Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23388 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23388 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30530/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliata in INDIRIZZO;
contro
ricorrente-
sul
contro
ricorso
incidentale
proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
contro
ricorrente al ricorso
incidentale
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 930/2020 depositata il 25/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE lamentando il pagamento di un assegno bancario non trasferibile per l’importo di € 4.000,00 tratto sul proprio conto corrente a soggetto diverso dal legittimo prenditore.
L’assegno era stato incassato e versato su un libretto postale aperto pochi giorni prima al solo fine di consentire l’incasso senza che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a dire dell’attore, avesse diligentemente identificato tale persona avente lo stesso nome e cognome del legittimo prenditore.
Chiedeva, pertanto, dichiararsi la nullità del rapporto di apertura del libretto postale e il risarcimento del danno
per aver pagato a soggetto diverso dal beneficiario senza aver effettuato le necessarie verifiche.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto delle domande, previa chiamata in causa della banca trattaria ai fini della manleva in caso di condanna. La banca trattaria si costituiva associandosi alla domanda di rigetto delle domande attoree.
Il Tribunale di Asti con sentenza n. 619/2019 respingeva le domande, rilevando la mancanza di qualsivoglia negligenza da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: ed invero, ad avviso del giudice di prime cure, l’assegno era stato incassato previa regolazione nella stanza di compensazione e l’operazione era stata posta in essere da persona il cui nominativo coincideva con quello riportato sull’assegno, identificato tramite documenti privi di elementi di criticità, non necessitando ulteriori verifiche anagrafiche da parte dell’operatore bancario.
RAGIONE_SOCIALE interponeva appello, insistendo nelle domande formulate in primo grado, cui si opponeva RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto ovvero l’applicazione dell’art. 1227 c.c. ai fini del concorso di colpa dell’appellante per avere utilizzato la posta ordinaria nella trasmissione dell’assegno al beneficiario.
La Corte di Appello di Torino, in parziale accoglimento dell’impugnazione , riformava la sentenza di primo grado condannando RAGIONE_SOCIALE a corrispondere ad RAGIONE_SOCIALE la somma di € 2.000,00 oltre interessi e rivalutazione, nonché al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
La Corte territoriale rilevava la responsabilità per colpa lieve dell’operatore bancario che non aveva verificato l’esatta corrispondenza delle generalità anagrafiche
riportate sul documento di identità esibito dal falso prenditore che aveva, altresì, fatto uso del tesserino del codice fiscale non ritenuto valido ai fini dell’attestazione del dato anagrafico fiscale, essendo stato sostituito dalla tessera sanitaria.
Per altro verso, la Corte d’Appello riteneva sussistente il concorso di colpa ex art. 1227 c.c. di RAGIONE_SOCIALE per non aver utilizzato servizi postali c.d. ‘tracciabili’ come la lettera raccomandata o assicurata piuttosto che la posta ordinaria.
La sentenza, pubblicata il 29/09/2020, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE, con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale assistito da tre motivi tra loro intimamente collegati.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 50 D.L. 268/2003 anche in combinato fra di loro.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato la norma di cui all’art. 2697 c.c. non avendo RAGIONE_SOCIALE dato la prova di aver eseguito un nuovo pagamento al beneficiario, nonché di aver emesso l’assegno di cui è causa di cui non v’è traccia in atti.
Sempre nello stesso motivo di ricorso la ricorrente sottopone a critica le conclusioni cui perviene la Corte d’Appello che ha ritenuto sussistente la responsabilità dell’operatore bancario per colpa; in particolare, il giudice d’Appello avrebbe erroneamente valutato gli elementi di
prova emersi in giudizio: la persona presentatasi all’incasso non era da considerarsi sconosciuta in quanto titolare di libretto postale aperto in data antecedente alla negoziazione di cui è causa; il tesserino del codice fiscale era da ritenersi ancora idoneo ai fini dell’identificazione ai sensi dell’art. 50 D.L. 268/2003; i documenti presentati all’atto dell’incasso coincidevano con i dati anagrafici contenuti nel database delle RAGIONE_SOCIALE.
Le soprariportate circostanze non potevano che comportare un giudizio di assenza di colpa da parte del ‘cassiere’ di RAGIONE_SOCIALE che, in possesso dell’originale del titolo privo di contraffazioni, non avrebbe dovuto eseguire una ricognizione anagrafica ulteriore per accertarsi della identità del prenditore dell’assegno.
Il secondo motivo di ricorso si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 43 R.D. 1736/1933, 1218, 1172, comma, 2697, c.c. e art. 115 c.p.c. avendo la banca effettuato correttamente il pagamento nelle mani di colui che lo pone all’incasso il cui nominativo coincida con quello indicato nel titolo come prenditore ai sensi dell’art. 43 citato.
La censura si fonda dunque sulla individuazione della condotta richiesta alla banca, nel caso in cui l’eventuale irregolarità dei requisiti esteriori del titolo non sia immediatamente rilevabile usando la normale diligenza inerente all’attività bancaria. Al riguardo la ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la banca, nel caso in cui l’irregolarità (falsificazione o alterazione) dei requisiti esteriori non sia rilevabile con la normale diligenza, non è tenuta a predisporre un’attrezzatura qualificata con strumenti meccanici e chimici al fine di un controllo dell’autenticità delle
sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione (Cass. 6524/2000; Cass. 6624/2010; Cass. 22336/2011).
I suddetti motivi di censura vanno trattati congiuntamente in considerazione della identità delle questioni in diritto da affrontare nella presente sede; in particolare, la questione sottoposta allo scrutinio di questa Corte riguarda la identificazione dello sforzo di diligenza richiesto all’operatore bancario in caso di presentazione all’incasso di titolo non alterato o contraffatto mediante documento di identità anch’esso privo di alterazioni.
Va premesso che, per quanto concerne la valutazione da svolgersi per l’accertamento della responsabilità del cassiere è principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenze nn. 34107 e 34108 del 19/12/2019) quello secondo cui ‘In materia di pagamento di un assegno di traenza non trasferibile in favore di soggetto non legittimato, al fine di valutare la sussistenza della responsabilità colposa della banca negoziatrice nell’identificazione del presentatore del titolo, la diligenza professionale richiesta deve essere individuata ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., che è norma “elastica”, da riempire di contenuto in considerazione dei principi dell’ordinamento, come espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e dagli “standards” valutativi esistenti nella realtà sociale che, concorrendo con detti principi, compongono il diritto vivente; è stato in particolare precisato che non rientra in tali parametri la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di
fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale.
Più di recente, il principio è stato ribadito, affermando che l’identificazione a mezzo di due documenti identificativi muniti di fotografia non è necessaria ai fini della individuazione del livello di diligenza qualificata, esigibile da RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., nel caso di pagamento di assegno a soggetto non legittimato, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale.
Ciò posto, non si può non rilevare la fondatezza dei due motivi di ricorso che hanno aggredito la pronuncia impugnata che ha affermato la negligenza della condotta del cassiere che non ha effettuato ulteriori accertamenti circa l’identità del prenditore del titolo ed in particolare la verifica delle generalità anagrafiche riportate sul documento di identità risultate diverse da quelle del reale beneficiario unitamente agli altri elementi di fatto emersi nel corso del giudizio (in particolare, l’inidoneità della tessera fiscale priva di fotografia ai fini del corretto riscontro).
Ed invero, è da rilevarsi che nel caso di assegno circolare in cui sono assenti evidenti segni di contraffazione e di documento di identità anch’esso privo di elementi di criticità tali da far sospettare la apocrifia dei medesimi, lo
sforzo di diligenza esigibile al cassiere, nel caso di insussistenza di ulteriori anomalie specifiche, è assolto con la verifica dell’esatta corrispondenza delle generalità anagrafiche riportate sul documento di identità con quelle indicate nel titolo.
Tale conclusione è aderente all’indirizzo giurisprudenziale sopra esposto da cui si ritiene di non doversi discostare.
L’ultimo motivo col quale si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1922, comma 2, c.c. è assorbito dall’accoglimento dei due motivi precedenti.
Passando all’esame dei motivi di ricorso incidentale si osserva come gli stessi possano essere trattati congiuntamente in quanto fondati sulla asserita nullità del contratto di apertura del libretto postale su cui è stato accreditato l’importo dell’assegno negoziato dal falso prenditore, come richiesto dallo stesso controricorrente. Ad avviso di COGNOME la nullità del predetto contratto sarebbe riconducibile alla circostanza che tale rapporto bancario sarebbe stato acceso al solo fine dell’incasso del
titolo per cui è causa.
Il primo motivo lamenta come la corte territoriale non avrebbe esaminato la domanda di nullità con violazione delle norme di cui agli artt. 112 e 132 n. 4 c.p.c. e 1218, 1325, 1343, 1344 e 1418 c.c..
In particolare, la controricorrente si duole della mancata pronuncia in ordine alla eccepita nullità del contratto finalizzato in concreto a rendere possibile l’incasso del titolo.
Al riguardo, è da rilevarsi come l’appello formulato dalla odierna controricorrente avrebbe dovuto avere ad oggetto la sentenza di prime cure, nella parte in cui non si era pronunciata sulla domanda o eccezione di nullità predetta.
Dalla lettura del controricorso non si individua alcuna specifica domanda di nullità, né nelle conclusioni che non sono riportate, né nel corpo dell’atto di appello da cui non risulta una specifica contestazione della sentenza del Tribunale di Asti in ordine alla omessa pronuncia sulla dedotta nullità del contratto di apertura del libretto bancario (vedasi pag. 9 del controricorso). Nel caso di specie, il controricorso non contiene le conclusioni dell’atto di appello, né la indicazione della specifica censura formulata in tale sede volta ad impugnare la sentenza di primo grado per omessa pronuncia in ordine alla domanda o eccezione di nullità formulata.
In tale quadro, il motivo di controricorso si manifesta inammissibile sotto il necessario profilo dell’autosufficienza come sancito al comma 1 n. 6 dell’art. 366 c.p.c., laddove richiede a pena di inammissibilità del ricorso la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi.
Con il secondo e terzo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1227, comma 2, c.c. in quanto, senza la stipula del contratto di apertura del libretto postale, l’assegno non si sarebbe potuto incassare. Pertanto, la Corte di Appello avrebbe errato nello stabilire il concorso di colpa di RAGIONE_SOCIALE anche nella misura in cui non ha motivato in ordine alla valutazione del grado di colpa.
Nel quarto motivo ci si duole della sentenza di appello che avrebbe fatto malgoverno dei principi richiamati dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. 12477/2018) secondo cui l’utilizzo dell’invio per posta ordinaria di un assegno comporti il concorso di colpa del traente per non
aver utilizzato sistemi di pagamento che riducono il rischio di trafugamento del titolo. Ciò in quanto la corte territoriale non avrebbe valutato la irrilevanza del sistema di trasmissione del titolo nell’ipotesi in cui il falso prenditore avesse preventivamente predisposto un sistema strumentale all’incasso finalizzato a frodare il traente ed il vero beneficiario dell’assegno. In sintesi, ad avviso del controricorrente, senza l’apertura del libretto postale, l’incasso non sarebbe avvenuto, con conseguente irrilevanza della condotta di RAGIONE_SOCIALE relativamente alla spedizione del titolo per posta ordinaria.
In ordine a tali censure ritiene la Corte di dover, in primo luogo, ribadire l’orientamento inaugurato dalle citate sezioni unite e condiviso dal giudice di merito, secondo cui l’utilizzo della posta ordinaria comporta un’evidente facilitazione di trafugamento del titolo che costituisce una condotta colposa senza la quale il danno non si sarebbe verificato.
La Cassazione (Cass. 9769/2020) sul punto ha affermato il principio di corresponsabilità ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c. tra il mittente e la banca. Infatti, l’uso della posta ordinaria, come modalità di trasmissione, comporta l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza.
Tale condotta, quindi, si configura come un antecedente causale dell’evento dannoso, che concorre con il comportamento colposo tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore del titolo all’incasso.
Al riguardo, la ricorrente sottopone a critica le sentenze delle Sezioni unite nella parte in cui sostengono la maggiore sicurezza dei sistemi di trasmissione per posta
raccomandata o assicurata rispetto a quella ordinaria.
Ciò posto, ad avviso della controricorrente l’utilizzo della posta raccomandata o assicurata non comporterebbe una maggiore sicurezza di recapito al destinatario rispetto alla posta ordinaria e il tracciamento non avrebbe alcuna utilità pratica, atteso che l’incasso dell’assegno sarebbe avvenuto in considerazione della prodromica apertura del libretto postale quale antecedente che renderebbe irrilevante la spedizione del titolo per posta ordinaria dal punto di vista causale.
Tali argomentazioni non hanno alcuna idoneità a far mutare l’orientamento di questa Corte che ha osservato che pur considerando la spedizione per raccomandata o assicurata non sufficienti di per sé a impedire lo smarrimento o la sottrazione del plico ‘consentono al mittente (a differenza dell’ipotesi di spedizione per posta ordinaria), in caso di ritardo prolungato nella consegna di attivarsi tempestivamente per evitarne il pagamento o quanto meno per segnalare l’anomalia alla banca trattaria affinché adotti le necessarie precauzioni’ C (ass. N. 9769/2020).
Pertanto, è priva di pregio la tesi di parte ricorrente finalizzata a togliere rilevanza alla modalità di spedizione che, invece, rimane un elemento fondamentale ed imprescindibile nella individuazione del concorso colposo nel danno.
Ne consegue che è da confermare il principio affermato dalla Cassazione (9769/2020) secondo cui “La spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare
l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore”.
Anche sotto il profilo della eccepita omessa motivazione si rileva come al riguardo, la corte distrettuale ha motivato in ordine al concorso colposo della RAGIONE_SOCIALE aderendo in modo puntuale all’orientamento soprariportato.
Inoltre, la corte territoriale ha esaurientemente motivato in ordine alla gravità della colpa della società assicurativa stabilendo che la condotta negligente assunta con la spedizione del titolo per posta ordinaria è da ritenersi determinabile nella misura del 50% dell’importo preteso a titolo di risarcimento del danno.
Tali considerazioni inerenti i motivi del ricorso incidentale ne comportano la dichiarazione di inammissibilità.
In conclusione, la Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale con assorbimento del terzo. Dichiara l’inammissibilità dei motivi del ricorso incidentale. Cassa e rinvia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione anche con riferimento alla regolamentazione delle spese di lite della presente fase.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale,
assorbito il terzo. Dichiara inammissibili i tre motivi del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione anche con riferimento alla regolamentazione delle spese di lite della presente fase.
Così deciso in Roma, il 26/06/2024 nella camera di consiglio