Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12353 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12353 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 27454-2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’ Avv.to NOME COGNOME per procura in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria, in persona dei commissari straordinari Avv.to NOME COGNOME NOME COGNOME e Prof. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME come da procura in atti.
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, depositata in data 18.2.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nei
confronti di RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria, avverso la sentenza n. 539/2014 resa dal Tribunale di Agrigento.
Con la sentenza da ultimo citata il Tribunale aveva statuito, accogliendola, sull’azione ex art. 64 l. fall. proposta dall’amministrazione straordinaria RAGIONE_SOCIALE, in ordine alla pretesa restitutoria avente ad oggetto la somma di euro 158.431,13 versata alla RAGIONE_SOCIALE con assegni bancari del 6.01.2003, afferente alle forniture rese alla RAGIONE_SOCIALE (fattura Vaccari Commerciale 31.7.2002), società a capo del gruppo societario comprendente anche RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria.
Con atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado la RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria aveva infatti convenuto in giudizio la RAGIONE_SOCIALE chiedendo dichiararsi la revoca del pagamento di euro 158.431,13, versato alla RAGIONE_SOCIALE con assegni bancari datati 6.1.2003, ma per prestazioni rese in favore di RAGIONE_SOCIALE in primo luogo ai sensi dell’art. 67, 1 comma, n. 2, l. fall., ovvero ai sensi dell’art. 67, 2 comma, l. fall., vertendosi in m ateria di pagamento di debito liquido ed esigibile, ovvero ancora perché atto a titolo gratuito ex art. 64 l. fall., ovvero ancora in ulteriore subordine ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., come domanda restitutoria.
La RAGIONE_SOCIALE aveva così impugnato in appello la sentenza di primo grado, chiedendo la rivalutazione in fatto ed in diritto degli elementi sui quali si era basato il primo giudice ed adducendo l ‘ insussistenza dei presupposti applicativi per procedere alla dichiarazione di inefficacia del pagamento.
La corte del merito ha ricordato e ritenuto che: (i) le doglianze in ordine alla ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 64 l. fall. erano infondate, tanto da rendere irrilevante l’esame delle ulteriori censure; (ii) risultava pacifica in fatto la circostanza che con il pagamento oggetto della domanda di inefficacia la RAGIONE_SOCIALE avesse inteso adempire obbligazioni non sue ma della società capogruppo; (iii) la giurisprudenza espressa anche a Sezioni Unite di questa Corte aveva evidenziato che, nel caso di pagamento di debito altrui, allorquando un terzo estraneo ad un rapporto obbligatorio paghi spontaneamente il creditore, così estinguendo la pretesa ex art. 1180 cod.
civ., occorreva verificare la causa concreta, ossia l’interesse economico che si intendeva realizzare, dovendosi ritenere gratuito il pagamento, ove non si disveli il conseguimento per il solvens di un vantaggio patrimoniale ovvero di una qualche utilità economica-giuridica; (iv) stante, inoltre, la necessità che l’effettiva esistenza di tale contropartita deve risultare, nel caso (come quello di specie) di società collegate, dalla documentazione societaria, incombe sul beneficiario del pagamento la prova della contropartita, ossia del conseguimento da parte del solvens dell ‘ utilità economica, prova che non avrebbe potuto inferirsi da mere supposizioni sulle ragioni di convenienza infragruppo, ovvero dalla ‘notevole esposizione di RAGIONE_SOCIALE‘ verso la capogruppo, ma doveva essere oggetto di prova che attestasse l’effettivo e concreto conseguimento del vantaggio patrimoniale, e cioè l’abbattimento dell ‘ esposizione debitoria per effetto del pagamento, prova che tuttavia non risultava sussistente nel caso di specie; ( v) anche l’argomentazione utilizzata dall’appellante – secondo cui RAGIONE_SOCIALE aveva interesse a sostenere la capogruppo, onde consentirle di continuare ad operare e per impedirne la dichiarazione di insolvenza – doveva ritenersi non dirimente, posto che affinché tale circostanza avesse potuto tradursi in un fatto contabilmente apprezzabile, tale da comprovare l’onerosità della prestazione – era tuttavia necessario dare conto delle correlate annotazioni nelle scritture contabili e in bilancio e prima ancora degli accordi intervenuti tra le due società, controllata e controllante, atti a dare rilievo a questa forma di estinzione delle passività di RAGIONE_SOCIALE attraverso il pagamento di debiti di RAGIONE_SOCIALE e che ciò si fosse, poi, tramutato in un vantaggio concreto per il solvens e non già per l’assetto complessivo del gruppo; (vi) non bastava, cioè, allegare la sussistenza di dinamiche infragruppo, ma era altresì necessario attestare come concretamente avesse influito il pagamento sull ‘ esposizione debitoria di RAGIONE_SOCIALE verso la capogruppo; (vii) anche la prova testimoniale e quella documentale non avevano chiarito la vicenda nei termini da ultimo ricordati, essendo emersa dalle stesse solo che vi era stata una gestione ‘non esattamente distinta’ tra le due società; (viii) neanche era stata effettuata, per il pagamento in contestazione, l’apposita annotazione contabile, tale da certificarne inequivocabilmente l’onerosità ; (ix) tale riscontro non poteva
neanche essere sopperito attraverso una Ctu, senza la specifica ed analitica individuazione dei documenti contabili da sottoporre al vaglio del consulente. 2. La sentenza, pubblicata il 18.2.2019, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione de ll’art. 64 l. fall., de ll’art. 1180 c.c., dell’ art. 115 cod. proc. civ. e da ultimo de ll’art. 2697 c.c. , sul rilievo dell’errato apprezzamento da parte della Corte territoriale della natura gratuita del pagamento oggetto di ‘ revocatoria ‘ .
1.1 Sostiene la ricorrente che, come emergeva dal bilancio al 31/12/2002, RAGIONE_SOCIALE vantava nei confronti di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE un credito di € 29.664.802,00 , aumentato dal 31/12/2001 di € 5.383.838,00 e che la stessa RAGIONE_SOCIALE, nel proprio atto di citazione di primo grado innanzi al Tribunale di Ferrara aveva testualmente affermato ‘in specie, nell’ultimo bilancio 2002 risultavano aumentati … di oltre euro 9.500.000,00 i debiti verso le società controllanti (ndr nella specie RAGIONE_SOCIALE‘. Aggiunge che, ciò nonostante, nulla sarebbe stato argomentato sul punto né dal Tribunale di Agrigento né dalla Corte d ‘Appello di Palermo, avendo i giudici del merito trascurato completamente la circostanza, peraltro non specificamente contestata da controparte e risultante per tabulas , benché ne fosse derivato che, corrispondendo l’importo di € 158.431,13, RAGIONE_SOCIALE aveva contemporaneamente ridotto la propria elevatissima esposizione debitoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE* che, al 31/12/2002, ammontava ad almeno € 29.664.802,00, avendo in tal modo ricevuto un vantaggio effettivo, diretto ed immediato per questa sua prestazione, che, già solo per questa ragione, avrebbe dovuto essere qualificata come onerosa. Tale pagamento sarebbe stato, dunque, internamente compensato e regolato tra le due società, come da ‘prassi corrente’ all’interno del gruppo, circostanza dedotta, peraltro, sin dalla comparsa di costituzione e risposta di
primo grado e mai oggetto di contestazioni da parte di RAGIONE_SOCIALE con la inevitabile conseguenza che, ai sensi dell’ art. 115 cod. proc. civ. e dell’ art. 2697 c.c., la Corte d ‘Appello di Palermo avrebbe comunque dovuto porre entrambi tali fatti a fondamento del giudizio di onerosità della prestazione.
