9780/2010; Cass. n. 7972/2007; Cass. 18.9.1986 n. 5657), ha riconosciuto che i coeredi, con l’espressione ‘ accettandolo in ogni sua disposizione ‘, riferita al testamento pubblicato col verbale del notaio COGNOME del 27.8.1998, non hanno espresso alcuna volontà ulteriore rispetto a quella di confermare le disposizioni contenute nel testamento falso e non convalidabile (in tal senso richiamando Cass. n.1689/1964). Ed ha escluso che tale espressione potesse essere decontestualizzata ed enfatizzata nel senso auspicato da COGNOME NOMECOGNOME implicitamente tenendo conto che tale dichiarazione era contenuta nel verbale notarile destinato specificamente alla pubblicazione del notaio COGNOME del testamento apocrifo in questione.
Tale interpretazione è senz’altro plausibile e conforme ai criteri interpretativi degli articoli 1362 e 1363 cod. civ. Ad essa il ricorrente non può contrapporre la propria autonoma interpretazione del verbale di pubblicazione del notaio COGNOME del 27.8.1998, circa l’esistenza di un autonomo patto di divisione dei
coeredi per una diversa distribuzione tra loro dei beni, rispetto alle disposizioni del testamento autentico di NOME COGNOME NOME (vedi sull’inammissibilità della contrapposizione di un’interpretazione autonoma a quella plausibile seguita dai giudici di merito Cass. 6.11.2024 n.28522; Cass. ord. 9.4.2021 n. 9461; Cass. 28.11.2017 n. 28319).
Quanto alla lamentata violazione di legge dell’art. 1424 cod. civ., la doglianza è inammissibile, in quanto il ricorrente principale non ha indicato in quale atto del giudizio di primo grado avrebbe invocato la conversione dell’atto di convalida del testamento apocrifo, e quindi nullo, di COGNOME NOMECOGNOME conversione per la quale occorre una specifica domanda di parte (vedi in tal senso Cass. n. 18729/2023; Cass. n. 22466/2018; Cass. sez. un. n.26242/2014); e comunque non si vede come COGNOME Nicola possa invocare la conversione del contratto nullo ex art. 1424 cod. civ., posto che pacificamente egli era a conoscenza, al pari degli altri coeredi, della falsità del testamento a stampatello attribuito al padre, ma elaborato di comune accordo dai figli, e pubblicato dal notaio COGNOME il 27.8.1998, mentre l’art. 1424 cod. civ. presuppone, invece, che le parti non fossero a conoscenza della nullità dell’atto al momento del suo compimento.
Col secondo motivo il ricorrente principale lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 458 cod. civ. e dell’art. 1362 cod. civ., e degli articoli 112 e 113 c.p.c., ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli articoli 112 e 116 c.p.c.
Si duole COGNOME Nicola che la Corte d’Appello abbia limitato l’indennizzo a lui riconosciuto per le migliorie apportate alla masseria Spetterrata al periodo successivo al 17.11.1995, ritenendo valida la scrittura privata del 17.11.1995 (sul cui contenuto vedi l’accertamento della Corte d’Appello riportato
all’ultimo capoverso di pagina 5 ed inizio di pagina 6 di questa sentenza), sottoscritta dai germani COGNOME, ma non firmata dal padre, NOME NOME, per violazione del divieto dei patti successori dell’art. 458 cod. civ., ed assume che con quella scrittura privata non ci sia stata alcuna ripartizione tra i germani COGNOME del contributo regionale di £ 232.798.000 erogato per la trasformazione della masseria Spetterrata in agriturismo, e non sia stato a lui attribuito alcun mandato per incassare quel contributo anche per conto del padre e dei fratelli, COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME spettando quindi a lui per intero quel contributo perché unico in possesso, in virtù dei contratti di affitto stipulati col padre, dei requisiti soggettivi occorrenti per accedere a quel contributo.
Anzitutto non è sindacabile, con una doglianza di violazione di legge, la circostanza di fatto, per la prima volta dedotta in questa sede, della mancata firma della scrittura privata del 17.11.1995 da parte di COGNOME COGNOME LuigiCOGNOME e manca l’argomentazione riferita alle lamentate violazioni degli articoli 112 e 113 c.p.c.
Quanto alla lamentata violazione dell’art. 116 c.p.c., essa è inammissibile perché ‘ la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi
limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione’ ( vedi in tal senso Cass. 21.6.2024 n. 17157; Cass. sez. un. n. 20867/2020).
