Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34439 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 34439 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 29125-2019 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 200/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 22/05/2019 R.G.N. 126/2017;
Oggetto
Contratto di lavoro a tempo
parziale
Qualificazione
Disciplina legale
Contrattazione collettiva
R.G.N. 29125/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 05/03/2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato NOME COGNOME udito l’Avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Caltanisetta, ritenendo infondato l’appello proposto dal lavoratore attuale ricorrente contro la sentenza del Tribunale di Enna n. 461/2016, confermava quest’ultima, la quale aveva rigettato il ricorso del lavoratore nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
1.2. In tale atto introduttivo il lavoratore, ‘operatore di esercizio’, parametro 140 CCNL RAGIONE_SOCIALE, tenuto a prestazioni da eseguirsi, a settimane alterne, su tratta, per l’espletamento del servizio di trasporto scolastico con l’indicato orario di lavoro, aveva chiesto: la dichiarazione di sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno fra lui e la convenuta datrice di lavoro sin dalla data di assunzione per effetto dell’illegittimità del contratto a tempo parziale vigente tra le parti, derivante dalla mancata puntuale collocazione dell’orario di lavoro con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno, nonché per il superamento delle percentuali di utilizzo dei contratti part time ; in subordine, dichiararsi l’illegittima distribuzione dell’orario di lavoro, nonché la violazione della misura minima della prestazione lavorativa prevista dal CCNL di categoria, con conseguente declaratoria
del proprio diritto a prestare 26 ore settimanali di lavoro anche nel periodo giugno-settembre o, in via ulteriormente gradata, del diritto all’innalzamento delle ore contrattuali annuali almeno sino al 50% dell’orario a tempo pieno e alla distribuzione de ll’orario nel corso della settimana, del mese e dell’anno nel rispetto del CCNL di categoria e delle fasce orarie ivi indicate; con condanna della resistente al risarcimento dei danni.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, facendo riferimento alle previsioni di cui all’art, 1, comma 2, d.lgs. n. 61/2000, riteneva anzitutto che il contratto stipulato tra le parti è a tempo parziale di tipo misto, in quanto prevede un orario di lavoro ridotto rispetto a quello normale giornaliero (in ciò presentando una caratteristica dell’orizzontale) da svolgersi però limitatamente a periodi predeterminati nel corso dell’anno (come nel part time verticale). Considerava, allora, che nella parte in cui è riconducibile al part-time orizzontale, il contratto contiene senz’altro la puntuale determinazione dell’orario e della sua collocazione temporale e che, del resto, nessuna doglianza era stata sollevata a riguardo.
2.1. Rilevava, infatti, la Corte che la censura del lavoratore concerneva, piuttosto, la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa nel part-time verticale, e riteneva che, rispetto alla ratio dell’art. 2 d.lgs. n. 61/2000 (di garantire la certezza e la predeterminazione della durata della prestazione lavorativa), tale ratio non era pregiudicata dal rinvio del contratto ad un elemento, quale l’anno scolastico, di per sé certo nel suo verificarsi, ed in funzione del quale l’attività lavor ativa viene espletata, ma dipendente, nella sua esatta delimitazione temporale, dalla volontà di soggetti
diversi dal datore di lavoro (Ministero e Dirigenti Scolastici) e perciò da un fattore estraneo all’organizzazione imprenditoriale e, come tale, non controllabile e predeterminabile dal datore di lavoro, con conseguente necessità, anno per anno, di un adat tamento dell’operatività del contratto alla concreta fissazione degli enti competenti, delle date di inizio e fine dell’anno scolastico, necessità che spiegava la locuzione, adottata nel contratto individuale, ‘in linea di massima’.
2.3. Concludeva sul punto nel senso di ritenere rispettato il requisito della puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e che dunque non sussisteva il presupposto per la richiesta di trasformazione, ex art. 8 d.lgs. n. 61 del 2000, del l’orario di lavoro.
La Corte disattendeva, altresì, il secondo motivo d’appello, con il quale il lavoratore sosteneva che il superamento dei limiti percentuali di assunzione a tempo parziale previsti dall’art. 2/A del CCNL del 14 dicembre 2004 comportasse la nullità parziale del contratto ex art. 1419 c.c. con sostituzione della nulla ed inefficace pattuizione sull’orario a tempo parziale, rientrante in una tipologia contrattuale speciale, con quella normale ed ordinaria, ossia con rapporto a tempo pieno.
