Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8783 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 8783 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso 32103-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 87/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 24/04/2019 R.G.N. 214/2017;
Oggetto
FONDO DI GARANZIA
PAGAMENTO TFR
R.G.N. 32103/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 10/12/2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Perugia ha confermato la decisione di prime cure che aveva condannato l’INPS a pagare la differenza tra la somma di cui al decreto ingiuntivo ottenuto dal lavoratore verso il datore per TFR e le somme corrisposte, allo stesso titolo, dall’INPS, tuttavia, con trattenuta per l’imposta.
La Corte territoriale, premesso che il lavoratore aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del datore di lavoro per un importo netto a titolo di TFR e che il Fondo di Garanzia dell’INPS (cui il lavoratore si era rivolto a seguito dell’infruttuoso recupero delle somme dal datore) aveva liquidato le spettanze considerando le somme di cui al decreto ingiuntivo come lorde, e quindi effettuando trattenuta fiscale sulle stesse, ha ritenuto che l’intervento del Fondo di garanzia dovesse riguardare la somma come richiesta del lavoratore.
Ha chiesto la cassazione della sentenza l’INPS, con ricorso affidato a due motivi avverso il quale la parte privata non ha svolto attività difensiva.
Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 2120 cod. civ., dell’art. 2, comma 5 e 7, della Legge n. 297 del 1982, degli artt. 633 e 474 cod. proc. civ., in relazione all’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto che l’obbligo del Fondo di Garanzia riguardasse il TFR lordo ancorché richiesto in sede monitoria ed esecutiva (individuale) come netto.
Con il secondo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 2 della Legge n. 297 del 1982, dell’art. 23 del d.P.R. n. 600 del 73, dell’art. 11 del d.lgs. n. 47 del 2000, in relazione all’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte territoriale trascurato che l’INPS quale gestore del Fondo di garanzia, nonché sostituto di imposta, è obbligato alle ritenute erariali di Legge.
I motivi, trattati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
La particolarità della fattispecie concreta, delineata nello storico di lite, è data dal fatto che la somma richiesta dal lavoratore al Fondo di Garanzia dell’INPS, a titolo di TFR, è al netto delle ritenute fiscali. L’INPS ha considerato tale somma ed ha operato su di essa (nuovamente) le ritenute erariali.
Questa Corte si è già occupata, in più occasioni, della fattispecie sovrapponibile alla presente (Cass. nn. 8406, 8517 del 2023; 23515 del 2024) e ha evidenziato come, fermi i principi di diritto elaborati in relazione all’intervento del Fondo di Garanzia, in caso di insolvenza datoriale, gli stessi dovessero, comunque, calibrarsi in ragione della peculiarità del caso concreto.
Si è rimarcata, pertanto, la natura previdenziale della prestazione a carico del Fondo e la sua autonomia rispetto
al credito vantato dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro, ribadendosi anche che l’INPS, in qualità di sostituto di imposta, deve operare tutte le trattenute di legge.
In riferimento a tale ultimo profilo, sulla scia di Cass. n. 25016 del 2017 e di Cass n. 25663 del 2017, si è affermato che l’INPS non può operare una seconda trattenuta che incida una seconda volta sull’importo effettivo da erogare, posto che il meccanismo voluto dalla legge è inequivoco e non legittima l’INPS a pretendere che un lavoratore sia assoggetto, per due volte, alla medesima trattenuta di natura fiscale.
Rinviando al supporto argomentativo dei precedenti indicati, ciò che la Corte ha precisato, nei recenti arresti citati, è che, ai fini del calcolo della prestazione previdenziale, l’Istituto deve fare sempre riferimento alle somme lorde dovute al lavorator e e ciò sia nel caso in cui la richiesta d’intervento del Fondo faccia espresso riferimento a queste, sia nel caso in cui la richiesta faccia riferimento, come nella specie, ad un titolo contenente le somme al netto. In quest’ultimo caso, l’Istituto deve provvedere alla conversione al lordo delle somme richieste e determinare l’importo da trattenere per l’adempimento dell’obbligo d’imposta, salvo che le ritenute siano state già operate e versate all’Erario.
Conseguentemente al lavoratore va liquidata la corrispondente somma al netto e l’indicato procedimento contabile va rispettato anche ove il lavoratore abbia ottenuto ingiunzione di pagamento nei confronti del datore di lavoro per somme nette (Cass. n. 8517 del 2023, cit., in motivazione); procedimento non seguito dall’INPS che pretende di operare le ritenute su una somma che, in base all’accertamento contenuto in sentenza, costituisce già il
netto dell’emolumento maturato dal lavoratore e non corrisposto dal datore di lavoro.
In questa prospettiva, il ricorso va dunque rigettato.
Non si provvede alla regolazione delle spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva.
Va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.12.2024.