Il ricorrente, invece, lamenta che l’interpretazione data alla scrittura privata del 17.11.1995 dalla Corte d’Appello non sia conforme alle sue aspirazioni, sia in punto di ripartizione del contributo regionale tra il de cuius ed i figli COGNOME NOME, NOME e NOME, sia in punto di riconoscimento che COGNOME NOME, dotato della necessaria qualifica soggettiva, aveva richiesto il contributo regionale per la trasformazione della masseria Spetterrata a lui affittata in agriturismo anche per conto del padre (proprietario) e dei fratelli NOME e NOME (assegnatari di terreni della masseria), in quanto i cospicui e costosi lavori di ristrutturazione erano stati da loro e da lui stesso finanziati (prevalentemente dal padre), per cui la scrittura privata in questione aveva anche stabilito come dovesse essere ripartito tra gli aventi diritto quel contributo, e come dovesse essere soddisfatto l’accertato credito da finanziamento residuo di COGNOME NOME NOME nei confronti dei figli NOME, NOME e NOME.
Orbene, la ricostruzione in fatto compete al giudice di merito, ed il ricorrente principale non ha neppure chiarito, al di là del formale richiamo alla violazione dell’art. 1362 cod. civ., in che modo la Corte d’Appello avrebbe violato, nella ricostruzione del fatto sopra indicata, il criterio dell’interpretazione del contratto sulla base della comune intenzione delle parti, ancorata al dato letterale della scrittura privata del 17.11.1995, limitandosi ad ipotizzare che quest’ultima avrebbe avuto solo uno scopo di regolare la futura successione dei figli del de cuius NOME NOMECOGNOME NOME e NOME, vietata dall’art. 458 cod. civ.
Resta da esaminare la doglianza relativa alla violazione dell’art. 458 cod. civ.
Sul punto l’impugnata sentenza ha riconosciuto che la clausola della scrittura privata del 17.11.1995, con la quale i germani COGNOME NOME, NOME e NOME, con l’esplicito consenso del genitore, avevano stabilito che per il credito residuo di £112.000.000 di spettanza del padre (derivante dal fatto che COGNOME NOME NOME aveva in prevalenza finanziato la ristrutturazione della masseria Spetterrata, ottenendone solo parziale restituzione, con la percezione di parte del contributo regionale, erogato a nome di NOME NOME per la trasformazione effettuata, di comune intesa, della masseria in un agriturismo) NOME NOME, NOME e NOME, in qualità di eredi, avrebbero provveduto al pagamento rispettivamente di £39.000.000, di £ 40.600.000 e di £ 32.386.000 all’apertura della successione del padre NOME NOME NOME, presentava profili di problematicità rispetto al divieto di patti successori dell’art. 458 cod. civ.
La Corte d’Appello ha però ritenuto che, poiché la scrittura privata del 17.11.1995 aveva la finalità prevalente di accertare i rapporti di dare/avere tra NOME NOME ed i figli NOME NOME e NOME e lo scopo di stabilire la ripartizione del contributo regionale dando atto della reciproca soddisfazione dei sottoscriventi e della mancanza di ulteriori pretese legate ai lavori di ristrutturazione della masseria Spetterrata effettuati, e poiché l’ammontare del credito restitutorio vantato dal de cuius non era oggetto di contestazione in causa, si doveva ritenere che la scrittura privata del 17.11.1995 non avesse avuto ad oggetto la regolamentazione diretta e/o indiretta della successione paterna e che fosse quindi fuori dal divieto dei patti successori dell’art. 458 cod. civ.
Tale motivazione però non esamina, in concreto, la ragione della validità della pattuizione, che evidentemente non può discendere dal fatto che l’ammontare del credito restitutorio di NOME NOME di £ 112.000.000 non sia contestato in giudizio, perché ciò
non modifica il contenuto della scrittura privata del 17.11.1995, e sembra ravvisarla nel fatto che le parti si sarebbero limitate a prevedere un differimento temporale del pagamento del credito di £ 112.000.000 di NOME NOME NOME da parte dei figli NOME NOME e NOME, secondo l’importo da ciascuno dovuto, all’apertura della successione paterna . Ma se così fosse da un lato non si spiegherebbe perché COGNOME NOME, NOME e NOME si sono espressamente qualificati nella scrittura privata del 17.11.1995 come eredi (il padre sarebbe deceduto solo nella successiva data del 12.3.1998) ed hanno previsto il pagamento delle somme da ciascuno dovute alla massa ereditaria, e dall’altro si avrebbe comunque una pattuizione coi figli NOME NOME NOME e NOME vincolante su un credito di COGNOME NOME NOME, che vedrebbe menomata la propria libertà di disporre liberamente del suo patrimonio fino al momento della morte in violazione dell’art. 458 cod. civ.
