Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12840 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 10132/2021 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domicilio in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO ; ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE c.f. P_IVA, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 1156/2020 della Corte d’Appello di Brescia, depositata il 29-10-2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14-12025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha convenuto avanti il Tribunale di Brescia RAGIONE_SOCIALE poi RAGIONE_SOCIALE, esponendo che aveva soggiornato dal 2 al 9 agosto 2014 presso l’hotel Dogana in Lugana di Sirmione, ove la società convenuta esercitava attività di albergo ristorante, pagando costo del soggiorno comprensivo del servizio di
OGGETTO:
contratto di deposito
RG. 10132/2021
C.C. 14-1-2025
parcheggio privato; ha lamentato di avere subito il furto del proprio motoveicolo TARGA_VEICOLO targato TARGA_VEICOLO posteggiato nel parcheggio privato dell’albergo e ha chiesto il risarcimento dei danni subiti, in ragione dell’inadempimento al contratto di deposito, per l’importo complessivo di Euro 6.000,00.
Si è costituita la società convenuta contestando che si fosse concluso contratto di deposito del motoveicolo, in quanto non vi era stata consegna né delle chiavi né affidamento del veicolo, e chiedendo perciò il rigetto della domanda.
Con sentenza n. 3375/2017, il Tribunale di Brescia ha rigettato la domanda e con sentenza n. 1156/2020 depositata il 29-10-2020 la Corte d’appello ha rigettato l’appello.
La sentenza, premesso tra l’altro – che la sentenza di primo grado aveva dichiarato che lo spazio delimitato adibito a parcheggio dei clienti dell’albergo era privo di cancello e vi si poteva accedere liberamente dalla via pubblica, ha accertato, sulla base della deposizione del teste COGNOME, che i cartelli indicanti che il parcheggio era incustodito erano presenti già al momento del fatto e ha dichiarato che la videosorveglianza con telecamera dell’area ove si trovava il parcheggio non equivaleva all’assunzione dell’obbligo di custodia dei veicoli ivi parcheggiati da parte dell’albergatore. Ha dichiarato che l’applicabilità della disciplina del deposito ordinario o del deposito alberghiero, con conseguente esclusione della responsabilità in capo all’albergat ore ai sensi dell’art. 1785 -quinquies cod. civ., era determinata dalla consegna o meno del veicolo o delle relative chiavi all’albergatore, in quanto solo in caso di consegna poteva ritenersi concluso un ordinario contratto di deposito, essendo il contratto di natura reale. Ha escluso anche che si potesse ipotizzare un affidamento incolpevole in capo al cliente in ordine a ll’assunzione da parte dell’albergatore dell’obbligo di custodia,
essendo ciò impedito dalla presenza dei cartelli che rendevano evidente il carattere incustodito del parcheggio.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di unico articolato motivo.
In data 10-7-2024 il consigliere delegato ex art. 380-bis cod. proc. proc. ha depositato proposta di definizione accelerata nel senso della manifesta infondatezza del ricorso e il 22-8-2024 il difensore del ricorrente munito di nuova procura speciale ha chiesto la decisione del ricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 1 4-1-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, rileva la Corte che nel procedimento ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., come disciplinato dal d.lgs. n. 149 del 2022, il presidente della sezione o il consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis.1, non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4 e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (cfr. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 2024 depositata il 10.4.2024).
Sulla scorta di tale pronuncia, il cons. NOME COGNOME autore della proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c., non versa in situazione di incompatibilità.
2.Con il motivo di ricorso il ricorrente deduce in primo luogo (‘a.sull’obbligo di custodia in capo alla struttura alberghiera’) l’erronea applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 1785 -quinquies cod. civ. in quanto sostiene che, date le condizioni di fatto in cui era stato posteggiato il veicolo, non poteva che ritenersi perfezionato tra le parti, per comportamento concludente, un contratto di deposito; ciò perché, nel caso in cui una struttura alberghiera metta a disposizione del cliente la propria area pertinenziale, delimitata e assoggettata a regime di sorveglianza, finisce per offrirgli un servizio di custodia del veicolo ivi parcheggiato, per cui il contratto è perfezionato senza la consegna delle chiavi del mezzo. Quindi (‘b.sull’errata valutazione delle prove acquisite’) il ricorrente sostiene che erroneamente il giudice di primo e quello di secondo grado abbiano ritenuto provata la presenza dei cartelli che avvertivano che il parcheggio era incustodito, senza considerare che l’attore aveva sempre sostenuto che all’epoca dei fatti i cartelli non erano presenti e che la circostanza risultava dal le fotografie prodotte dall’attore , nonché senza considerare che i testimoni erano dipendenti della società convenuta. Di seguito (‘c.sul conseguente diritto del ricorrente al risarcimento dei danni’) il ricorrente ripropone le sue deduzioni sull’entità del danno subito.
3.Il motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui (paragrafo lett.b) deduce l’errata valutazione delle prove subite. E’ pacifico che la doglianza non può essere proposta ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. ma solo ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e nella fattispecie si esclude di poter riqualificare il motivo in termini corretti. In primo luogo, la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod.
proc. civ. è preclusa ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -9-2012 (la sentenza di primo grado è stata pubblicata nel 2017) e de ll’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, avendo la sentenza d’appello integralmente confermato la sentenza di primo grado. Inoltre il ricorrente neppure individua il fatto o i fatti decisivi dei quali sarebbe stato omesso l’esame, come imposto dall’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., ma ripropone una complessiva rilettura del materiale probatorio in termini in sé inammissibili nel giudizio di legittimità.
Il motivo è infondato nella parte in cui sostiene l’erronea applicazione dell’art. 1785 -quinquies cod. civ., perché la disposizione è chiara e inequivocabile nel disporre che le previsioni sulla responsabilità dell’albergatore non si applicano ai veicoli e perciò nel ricondurre il parcheggio in albergo alle norme generali relative alla custodia dei veicoli. Ne consegue che l’albergatore è chiamato a rispondere dei danni ai veicoli secondo le regole del deposito ordinario, a condizione che sia ravvisabile la conclusione di un contratto di deposito. In questa prospettiva, è stato enunciato il principio secondo il quale, nell’ipotesi in cui un cliente consegni le chiavi del veicolo al vetturiere dell’albergo dove alloggia, con tale atto, che integra l’affidamento del veicolo e non la presa in consegna delle chiavi e del veicolo a titolo di cortesia, si perfeziona un ordinario contratto di deposito, dal quale scaturiscono le relative obbligazioni a carico delle parti del rapporto (Cass. Sez. 3 12-3-2010 n. 6048 Rv. 612229-01).
Nella fattispecie la Corte d’appello, con l’accertamento in fatto spettante al giudice di merito e in quanto tale estraneo al perimetro del motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ., ha escluso che sia stato concluso tra l’albergatore e il cliente contratto di
deposito, con riguardo al parcheggio della vettura nell’area scoperta e liberamente accessibile dalla via pubblica di pertinenza della struttura alberghiera. Non rilevano le deduzioni del ricorrente secondo le quali sarebbe stato concluso per comportamento concludente contratto di parcheggio, in quanto anche la conclusione del contratto per comportamento concludente presuppone un accertamento in fatto, che nella fattispecie è stato eseguito dal giudice di merito nel senso di escludere qualsiasi profilo di affidamento della cosa in custodia all’albergatore. La pronuncia si sottrae alle critiche del ricorrente, perché per sostenere l’esistenza di comportamento concludente tale da comportare la conclusione di contratto che comportasse obbligo di custodia in capo all’albergatore il ricorrente presuppone l’esistenza di fatti non accertati -in ordine alla collocazione dei cartelli che avvertivano del fatto che il parcheggio era incustodito solo dopo l’accaduto e in ordine al fatto che la videosorveglianza fosse destinata al l’area di parcheggio-. Quindi, non ricorrono neppure i presupposti per applicare alla fattispecie i principi enunciati da questa Corte nei precedenti che hanno ravvisato l’offerta di un servizio di custodia nel caso della presenza delle caratteristiche tipiche del deposito, quali l’esistenza di uno spazio adibito al parcheggio chiuso e delimitato da sbarre in entrata e uscita, l’assenza di cartelli prima dell’ingresso con l’avvertenza che si trattasse di parcheggio non custodito, l’adozione di sistemi automatizzati per la procedura di ingresso e uscita (cfr. Cass. Sez. 2 27-6-2023 n. 18277 Rv. 668069-01, per tutte).
4.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente è condannato alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come
previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento a favore della controricorrente di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 (Rv. 668909-01) e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540 (Rv. 669313-01), l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. pro c. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Infine, in considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.300,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege; condanna il ricorrente ex art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ. al pagamento di Euro 2.300,00 a favore della controricorrente e di Euro 900,00 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione