Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7560 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7560 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3762/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME, in proprio ex art. 86 c.p.c., con domicilio digitale cEMAIL
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di L ‘ Aquila n. 1800 del 20/12/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/1/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la memoria del controricorrente;
RILEVATO CHE
-l ‘ avv. NOME COGNOME si aggiudicava l ‘ immobile staggito nella procedura esecutiva immobiliare n. 240/2014 del Tribunale di Pescara; a suo favore veniva emesso, in data 15/5/2018 il decreto di trasferimento ex art. 586
c.p.c., in forza del quale l ‘ odierno ricorrente diveniva titolare del diritto reale di abitazione sul predetto cespite;
-nonostante l ‘ ingiunzione, contenuta nel decreto, di rilasciare il bene nella piena disponibilità degli acquirenti, l ‘ esecutata NOME COGNOME proseguiva l ‘ occupazione dell ‘ immobile sino al 14/7/2018;
-con successivo ricorso ex art. 702bis c.p.c., NOME COGNOME adiva il Tribunale di Pescara chiedendo «il ristoro del danno, quale corrispettivo per la privazione dell ‘ uso e il godimento diretto della abitazione, dal 15.05.18 al 14.07.18, da liquidarsi ‘ sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al cd. danno figurativo, quale il valore locativo del bene usurpato ‘ , stante la normale inerenza del pregiudizio all ‘ impossibilità di disporre del bene, tenuto conto delle caratteristiche della abitazione e delle quotazioni OMI, quantificabile nella somma di € 1.869,00 o in quella ritenuta di giustizia»;
-costituendosi nel giudizio, NOME COGNOME formulava eccezioni preliminari e contestava nel merito la pretesa risarcitoria;
-il Tribunale, con l ‘ ordinanza n. 2237 del 27/10/2020, accoglieva la domanda e condannava la convenuta al pagamento della somma di Euro 1.869,00, quale corrispettivo per l ‘ uso e il godimento dell ‘ abitazione in questione, occupata senza titolo dal 15/5/2018 al 14/7/2018, nonché alla rifusione delle spese di lite;
-adita da NOME COGNOME e anche da NOME COGNOME con appello incidentale, la Corte d ‘ appello di L ‘ Aquila, con la sentenza n. 1800 del 20/12/2022, accoglieva il terzo motivo dell ‘ impugnazione principale e riformava integralmente la decisione di primo grado, rigettando la domanda risarcitoria e anche il gravame del COGNOME;
-per quanto qui ancora rileva, il giudice d ‘ appello così spiegava la propria decisione: «Con il terzo motivo di appello, la sig.ra COGNOME deduce che il primo giudice non aveva tenuto conto che ella non aveva ostacolato la liberazione dell ‘ immobile ma aveva, al contrario, rispettato i termini assegnatile per il rilascio. L ‘ appellante evidenzia di avere occupato legittimamente il bene, quale debitrice esecutata che aveva mantenuto il possesso dell ‘ immobile fino alla data del rilascio in favore dell ‘ aggiudicatario;
rileva che il decreto di trasferimento, firmato dal giudice dell ‘ esecuzione in data 15/05/2018, era stato trascritto dieci giorni dopo ed era divenuto irrevocabile solo in data 14/06/2018; che l ‘ Avv. COGNOME non le aveva mai rivolto intimazioni di rilascio del bene ed aveva richiesto in data 20/6/2018 al giudice dell ‘ esecuzione la liberazione dell ‘ immobile, disposta dal giudice con decreto in data 21/06/2018, senza l ‘ indicazione di un termine, sicché era applicabile il termine di trenta giorni previsto dall ‘ art. 560 c.p.c. L ‘ appellante evidenzia inoltre che la custode, Avv. NOME COGNOME si era attivava tempestivamente per ottenere la liberazione del bene ed aveva fissato un primo accesso il giorno 30/06/2018, all ‘ esito del quale le aveva concesso una proroga per il rilascio dell ‘ immobile sino al 