Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6536 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6536 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17026/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE PREVIDENZA TABACCAI GESTORI DEPOSITI RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente in carca p.t.., elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende ;
avverso la SRAGIONE_SOCIALENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 744/2020 depositata il 30/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto n. 7534/2007 era stato ingiunto a NOME COGNOME, titolare di una rivendita di generi di monopolio di stato, il pagamento di euro 33.456,49 a favore di RAGIONE_SOCIALE, dovutole per la escussione, da parte dell’amministrazione dei Monopoli, della polizza fideiussoria prestata a garanzia del pagamento differito dei beni in monopolio (tabacchi lavorati e biglietti delle lotterie nazionali), prelevati presso i magazzini autorizzati della rete E.T.I.
A fondamento del decreto ingiuntivo RAGIONE_SOCIALE aveva addotto di non essere stata indennizzata da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per la rapina a mano armata verificatasi nel 2001 a carico del furgone della società RAGIONE_SOCIALE, incaricata del trasporto dei generi di monopolio dal Magazzino centrale alle tabaccherie di Palermo, tra le quali quella di NOME COGNOME, e di avere quindi un credito nei confronti delle tabaccherie destinatarie delle merci trafugate, avendo provveduto al pagamento delle relative forniture nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
L ‘ingiunto proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Roma che veniva rigettata con la sentenza n. 12558/2014.
La Corte d’Appello di Roma, investita del gravame da NOME COGNOME, con la sentenza n. 744/2020, resa pubblica in data 30 gennaio 2020 e notificata il successivo 4 febbraio dello stesso anno, ha rigettato l’appello ed ha confermato la pronuncia di prime cure .
Avvalendosi di cinque motivi NOME COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
L a trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Sia NOME COGNOME che RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
MOTIVI COGNOMEA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2556, 2559, 1936, 1950 e 1952 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Oggetto di contestazione è la statuizione con cui la Corte territoriale ha rigettato il motivo di appello proposto per lamentare la mancanza di giustificazione causale del pagamento effettuato dall’appellata in favore di NOME, non essendovi, all’epoca del furto del carico di tabacchi, alcun rapporto tra RAGIONE_SOCIALE ed NOME che giustificasse il pagamento delle merci prelevate da parte dell’opposta ad NOME .
L a Corte d’appello ha affermato (cfr. p. 2 della sentenza) che la legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE andava individuata nell’insieme delle vicende successorie che avevano riguardato RAGIONE_SOCIALE, istituito col dl n. 283/1998, ed RAGIONE_SOCIALE, costituita il 30 settembre 2001 e posta, dapprima, sotto il totale controllo di RAGIONE_SOCIALE e, poi, subentratagli relativamente alla garanzia della dilazione di pagamento dei generi di monopolio, a favore dei rivenditori dei medesimi, di cui all’art. 24, comma 2, della l. n. 1293/1957 e poi estesa, con l’art. 7 -bis del dl 452/2001, ai depositari autorizzati dei depositi fiscali (la cui disciplina trovava fonte nel dm n. 67/1999), in cui erano stati trasformati i precedenti magazzini di vendita (compreso quello di Palermo Nord) gestiti (in precedenza) da RAGIONE_SOCIALE
S econdo il ricorrente all’epoca del furto, come già aveva sostenuto con l’atto di appello, NOME non era subentrata ad RAGIONE_SOCIALE nella gestione del deposito fiscale di Palermo Nord, perciò era ancora
vigente il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE., sicché RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto effettuare alcuna prestazione a favore di NOME, vieppiù considerando che l’accordo con NOME, quello con cui RAGIONE_SOCIALE si era resa garante per la somma di euro 25.000.000,00, nell’interesse dei tabaccai associati, del pagamento differito dei prelievi di generi di monopolio, risaliva al 3 febbraio 2003 e che se NOME fosse davvero subentrata ex lege ad RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.I. -circostanza contestata anche in ragione del fatto che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente individuato la fonte di detta successione nel dm 67/1999, il quale non solo non prevedeva detta successione, ma neppure avrebbe potuto prevederla, perché la successione ex lege non avrebbe potuto trovare fonte in una norma secondaria, a nulla rilevando il fatto che NOME fosse interamente sotto il controllo di RAGIONE_SOCIALE. – non avrebbe avuto necessità di stipulare con RAGIONE_SOCIALE una nuova convenzione, essendo ancora in corso l’accordo del 1999 tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE
Né la Corte territoriale ha preteso, a seguito della contestazione della titolarità del credito da parte di NOME, la prova dell’avvenuta cessione del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti ed oggetto della garanzia fideiusssoria di RAGIONE_SOCIALE
S olo all’udienza del 30 gennaio 2020 RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto il verbale dell’assemblea straordinaria del 28 settembre 2001 che avrebbe dimostrato la cessione del ramo d’azienda e la successione di NOME NOME tutti i rapporti già facenti capo ad RAGIONE_SOCIALE.
