Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15298 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15298 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23396/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
Pec:
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Rettore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 1530/2021 depositata il 26/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE , allegando di aver stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) un contratto per la fornitura di energia elettrica per il periodo 1/7/2008-31/12/2008 e di aver sempre pagato le relative fatture, ivi comprese quelle dei mesi di novembre e dicembre 2008, si vide pervenire nel maggio 2009 dalla società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) -che assumeva di essere subentrata a RAGIONE_SOCIALE in regime di salvaguardia -due fatture relative ai mesi di novembre e dicembre 2008;
l’RAGIONE_SOCIALE, svolti RAGIONE_SOCIALE accertamenti, aveva appreso che per il mese di novembre la fornitura era riconducibile per una piccola parte alla RAGIONE_SOCIALE mentre per la parte preponderante, come del resto per l’energia del mese di dicembre , i consumi erano da ricondurre a forniture della RAGIONE_SOCIALE, succeduta alla RAGIONE_SOCIALE in regime di salvaguardia; ciò premesso, affermando di aver pagato al creditore apparente e di non essere mai stata notiziata da parte della RAGIONE_SOCIALE dell’avvenuto sub entro, propose opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma con cui le era ingiunto il pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 599.845,69 oltre interessi, a titolo di mancati compensi dell’energia elettrica somministrata nei mesi di novembre e dicembre 2008;
il Tribunale rigettò l’opposizione ritenendo che l’energia fosse stata fornita da RAGIONE_SOCIALE, che l’ammontare dei consumi corrispondeva a
quanto fatturato, che il prezzo era stato correttamente calcolato, che non vi era prova dell’asserito pagamento a RAGIONE_SOCIALE; accertò che, nei mesi di novembre e dicembre 2008 a seguito della risoluzione ex lege di tutti i contratti di fornitura ricadenti nel dispacciamento della società RAGIONE_SOCIALE, era subentrata in regime di salvaguardia la RAGIONE_SOCIALE; che l’energia era stata dunque erogata da quest’ultima, per un consumo corrispondente a quello fatturato e ad un prezzo correttamente calcolato; che la NOME aveva dimostrato documentalmente di aver inviato all’RAGIONE_SOCIALE la comunicazione di subentro e che mancava la prova dell’asserito pagamento della stessa somma al creditore apparente RAGIONE_SOCIALE;
a seguito di appello della soccombente la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 1530 pubblicata in data 26/2/2021, ha accolto il gravame, revocando il decreto ingiuntivo e condannando RAGIONE_SOCIALE alle spese del doppio grado; per quanto ancora di interesse ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 1189 c.c. e dunque ha considerato liberatorio il pagamento effettuato dall’RAGIONE_SOCIALE al creditore apparente, essendovi prova non solo che il debitore avesse confidato senza colpa nella situazione apparente ma anche che il suo erroneo convincimento fosse stato determinato dal comportamento colposo del creditore; a fronte, infatti, della tempestiva emissione delle fatture di RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE aveva invece, con notevole ritardo, solo nel maggio 2009, emesso e comunicato le fatture per il pagamento dell’energia erogata ne i mesi di novembre e dicembre 2008, non osservando la tempistica prevista nel contratto di salvaguardia vigente nel 2008 in Piemonte, secondo cui la società avrebbe dovuto fatturare nei primi giorni lavorativi con cadenza mensile gli importi corrispondenti all’energia consumata nel mese precedente;
peraltro, la corte del gravame ha ritenuto che il documento prodotto da RAGIONE_SOCIALE contenente la comunicazione del subentro in regime di salvaguardia non poteva ritenersi idoneo a provare la formale comunicazione del subentro, essendo privo di sottoscrizione autografa, di protocollo e di indicazioni sulle modalità di invio, redatto su carta intestata con un logo simile a quello attuale di RAGIONE_SOCIALE ma non a quello utilizzato ai tempi della comunicazione, e contenente l’indicazione erronea dell’erogazione di energia da parte di RAGIONE_SOCIALE per i mesi da maggio a dicembre 2008 , quando l’erogazione era avvenuta solo per i mesi di novembre e dicembre 2008;
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria;
ha resistito l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
MOTIVI DELLA DECISIONE
