Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25314 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25314 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 16136/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE e altri
-intimati- avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 266/2023 depositato il 16/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di Milano, con decreto del 16.5.2023, ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME, socio illimitatamente responsabile della RAGIONE_SOCIALE, dichiarato fallito per ripercussione del fallimento della società, avverso il
decreto del Tribunale di Lodi che aveva a sua volta rigettato l’istanza di esdebitazione proposta dal reclamante, per aver questi riportato una condanna con patteggiamento, ex art. 444 c.p.p., per il reato di bancarotta documentale fraudolenta relativa ad altra procedura concorsuale.
Il giudice del reclamo , condividendo l’impostazione del tribunale, ha ritenuto che non c’è alcun appiglio normativo che consenta di distinguere le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti dalle sentenze di condanna emesse a seguito di dibattimento o di giudizio abbreviato, con la conseguenza che anche nell’ipotesi di patteggiamento per il delitto di bancarotta fraudolenta, ai fini dell’ammissione del beneficio dell’esdebitazione, il fallito deve ottenere la riabilitazione a norma dell’art. 142 comma 1° n. 6 L.F. , nella specie non intervenuta.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidandolo a due motivi.
Nessuna delle parti intimate ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 142 comma 1° n. 6 L.F. Secondo il ricorrente l’ordinamento processuale penale, sia nel periodo ante riore che in quello successivo alla riforma di cui al d.lgs n. 150/2022, non consente al giudice civile di riconoscere alcuna efficacia alla sentenza di patteggiamento nel giudizio di cui egli è investito.
In particolare, in base al sistema delineato dagli artt. 445, 651 e 654 c.p.c., solo le sentenze pronunciate a seguito di dibattimento o di giudizio abbreviato hanno efficacia di giudicato nel giudizio civile, mentre quelle di patteggiamento non hanno nessuna efficacia.
Il Collegio ritiene che costituisca questione di rilievo nomofilattico accertare se la sentenza c.d. di patteggiamento
possa o meno essere equiparata, ai fini dell’esdebitazione, alla sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’art. 142 comma 1° n. 6 l. fall.
Sul punto, va osservato che l’art. 25, co. 1, lett. b) d.lgs. n. 150 del 2022 ha modificato l’art. 445 comma 1 bis c.p.p. (modifica entrata in vigore il 30.12.2022) che così attualmente recita: La sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna’.
Se è indubitabile che, con la modifica in oggetto, il legislatore abbia inteso escludere ogni efficacia (quindi non solo di giudicato, ma ad ogni effetto) della sentenza di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. nei giudizi civili e amministrativi (e, in tale prospettiva, particolarmente significativo è il secondo periodo dell’art. cit., secondo cui ‘ se non sono applicate le pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di legge diverse da quelle penali che equiparano la sentenza di patteggiamento alla sentenza di condanna ‘ ) d’altra parte, anche a seguito della predetta modifica legislativa, è rimasto inalterato l’ultimo periodo dell a norma, di cui è dunque necessario verificare il residuo ambito di applicazione, essendo indubitabile che il legislatore, mantenendo la formula ‘ salve diverse disposizioni di legge, la sentenza (di patteggiamento) è equiparata a quella di condanna’ , abbia inteso comunque ritenere ancora operante l’equiparazione in oggetto in talune ipotesi.
Infine, altra questione di rilievo monofilattico -da esaminare nell’eventualità che fosse ritenuto che l’equiparazione tra sentenza di condanna e sentenza di patteggiamento non sia più operante alla luce delle modifiche apportate dalla legge Cartabia – è quella di diritto intertemporale, ovvero dell’applicabilità della predetta legge al caso di specie, nel quale l’istanza di esdebitazione è stata presentata e la sentenza di primo grado è stata pronunciata nel vigore della vecchia formulazione dell’art. 445 comma 1 bis c.p.p. (la sentenza d’appello è, invece, del 16.5.2023, ed è quindi successiva all’entrata in vigore del nuovo art. 445 comma 1 bis c.p.p.).
Ritenuta quindi la necessità di trattare tali questioni in pubblica udienza;
P.Q.M.
rinvia la causa a nuovo ruolo per la sua trattazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma il 11.7.2024