16/07/2018, come comunicato all ‘ Avv. COGNOME il quale non aveva sollevato contestazioni sul punto; che l ‘ esponente aveva rilasciato l ‘ immobile in data 14/7/2018, due giorni prima del termine fissato dall ‘ Avv. COGNOME ai sensi dell ‘art. 560 c.p.c. … Il motivo è fondato. Correttamente l ‘ appellante ha evidenziato che, su richiesta dell ‘ Avv. COGNOME il giudice dell ‘ esecuzione con decreto in data 21/6/2018 delegò la liberazione dell ‘ immobile alla custode, Avv. NOME COGNOME sostituita nei verbali di rilascio dall ‘ Avv. NOME COGNOME ai sensi dell ‘ art. 560, comma 6, c.p.c., la quale doveva provvedere anche alla liquidazione delle spese della procedura. Ai sensi dell ‘ art. 560, comma 6, c.p.c., sopra citato, quando nell ‘ immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati il custode deve concedere almeno trenta giorni al debitore per la loro asportazione. Nel caso in esame il primo accesso nell ‘ immobile venne effettuato dall ‘ Avv. COGNOME in data 30/6/2018, la sig.ra COGNOME chiese un termine per ultimare il trasloco, che la custode le concesse sino al 16/7/2018, l ‘ immobile venne rilasciato libero da persone e cose dalla sig.ra COGNOME in data 14/7/2018 all ‘ Avv. NOME COGNOME titolare del diritto di abitazione, ed al fratello NOME COGNOME nudo proprietario. Alla luce di tale tempistica risulta che l ‘ odierna appellante si attenne alle disposizioni datele dalla custode, incaricata dal giudice di procedere alla liberazione del bene, avendo l ‘ odierno appellato preferito avvalersi di tale modalità invece di ricorrere alla procedura di rilascio di cui all ‘ art. 605 c.p.c. Ne consegue che non sussiste la
lesione lamentata dall ‘ Avv. COGNOME del suo diritto di utilizzare il bene, non avendo la sig.ra COGNOME detenuto l ‘ immobile oltre i termini fissati dalla custode, la quale si attivò tempestivamente, ottenendone la liberazione in termini del tutto ragionevoli rispetto alla pronuncia del decreto di trasferimento, emesso il 15/5/2018, trascritto in data 25/5/2018, tenuto inoltre conto che l ‘ incarico alla custode venne conferito in data 21/6/2018.»;
-avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, fondato su sei motivi;
-resisteva con controricorso NOME COGNOME
-ai sensi dell ‘ art. 380bis c.p.c., in data 11/9/2023, veniva formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, in quanto ritenuto manifestamente infondato;
-il ricorrente avanzava rituale istanza di decisione e veniva fissata l ‘ odierna adunanza camerale;
-il ricorrente depositava memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il ricorrente deduce la «violazione o falsa applicazione artt. 560 e 586 cpc», in quanto «nel caso de quo l ‘ art. 560 cpc è inconferente ai fini dell ‘ accertamento della occupazione senza titolo, poiché la norma da applicarsi è l ‘ art. 586 cpc», dato che il giudice dell ‘ esecuzione non ha emesso alcun ordine di liberazione prima del decreto di trasferimento sicché il custode era incaricato di dare attuazione all ‘ ingiunzione contenuta nel decreto di trasferimento;
-secondo la proposta ex art. 380bis c.p.c., «il primo motivo di ricorso ─ con il quale si deduce che l ‘ art. 560 cod. proc. civ. è inconferente ai fini dell ‘ accertamento della dedotta occupazione senza titolo, poiché la norma da applicarsi è l ‘art. 586 cod. proc. civ. ─ è manifestamente infondato: l’ art. 560 cod. proc. civ., anche nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis , è correttamente richiamato a fondamento della decisione; esso infatti espressamente contempla (al quarto comma) le modalità di attuazione
dell ‘ ordine di rilascio «anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento»;