3.1. A riguardo, oltre a richiamare quanto ritenuto previsto dall’art. 8 del cit. d.lgs., osservava che la trasformazione richiesta non poteva dipendere neppure dalla mancata osservanza dell’art. 2 lett. B del CCNL circa la necessità di un esame congiunto fra azienda e rappresentanze sindacali per l’elaborazione di un part -time misto.
Riteneva, ancora, che non poteva poi ravvisarsi l’asserita violazione dell’art. 2 lett. B), b), del CCNL circa la previsione di turni articolati in fasce orarie prestabilite e di un limite minimo garantito di ore (50% della prestazione media full-time), garanzia che l’allora appellante invocava in relazione ai periodi inoperosi, posto che, come dallo stesso affermato, nel periodo lavorativo egli espleta n. 26 ore lavorative settimanali, ben al di sopra del 50% del tempo pieno, pari a 39 ore settimanali.
In definitiva, la Corte, reputando insussistenti le violazioni sostenute, riteneva infondato anche l’ultimo motivo d’impugnazione, concernente i danni che dalle stesse deriverebbero.
Avverso tale decisione il suddetto lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Ha resistito l’intimata con controricorso
Le parti private hanno depositato memoria.
Il P.G. ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia: ‘Violazione di legge: art. 1 del D.Lvo 61/2000 (in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c.’. Riportato l’orario di lavoro previsto nel contratto part-time da lui firmato nei mesi c.d. scolastici (da settembre a giugno), premette che il totale complessivo delle ore lavorate in esse comprese le c.d. prestazioni accessorie è pari a 26 ore di lavoro quale orario medio settimanale, mentre nel periodo
giugnosettembre l’orario settimanale è di zero ore. Deduce, allora, che non lavorando lui mai a tempo pieno il contratto de quo non poteva essere qualificato quale part-time misto, come invece erroneamente sostenuto dalla Corte territoriale, e che tale contratto è un part-time orizzontale (durante nove mesi) con stacco nel periodo estivo e che doveva qualificarsi appunto quale part-time orizzontale ai fini di individuare la disciplina contrattuale applicabile.
Con un secondo motivo, denuncia ‘Violazione del CCNL di categoria: art. 2/A del CCNL Autoferrotranvieri del 14/12/2004, art. 4/A.1 del CCNL Autoferrotranvieri del 23.07.1976; Violazione di legge: art. 1419 c.c. ed art. 2077 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c.)’. Secondo il ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la clausola prevista dall’art. 2/A del CCNL autoferrotranvieri del 14.12.2004 non regolamenta le relazioni fra imprenditore ed organizzazioni sindacali ma impone all’imprenditore, nell’interesse dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, di non stipulare contratti part-time in misura smodata ma di rispettare il limite di uno a quattro (1 part-time ogni 4 full-time) e ciò in quanto nello specifico settore per cui è causa (autotrasporti) il contratto full-time viene favorito rispetto al contratto part-time in considerazione delle caratteristiche dell’attività lavorativa.
Con un terzo motivo denuncia ‘Violazione del CCNL di categoria: art. 2 lett. B del CCNL Autoferrotranvieri del 14.12.2004; Violazione di legge: artt. 1362 e 1365 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c.)’. Per il ricorrente la decisione assunta sul punto dalla Corte territoriale è illogica ed errata perché, a mente dell’art. 2 lett. B del CCNL Autoferrotranvieri
del 14.12.2004, in mancanza di esame congiunto con le rappresentanze sindacali, la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE non poteva attivare contratti part-time misti, dovendosi limitare alla stipula di contratti part-time verticali od orizzontali espressamente regolamentati dalle parti sociali; e, qualora la stipula del contratto part-time dovesse considerarsi ammessa, quantomeno dovevano ritenersi operanti per il contratto parttime misto le limitazioni previste dal CCNL per i contratti parttime orizzontali e verticali di cui il contratto misto ne costituiva il connubio.