1.1) Il motivo non ha pregio.
V a rilevato che a p. 6 della sentenza d’appello si legge che le bollette sulla scorta delle quali era stato ottenuto il decreto ingiuntivo risultavano ‘emesse nell’ambito del rapporto negoziale/fiscale tra RAGIONE_SOCIALE. (all’epoca depositario autorizzato) e COGNOME NOME (titolare della rivendita n. 145 di Palermo), e non di RAGIONE_SOCIALE che, pertanto, non poteva che prenderne atto
nell’ambito della sua veste di garante dell’obbligato suo associato sig. NOME COGNOME .
Nella sostanza indipendentemente da quando NOME era subentrata ad E.T.I., i pagamenti che RAGIONE_SOCIALE aveva effettuato nei confronti dell’ accipiens erano quelli dovuti dall’odierno ricorrente ad E.T.I.
La dovutezza di detti pagamenti da parte di NOME COGNOME non è stata contestata; il che induce a considerare -non essendo stato messo in dubbio che il pagamento effettuato da RAGIONE_SOCIALE, nella feste di fideiussore di NOME COGNOME, abbia estinto l’obbligo di quest’ultimo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE. le censure formulate con il motivo qui scrutinato risultano del tutto irrilevanti; in particolare, il ricorrente non ha interesse a mettere in discussione la legittimazione di RAGIONE_SOCIALE, non avendo contestato che il pagamento effettuato da RAGIONE_SOCIALE avesse avuto ad oggetto il suo debito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
La prestazione che costituisce il contenuto dell’obbligazione fideiussoria consiste nell’adempimento di un debito identico a quello a carico del debitore principale; ciò vale a chiarire ed esattamente determinare il portato dell’accessorietà dell’obbligazione fideiussoria rispetto al debito principale, dovendosi intendere non solo che l’obbligazione fideiussoria sussiste se e fintantoché sussiste l’obbligazione principale, ma anche che il contenuto di quella viene ad essere determinato sulla base del contenuto di questa.
L a statuizione del giudice d’appello non si è basata in tutta evidenza su una sola ratio decidendi , l’unica confutata dal ricorrente, relativa ai rapporti tra RAGIONE_SOCIALE. ed RAGIONE_SOCIALE, ma anche sul fatto che RAGIONE_SOCIALE avesse pagato il debito che il ricorrente aveva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.T.I.
Nella sostanza ha attribuito rilievo al fatto che il pagamento avesse estinto l’obbligo dell’odierno ricorrente verso E.T.I.
Pur non essendo stata spesa alcuna parola sul punto dalla Corte d’appello cioè non essendo specificamente indicato il titolo sulla scorta del quale RAGIONE_SOCIALE aveva agito per chiedere il rimborso di quanto pagato a NOME COGNOME -ricorrono tutti gli elementi per ritenere che RAGIONE_SOCIALE abbia agito in surroga ex art. 1203 cod.civ. nei confronti dell’odierno ricorrente .
Basterà a tal fine considerare che il fideiussore, estinta l’obbligazione principale, ha diritto di regresso contro il debitore principale e si surroga nei diritti che il creditore aveva contro di questi.
Pur non potendosi dubitare che il legislatore abbia voluto tenere distinte le due azioni, quella di regresso e quella di surroga -non si spiegherebbe altrimenti perché alcune norme si applichino solo al regresso ed altre solo alla surroga -non può non osservarsi che esse sono in rapporto di reciproca concorrenza, contribuendo entrambe all’ottenimento di un risultato finale per buona parte identico: il rimborso di quanto pagato dal fideiussore.