-la predetta motivazione non è condivisibile: infatti, l ‘ art. 560 c.p.c. concerne le modalità di attuazione -che è necessariamente affidata al custode e prescinde dalle modalità ex artt. 605 ss. c.p.c. -dell ‘ ordine di liberazione emesso dal giudice dell ‘ esecuzione nel corso della procedura, sia nell ‘ ipotesi in cui tale attuazione avvenga prima del decreto di trasferimento, sia quando compiuta dopo l ‘ emissione dell ‘ atto traslativo; l ‘ ordine di rilascio ex art. 586, comma 2, c.p.c., contenuto nel decreto di trasferimento, costituisce titolo esecutivo in favore dell ‘ aggiudicatario ( rectius , proprietario) del bene e può essere dallo stesso azionato nelle forme dell ‘ esecuzione per rilascio ( ergo , tramite ufficiale giudiziario) anche nei confronti del custode; la censura è comunque inammissibile, ma in base ad una diversa
-argomentazione;
-secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, nell ‘ espropriazione immobiliare contro NOME COGNOME il giudice dell ‘ esecuzione -su istanza dell ‘ aggiudicatario del 20/6/2018, avanzata dopo l ‘ emissione del decreto di trasferimento del 15/5/2018 -aveva affidato al custode giudiziario la liberazione del cespite con proprio decreto del 21/6/2018;
-l ‘ atto introduttivo non riporta (né trascrive) il contenuto del menzionato provvedimento del 21/6/2018, documento sul quale il ricorso si fonda, atteso che la sua differente interpretazione è posta a base di diverse censure: ne consegue l ‘ inammissibilità del motivo ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.;
-la censura è altresì inammissibile perché priva di attitudine ad incidere sulla sentenza impugnata, dato che si critica la qualificazione data dalla Corte d ‘ appello offrendo una diversa, ma errata e inaccettabile, interpretazione del provvedimento del giudice dell ‘ esecuzione: solo incidentalmente -non essendo state avanzate tempestive opposizioni ex art. 617 c.p.c. da parte degli interessati -si osserva che la qualificazione di detto provvedimento, data dalla Corte di merito, alla stregua di ordine di liberazione ai sensi dell ‘ art. 560 c.p.c. ( ratione temporis vigente) non è corretta, posto che l ‘ ordine non può essere emanato dopo il decreto di trasferimento (atto che determina il
venir meno del custode e, cioè del soggetto incaricato dell ‘ attuazione la cui legittimazione è caratterizzata da ultrattività soltanto per l ‘ attuazione dell ‘ ordine già emesso); tuttavia, è altrettanto sbagliata la tesi del ricorrente, secondo cui al custode sarebbe stato conferito l ‘ incarico di attuare l ‘ ordine di rilascio ex art. 586, comma 2, c.p.c., perché quest ‘ ultimo è titolo esecutivo emesso esclusivamente a favore dell ‘ aggiudicatario (e, come risulta dal testo normativo, anche contro il custode) e idoneo a dare impulso ad un autonomo procedimento ex artt. 605 ss. c.p.c., sicché -contrariamente all ‘ argomento sostenuto col ricorso -il giudice dell ‘ esecuzione immobiliare non avrebbe potuto attribuire legittimazione al proprio ausiliario a compiere un ‘ attuazione extra ordinem ;
-col secondo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si lamenta l ‘ «omesso esame fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ingiunzione rilascio del 15.05.18», perché la Corte territoriale «soprassiede totalmente sulla ingiunzione di immediato rilascio» contenuta nel decreto di trasferimento, da considerarsi «fatto decisivo poiché fissa la data di decorrenza della occupazione senza titolo da parte di Beltramo Lucia»;
-come già rilevato nella proposta ex art. 380bis c.p.c., «il secondo motivo ─ con il quale si deduce omesso esame di fatto decisivo rappresentato, in thesi , dalla ingiunzione di rilascio contenuta nel decreto di trasferimento del 15 maggio 2018 ─ è inammissibile: il decreto di trasferimento è espressamente considerato in sentenza»: il fatto storico che si assume non esaminato dalla Corte di merito -cioè il decreto di trasferimento col suo contenuto -è più volte menzionato nella pronuncia impugnata e il ricorrente richiama in modo inappropriato l ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. al solo fine di sostenere che dalla data del decreto (15/5/2018) doveva farsi decorrere l ‘ occupazione sine titulo della Beltramo;