Con un quarto motivo denuncia ‘Violazione del CCNL di categoria: art. 2 lett. B del CCNL Autoferrotranvieri del 14.12.2004 (punto b) ed art. 20 punto 4 del CCNL Autoferrotranvieri del 28.11.2015; Violazione di legge: artt. 1362 e 1365 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c.)’. Secondo il ricorrente, la Corte d’appello erroneamente riteneva che la disciplina sull’orario minimo settimanale garantito al lavoratore part-time orizzontale e verticale non poteva applicarsi analogicamente (ex art. 12 preleggi) al part-time misto data la natura di clausola contrattuale e non di norma di legge. La Corte avrebbe dovuto viceversa valutare in applicazione degli artt. 1362 e 1365 c.c. (applicabili all’interpretazione dei contratti collettivi) la pattuizione in materia di orario minimo prevista per il part-time orizzontale e misto poteva ragionevolmente estendersi anche al part-time misto dato che lo stesso non era altro che la combinazione delle due tipologie di part-time citate.
Con un quinto motivo denuncia ‘Violazione del CCNL di categoria: art. 2 lett. B del CCNL Autoferrotranvieri del 14.12.2004; Violazione di legge: artt. 1362 e 1365 c.c. (in
relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c.)’. Per il ricorrente, la Corte d’appello erroneamente riteneva che la disciplina delle fasce orarie entro cui contenere i turni di servizio del lavoratore parttime orizzontale non poteva applicarsi analogicamente (ex art. 12 preleggi) al part-time misto data la natura di clausola contrattuale e non di norma di legge. La Corte avrebbe dovuto viceversa valutare in applicazione degli artt. 1362 e 1365 c.c. (applicabili all’interpretazione dei contratti collettivi) se la pattuizione in materia di orario minimo prevista per il part-time orizzontale poteva ragionevolmente estendersi anche al parttime misto dato che il contratto fatto firmare al lavoratore per nove mesi era un part-time misto mentre nei restanti tre mesi si aveva unicamente uno stacco a zero ore.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
6.1. Tale censura, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, è ammissibile, denunciandosi un vizio di sussunzione nell’impugnata sentenza, consistente nella sostenuta errata qualificazione, da parte della Corte di merito, quale part-time misto del contratto di lavoro inter partes rispetto alla disciplina di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 61/2000.
Innanzitutto, non è controverso che al contratto individuale in questione (stipulato in data 8.9.2010) fosse applicabile la disciplina legale di cui all’ora cit. d.lgs. n. 61/2000, come poi in parte modificato (per essere in seguito interamente abrogato dall’art. 55, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81/2015).
Parimenti pacifico è che il contratto di lavoro fu stipulato nella vigenza del CCNL Autoferrotranvieri del 14.12.2004.
7.1. Ebbene, l’art. 1 d.lgs. n. 61/2000 (con la rubrica ‘Definizioni’), al comma 2, per quanto qui interessa, stabiliva che: . Poco dopo, l’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 100/2001, aggiunse a tali disposizioni definitorie la lett. d-bis), a termini della quale si intende , pur non esplicitando le possibili forme di tale combinazione tra ‘tempo parziale di tipo orizzontale’ e ‘tempo parziale di tipo verticale’ (forme, del resto, già note e praticate in precedenza).
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno accertato che il contratto individuale di lavoro prevedeva che ‘In linea di massima, l’orario di lavoro afferente al servizio di linea dall’inizio dell’anno scolastico sino alla fine dell’anno scolastico’ era quello specificato in dettaglio nel medesimo contratto, vale a dire, un orario di lavoro ridotto rispetto a quello normale giornaliero (in ciò presentando una caratteristica del part time
orizzontale), ma da osservarsi limitatamente ad un periodo determinato nel corso dell’intero anno, e cioè coincidente con quello dell’anno scolastico; il che corrispondeva all’ipotesi di tempo parziale verticale. Di qui la qualificazione del contratto in q uestione quale rapporto ‘a tempo parziale di tipo misto’; qualificazione contestata dal ricorrente, che non pone invece in dubbio l’accertamento fattuale ad essa sotteso.
Ritiene il Collegio che la qualificazione operata dalla Corte territoriale sia esatta sul piano giuridico, in rapporto alla premessa disciplina legale e contrattuale collettiva, valevole ratione temporis .
E’, invero, all’evidenza priva di fondamento la tesi del ricorrente, secondo la quale, siccome egli non lavora mai a tempo pieno in nessun periodo dell’anno, il contratto dedotto in atti sarebbe un part-time orizzontale durante nove mesi (vale a dire, quelli corrispondenti ad un anno scolastico), con uno ‘stacco’ nel periodo estivo.