P er agire ai sensi dell’art. 1203 cod.civ. è sufficiente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il diritto di ottenere dal debitore il rimborso trovi titolo in un rapporto giuridico tra solvens e debitore, preesistente al pagamento (cfr. Cass. 15/03/2004, n. 5245), e, per ammissione del ricorrente (p. 1 del ricorso), tale rapporto era da ravvisarsi nel fatto che, ‘essendo associato ad RAGIONE_SOCIALE‘, avesse potuto usufruire ‘della cauzione collettiva da essa prestata a norma di legge a favore degli iscritti e che garantiva il pagamento differito dei beni in monopolio’ .
L ‘art. 1203 cod.civ. precisa sempre questa Corte – non impone affatto che il solvens sia tenuto al pagamento del debito per la medesima causa debendi vantata dall’ accipiens nei confronti dell’altro o degli altri obbligati, né -ai fini che qui interessano – che il solvens sia direttamente obbligato nei confronti dell’ accipiens , richiedendo piuttosto la titolarità di un interesse, giuridicamente
qualificato, alla estinzione dell’obbligazione; requisito che, a sua volta, postula l’esistenza non già di una obbligazione attuale e liquida, o comunque giudizialmente accertata, ma solo di un rapporto del solvens con il debitore, preesistente al pagamento (Cass. 16/12/2013, n. 28061, cui adde , senza pretesa di esaustività, tra le decisioni più recenti, Cass. 5/07/2022, n. 21222; Cass. 7/07/2021, n. 19314; Cass. 15/10/2020, n.22392).
C he l’ accipiens dovesse essere RAGIONE_SOCIALE oppure NOME NOME NOME ragione del fatto che il rapporto con NOME non era ancora sorto al momento del furto – è da considerarsi, dunque, irrilevante, al fine di paralizzare la richiesta di restituzione di quanto pagato da RAGIONE_SOCIALE per estinguere l’obbligazione dell’odierno ricorrente .
Non essendo stato contestato efficacemente (cfr. anche infra ), da parte del ricorrente, che RAGIONE_SOCIALE avesse pagato il suo debito verso RAGIONE_SOCIALE, devono considerarsi prive di interesse le ulteriori censure formulate avverso la sentenza impugnata con il motivo qui scrutinato.
E’ vero che a p. 7 il ricorrente sostiene di avere sempre contestato la prova dell’esistenza del credito che aveva dato luogo al pagamento della fideiussione da parte di RAGIONE_SOCIALE , ma tutto il suo sforzo confutativo si concentra esclusivamente sul fatto che il credito di cui era titolare originariamente RAGIONE_SOCIALE. si fosse trasferito ad RAGIONE_SOCIALE ed anche quando a p. 11 del ricorso NOME COGNOME sostiene che in capo a RAGIONE_SOCIALE all’epoca dei fatti difettava la qualità di fideiussore in favore di NOME -l’accordo di fideiussione con NOME risaliva al 3 febbraio 2003 -fa sempre riferimento il fatto che il solvens non avesse l’obbligo di pagare il debito nelle mani dell’acci pens , ma nulla dice per contestare che fosse stato estinto il suo debito originario verso RAGIONE_SOCIALE.
2) C on il secondo motivo il ricorrente imputa alla Corte d’appello la violazione dell’art. 342, 1° comma, cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione di rigetto del quinto motivo di appello, con il quale era stata denunciata la mancata comunicazione da parte di RAGIONE_SOCIALE, prima di procedere al pagamento a favore di NOME, tanto dell’avvenuta rapina quanto del rifiuto delle assicurazioni di liquidarle l’indennizzo per il furto .
L a Corte d’Appello ha disatteso il motivo, attribuendo rilievo alla mancata specifica censura della ratio decidendi con cui il Tribunale aveva affermato che ad RAGIONE_SOCIALE non poteva essere addebitato alcun ritardo ‘atteso che i rivenditori autorizzati, stante il mancato ricevimento dei prodotti prelevati, furono i primi a conoscere dell’evento delittuoso verificatosi’ .