Impugna, inoltre, la società ricorrente la sentenza della Corte di Appello di Palermo, perché le relative statuizioni sarebbero censurabili anche sotto il profilo dell’art. 360 , primo comma n. 5 cod. proc. civ., in quanto le stesse non avrebbero tenuto conto delle emergenze processuali sia con riferimento alla posizione debitoria della controllata RAGIONE_SOCIALE nei confronti della controllante RAGIONE_SOCIALE, ammontante al 31/12/2002 ad almeno € 29.664.802,0, sia con riferimento alle sentenze citate come precedenti giurisprudenziali sia, infine, con riferimento alla mancata contestazione della prassi negoziale invalsa, per cui nei rapporti interni tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE i pagamenti reciproci venivano regolati e compensati. Elementi che avrebbero avuto rilievo sotto il profilo dell’interesse ad adempiere in capo ad RAGIONE_SOCIALE, da cui si desumeva inequivocabilmente l’onerosità della prestazione dalla stessa resa. Tali fatti decisivi sarebbero stati invece completamente ignorati dalla sentenza impugnata.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, posto che gli stessi – sebbene, nel primo motivo , sotto l’egida applicativa del vizio di falsa applicazione di legge ( sub specie , degli artt. 1180 c.c. e 64 l. fall.) e, nel secondo, sotto quella del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. – pongono all’attenzione di questa Corte la medesima questione, e cioè la mancata valutazione, ritenuta dalla stessa parte ricorrente decisiva, di una circostanza, e cioè che il pagamento di RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE del debito che RAGIONE_SOCIALE aveva contratto nei confronti di quest’ultima avesse comportato un vantaggio per la società solvens , consistente nella parziale estinzione del debito che RAGIONE_SOCIALE aveva già contratto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
3.1 Tali doglianze sono tuttavia inammissibili.
3.1.1 Va in primo luogo osservato che la società ricorrente sollecita, pur evocando formalmente il vizio di falsa applicazione di legge (in relazione agli indici normativi sopra indicati in rubrica), un nuovo apprezzamento della
quaestio facti , e ciò con particolare riferimento al profilo dello scrutinio della natura onerosa o meno della prestazione oggetto della domanda di inefficacia ex art. 64 l. fall., profilo quest’ultimo sul quale la Corte di merito ha speso una motivazione adeguata e scevra da evidenti aporie o criticità argomentative.
Sotto quest’ultimo profilo, non può essere dimenticato che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Più precisamente è stato affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di
causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).
Ciò posto e ricordato, la società ricorrente denuncia, in realtà, con le doglianze qui ora in esame, proprio una presunta erronea ricognizione da parte dei giudici del merito della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, richiedendo in realtà una rilettura del corredo probatorio documentale, già scrutinato nelle fasi precedenti al giudizio di legittimità, per consigliare un diverso approdo interpretativo e decisionale in ordine all’apprezzamento della natura onerosa della prestazione eseguita da RAGIONE_SOCIALE in bonis in favore dell ‘ odierna ricorrente.
Tale diverso apprezzamento è tuttavia inibito al giudice di legittimità, esulando lo stesso, per le ragioni sopra illustrate, dal suo sindacato istituzionale.
3.1.2 In realtà, la circostanza che il pagamento, poi impugnato ex art. 64 l. fall., fosse intervenuto all’interno dei rapporti societari tra controllata e controllante, era stato esaminato dalla Corte territoriale, avendo tuttavia ritenuto quest’ultima, d iversamente da quanto ritenuto (peraltro genericamente) dall’odierna ricorrente nei giudizi di merito, che ‘… non bastava allegare la sussistenza di dinamiche infragruppo, ma era necessario attestare come concretamente avesse influito il pagamento sulla esposizione debitoria di RAGIONE_SOCIALE verso la capogruppo’, aggiungendo in punto di apprezzamento della prova che ‘… la testimonianza COGNOME, evocata dall’appellante, da conto solo di una gestione non esattamente distinta tra le due società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE…’.
Si tratta di accertamenti in fatto in ordine all’apprezzamento delle circostanze che qualificavano la prestazione come onerosa o meno, che non possono essere rimesse in discussione in questo giudizio di legittimità, per lo meno nei termini sopra prospettati dall ‘ odierna ricorrente.
3.1.3 Tali ultime considerazioni evidenziano l’inammissibilità anche della censura avanzata sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., sia perché il ‘fatto’ – del cui omesso esame si duole la ricorrente (e cioè il pagamento del debito altrui, ai sensi dell’art.
1180 cod. civ., intervenuto in una logica ‘compensatoria’ di interessi infragruppo societario) – era stato invece valutato ed apprezzato dalla Corte territoriale, sia perché, in realtà, il vizio denunciato ex art. 360, primo comma, n. 5, codice di rito, risulta, in mancanza di una sua più precisa illustrazione, precluso nella sua deduzione per la presenza di una ‘doppia conforme’.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2025