Dal momento che il ricorso al criterio dell’interpretazione letterale della pattuizione in questione non permette di stabilire se i germani COGNOME, evidenziando la loro qualità di eredi e parlando di estinzione del riconosciuto credito paterno di £ 112.000.000 al momento successivo dell’apertura della successione paterna, abbiano inteso fare riferimento ad un semplice termine coincidente con l’apertura della successione, o piuttosto ad una condizione sospensiva rappresentata dalla delazione e successiva accettazione dell’eredità paterna da parte di NOME NicolaCOGNOME NOME e NOME, soccorre il principio di conservazione del contratto dell’art. 1367 cod. civ., secondo il quale, nel dubbio, la pattuizione dev’essere intesa nel senso in cui sia in grado di produrre qualche effetto, piuttosto che nel senso in cui non produrrebbe alcun effetto.
Se si trattasse di un semplice termine coincidente con l’apertura della successione, da un lato non si spiegherebbe il riferimento dei germani COGNOME alla propria qualità di coeredi dell’azienda
agrituristica, e dall’altro la volontà del de cuius di disporre del proprio credito verrebbe ad essere vincolata per effetto dell’obbligazione già assunta con la scrittura privata in questione, in contrasto col principio garantito dal divieto dell’art. 458 cod. civ., che è quello di preservare la libertà del testatore di disporre dei propri beni (e quindi anche dei propri crediti) per tutta la durata della vita, per cui la pattuizione sarebbe nulla per violazione dei patti successori ed occorrerebbe poi valutare, in base ai principi sulla nullità parziale (art. 1419 cod. civ.), in ordine agli effetti delle residue pattuizioni della scrittura privata del 17.11.1995. Se invece il pattuito differimento del pagamento del residuo credito di COGNOME NOME NOME di £ 112.000.000 da parte degli eredi COGNOME NOME e NOME per gli importi sopra indicati da ciascuno dovuti, viene inteso come sospensivamente condizionato alla delazione e successiva accettazione dell’eredità paterna, con la quale sola i germani COGNOME hanno assunto la qualità di eredi, in caso di verificazione della condizione sospensiva a ciascuno riferita con l’accettazione dell’eredità paterna, che peraltro non costituisce un obbligo per il chiamato all’eredità, deve ritenersi scattato l’obbligo di imputare come debito alla propria quota ereditaria la somma dovuta al de cuius con effetto favorevole per gli altri coeredi, mentre in caso di mancata accettazione dell’eredità paterna, e quindi di mancata verificazione della condizione sospensiva, sarebbe comunque rimasta la facoltà degli eredi di COGNOME NOME di agire in tale veste per il pagamento degli importi rispettivamente dovuti al defunto da COGNOME NOME e NOME, e nelle more tra la scrittura privata del 17.11.1995 e la morte di NOME NOME NOME non producendo effetto la pattuizione sospensivamente condizionata senza la verificazione della condizione, il predetto avrebbe comunque potuto validamente disporre del suo credito di £ 112.000.000, senza vedere limitata la
facoltà di disporre liberamente dei suoi beni e crediti fino alla morte.
La motivazione addotta dalla Corte d’Appello per giustificare la validità della pattuizione in questione della scrittura privata del 17.11.1995, e quindi la limitazione dell’indennizzo per i miglioramenti in favore di COGNOME NOME al periodo successivo al 17.11.1995, va quindi corretta ex art. 384 ultimo comma c.p.c., ritenendo che il differimento del pagamento del credito residuo di £112.000.000 di COGNOME NOME NOME sia stato sospensivamente condizionato alla delazione e successiva accettazione della sua eredità da parte dei figli COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Col terzo motivo di ricorso COGNOME Nicola lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 1127, 1150 e 1152 cod. civ., nonché dell’art. 20 della L. n. 203/1982 e degli articoli 112 e 113 c.p.c., ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c. sul diritto di ritenzione vantato da COGNOME NOME sulla masseria Spetterrata e sui terreni annessi, oggetto delle migliorie da lui apportate, e sul concorso di colpa di COGNOME COGNOME ex art. 1227 cod. civ., incidente sull’indennizzo riconosciutogli, per il mancato godimento degli immobili a lui assegnati per testamento dal padre, posseduti da COGNOME NOMECOGNOME che aveva fatto valere con specifico motivo di appello.
Il motivo è infondato, in quanto la Corte d’Appello ha ritenuto superflua e quindi implicitamente assorbita la pronuncia sul diritto di ritenzione della masseria Spetterrata e dei terreni annessi affittati a COGNOME NOME dal padre NOME NOME NOME dopo la scadenza dei contratti di affitto, avvenuta l’11.11.2005, dopo la morte del de cuius, poiché in ragione della compensazione tra il credito per i miglioramenti apportati spettante all’affittuario
NOME NOME legittimante la ritenzione, ed il maggior credito di NOME per il mancato godimento degli stessi beni immobili per la parte a lui assegnata col testamento valido da parte del padre, ma posseduti dal fratello NOME senza alcun titolo dopo la scadenza dei contratti di affitto conclusi col de cuius, il credito per i miglioramenti di NOME NOME si è estinto totalmente, difettando quindi la causa giustificativa dell’invocato diritto di ritenzione.
Quanto alla violazione dell’art. 1227 cod. civ., non è dedotto che sia stata eccepita da COGNOME NOME nel giudizio di primo grado, essendo stato invocata per la prima volta nell’atto di appello, e quindi tardivamente, e neppure è stato opposto da COGNOME Nicola nel giudizio di primo grado, in compensazione, il controcredito da lui vantato nei confronti del fratello COGNOME COGNOME per avere temporaneamente goduto, al posto di COGNOME NOME, dei beni immobili a quest’ultimo assegnati in forza del testamento paterno valido, sulla base dello scambio di beni immobili pattuito dai due fratelli, riportato nel testamento apocrifo pubblicato dal notaio COGNOME il 27.8.1998, controcredito che quindi non può essere fatto valere in sede di legittimità, sia per tardività dell’eccezione, sia perché richiederebbe accertamenti di fatto ormai preclusi.
In ordine alla violazione dell’art. 1227 cod. civ. lamentata dall’appellante, comunque, la Corte d’Appello non ha omesso di pronunciarsi, in quanto alla fine di pagina 7 ed alla pagina 8, ha ritenuto fondata la richiesta di COGNOME COGNOME di rilascio dei terreni, a lui assegnati in proprietà dal padre defunto col testamento valido, e posseduti da COGNOME NOME, sulla base della scadenza in data 11.11.2005 dei contratti di affitto dal predetto conclusi con COGNOME NOME NOME per la masseria Spetterrata ed i terreni annessi, e del subentro di COGNOME quale erede del padre nei diritti del concedente, e dall’obbligo contrattuale gravante
sull’affittuario dei beni COGNOME Nicola in base a contratti scaduti ha fatto discendere il rilascio dei beni a favore dell’assegnatario, senza residui spazi applicativi per l’art. 1227 cod. civ., e tale motivazione non risulta censurata dal ricorrente.
1A) Col primo motivo di controricorso COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 132 comma secondo n. 4) c.p.c.
Si duole NOME COGNOME confondendo la successione nel processo di COGNOME COGNOME con la successione nel contratto di affitto concluso da suo padre, NOME NOME, con COGNOME NOME, che la Corte d’Appello avrebbe attribuito efficacia di giudicato nei suoi confronti quale erede di COGNOME NOMECOGNOME che non era parte processuale, alla sentenza del Tribunale di Brindisi n.360/2015, poi confermata dalla sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 110/2016, pronunciata nel giudizio che vedeva contrapposto a COGNOME NOME il fratello NOME NOME, che aveva negato carattere simulato al contratto di affitto concluso da COGNOME NOME NOME col figlio NOME NOME, avente ad oggetto i terreni della masseria Spetterrata, che erano stati poi assegnati dal de cuius col testamento valido a COGNOME NOME.
