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Patrocinio a spese dello Stato e spese legali

Un creditore contesta l’ammontare delle spese legali da versare allo Stato, dopo aver perso una causa contro un fallimento ammesso al patrocinio a spese dello Stato. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, riaffermando che la parte soccombente deve pagare le spese legali secondo le tariffe ordinarie e non quelle ridotte previste per il gratuito patrocinio. Questa decisione mira a garantire l’uguaglianza tra le parti e la sostenibilità del sistema di assistenza legale statale.

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Patrocinio a Spese dello Stato: Chi Perde Paga le Spese per Intero

Quando in una causa una delle parti è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, sorge una domanda fondamentale: se questa parte vince, la controparte soccombente deve pagare le spese legali in misura piena o ridotta? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha consolidato un principio cruciale: le spese legali dovute all’Erario devono essere calcolate secondo le tariffe ordinarie, senza alcuna riduzione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce nell’ambito di una procedura fallimentare. Un creditore si era visto ridurre il proprio credito ammesso al passivo per via di un pagamento parziale ricevuto e non dichiarato. Il Tribunale, oltre a rideterminare il credito, aveva condannato il creditore a rifondere le spese legali. Poiché il Fallimento era stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, il giudice aveva ordinato al creditore di versare tali spese, liquidate in 4.000 euro, direttamente all’Erario.

Il creditore ha impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’importo fosse ingiusto e sproporzionato. A suo avviso, le spese avrebbero dovuto essere calcolate secondo i parametri ridotti previsti per i difensori di parti ammesse al gratuito patrocinio, ovvero con una riduzione alla metà dei minimi tariffari.

La questione del calcolo delle spese con il patrocinio a spese dello Stato

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 133 del d.P.R. 115/2002. La norma stabilisce che, in caso di vittoria della parte ammessa al patrocinio, il soccombente sia condannato a pagare le spese a favore dello Stato. Il ricorrente sosteneva che lo Stato non potesse incassare una somma superiore a quella che avrebbe liquidato al difensore della parte assistita.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, confermando un orientamento ormai consolidato e avallato anche dalla Corte Costituzionale. Il principio è chiaro: la somma che il soccombente deve versare allo Stato e quella che lo Stato liquida al difensore del non abbiente sono due importi distinti e non necessariamente coincidenti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su argomentazioni solide e di sistema.

Il Principio di Uguaglianza

I giudici hanno sottolineato che non vi è alcuna ragione per cui la parte che perde contro un soggetto ammesso al gratuito patrocinio debba essere avvantaggiata rispetto a chi perde contro una parte che si paga autonomamente il legale. La condanna alle spese si basa sul principio della soccombenza e viene quantificata secondo le tariffe professionali standard, a prescindere dalla condizione economica della parte vittoriosa. Diversamente, si creerebbe una palese e ingiustificata disparità di trattamento.

Sostenibilità del Sistema

La Corte ha spiegato che la valutazione non deve essere fatta guardando al singolo caso, ma alla globalità del sistema del patrocinio a spese dello Stato. Consentire allo Stato di incassare l’intero importo delle spese liquidate secondo tariffa ordinaria permette di compensare tutte le situazioni in cui, invece, il recupero non è possibile. Questo meccanismo contribuisce a finanziare e a garantire il funzionamento del servizio pubblico di difesa per i non abbienti, assicurando la tutela del diritto di difesa sancito dalla Costituzione.

L’Inammissibilità della Censura sulla Quantificazione

Oltre a respingere la questione di principio, la Corte ha dichiarato inammissibile anche la doglianza relativa all’eccessività dell’importo liquidato dal Tribunale. Il ricorrente si era limitato a una generica denuncia, senza specificare quali voci della tariffa professionale fossero state violate. La Cassazione ha ricordato che il suo sindacato sulla quantificazione delle spese è limitato e non può entrare nel merito della decisione discrezionale del giudice, a meno che non vengano violati i limiti minimi o massimi delle tariffe vigenti e che il ricorso sia specifico e autosufficiente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un punto fermo: la condanna alle spese processuali non subisce sconti se la parte vittoriosa è assistita dal patrocinio a spese dello Stato. La parte soccombente è tenuta a versare all’Erario un importo calcolato secondo i normali parametri forensi. Questa regola non solo tutela il principio di uguaglianza, ma è anche fondamentale per la sostenibilità economica di un istituto di civiltà giuridica come il gratuito patrocinio, che garantisce l’accesso alla giustizia per tutti.

Se perdo una causa contro una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, devo pagare le spese legali?
Sì, la parte che perde la causa (soccombente) è tenuta a pagare le spese legali. Tuttavia, il pagamento non va effettuato all’avvocato della controparte, ma direttamente allo Stato (Erario).

L’importo delle spese da pagare allo Stato è calcolato con la tariffa ridotta prevista per il gratuito patrocinio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’importo deve essere calcolato secondo le tariffe professionali ordinarie, in misura piena. La somma che lo Stato paga al difensore della parte assistita è inferiore, ma questo non riduce l’obbligo di pagamento del soccombente.

Per quale motivo la parte soccombente deve pagare le spese per intero e non in misura ridotta?
Secondo la Corte, questa regola serve a due scopi principali: primo, evitare un ingiusto vantaggio per chi perde contro una parte con gratuito patrocinio rispetto a chi perde contro una parte che paga il proprio avvocato (principio di uguaglianza); secondo, permettere allo Stato di recuperare risorse per finanziare il sistema del patrocinio a spese dello Stato nel suo complesso, garantendone la sostenibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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