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Pagamento diretto CIGS: serve una nuova domanda all’INPS?

Una lavoratrice, a cui era stata concessa la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), non ha mai ricevuto il pagamento dal suo datore di lavoro, successivamente fallito. La Corte d’Appello aveva respinto la sua richiesta di pagamento diretto CIGS da parte dell’INPS, ritenendola improponibile per mancanza di una specifica domanda amministrativa. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, stabilendo che la domanda originaria presentata dal datore di lavoro è sufficiente per fondare il diritto del lavoratore a richiedere il pagamento direttamente all’INPS, senza necessità di un nuovo e autonomo iter amministrativo.

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Pagamento Diretto CIGS: Non Serve una Nuova Domanda all’INPS se il Datore non Paga

Il percorso per ottenere il pagamento diretto CIGS può trasformarsi in un labirinto burocratico, specialmente quando l’azienda non adempie ai suoi obblighi e fallisce. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: se la Cassa Integrazione è già stata approvata su richiesta del datore di lavoro, il lavoratore può agire direttamente contro l’INPS per il pagamento senza dover presentare una nuova e autonoma domanda amministrativa. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una lavoratrice dipendente di una società dal 2013. Nel 2015, con decreto del Ministero del Lavoro, ai dipendenti dell’azienda veniva concessa la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) per il periodo da gennaio 2015 a gennaio 2016. L’INPS autorizzava il pagamento tramite conguaglio da parte del datore di lavoro.

Tuttavia, l’azienda non corrispondeva mai alcuna somma alla dipendente e, nel giugno 2016, veniva dichiarata fallita. La lavoratrice, ammessa al passivo del fallimento solo con riserva, si vedeva negato il pagamento anche in sede fallimentare, poiché l’INPS si era a sua volta insinuato per recuperare le somme che l’azienda aveva compensato senza però erogarle ai lavoratori.

La lavoratrice adiva quindi il Tribunale, che condannava l’INPS al pagamento della CIGS. La Corte d’Appello, però, ribaltava la decisione, dichiarando la domanda “improponibile” per un motivo formale: la mancata presentazione di una previa domanda amministrativa da parte della singola lavoratrice all’INPS.

La Peculiarità della Procedura CIGS

A differenza di altre prestazioni previdenziali, la procedura per la CIGS (secondo la normativa applicabile all’epoca dei fatti, L. 223/1991) è peculiare. È il datore di lavoro, e non il singolo dipendente, a presentare la domanda di ammissione al trattamento al Ministero del Lavoro.

Una volta approvata la domanda e concesso il trattamento, il meccanismo standard prevede che sia lo stesso datore di lavoro ad anticipare le somme ai lavoratori, per poi recuperarle tramite conguaglio sui contributi dovuti all’INPS. Il datore agisce, in pratica, come un delegato al pagamento per conto dell’ente previdenziale (adiectus solutionis causa). Il problema sorge quando questo meccanismo si inceppa a causa dell’inadempienza del datore di lavoro.

Il Principio del Pagamento Diretto CIGS secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si fonda su una distinzione fondamentale tra la domanda per il riconoscimento della prestazione e la richiesta di adempimento di un’obbligazione già sorta.

Nel caso di specie, la prestazione CIGS era già stata chiesta dal soggetto a ciò deputato (il datore di lavoro) e concessa dall’organo competente (il Ministero del Lavoro). Il diritto della lavoratrice era, quindi, già stato formalmente riconosciuto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha chiarito che pretendere una seconda e nuova domanda amministrativa dalla lavoratrice sarebbe un’inutile duplicazione, per diverse ragioni:

1. Stessa Prestazione: La nuova domanda avrebbe avuto ad oggetto la medesima prestazione già concessa. Non si trattava di chiedere un diritto nuovo, ma di ottenere il pagamento di un diritto già acquisito.
2. Soggetto Incompetente: La nuova domanda sarebbe stata rivolta all’INPS, che non è l’ente deputato a concedere la CIGS (compito che spetta al Ministero), ma solo a erogarla.
3. Natura dell’Azione: L’azione della lavoratrice non era finalizzata al riconoscimento di un diritto, ma all’adempimento di un’obbligazione di pagamento sorta a seguito del provvedimento di concessione e dell’inadempienza del datore di lavoro. La sua richiesta era, a tutti gli effetti, una messa in mora per ottenere il pagamento diretto dall’INPS.
4. Conoscenza dei Fatti: L’INPS era pienamente a conoscenza della posizione della lavoratrice, tanto da averla riconosciuta in un verbale di accertamento e da essersi insinuato nel fallimento della società.

La Corte ha sottolineato che, una volta autorizzata l’integrazione salariale, sorgono posizioni di diritto soggettivo. Il lavoratore è il titolare del diritto alla prestazione e, se il datore di lavoro non anticipa il trattamento, l’azione per il pagamento deve essere rivolta verso l’ente previdenziale, vero debitore della prestazione.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di chiarezza e di tutela per i lavoratori. Il pagamento diretto CIGS da parte dell’INPS non può essere subordinato a un’ulteriore domanda amministrativa del lavoratore quando il diritto è già stato sancito da un provvedimento di concessione ottenuto dal datore di lavoro. La domanda originaria dell’azienda è sufficiente a incardinare il rapporto previdenziale e a legittimare la richiesta di pagamento del lavoratore direttamente all’INPS in caso di inadempienza datoriale. Questa decisione semplifica l’iter per i lavoratori coinvolti in crisi aziendali e fallimenti, evitando che un cavillo burocratico impedisca loro di accedere a un diritto già riconosciuto.

Se il datore di lavoro fallisce senza pagare la CIGS già autorizzata, il lavoratore deve presentare una nuova domanda amministrativa all’INPS?
No, secondo la Corte di Cassazione non è necessaria una nuova e autonoma domanda. La richiesta originaria presentata dal datore di lavoro, che ha portato alla concessione del trattamento, è sufficiente per consentire al lavoratore di agire per il pagamento diretto.

Perché la Cassazione ha ritenuto non necessaria una nuova domanda per il pagamento diretto CIGS?
Perché il diritto alla prestazione era già stato formalmente riconosciuto e concesso. L’azione del lavoratore non mira a ottenere il riconoscimento di un nuovo diritto, ma semplicemente l’adempimento (il pagamento) di un’obbligazione già esistente che il datore di lavoro non ha onorato.

Qual è il ruolo del datore di lavoro nell’erogazione della CIGS secondo la procedura standard?
Di regola, il datore di lavoro agisce come un soggetto delegato al pagamento per conto dell’INPS (tecnicamente, adiectus solutionis causa). Anticipa il trattamento di integrazione salariale ai lavoratori e successivamente recupera tali somme compensandole con i contributi previdenziali dovuti all’INPS.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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