Il ricorrente riproduce in seno al suo atto di impugnazione (a p. 13) la p. 10 dell’appello, nella parte in cui aveva fatto rilevare di aver documentato che i prodotti della settimana in cui si era verificata la rapina gli erano stati consegnati (come da documentazione in atti emessa dall’E.T.I. e consegnata al momento della ricezione dei beni nella stessa settimana della rapina) ed aveva denunciato specificamente che non era dato comprendere ‘in base a quali regole argomentative’ il Tribunale avesse affermato ‘che l’informazione sull’avvenuta rapina prima di procedere al pagamento a favore di NOME il Sig. NOME avrebbe potuto dedurla dal mancato recapito dei prodotti dal deposito’ .
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La Corte territoriale -sostiene il ricorrente -ha erroneamente presunto che l’emissione di due bolle di consegna di pari importo a distanza di 24 ore l’una dall’altra, rispettivamente il 23 marzo e il 24 marzo 2001, non potesse ‘avere altro significato se non quello di dimostrare l’avvenuta fornitura dei tabacchi ordinati dall’appellante, a fronte di una prima consegna (da parte di RAGIONE_SOCIALE col suo deposito di Palermo Nord) non potuta pervenire al destinatario
a causa del subito furto della merce caricata sul camion RAGIONE_SOCIALE vettore incaricato dall’appellante; e della successiva consegna (sempre da parte del deposito Palermo Nord) del 24.3.2001 andata a buon fine con la ricezione della merce da parte dell’appellante’ .
Non solo -osserva il ricorrente – la fattura del 23 marzo 2001 era stata prodotta per la prima volta da RAGIONE_SOCIALE in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, quindi, a distanza di quattro anni dalla sua emissione, essendo stata consegnata esclusivamente a RAGIONE_SOCIALE (come confermato dalla Corte d’Appello), ma il ragionamento presuntivo del giudice a quo poggia su circostanze non gravi, non precise né concordanti.
I motivi secondo e terzo che possono essere esaminati congiuntamente perché, sia pure da prospettive diverse, riguardano la stessa questione, sono inammissibili.
L a Corte d’appello ha sostenuto che la fattura n. 2163/23 emessa da RAGIONE_SOCIALE era relativa alla merce rapinata destinata alla tabaccheria di NOME COGNOME, che la fattura successiva, la n. 2173/NUMERO_DOCUMENTO, non poteva essere emessa senza l’autorizzazione di RAGIONE_SOCIALE alla doppia levata a fido delle rivendite che avevano subito il furto di tabacchi, che, pertanto, proprio l’emissione di questa seconda fattura per beni dello stesso genere di monopolio non poteva che significare che NOME COGNOME aveva ricevuto la merce rubata solo a seguito della emissione della seconda fattura; emissione giustificata dal furto della merce oggetto della prima consegna e autorizzata solo per effetto della disponibilità manifestata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ad una doppia levata a fido delle rivendite che avevano subito il furto di tabacchi.
Ora, il ricorrente dimostra di non aver colto il percorso argomentativo del giudice a quo nella sua interezza e pertanto la sua censura è inammissibile, perché non lo scalfisce né compiutamente né efficacemente.
L ‘aver rilevato, infatti, che i prodotti della settimana risultavano consegnati non costituisce una conducente confutazione della statuizione della sentenza di prime cure; emerge chiaramente infatti che non è in dubbio che la merce della settimana fosse stata consegnata, ma che fossero state necessarie a tale scopo una nuova fattura e una nuova autorizzazione al prelievo da parte di RAGIONE_SOCIALE
A nche se si attribuisse rilievo al fatto che l’odierno ricorrente non era mai venuto a conoscenza della emissione della prima fattura, avendo ricevuto la merce ordinata il giorno successivo a quello della rapina insieme con la fattura n. NUMERO_DOCUMENTO/24.3.2001, ciò non gli gioverebbe in alcun modo, non avendo egli dimostrato quali eccezioni avrebbe potuto opporre al creditore.
In linea generale, infatti, il fideiussore resta libero di pagare, evitando le spese di lite con il creditore nonché gli interessi e gli eventuali danni nel caso in cui le eccezioni opposte dal debitore principale risultino infondate, o di non pagare; se paga invito debitore o senza aver dato al debitore la possibilità di opporre eccezioni, potrà vedersi opporre, nel giudizio che lo vede contrapposto al debitore principale per il rimborso di quanto pagato per estinguere il suo debito, le eccezioni che il debitore principale avrebbe potuto opporre al creditore.