con il primo motivo -nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., per violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 329, co. 2 c.p.c. 336 co. 1 c.p.c. 342, co. 2 c.p.c., nonché dell’art. 112 c.p.c. -la ricorrente lamenta ch e la Corte d’Appello ha disatteso l’eccezione di giudicato interno da essa sollevata in relazione alla prima ratio decidendi della sentenza del Tribunale che non sarebbe stata impugnata secondo cui ‘non risulta alcuna prova del pagamento effettuato a NOME, ossia non risulta provato che l’RAGIONE_SOCIALE ha pagato il consumo di energia dei due mesi del 2008 in contestazione a NOME NOME irettamente’. Secondo la ricorrente l’appellante avrebbe impugnato con l’unico motivo di appello il solo capo di sentenza relativo alla contestazione del mancato invio della comunicazione di subentro da parte di RAGIONE_SOCIALE sicchè sull’altro capo di sentenza – mancata prova dell’avvenuto pagamento a RAGIONE_SOCIALE – sarebbe sceso il giudicato e la Corte d’Appello , omettendo di rilevarlo avrebbe violato gli artt. 329,
co. 2, 336, co. 1 e 112 c.p.c. contrastando la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, qualora la sentenza di primo grado pronunci sulla domanda in base ad una pluralità di autonome ragioni, ognuna di per sé sufficiente a giustificare la decisione, la parte soccombente ha l’onere di ce nsurare, con l’atto di appello , ciascuna delle ragioni della decisione non potendosi in difetto trattare successivamente della ragione non tempestivamente contestata che resta idonea a sorreggere la pronunzia impugnata, no n potendo il giudice d’appello estendere il suo esame a punti non compresi neppure per implicito nei termini prospettati dal gravame senza violare il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass., 1 n. 12310 del 30/8/2007); la sentenza si porrebbe in contrasto con altre pronunce secondo cui ‘ Allorquando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due diverse ” rationes decidendi “, idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la circostanza che l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse, e non attinga l’altra, determina una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione (ove naturalmente non sussistano altre ragioni di rito ostative all’esame nel merito dell’impugnazione) deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla “ratio decidendi ” non criticata dall’impugnazione, è passata in cosa giudicata e desumere, pertanto, che l’impugnazione non è ammissibile per l’esistenza del giudicato, piuttosto che per carenza di interesse ‘ (Cass., 3, n. 14740 del 13/7/2005; Cass., 3, n. 13880 del 6/7/2020);
il motivo è infondato;
RAGIONE_SOCIALE dà atto nel proprio controricorso (p. 3) di avere, con l’atto di citazione in appello (di cui riporta i relativi passaggi), ritualmente e debitamente evidenziato l’erroneità della
sentenza di primo grado per aver ritenuto non provato il pagamento effettuato in favore di RAGIONE_SOCIALE;
a seguito della richiamata censura la Corte d’Appello ha riformato il capo di sentenza relativo alla mancata prova del pagamento facendo riferimento alla presenza di tabulati allegati alla nota del 23/4/2012 prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE fin dal primo grado del giudizio , dai quali risultava l’avvenuto pagamento delle due fatture al creditore apparente; inoltre è erronea la censura secondo cui le due rationes decidendi , quella della mancata prova del pagamento al precedente gestore e quella della mancata ricezione di comunicazione di subentro da parte di RAGIONE_SOCIALE sarebbero del tutto autonome l’una dall’altra , e tale da configurare in conseguenza della mancata impugnazione della seconda ratio un giudicato interno sulla ratio non espressamente impugnata; le due rationes non sono infatti affatto autonome l’una dall’altra perché la mancata prova del pagamento a RAGIONE_SOCIALE si correla logicamente alla prova da parte di RAGIONE_SOCIALE di aver tempestivamente comunicato il proprio subentro in regime di salvaguardia, sicché, impugnata una delle due rationes ne discende la mancanza di effetto di giudicato anche rispetto all’altra;
con il secondo motivo di ricorso -nullità della sentenza e del procedimento per violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 112 c.p.c., 115 c.p.c., 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 342 co. 1 n. 2 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 1° co . n. 4 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, 1° co. n. 5 c.p.c. la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, nel dichiarare d’ufficio l’esistenza della prova del pagamento al creditore apparente ritenendo la buona fede del debitore sulla mancata prova del ricevimento della comunicazione di subentro, avrebbe omesso di considerare l’informativa obbligatoria inviata da RAGIONE_SOCIALE che