Quello che, difatti, il ricorrente denomina come uno stacco non è riscontrabile affatto nel parttime ‘orizzontale’, nel quale, a termini di definizione legale, v’è soltanto ‘la riduzione di orario rispetto al tempo pieno … prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro’, ma non si verificano interruzioni delle prestazioni lavorative ‘nel corso della settimana, del mese o dell’anno’; quali quelle che si riscontrano nel parttime ‘verticale’, e che ricorrevano nella fattispecie contrattuale concreta, come accertata dalla Corte di merito, nei tre mesi cui allude il ricorrente, riferendosi appunto al periodo non lavorato perché non interessato dall’ ‘anno scolastico’.
Correttamente, perciò, la Corte d’appello ha sussunto tale fattispecie nell’ipotesi del rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto.
A fronte, infatti, di una definizione legale ‘aperta’ di questo tipo di lavoro part-time, la quale, come anticipato, si limita a delineare lo stesso come ‘quello che si svolge secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e d)’, la forma contrattuale nella specie adottata configurava una delle possibili commistioni di tali due modalità tipizzate, partecipando sia di una caratteristica del tempo parziale orizzontale sia di una caratteristica del tempo parziale verticale.
A superflua conferma di tanto nota il Collegio che proprio nella lett. a) del § B (sotto la rubrica ‘Lavoro a tempo parziale’) dell’art. 2 del CCNL di settore, che tiene conto del quadro normativo dell’epoca (esplicitamente indicato in ‘D.lgs. 25 febbraio 2000, 61 così come modificato dal D.lgs. 26 febbraio 2001, n. 100 e D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276’), dopo definizioni del lavoro a tempo parziale ‘orizzontale’ e del lavoro a tempo parziale ‘verticale’, riproduttive di quelle legali, il lavoro a tempo p arziale ‘misto’ è specificato nel senso che ricorre ‘quando la prestazione si realizza secondo una combinazione delle modalità sopraindicate, che contempli giornate o periodi a tempo pieno o ad orario ridotto alternati a giornate o periodi ad orario ridott o o di non lavoro’.
E’ evidente, allora, che la forma contrattuale, come accertata dai giudici d’appello, rientra in una delle ipotesi di parttime ‘misto’ così esemplificate nella fonte collettiva nazionale.
Si tratta, in particolare, di contratto di lavoro che prevedeva, in combinazione, un periodo di ogni anno (di nove mesi circa corrispondenti al periodo dell’anno scolastico) nel quale il lavoro era prestato ad orario ridotto (rispetto all’orario normale giornaliero), ma alternato ad un periodo del medesimo anno di non lavoro (pari ai circa tre mesi non interessati dall’ ‘anno scolastico’).
Per ragioni di ordinato ordine espositivo, occorre ora considerare il terzo motivo di ricorso, che è infondato.
Dopo il passo già riferito dell’art. 2 B), lett. a) del CCNL 14.12.2004, si legge: ‘Tale combinazione sarà oggetto di esame congiunto tra azienda e rappresentanze sindacali’.
In proposito, occorre evidenziare che il comma 3 dell’art. 1 d.lgs. n. 61/2000 era stato sostituito, prima, dall’art. 1, comma 1, del già cit. d.lgs. n. 100/2001 e, successivamente, dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
Più in particolare, il testo originario prevedeva che i contratti collettivi di riferimento ‘possono consentire’ lo svolgimento di lavoro parttime di tipo misto, ‘provvedendo a determinare le modalità temporali di svolgimento della specifica prestazione lavorativa ad orario ridotto, nonché le eventuali implicazioni di carattere retributivo della stessa’.
Invece, il comma 3 dell’art. 1, come definitivamente sostituito nel 2003, recita(va): ‘I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro di cui al comma 2. I contratti collettivi nazionali possono, altresì, prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalità particolari di attuazione delle discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del presente decreto’.