L ‘art. 1952 cod.civ. non impedisce, come si è detto al fideiussore di pagare; né l’obbligo di preavviso è una condizione per ottenere la restituzione di quanto pagato; esso è in funzione della responsabilità conseguente all’eventualità che il debitore paghi a sua volta o che il pagamento effettuato dal fideiussore si dimostri ex post , in tutto o in parte, non dovuto; il debitore però è gravato dell’onere di dimostrare , ex , tanto l’esistenza e la fondatezza dell’eccezione non opposta quanto che l’inerzia del solvens gli abbia impedito di formularla tempestivamente ed utilmente.
Il che non è avvenuto nel caso di specie.
5) Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 cod.civ., dell’art. 1936 e ss. cod.civ. nonché dell’art. 1952, 2° comma, cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Il giudice a quo non avrebbe considerato che con il quinto motivo di appello era stato eccepito anche che, ai sensi dell’art. 1952, 2° comma, cod.civ, avrebbe dovuto essere posto nella condizione di opporre, al fideiussore che aveva pagato senza darne avviso al debitore principale, le eccezioni che avrebbe potuto opporre al debitore principale all’atto del pagamento; in particolare, aveva denunciato di non aver potuto, essendo intervenuta la prescrizione, sollevare eccezioni, essendo venuto a conoscenza della rapina solo nel novembre 2004, cioè dopo tre anni, quando aveva altresì appreso che le società di assicurazione avevano rifiutato di indennizzare RAGIONE_SOCIALE, data la responsabilità della società incaricata del trasporto per la rapina subita.
D educe, quindi, l’assunzione da parte di RAGIONE_SOCIALE di un comportamento contrario a buona fede, in quanto, a prescindere dalla sussistenza di obblighi formali di comunicazione, aveva gestito unilateralmente il pagamento a favore di NOME, tenendolo all’oscuro delle circostanze già indicate e impedendogli di far valere le sue ragioni.
Il motivo non merita accoglimento.
Non può che ribadirsi quanto già detto, cioè che il ricorrente non si è fatto carico dell’onere di dimostrare quali eccezioni avrebbe potuto opporre al creditore né per vero le ha formulate nei confronti del fideiussore, come richiede l’art. 1952, 2° comma, cod.civ.
Lo stesso vale per le eccezioni che ritiene di non aver potuto opporre alle imprese di assicurazione, relativamente alle quali, peraltro, neppure ha spiegato a che titolo avrebbe potuto farle valere.
6) Con il quinto motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., per non essersi la Corte d’appello pronunciata sul motivo di gravame con cui aveva chiesto di essere risarcito da RAGIONE_SOCIALE del danno conseguente alla revoca del fido che lo aveva costretto a trovare da un giorno all’altro un nuovo soggetto che prestasse la cauzione necessaria per il prelievo dei tabacchi richiesti a pagamento differito.
Il motivo è inammissibile.
Affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod.proc.civ., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente e inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronuncia si sia resa necessaria e ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi; ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 cod.proc.civ., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente -per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il
suddetto giudice a procedere a una loro autonoma ricerca, ma solo a una verifica degli stessi (Cass. 05/08/2019, n. 20924).
Mette conto sottolineare che non è stato neppure dimostrato il carattere decisivo della prospettata violazione, provando che essa ha riguardato una questione astrattamente rilevante, posto che, altrimenti, si dovrebbe cassare inutilmente la decisione gravata (Cass. 2/08/2016, n. 16102); il danno lamentato e la causa di detto danno -le ragioni della revoca del fido -sono prospettati in maniera assolutamente generica.
Con il sesto ed ultimo motivo sono denunciate la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod.proc.civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Ad essere aggredita è la statuizione di condanna alle spese che è erronea, ad avviso del ricorrente, perché la Corte territoriale ha erroneamente rigettato l’appello .
Detta censura rientra nel novero dei cosiddetti non motivi, giacché non denuncia a fini cassatori la violazione dell’art. 91 cod.proc.civ., ma chiede solo in via prognostica che, a seguito dell’accoglimento del ricorso, venga eliminata la condanna alle spese: ma tale effetto sarebbe consequenziale alla mera applicazione dell’art. 336, 1° comma, cod.proc.civ.
Per le ragioni illustrate, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in euro 5.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile