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Passaggio di cantiere: la Cassazione sui requisiti

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di alcuni lavoratori a cui era stato negato il diritto al passaggio di cantiere. La Suprema Corte ha cassato la decisione d’appello, stabilendo che il giudice di merito ha errato nel non verificare in concreto il requisito dell’adibizione dei dipendenti al cantiere per almeno 240 giorni prima del cambio appalto, un elemento cruciale previsto dal CCNL di settore. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame dei fatti.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Passaggio di Cantiere: Requisiti e Onere della Prova secondo la Cassazione

Il passaggio di cantiere rappresenta una tutela fondamentale per i lavoratori impiegati nei settori degli appalti di servizi, come quello dell’igiene ambientale. Questa clausola contrattuale garantisce la continuità occupazionale al personale quando una nuova azienda subentra nella gestione del servizio. Tuttavia, il diritto all’assunzione non è automatico, ma è subordinato al possesso di specifici requisiti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire l’importanza dell’accertamento in fatto di tali requisiti, sottolineando come la decisione del giudice non possa basarsi unicamente sui documenti contrattuali dell’appalto.

I fatti del caso: il mancato assorbimento del personale

La vicenda trae origine dal ricorso di un gruppo di lavoratori, precedentemente dipendenti di una società che gestiva i servizi di igiene urbana per un Comune. A seguito del subentro di un nuovo Consorzio nell’appalto, i lavoratori non venivano assunti dalla nuova impresa. Essi avevano quindi agito in giudizio per ottenere la costituzione del rapporto di lavoro con il nuovo appaltatore, invocando il loro diritto al passaggio di cantiere previsto dall’art. 6 del CCNL di settore.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva rigettato le domande dei lavoratori. La sua decisione si fondava principalmente sull’analisi dei documenti relativi all’appalto, come il capitolato speciale, dai quali emergeva una distinzione tra il personale ‘storico’ da assorbire obbligatoriamente e un numero limitato di unità aggiuntive la cui assunzione era considerata facoltativa e a discrezione dell’impresa subentrante. Secondo i giudici di secondo grado, i ricorrenti rientravano in questa seconda categoria e, pertanto, non vantavano un diritto all’assunzione. Inoltre, per due lavoratrici, la Corte aveva ritenuto non contestato il fatto che svolgessero mansioni amministrative non esclusivamente legate a quel cantiere.

Il passaggio di cantiere e il ricorso in Cassazione

I lavoratori hanno impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando diversi vizi. In particolare, hanno sostenuto che la Corte d’Appello avesse omesso di accertare in concreto il possesso del requisito fondamentale previsto dal CCNL: l’essere stati adibiti in via ordinaria o prevalente a quel specifico cantiere per almeno 240 giorni prima dell’inizio della nuova gestione. Secondo i ricorrenti, il giudice aveva erroneamente fondato la propria decisione su atti (quelli di gara) inopponibili ai dipendenti, la cui unica fonte del diritto era il contratto collettivo.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi principali del ricorso, cassando la sentenza e rinviando la causa ad un’altra sezione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito che la Corte territoriale ha commesso un errore di diritto. La fonte del diritto all’assunzione dei lavoratori non risiede negli atti dell’appalto stipulati tra il Comune e le imprese, bensì unicamente nell’art. 6 del CCNL.

Di conseguenza, sarebbe stato necessario e sufficiente accertare in punto di fatto se i lavoratori possedessero i requisiti previsti da tale norma, primo fra tutti quello dell’adibizione al cantiere per una durata di almeno 240 giorni. Questo accertamento era tanto più doveroso in quanto la controparte aveva specificamente contestato tale circostanza nel corso del giudizio di merito. Affermare, come ha fatto la Corte d’Appello, che i lavoratori rientrassero in un gruppo di ‘unità aggiuntive’ sulla base del capitolato non è sufficiente a escludere il loro diritto, se di fatto essi rispettavano le condizioni previste dalla contrattazione collettiva.

Inoltre, la Cassazione ha ritenuto fondata anche la censura relativa alla presunta ‘non contestazione’ delle mansioni amministrative di due lavoratrici. I giudici hanno evidenziato che le dipendenti avevano sempre affermato, sin dal primo grado, di essere state adibite in via esclusiva a quel cantiere. La contestazione di tale fatto da parte del datore di lavoro non poteva trasformarsi in un onere per le lavoratrici di contestare a loro volta la contestazione altrui. Il fatto era, e rimaneva, controverso e meritevole di un accertamento giudiziale.

Le conclusioni: l’importanza dell’accertamento in fatto

La pronuncia della Suprema Corte ribadisce un principio cruciale nella tutela dei lavoratori negli appalti: il diritto al passaggio di cantiere si fonda su presupposti fattuali che devono essere rigorosamente verificati dal giudice. Non è possibile negare tale diritto basandosi esclusivamente sulla documentazione di gara o sui piani industriali, che regolano i rapporti tra committente e appaltatore ma non sono direttamente opponibili ai dipendenti. Il giudice del rinvio dovrà quindi procedere a un nuovo e approfondito esame dei fatti, accertando se, al di là delle previsioni del capitolato, i lavoratori fossero effettivamente impiegati nel cantiere con la continuità richiesta dal CCNL per maturare il diritto alla stabilità occupazionale.

Qual è il requisito fondamentale per il diritto al passaggio di cantiere secondo la Cassazione in questo caso?
Il requisito essenziale è l’effettiva adibizione del lavoratore, in via ordinaria o prevalente, allo specifico appalto per l’intero periodo di 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione, come previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore.

È sufficiente basarsi sui documenti dell’appalto per negare il diritto all’assunzione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che gli atti relativi alla gara d’appalto (come il capitolato) regolano i rapporti tra la stazione appaltante e l’impresa, ma non sono opponibili ai lavoratori. La fonte del diritto all’assunzione è unicamente il CCNL, e il giudice deve accertare i fatti in base a quanto previsto da quest’ultimo.

Cosa accade se un fatto affermato da una parte viene contestato dalla controparte?
Se una parte contesta un fatto (ad esempio, l’esclusiva adibizione di un lavoratore a un cantiere), quel fatto diventa controverso e richiede un accertamento da parte del giudice. La parte che ha originariamente affermato il fatto non ha l’onere di ‘contestare la contestazione’, poiché la sua posizione è già chiara. Spetta al giudice valutare le prove per stabilire la verità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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