Dunque, è stato così consentito il ricorso anche al parttime misto senza la necessità di una previa disposizione collettiva che lo autorizzi e lo disciplini. La versione definitiva di tali previsioni, infatti, riserva alle indicate fonti collettive compiti essenzialmente specificativi anche (ma non soltanto) di una forma di lavoro a tempo parziale già tipizzata a livello legale quale ‘combinazione’ delle modalità proprie del part -time orizzontale e di quello verticale; ‘combinazione’ della quale dette fonti collettive possono solo puntualizzare l’atteggiarsi e l’attuazione, come del resto per il tempo parziale orizzontale e quello verticale.
Ebbene, la specifica previsione del CCNL RAGIONE_SOCIALE del 2004, secondo la quale: ‘Tale combinazione sarà oggetto di esame congiunto tra azienda e rappresentanze sindacali aziendali’, è perfettamente in linea con tutte le disposizioni legali sin qui considerate.
Più nello specifico, anzitutto in conformità al canone ermeneutico legale di cui all’art. 1362, comma primo, c.c., ma anche in base al principio dell’interpretazione complessiva delle clausole ex art. 1363 c.c., occorre tener conto che in apertura del § B dell’art. 2 del CCNL, dedicato appunto al ‘Lavoro a
tempo parziale’, si fa riferimento alle ‘normative vigenti’ (come già notato, espressamente indicate).
Anche in relazione al lavoro a tempo parziale di tipo misto, come per quello orizzontale e per quello verticale, la definizione esposta, persino a livello lessicale, è riproduttiva di quella legale, come nel frattempo assestatasi nel 2003, limitandosi la fonte collettiva nazionale, secondo quanto già rilevato, a specificare le possibili forme di ‘combinazione’, quindi già previste e ritenute consentite.
In tale contesto, allora, è di tutta evidenza che la previsione di un futuro ‘esame congiunto’ di ‘tale combinazione’ a livello sindacale aziendale (‘tra azienda e rappresentanze sindacali’) non può assumere il significato sostenuto dal ricorrente, e, cioè, che, in mancanza del suddetto esame congiunto, la società datrice di lavoro non poteva attivare contratti part-time misti.
Peraltro, tale tesi parte dall’erroneo assunto che il part -time misto non fosse ‘regolamentato dal CCNL nazionale di categoria’, laddove tale ‘tipo’ di lavoro a tempo parziale, non solo era già esplicitamente previsto e descritto nelle sue possibili forme in tale precipua norma collettiva, ma era disciplinato in essa.
Pervero, è agevole constatare che non poche delle molteplici previsioni ulteriori contenute nel § B sono riferite al ‘lavoro parziale’ senza ulteriori specificazioni, per modo da risultare applicabili anche a quello ‘misto’ che ne costituisce solo uno dei tipi (o sottotipi); oppure sono esplicitamente riferite anche al tipo misto (come quella, secondo cui: ‘Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto è
altresì consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie per le ore eccedenti l’orario normale settimanale previsto dal CCNL o da accordo aziendale ove esistente’, o quella per cui: ‘Su accordo scritto tra lavoratore ed azienda nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. Le variazioni in aumento della prestazione lavorativa non possono eccedere il 20% della prestazione concordata su base annua’).
Sempre seguendo il più plausibile ordine logico, va ora esaminato e disatteso il quarto motivo di ricorso.
Recita l’art. 2 § B), alla lett. b): ‘la prestazione giornaliera del part-time orizzontale non potrà essere inferiore al 50% dell’orario settimanale nazionale o aziendale ove esistente suddivisa su 5 o 6 giorni lavorativi.
Per il part time verticale la prestazione media settimanale non potrà essere inferiore al 35% della predetta durata’.
15.1. Ora, anzitutto non è pertinente l’attuale richiamo del ricorrente anche all’art. 20 punto 4 del CCNL Auroferrotranvieri del 28.11.2015, norma collettiva che, non solo si riferisce al parttime verticale, ma non vigeva all’atto della stipulazione del contratto individuale di lavoro di cui è causa e della quale, comunque, non risulta che fosse stata discussa la possibile rilevanza in causa nei gradi di merito.
In ogni caso, priva di fondamento è la tesi del ricorrente che, per il tramite di un’interpretazione estensiva ex art. 1365 c.c., tende a far sì che precipue previsioni collettive
dettate per il tempo parziale orizzontale (o verticale) possano trovare applicazione rispetto al lavoro a tempo parziale misto.
