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Patrocinio vittime terrorismo: quando è inammissibile

La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile l’opposizione presentata contro il diniego del patrocinio per vittime di terrorismo. La decisione si fonda sulla distinzione tra il rigetto del beneficio all’interno della motivazione di una sentenza, impugnabile solo con i mezzi ordinari come il ricorso per cassazione, e il rigetto tramite un decreto di liquidazione, unico caso in cui è ammessa la procedura speciale di opposizione. Il ricorso è stato respinto per un errore procedurale, non essendo stato utilizzato il corretto strumento di impugnazione.

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Pubblicato il 8 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Patrocinio Vittime Terrorismo: Quale Rimedio Contro il Diniego?

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Trieste offre un importante chiarimento procedurale sul patrocinio vittime terrorismo. La decisione si concentra sulla scelta del corretto strumento legale per contestare il diniego di tale beneficio, evidenziando una distinzione cruciale tra un rigetto contenuto in una sentenza e quello disposto con un decreto separato. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una precedente sentenza della stessa Corte d’Appello. In quel giudizio, era stata respinta la pretesa di una parte, appellante e vittima del terrorismo, di vedersi riconosciuto il beneficio del patrocinio a spese dello Stato previsto dall’art. 10 della Legge n. 206/2004.

Contro questa specifica statuizione di rigetto, la parte interessata ha proposto un’opposizione basata sulla procedura speciale prevista dagli artt. 84 e 170 del D.P.R. 115/2002. La ricorrente sosteneva di avere diritto al beneficio ex lege, ovvero automaticamente per legge, a prescindere da criteri di reddito e da una specifica delibera di ammissione, e chiedeva la conseguente liquidazione dei compensi per l’attività legale svolta.

La Decisione della Corte sul patrocinio vittime terrorismo

La Corte d’Appello di Trieste ha dichiarato l’opposizione inammissibile. I giudici non sono entrati nel merito della questione – ossia se il beneficio fosse dovuto o meno – ma si sono fermati a una valutazione di carattere puramente procedurale. La Corte ha stabilito che la parte ricorrente aveva utilizzato uno strumento processuale errato per far valere le proprie ragioni, rendendo così la sua domanda improcedibile.

La Distinzione tra Decreto e Sentenza

Il fulcro della decisione risiede nella natura del provvedimento impugnato. La procedura speciale di opposizione, richiamata dalla difesa, è ammessa dalla legge esclusivamente per contestare “il decreto di pagamento del compenso al difensore”. Si tratta, quindi, di un rimedio pensato per le controversie relative alla liquidazione delle spese legali, che si concludono con un provvedimento specifico (il decreto).

Nel caso in esame, tuttavia, il diniego del beneficio non era stato comunicato tramite un decreto separato. Al contrario, era stato parte integrante e motivata della precedente sentenza della Corte d’Appello. Il rigetto era una statuizione di merito, inserita nel corpo della decisione finale del giudizio di appello.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che, quando il diritto a un beneficio come il patrocinio vittime terrorismo viene negato ab imis (cioè dalle fondamenta) all’interno della motivazione di una sentenza, tale decisione non può essere assimilata a un semplice decreto di rigetto di liquidazione. La statuizione assume la stessa natura della sentenza in cui è contenuta e, di conseguenza, deve essere impugnata seguendo le vie ordinarie.

Nel caso specifico, la precedente sentenza della Corte d’Appello aveva escluso l’applicabilità della Legge 206/04 a quella particolare controversia, motivando che l’oggetto del contendere (la restituzione di somme indebitamente percepite) non rientrava tra i benefici specifici previsti da tale normativa speciale. Questa valutazione costituiva una parte sostanziale del giudizio.

Pertanto, l’unico rimedio esperibile contro quella decisione non era l’opposizione speciale, ma il ricorso per cassazione. Utilizzare lo strumento dell’opposizione, secondo la Corte, avrebbe significato incidere sull’impianto motivazionale di una sentenza già emessa, un’operazione non consentita da quella specifica procedura.

Le Conclusioni

La pronuncia è di notevole importanza pratica. Essa stabilisce un principio procedurale chiaro: la scelta del mezzo di impugnazione dipende dalla forma e dalla sostanza del provvedimento che si intende contestare. Se il diniego del patrocinio a spese dello Stato è contenuto in un decreto di liquidazione, lo strumento corretto è l’opposizione ex art. 170 D.P.R. 115/2002. Se, invece, il diniego è una statuizione motivata all’interno di una sentenza di merito, l’unica via per contestarlo è l’impugnazione ordinaria prevista per quella sentenza (appello o ricorso per cassazione). Scegliere la strada sbagliata, come dimostra questo caso, porta a una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame del merito della questione.

È sempre possibile usare la procedura di opposizione (art. 170 DPR 115/02) per contestare un diniego di patrocinio a spese dello Stato?
No. La sentenza chiarisce che questa procedura è ammessa solo contro un “decreto di pagamento del compenso al difensore”. Se il diniego è parte integrante della motivazione di una sentenza, deve essere impugnato con i mezzi ordinari previsti per quella sentenza (es. ricorso per cassazione).

Il beneficio del patrocinio vittime terrorismo previsto dalla Legge 206/04 si applica a qualsiasi tipo di causa?
No. Secondo quanto emerge dalla motivazione della sentenza precedente richiamata nel provvedimento, il beneficio non è stato ritenuto applicabile in quel caso specifico perché l’oggetto della lite (restituzione di somme indebitamente percepite) non rientrava tra i benefici previsti dalla normativa speciale a favore delle vittime del terrorismo.

Cosa succede se si utilizza uno strumento processuale errato per impugnare una decisione?
L’impugnazione viene dichiarata inammissibile. Ciò significa che il giudice non esamina il merito della questione, ma si ferma a una valutazione procedurale. La conseguenza è che la decisione impugnata diventa definitiva se non vengono tempestivamente esperiti i corretti rimedi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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