Tale motivo è inammissibile, perché non coglie la motivazione della sentenza impugnata, che ha ritenuto non simulati i contratti di affitto della masseria Spetterrata e dei terreni annessi di circa 37 ettari complessivi conclusi da COGNOME NOME NOME col figlio COGNOME NOME, perché non erano stati forniti da quest’ultimo elementi probatori a conforto della tesi della simulazione, trovando ciò conferma nella sentenza del Tribunale di Brindisi n.360/2015, che in relazione ad uno di quei contratti, quello concernente i terreni poi assegnati per testamento a COGNOME NOME, aveva escluso, in contraddittorio con COGNOME NOME, la natura simulata. Quindi, la Corte territoriale ha tratto le conseguenze del fatto che COGNOME, come erede del concedente, COGNOME NOMECOGNOME
poteva far valere, nei confronti del fratello NOME NOME, il diritto al rilascio dei fondi rustici a lui assegnati, a seguito dell’intervenuta scadenza del contratto a suo tempo concluso dal suo dante causa.
2A) Col secondo motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 734 e 2909 c.p.c. ( rectius cod. civ.).
Si duole COGNOME COGNOME che la Corte d’Appello violando il giudicato nei termini già illustrati nel precedente motivo, e non tenendo conto che i contratti di affitto dei fondi rustici sarebbero stati relativi ai terreni assegnati (col testamento del de cuius valido) a COGNOME NOME, nel riconoscere il diritto alle migliorie di COGNOME NOME nei confronti di COGNOME COGNOME per detti terreni, sarebbe incorsa anche nella violazione dell’art. 734 cod. civ., per avere ritenuto che si fosse determinata una comunione ereditaria tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, da ritenersi esclusa per via dell’ institutio di erede ex re certa sia di COGNOME NOME, che di COGNOME e COGNOME NOME.
3A) Col terzo motivo del ricorso incidentale, da esaminare congiuntamente al precedente motivo, per connessione, COGNOME lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 111 c.p.c., 1292, 1306 e 2909 cod. civ.
Si duole COGNOME COGNOME che sarebbe stata applicata nei suoi confronti la sentenza del Tribunale di Brindisi n. 360/2015, relativa ad una causa tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, inerente all’affitto di terreni poi assegnati a COGNOME NOME, ipotizzando una successione nel processo ex art. 111 c.p.c. in realtà inapplicabile perché COGNOME NOME non ne era parte, ed ipotizzando la nascita di obbligazioni contratte dal genitore, in
ragione di un’insussistente comunione dei beni oggetto del rapporto agrario in violazione degli articoli 1292 e 1306 cod. civ.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale sono inammissibili, in quanto non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata, che non ha esteso a COGNOME Sante il giudicato della sentenza del Tribunale di Brindisi n. 360/2015, poi confermata dalla sentenza della Corte d’appello di Lecce n.110/2016, che si riferiva ai terreni affittati da COGNOME NOME NOME a COGNOME NOME, poi assegnati per testamento a COGNOME NOME, mai ipotizzando una successione in quel processo ex art. 111 c.p.c. di COGNOME, che piuttosto quale erede è subentrato nei diritti che competevano al defunto COGNOME NOME, concedente, per la parte in cui si riferivano a terreni dallo stesso validamente assegnati per testamento a COGNOME. La sentenza impugnata si è basata, piuttosto, sul contenuto dei contratti di affitto prodotti, che si riferivano, al contrario di quanto assume il controricorrente, all’intero complesso costituito dalla masseria COGNOME e da circa 37 ettari di terreno annesso, per la parte in cui erano relativi a terreni assegnati dal de cuius col testamento valido a COGNOME e per quei medesimi terreni ha considerato da un lato il diritto all’indennizzo per i miglioramenti apportati di COGNOME NOMECOGNOME e dall’altro il diritto di COGNOME all’indennizzo per il mancato godimento per il periodo successivo alla scadenza del contratto di affitto di fondi rustici (11.11.2005) per essere lo stesso succeduto al padre defunto nei diritti discendenti da quel contratto nei confronti del fratello NOME, che ne era stato affittuario. Ne deriva che è del tutto inconferente il richiamo del controricorrente alla violazione delle norme in materia di obbligazioni solidali, mai applicate dalla sentenza impugnata, la quale, al contrario, ha correttamente ritenuto che gli eredi assegnatari di singoli beni specificamente individuati dal testatore
siano subentrati, fin dall’inizio, nei diritti relativi a tali beni, senza che si determinasse una comunione ereditaria tra i coeredi.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese processuali tra ricorrente principale e ricorrente incidentale, mentre nulla va disposto quanto alle spese per le parti intimate.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, respinge il ricorso principale ed i ricorsi incidentali, dichiarando compensate tra le parti le spese processuali. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n.115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 17.12.2024