16.1. Come già accennato, il § B dell’art. 2 del CCNL contiene un’articolata e dettagliata disciplina del ‘lavoro a tempo parziale’, la quale in sostanza segue dappresso quella legale di cui al d.lgs. n. 61/2000 (come in seguito novellato), anche per quant o riguarda gli ambiti d’intervento assegnati alla contrattazione collettiva (v. l’art. 1, comma 3; l’art. 3, commi 2, 3, 4, 7, 9; l’art. 4, commi 1 e 2, lett. a); l’art. 5, comma 3, secondo periodo; l’art. 8, comma 2, ult. periodo, e comma 2 -ter; l’art. 9, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 61/2000 a raffronto con i contenuti delle previsioni collettive nazionali apposite).
Tale esteso corpus di rango collettivo nazionale, muovendo dalle viste definizioni del lavoro a tempo parziale orizzontale, di quello verticale e infine di quello misto (di cui è fornita descrittiva delle possibili forme di ‘combinazione’), contiene previsioni, secondo i casi, applicabili ad ogni tipo di lavoro a tempo parziale, o solo al lavoro a tempo parziale orizzontale oppure ancora solamente al lavoro a tempo parziale verticale e misto.
In presenza, perciò, di tali consapevoli scelte delle parti collettive a livello nazionale, risulterebbe contrario al tenore del § B lett. b) dell’art. 2 ed all’intenzione delle stesse parti collettive ex art. 1362, comma primo, c.c., oltre che al canone e rmeneutico legale di cui all’art. 1363 c.c., estendere l’ambito applicativo di una disposizione espressamente dedicata al parttime orizzontale all’ipotesi di part -time misto, tanto più che la medesima lett. b), come si è visto, detta analoga, sebbene diversa, previsione per il part-time verticale, ma non fa cenno
al part-time misto pur considerato e sotto altri profili disciplinato dalle parti collettive.
E, siccome per definizione anzitutto legale (confermata dal CCNL) il lavoro a tempo parziale di tipo misto invera una ‘combinazione delle due modalità’, orizzontale e verticale, di tale lavoro, l’interpretazione estensiva che propone il ricorrente erroneam ente s’incentra sull’idea che il caso del parttime misto sarebbe ‘ragionevolmente assimilabile’ a quello del parttime orizzontale, invece senz’altro diverso.
Pressoché identiche considerazioni valgono per respingere il quinto motivo.
17.1. Sempre nell’ambito del § B, lett. a), dell’art. 2 si legge anche che: ‘Nella lettera -contratto di lavoro a tempo parziale dovrà, comunque, essere specificata l’entità e la distribuzione dell’orario di lavoro (giornaliera, settimanale, mensile o annua )’ e, al capoverso seguente, che: ‘Nella lettera-contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale sarà definita anche con riferimento a turni articolati su una sola delle due fasce orarie prestabilite così determinate: prima fascia da inizio servizio fino alle ore 13, con possibilità di estensione fino alle ore 14 per oggettive esigenze aziendali previa informativa alle rappresentanze sindacali aziendali; la seconda dalle ore 14 a fine servizio’.
17.2. Secondo il ricorrente, la ratio di tali fasce orarie ‘è quella di permettere al lavoratore part-time di potere svolgere anche altra prestazione lavorativa evitando nel contempo di essere occupato per l’intera giornata a fronte della retribuzione ridotta corrisposta’.
Tale ratio è plausibile; e, del resto, dal punto di vista dei lavoratori interessati al e dal lavoro a tempo parziale, l’assunzione a tempo parziale in generale, che costituisce una delle forme di assunzione ‘nel rapporto di lavoro subordinato’ (cfr. art. 1, comma 1 , d.lgs. n. 61/2000), può senz’altro rispondere anche all’esigenza di far sì che il singolo lavoratore nel tempo non impiegato in tale forma di lavoro attenda ad altra attività lavorativa.
Nel caso del part-time misto come in concreto configurato nel contratto individuale del ricorrente tale esigenza, però, è assicurata, oltre che dal periodo in cui la prestazione lavorativa è resa ad orario ridotto, principalmente dal periodo di non lavoro in base a quel contratto, che gli consente, ove lo ritenga, di dedicarsi ad altra attività.