l’utente avrebbe dovuto conoscere secondo cui RAGIONE_SOCIALE aveva perso la qualifica di venditore del sistema di dispacciamento e non era più legittimata a fornire energia elettrica;
il motivo è inammissibile quanto alla violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 112, 115, 116 c.p.c. perché non rispetta alcuna delle condizioni poste dalla giurisprudenza di questa Corte per prospettare le relative violazioni ed è infondato quanto alla violazione dell’art. 132, 2° co. c.p.c. perché la sentenza ha motivato in modo certamente adeguato al minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte là dove a p. 11 ha statuito ‘l’appellante non aveva avuto tempestiva conoscenza del subentro di RAGIONE_SOCIALE in regime di salvaguardia alla RAGIONE_SOCIALE ed aveva continuato ad effettuare i pagamenti a quest’ultimo come si evince dai tabulati (omissis) …….Tale ultimo dato smentisce l’assunto del Tribunale secondo cui non era stata fornita la prova del pagamento nei confronti di RAGIONE_SOCIALE che appare invece ricavabile dagli elenchi allegati alla nota in precedenza evidenziata ‘ ;
con il terzo motivo -nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1189 c.c. RAGIONE_SOCIALE artt. 2697 e 2729 c.c. artt. 115, 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 1° co. n. 3 c.p.c. nonché per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 1° co. n. 5 c.p.c. -la ricorrente lamenta che la sentenza ha omesso di considerare in modo globale tutti gli indizi da cui ricavare in via presuntiva la conoscibilità da parte dell’RAGIONE_SOCIALE rino dell’avvenuto subentro di RAGIONE_SOCIALE in regime di salvaguardia, trascurando in particolare la comunicazione di RAGIONE_SOCIALE con cui la stessa, distributrice di energia, aveva informato l’RAGIONE_SOCIALE dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE e del passaggio al regime di salvaguardia; la Corte avrebbe dovuto svolgere, sulla base di quella dichiarazione, una preliminare valutazione in merito alla
scusabilità e ragionevolezza dell’affidamento dell’università sulla base di quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui ‘i l principio dell’apparenza del diritto ex art. 1189 c.c. trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo circa la corrispondenza del primo alla realtà giuridica, sicché il giudice – le cui conclusioni, sul punto, sono censurabili in sede di legittimità se illogiche e contraddittorie – deve procedere all’indagine non solo sulla buona fede del terzo, ma anche sulla ragionevolezza del suo affidamento, che non può essere invocato da chi versi in una situazione di colpa, riconducibile alla negligenza, per aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge, oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realtà delle cose, facilmente controllabile ‘ (Cass., 1, n. 6563 del 5/4/2016);
il motivo è inammissibile in quanto difetta di autosufficienza e dunque viola l’art. 366 n. 6 c.p.c.; la sentenza d’appello dà atto del fatto che la ricezione da parte dell’università della comunicazione con cui RAGIONE_SOCIALE informava del passaggio al regime di salvaguardia costituiva mera allegazione di parte e che mancava in atti una comunicazione idonea a soddisfare le condizioni poste dall’art. 5 DM 23/11/2007 disciplinante gli obblighi informativi dell’esercente del servizio di salvaguardia; a fronte di tale accertamento, la ricorrente si limita a ribadire la propria tesi difensiva senza indicare come e quando la comunicazione di RAGIONE_SOCIALE sarebbe entrata nella sfera di conoscibilità dell’università sì da indurre nella medesima una condizione di mala fede tale da escludere l’applicazione dell’art. 1189 c.c.;
con il quarto motivo -nullità della sentenza e del procedimento per violazione di cui all’art. 360 c .p.c., co. 1 n. 4 c.p.c. con riguardo all’art. 24 Cost. nonché agli artt. 112, 115, 116, 132, co. 2 n. 4 c.p.c.
183, 210 e 356 c.p.c. -la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello pur ritenendo che non vi era stata una idonea dichiarazione di subentro da parte della RAGIONE_SOCIALE, non ha consentito l’ammissione di prove testimoniali richieste al fine di dimostrare l ‘ adempimento RAGIONE_SOCIALE obblighi informativi e la condotta negligente dell’università ;
il motivo è inammissibile, essendo privo di decisività in quanto è evidente che l’accoglimento del gravame proposto dall’ università ha escluso l’utilità di compiere ulteriore attività istruttoria ;
alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 20 febbraio 2024
Il Presidente NOME COGNOME