-col terzo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce la «violazione o falsa applicazione art. 560 cpc», perché il giudice d ‘ appello, «anziché dare atto dell ‘ onere del custode di attuazione del rilascio, ingiunto col decreto di trasferimento del 15.05.18, poiché mai dispensato
dall ‘ odierno ricorrente, asserisce una delega al custode il 21.06.18, sebbene l ‘ art. 560 co. 3 cpc non consenta ordinanza di liberazione postuma al Decreto di trasferimento»;
-secondo la proposta ex art. 380bis c.p.c. col terzo motivo «si deduce violazione o falsa applicazione art. 560 cod. proc. civ., poiché l ‘ attuazione dell ‘ ordine di liberazione era attività dovuta ex lege dal custode, non essendo invece prevista una delega da parte del giudice dell ‘ esecuzione e sul rilievo ancora che il 21 giugno 2018, su iterata sollecitazione, quest ‘ ultimo aveva solo sollecitato il custode all ‘attuazione del decreto ─ è inammissibile poiché pone temi inconferenti rispetto alla ratio decidendi »;
-come già esposto in relazione al primo motivo, il ricorrente ha omesso di riportare il contenuto dei provvedimenti del giudice dell ‘ esecuzione sui quali si fonda la censura (pertanto inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.) e, comunque, prospetta una tesi errata in diritto: l ‘ attuazione dell ‘ ordine di liberazione è sì attività dovuta da parte del custode non dispensato dall ‘ aggiudicatario, ma la norma asseritamente violata riguarda il provvedimento ex art. 560 c.p.c. (soggetto, appunto, ad attuazione del custode), non già l ‘ ordine di rilascio ex art. 586, comma 2, c.p.c. (che spetta all ‘ aggiudicatario azionare a norma degli artt. 605 ss. c.p.c.);
-col quarto motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si lamenta l ‘ «omesso esame fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, solleciti 12.06.18 e 21.06.18»; ad avviso del ricorrente, il giudice dell ‘ esecuzione sollecitava per due volte (nelle date prima indicate) il custode a liberare l ‘ immobile in forza dell ‘ ordine di rilascio contenuto nel decreto di trasferimento «con ciò confermando l ‘ antecedenza dell ‘ ordine di liberazione inadempiuto il Giudice di 2^ grado omette totalmente di considerare quanto precede e approda invece ad un ‘ inesistente delega di liberazione ‘ in data 21/6/2018 ‘ , né prevista dall ‘ ordinamento, né mai impartita dal Ge»;
-già la proposta ex art. 380bis c.p.c. aveva rilevato che le circostanze asseritamente non esaminate sono prive di decisività; tale giudizio va confermato, vieppiù perché lo stesso ricorrente omette di dimostrare come e
per quale ragione la decisione della Corte di merito sarebbe stata influenzata dai provvedimenti di sollecito del giudice dell ‘ esecuzione (peraltro, non riportati nel ricorso, in violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.) e, soprattutto, il percorso logico-giuridico che avrebbe condotto ad un diverso esito della lite sulla scorta di tali circostanze;
-col quinto motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce la «violazione o falsa applicazione art. 2909 cc, violazione giudicato ingiunzione di rilascio del 15.05.18», in quanto «il Giudice di 2^ grado, ritenendo legittima l ‘ occupazione sino al 14.07.18, in spregio dell ‘ art. 2909 cc, ha erroneamente interpretato il giudicato espresso dal comando giudiziale di ‘ rilasciare l ‘ immobile ‘ contenuto nel Decreto di trasferimento del 15.05.18»;