Ciò considerato, anche in questo caso la specifica disposizione collettiva che invoca il ricorrente, assumendone la violazione, è esclusivamente dettata per il lavoro a tempo parziale orizzontale, e segue, peraltro, ad altra che, in termini generali, e quindi anche per il part-time misto, stabilisce ciò che ‘Nella lettera -contratto di lavoro’ deve essere specificato su ‘entità’ e ‘distribuzione dell’orario di lavoro’, in conformità a quanto previsto dall’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 61/2000.
18.1. Dunque, per le medesime ragioni sviluppate in ordine al precedente quarto motivo di ricorso, non è praticabile l’interpretazione estensiva ex art. 1365 c.c. di clausola posta per il part-time orizzontale al part-time misto.
E’ infine privo di fondamento il secondo motivo di ricorso.
Esso attiene anzitutto all’art. 2/a (articolo del CCNL distinto dal precedente articolo 2), che sotto la rubrica ‘Percentuali di utilizzo’, disciplina appunto ‘le percentuali di utilizzo delle forme contrattuali a tempo determinato nonché dei contratti parttime a tempo indeterminato’.
Secondo la tesi del ricorrente, già sostenuta nel secondo motivo d’appello respinto dalla Corte di merito, nel caso di specie vi sarebbe stato il superamento di tali percentuali, con conseguente nullità parziale del suo contratto che produrrebbe, però, la trasformazione dello stesso in un rapporto a tempo indeterminato a tempo pieno.
In tal senso, il ricorrente richiama tuttora Cass., sez. lav., 8.3.2016, n. 4494, la quale ebbe a ritenere che la nullità per vizio di forma, nella clausola di riduzione dell’orario di lavoro, non travolge integralmente il contratto, ma ne determina la qualificazione in un rapporto di lavoro normale. Ciò in conseguenza dell’inefficacia della pattuizione concernente la scelta della tipologia contrattuale speciale ed in ragione dell’applicazione della disciplina ordinaria della nullità parziale, ex art. 1419 c.c.
22.1. Nota il Collegio che tale sentenza concerne fattispecie del tutto diversa da quella che qui ci occupa.
In primo luogo, infatti, detta decisione riguardava caso in cui trovava ancora applicazione ratione temporis l’art. 5 d.l. n. 726/1984, conv. nella l. n. 863/1984, il quale prevedeva la forma scritta ad substantiam per il ‘contratto di lavoro a tempo parziale’.
In secondo luogo, nel caso in esame non viene assolutamente in considerazione un problema di forma scritta del contratto di lavoro inter partes ; né, comunque, la disciplina avente forza e valore di legge di cui al d.lgs. n. 61/2000, come in seguito modificato, e valevole ratione temporis all’atto della stipula di quel contratto, contemplava tale nullità per il caso di superamento di determinate percentuali di utilizzo quali quelle poi previste nella specifica norma collettiva di cui all’art. 2/a del CCNL del 14.12.2004.
D’altronde, detta normativa legale neanche prevedeva tali percentuali di utilizzo, né attribuiva alla contrattazione collettiva il compito di prevederle.
L’art. 6 d.lgs. n. 61/2000, come poi modificato sino al 2003, detta(va) piuttosto soltanto dei ‘Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale’.
Inoltre, l’art. 8 dello stesso decreto, sotto la rubrica ‘Sanzioni’, contiene sì un’estesa e dettagliata disciplina dell’apparato sanzionatorio in subjecta materia , che riguarda, tuttavia, ipotesi del tutto difformi da quella del superamento delle percentuali di utilizzo cui si riferisce il ricorrente.
Infine, anche le restanti norme dello stesso decreto legislativo non prevedono affatto una ‘conversione’ (o trasformazione) del rapporto di lavoro part-time in rapporto full-time per il caso di superamento di tali percentuali.
22.2. A sua volta, anche l’art. 2/a del CCNL non contempla nessuna sanzione per il caso di superamento di tali percentuali, né forme di conversione a tempo pieno dei rapporti di
lavoratori assunti parttime quando all’atto della loro assunzione restino superate tali percentuali.
Pertanto, il superamento delle ridette percentuali, in difetto di previsione legale o contrattuale collettiva, non determina la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale in lavoro a tempo pieno (cfr. in termini analoghi Cass., sez. lav., 28.3.2019, n. 8658, per il caso di superamento del monte ore annuo massimo previsto dalla contrattazione collettiva per il lavoro a tempo parziale).
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.