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Giurisprudenza Civile

Segnalazione insolvenza: quando è legittima?
Una società veniva dichiarata fallita su iniziativa del Pubblico Ministero, a seguito di una segnalazione di insolvenza proveniente da un giudice relatore in un precedente procedimento, conclusosi per desistenza del creditore. La società ha impugnato la decisione, sostenendo l'illegittimità della segnalazione. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 27560/2024, ha rigettato il ricorso, stabilendo che la segnalazione di insolvenza al P.M. è un atto legittimo e neutro, che non viola il principio di terzietà del giudice e può essere effettuato anche dopo la conclusione del procedimento originario.
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Offerta non formale: la Cassazione chiarisce i requisiti
Una società creditrice si opponeva a un fallimento per il mancato riconoscimento di un'indennità di occupazione di un immobile. La questione centrale era la validità di una offerta non formale di restituzione del bene da parte del curatore. La Corte di Cassazione ha cassato la decisione del tribunale, ritenendo la sua motivazione sulla validità dell'offerta 'meramente apparente' e quindi nulla, rinviando il caso per un nuovo esame.
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Rapporto di lavoro subordinato: prova e oneri del giudice
Una lavoratrice ha contestato il rigetto della sua richiesta di ammissione al passivo fallimentare per crediti da lavoro, sostenendo che i suoi contratti a progetto mascherassero un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, annullando la decisione precedente. Ha stabilito che il giudice deve valutare la domanda anche con prove parziali e che spetta al datore di lavoro, non al lavoratore, provare l'avvenuto pagamento delle retribuzioni. Inoltre, il giudice ha il potere di determinare la giusta retribuzione anche se viene indicato un contratto collettivo errato.
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Inammissibilità appello: quando la domanda è nuova
Una lavoratrice ha visto dichiarare l'inammissibilità dell'appello perché ha introdotto per la prima volta in secondo grado una domanda di licenziamento discriminatorio, diversa da quella iniziale. La Corte di Cassazione, a seguito della rinuncia al ricorso da parte della lavoratrice, ha dichiarato l'inammissibilità per carenza di interesse, condannandola comunque alle spese legali per il principio di soccombenza virtuale, dato che i motivi del ricorso erano palesemente infondati.
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Ammissione al passivo: guida alla cartella parziale
Un agente di riscossione si oppone al rigetto parziale di una domanda di ammissione al passivo fallimentare. La Cassazione chiarisce che l'annullamento parziale di una cartella non ne invalida la parte residua, che va ammessa con semplice detrazione. Accolta anche la richiesta per gli interessi privilegiati, ritenendo sufficiente la documentazione fornita per il calcolo.
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Interessi su crediti tributari: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27527/2024, ha stabilito che una domanda di ammissione al passivo fallimentare per interessi su crediti tributari non può essere respinta come indeterminata se il creditore ha fornito tutta la documentazione necessaria al loro calcolo. Anche senza l'esplicita indicazione del tasso, se gli atti permettono di determinare l'importo, la domanda è valida. La Corte ha cassato la decisione del tribunale, che aveva erroneamente negato il privilegio agli interessi richiesti da un agente della riscossione, chiarendo che eventuali dubbi sul calcolo possono essere risolti tramite una consulenza tecnica d'ufficio (CTU).
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Responsabilità direttore lavori: obblighi e limiti
Un caso di danni immobiliari da scavi porta la Cassazione a definire i confini della responsabilità del direttore dei lavori. L'ordinanza chiarisce l'obbligo di vigilanza attiva nelle fasi critiche e riesamina i criteri per qualificare un appaltatore come 'nudus minister', sottolineando l'importanza delle prove documentali per determinare la natura del contratto di appalto.
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Spese legali reclamo fallimentare: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27525/2024, ha chiarito un importante principio in materia di spese legali reclamo fallimentare. Se la Corte d'Appello accoglie il reclamo contro il rigetto di un'istanza di fallimento, non può condannare la società debitrice al pagamento delle spese legali. Il suo provvedimento ha natura interinale e deve limitarsi a rimettere gli atti al Tribunale per la declaratoria di fallimento, all'interno della quale verranno poi gestite tutte le spese.
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Revoca incarico dirigenziale: riorganizzazione e limiti
Una dirigente pubblica ha contestato la revoca del proprio incarico e il trasferimento, avvenuti durante la fusione di due enti. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che la revoca dell'incarico dirigenziale era illegittima. La Corte ha chiarito che l'ente non poteva procedere alla riorganizzazione funzionale e al conseguente riassetto del personale prima dell'emanazione dei decreti ministeriali specificamente previsti dalla legge di fusione, rendendo di fatto prematura e ingiustificata la decisione presa nei confronti della dirigente.
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Cessione del credito e risarcimento: chi può agire?
Un automobilista, vittima di un incidente stradale, si vede negare il risarcimento dei danni materiali al proprio veicolo a causa di una cessione del credito fatta a favore della carrozzeria. La sentenza del Tribunale di Milano chiarisce che la revoca di tale cessione, per essere valida, deve rispettare precisi requisiti formali, altrimenti il danneggiato perde la titolarità del diritto ad agire in giudizio per quel danno specifico. Il risarcimento è stato invece riconosciuto per le sole lesioni fisiche.
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Appalto illecito: quando scatta la clausola sociale?
Due lavoratori di una cooperativa hanno citato in giudizio la società committente, sostenendo un'ipotesi di appalto illecito di manodopera. Il Tribunale del Lavoro ha respinto la domanda principale, ritenendo l'appalto genuino poiché il potere direttivo era esercitato dalla cooperativa. Tuttavia, ha accolto la domanda subordinata per uno dei due lavoratori, applicando una clausola sociale presente nel contratto d'appalto che obbligava la committente ad assumere il personale rientrante nella quota d'obbligo. Di conseguenza, è stato dichiarato il diritto del lavoratore protetto all'assunzione diretta presso la società committente.
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Prassi aziendale: la tolleranza non giustifica sempre
Un lavoratore, licenziato per aver sottratto beni aziendali, si è difeso invocando una prassi aziendale tollerata. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, ritenendo decisivo l'avvertimento con cui l'azienda aveva precedentemente comunicato la fine di tale tolleranza. La sentenza sottolinea l'importanza del principio di non contestazione: i fatti affermati da una parte e non contestati dall'altra si considerano provati.
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Integrazione del contraddittorio: appello inammissibile
Una Pubblica Amministrazione ha visto il proprio appello dichiarato inammissibile per non aver rispettato il termine perentorio fissato per l'integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che lo smarrimento di atti, se non provato come causa non imputabile, non giustifica la rimessione in termini, e che la violazione di tale termine procedurale comporta l'inammissibilità dell'impugnazione per ragioni di ordine pubblico.
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Dirigente a tempo determinato: parità di trattamento
La Corte di Cassazione ha stabilito che un dirigente a tempo determinato di un ente pubblico ha diritto alla stessa retribuzione dei colleghi assunti a tempo indeterminato, a parità di inquadramento. La Corte ha chiarito che spetta al datore di lavoro, e non al dipendente, dimostrare l'esistenza di ragioni oggettive e concrete che giustifichino un trattamento economico inferiore, ribaltando così la decisione dei giudici di merito e affermando la piena applicabilità della normativa europea sulla non discriminazione.
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Risarcimento danni demansionamento: la Cassazione conferma
Una pubblica agenzia ricorre in Cassazione contro una condanna per risarcimento danni demansionamento a favore di un proprio dipendente. Questi non era stato reintegrato nel suo ruolo di capo team, nonostante una precedente sentenza definitiva lo imponesse. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, confermando la condanna al risarcimento per i danni biologici, morali e patrimoniali derivanti dall'illegittimo demansionamento e dalla violazione del precedente giudicato.
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Rinuncia ricorso spese: Cassazione decide sui costi
Un Ente Sanitario rinuncia al ricorso in Cassazione. La controparte non accetta, chiedendo la liquidazione delle spese. La Corte dichiara estinto il giudizio, ma analizza le ragioni per una compensazione parziale dei costi. A seguito della rinuncia ricorso spese, la Corte condanna l'Ente al pagamento di una quota residua, valorizzando la tempestività della rinuncia stessa.
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Rapporto di lavoro subordinato: docenti scuole militari
Un docente civile, impiegato presso una scuola militare sulla base di convenzioni annuali, ha chiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione, accogliendo il suo ricorso, ha stabilito che tale rapporto ha natura di lavoro subordinato di pubblico impiego. La Corte ha cassato la precedente sentenza d'appello, affermando che la valutazione degli indici di subordinazione deve essere complessiva e non frammentaria, e ha rinviato il caso per una nuova decisione in linea con questo principio.
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Stabilizzazione precari: l’assunzione non cancella i danni
Un lavoratore con multipli contratti a termine ha citato in giudizio un'azienda sanitaria per i danni subiti. Nonostante sia stato assunto a tempo indeterminato durante il processo, la Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto al risarcimento per l'abuso passato non viene automaticamente meno. La Corte ha precisato che la stabilizzazione precari è un rimedio valido solo se è una conseguenza diretta di misure volte a superare la precarietà, e non il risultato di un concorso generico. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Cessazione materia del contendere: accordo e spese
Un lavoratore ricorre in Cassazione contro una società energetica. Le parti raggiungono un accordo transattivo e chiedono la cessazione della materia del contendere. La Corte accoglie la richiesta, dichiarando estinto il giudizio e compensando le spese, poiché l'accordo ha risolto la controversia.
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Indennità sostitutiva ferie: onere della prova del datore
Un'azienda sanitaria è stata condannata a pagare l'indennità sostitutiva per le ferie non godute a un suo dirigente medico al momento della pensione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che spetta al datore di lavoro dimostrare di aver messo il dipendente nelle condizioni di fruire delle ferie, anche in caso di personale dirigente.
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