-in base alla proposta ex art. 380bis c.p.c., «in disparte il non conferente richiamo dell ‘ art. 2909 cod. civ., non riferibile a provvedimento non decisorio ma esecutivo quale il decreto di trasferimento, valga richiamare quanto già evidenziato con riferimento al secondo motivo; la questione trattata riguardava l ‘ attuazione del decreto di trasferimento e, in tali limiti, la decisione non postula alcun passaggio contrastante con l ‘ ordine di rilascio in esso contenuto»;
-conformemente alla suesposta argomentazione, si rileva che la dedotta violazione del giudicato non si attaglia al decreto di trasferimento e, in ogni caso, che la Corte territoriale non ha affatto violato il decreto di trasferimento, ma ha ritenuto che la concretizzazione dell ‘ ordine di rilascio in esso contenuto sia avvenuta in tempi ragionevoli per le ragioni esposte; incongruo e inspiegato è il richiamo del ricorrente all ‘ efficacia traslativa immediata del decreto di trasferimento (Cass., Sez. U., 14/12/2020, n. 28387) e alla sua valenza come titolo esecutivo, caratteristiche che non hanno alcuna attinenza alla censura e alla motivazione della sentenza impugnata;
-col sesto motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la «violazione o falsa applicazione art. 132, co. 2, n. 4 cpc», perché la motivazione della sentenza impugnata è affetta da contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili ed esprime ragioni obiettivamente incomprensibili;
-pur dovendosi prescindere dall ‘ erronea riconduzione sub art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. dell ‘ error in procedendo attinente alla pretesa illogicità della motivazione ( ex multis , Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 23381 del 06/10/2017, Rv. 645638-01), il motivo è inammissibile;
-infatti, la censura difetta di specificità, in quanto il ricorrente si limita a riportare -alle pagine 11 e 12 dell ‘ atto introduttivo -diversi punti della motivazione della sentenza impugnata, ma manca completamente una ragionata critica alla decisione e, in particolare, la specificazione delle argomentazioni ivi contenute che sarebbero tra loro in irriducibile contrasto o in logica contraddizione;
-il motivo si risolve, dunque, in un ‘ apodittica doglianza circa la mancata comprensione, da parte del ricorrente, delle argomentazioni della Corte d ‘ appello di L ‘ Aquila e, peraltro, basa l’assunto su elementi aliunde rispetto alla motivazione, cioè quelli indicati ai punti 32.1. e 32.2., in tal modo non rispettando il criterio di deduzione della violazione del n. 4 dell’art. 132 indicato dalle note sentenze delle Sezioni Unite nn. 8053 e 8054 del 2014;
-l ‘ inammissibilità della censura (che non denuncia la violazione dell ‘ art. 586 c.p.c. e/o dell ‘ art. 832 c.c. e/o dell ‘ art. 2043 c.c.) preclude a questa Corte ogni valutazione sulla congruità della motivazione che sorregge la sentenza impugnata;
-in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna dal ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-nonostante la dichiarata inammissibilità, le ragioni poste a fondamento della decisione collegiale sono in parte diverse rispetto a quelle formulate nella proposta dell ‘ 11/9/2023 (si veda, ad esempio, quanto esposto in riferimento al primo motivo): conseguentemente poiché la Corte non ha definito il giudizio «in conformità alla proposta» -non configurabile quando le rationes della decisione (ancorché identica) sono differenti -non può
trovare applicazione l ‘ ultima proposizione del terzo comma dell ‘ art. 380bis c.p.c., sicché non deve farsi luogo alla condanna ex art. 96, commi 3 e 4, c.p.c.;
-va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge; , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ulteriore importo a titolo di contributo dello ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater ed al competente ufficio di merito, dell ‘ unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione