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Par condicio creditorum: non basta la priorità del credito

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28019/2025, ha annullato la decisione di una Corte d’Appello che aveva dichiarato inefficace un pagamento eseguito da una società prima del fallimento. L’errore del giudice di merito è stato considerare sufficiente la sola esistenza di creditori con priorità più alta, senza valutare l’effettiva disponibilità di liquidità dell’impresa al momento del pagamento. La Suprema Corte ha ribadito che, per violare la par condicio creditorum, è necessario un accertamento concreto che tenga conto sia della gerarchia dei crediti sia della capienza dell’attivo.

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Par Condicio Creditorum: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Liquidità

La corretta gestione dei pagamenti durante una crisi d’impresa è un terreno minato. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione (ordinanza n. 28019/2025) fa luce su un aspetto cruciale: per stabilire se un pagamento viola la par condicio creditorum, non è sufficiente verificare la sola esistenza di creditori con un grado di privilegio superiore. È indispensabile, invece, un’analisi concreta della liquidità disponibile al momento dell’atto. Questa decisione chiarisce i confini dell’azione di inefficacia promossa dal curatore fallimentare e stabilisce un principio di equilibrio tra la stabilità degli atti compiuti e la tutela della massa dei creditori.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal pagamento di un cospicuo debito IVA effettuato dai liquidatori di una società cooperativa, ammessa a una procedura di concordato preventivo, a favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Successivamente, il concordato veniva risolto e la società dichiarata fallita. Il curatore fallimentare agiva in giudizio per far dichiarare l’inefficacia di quel pagamento, sostenendo che avesse violato l’ordine dei privilegi, ledendo così la par condicio creditorum.

Il percorso giudiziario è stato lungo e complesso. Inizialmente, la domanda del Fallimento veniva respinta, per poi essere accolta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima decisione veniva però cassata con rinvio da una prima ordinanza della Suprema Corte, la quale sottolineava la necessità di un’indagine più approfondita. Il giudice del rinvio, tuttavia, accoglieva nuovamente la domanda del Fallimento, ritenendo sufficiente aver accertato l’esistenza di crediti con privilegio superiore a quello del Fisco e considerando irrilevante la questione della capienza dell’attivo. Contro questa seconda decisione, il Ministero ricorreva nuovamente in Cassazione.

La violazione della Par Condicio Creditorum secondo il Giudice del Rinvio

La Corte d’Appello, nel decidere la causa dopo il primo rinvio, ha commesso un errore di interpretazione. Ha ritenuto che il principio di diritto fissato dalla Cassazione imponesse solo di specificare quali creditori “pretermessi” avessero un diritto di precedenza rispetto al Ministero. Di conseguenza, ha focalizzato la sua analisi esclusivamente sulla graduatoria dei crediti, concludendo che la presenza di creditori con privilegio generale mobiliare di grado anteriore rendeva di per sé il pagamento inefficace. In questa visione, la capacità finanziaria della società al momento del pagamento diventava un fattore “del tutto irrilevante”.

La Decisione della Cassazione: Oltre la Priorità, Serve la Prova sulla Liquidità

La Suprema Corte ha censurato nettamente l’operato del giudice di rinvio. Ha chiarito che la precedente ordinanza non si limitava a richiedere un elenco di creditori prioritari, ma imponeva un accertamento “in concreto” della lesione della par condicio creditorum. Questo accertamento, secondo gli Ermellini, deve basarsi su due pilastri:

1. Gerarchia dei Crediti: L’ordine legale dei privilegi.
2. Capienza dell’Attivo: La disponibilità di cassa o di risorse prontamente liquidabili.

Una violazione si concretizza solo quando le disparità di trattamento “non siano accompagnate dalla certezza di potersi comunque provvedere con la liquidità esistente (…) anche al pagamento dei crediti di pari grado, o addirittura di grado poziore, rimasti insoddisfatti”. Ignorare l’aspetto della liquidità significa travisare il principio di diritto e condurre un’analisi parziale e inesatta.

Le motivazioni

Il motivo centrale della decisione risiede nella violazione dell’articolo 384 del Codice di procedura civile. Il giudice del rinvio è vincolato al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione e non può discostarsene. Nel caso di specie, il principio richiedeva una valutazione complessiva che tenesse conto della situazione finanziaria della società debitrice. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di isolare il criterio della priorità, valorizzandolo in via esclusiva, e di tralasciare quello, altrettanto decisivo, della capienza. L’accertamento non può essere astratto, basato su una mera elencazione di crediti, ma deve essere concreto, ancorato alla reale possibilità economica del debitore di soddisfare i creditori secondo il loro rango al momento del pagamento.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato nuovamente la causa alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione. Quest’ultima dovrà finalmente attenersi al principio corretto, conducendo un’analisi che bilanci la priorità dei crediti con l’effettiva disponibilità finanziaria dell’impresa. La pronuncia rafforza un principio fondamentale: la tutela della par condicio creditorum richiede una valutazione sostanziale e non meramente formale, proteggendo la stabilità dei rapporti giuridici da contestazioni basate su analisi incomplete della situazione patrimoniale del debitore.

Cosa bisogna dimostrare per provare che un pagamento viola la par condicio creditorum?
Non è sufficiente provare l’esistenza di altri creditori con un diritto di priorità superiore. È necessario dimostrare anche che, al momento del pagamento, non vi era la certezza di disporre di liquidità sufficiente (o di risorse prontamente liquidabili) per soddisfare anche tali creditori prioritari.

Il giudice a cui la Cassazione rinvia una causa può decidere in base a criteri diversi da quelli indicati dalla Suprema Corte?
No. Il giudice del rinvio è vincolato al principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento e deve applicarlo per decidere la controversia, senza poterlo rimettere in discussione.

Per contestare un pagamento è necessario attendere la fine della liquidazione fallimentare?
No, la sentenza chiarisce che l’accertamento sulla lesione della par condicio creditorum non deve attendere l’esito della procedura fallimentare, ma va parametrato ai canoni di soddisfacimento validi nella precedente fase di concordato e alla situazione finanziaria esistente in quel momento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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