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Ordine di liberazione immobile: i tempi del custode

Un acquirente all’asta ha citato in giudizio l’ex proprietario per ottenere un risarcimento a causa del ritardo nel rilascio dell’immobile. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che se l’acquirente si avvale del custode giudiziario per la liberazione, e l’occupante rispetta i tempi ragionevoli concessi da quest’ultimo, non sussiste un’occupazione illecita e non è dovuto alcun risarcimento. La sentenza chiarisce la corretta procedura per l’ordine di liberazione immobile e le responsabilità delle parti.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ordine di Liberazione Immobile: Se il Rilascio è Gestito dal Custode, Niente Risarcimento per l’Attesa

Comprare un immobile all’asta può essere un ottimo affare, ma cosa succede se, dopo aver ricevuto il decreto di trasferimento, l’ex proprietario non lascia subito la casa? Questa è una situazione comune che genera dubbi e tensioni. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: il diritto al risarcimento del danno per la ritardata consegna. La Corte ha stabilito un principio chiaro: se l’aggiudicatario si affida al custode giudiziario per ottenere l’ordine di liberazione immobile e l’occupante rispetta i tempi concessi, non si può parlare di occupazione illecita e, di conseguenza, non spetta alcun indennizzo per il periodo di attesa.

I Fatti di Causa: Dalla Gara all’Appello

La vicenda ha origine da una procedura esecutiva immobiliare. Un avvocato si aggiudica un immobile all’asta e ottiene il decreto di trasferimento in data 15 maggio 2018. Tuttavia, l’ex proprietaria, debitrice esecutata, continua a occupare l’abitazione fino al 14 luglio 2018, circa due mesi dopo.

Ritenendo di aver subito un danno per la mancata disponibilità del bene, l’acquirente cita in giudizio l’ex proprietaria, chiedendo un risarcimento per occupazione sine titulo, quantificato in base al presunto valore locativo dell’immobile per quel periodo.

In primo grado, il Tribunale accoglie la domanda e condanna l’ex proprietaria al pagamento. La decisione viene però completamente ribaltata in secondo grado. La Corte d’Appello, infatti, accoglie il ricorso della donna, rigettando la richiesta di risarcimento.

La Procedura per l’Ordine di Liberazione Immobile

La Corte d’Appello ha basato la sua decisione su un’attenta analisi della procedura seguita per la liberazione dell’immobile. L’acquirente, invece di avviare un’autonoma azione esecutiva di rilascio, aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di disporre la liberazione tramite il custode giudiziario. Il giudice, con un provvedimento del 21 giugno 2018, ha incaricato il custode di procedere. Quest’ultimo, dopo un primo accesso, ha concesso all’occupante un termine per completare il trasloco, fissandolo al 16 luglio 2018. L’ex proprietaria ha rispettato pienamente questa tempistica, rilasciando l’immobile due giorni prima della scadenza.

Secondo i giudici d’appello, l’occupante si è semplicemente attenuta alle disposizioni legittimamente impartite dal custode. Pertanto, la sua permanenza nell’immobile per quel breve periodo non era illecita, ma giustificata dall’iter procedurale attivato dallo stesso acquirente. Non sussisteva, quindi, alcuna occupazione sine titulo da risarcire.

Il Ricorso in Cassazione e le Motivazioni della Suprema Corte

Insoddisfatto, l’acquirente ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente interpretato le norme, in particolare gli articoli 560 e 586 del Codice di procedura civile. A suo avviso, il decreto di trasferimento conteneva già un ordine di liberazione immobile immediatamente esecutivo, rendendo illegittima qualsiasi occupazione successiva alla sua emissione.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello. Gli Ermellini hanno evidenziato diversi vizi nel ricorso, tra cui la mancata trascrizione dei provvedimenti giudiziari contestati, rendendo le censure generiche. Nel merito, la Corte ha chiarito che l’interpretazione del ricorrente era errata.

La Suprema Corte ha spiegato che, sebbene il decreto di trasferimento costituisca un titolo esecutivo per il rilascio, l’acquirente ha a disposizione due strade per ottenerlo:
1. Azione esecutiva autonoma: Avvalersi del decreto come titolo per avviare una procedura di sfratto tramite ufficiale giudiziario (ex art. 605 c.p.c.).
2. Procedura tramite custode: Chiedere al giudice dell’esecuzione di affidare l’incarico al custode giudiziario (ex art. 560 c.p.c.), che gestirà la liberazione secondo tempi e modi ritenuti congrui.

Nel caso di specie, l’acquirente aveva scelto la seconda via. Di conseguenza, non poteva lamentarsi di una procedura che lui stesso aveva attivato e che si era svolta in termini ragionevoli e nel pieno rispetto delle disposizioni del custode. La permanenza dell’ex proprietaria era quindi legittimata da questo iter, escludendo il presupposto del danno risarcibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Aggiudicatari

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per chi acquista immobili all’asta. La scelta della procedura per ottenere la liberazione del bene ha conseguenze dirette sulla possibilità di richiedere un risarcimento. Se si opta per l’intervento del custode, si accetta implicitamente una gestione della tempistica che potrebbe non essere immediata, ma che mira a un rilascio ordinato. Pretendere un risarcimento per un ritardo gestito e autorizzato nell’ambito di tale procedura è una contraddizione che il sistema giuridico non ammette. L’acquirente deve quindi ponderare attentamente quale strumento utilizzare: la via più rapida ma potenzialmente più conflittuale dell’esecuzione forzata diretta, o quella gestita e mediata dal custode, che garantisce un rilascio ordinato ma secondo tempistiche definite dall’ausiliario del giudice.

Quando diventa illegittima l’occupazione di un immobile dopo l’aggiudicazione all’asta?
L’occupazione non è automaticamente illegittima dalla data del decreto di trasferimento se l’acquirente sceglie la procedura di liberazione gestita dal custode giudiziario. Diventa illegittima solo se l’occupante non rispetta i termini e le modalità stabilite dal custode stesso.

L’acquirente di un immobile all’asta ha diritto al risarcimento se l’ex proprietario non libera subito l’immobile?
No, non ha diritto al risarcimento se ha optato per la procedura di liberazione tramite il custode e l’ex proprietario ha rispettato i termini ragionevoli concessi da quest’ultimo. Il diritto al risarcimento sorge solo in caso di provata occupazione illegittima (sine titulo), che in questo scenario non si concretizza.

Quali sono le opzioni per l’acquirente per ottenere il rilascio dell’immobile?
L’acquirente ha due opzioni principali: può chiedere al giudice dell’esecuzione di incaricare il custode giudiziario di gestire la liberazione (secondo l’art. 560 c.p.c.), oppure può agire in autonomia utilizzando il decreto di trasferimento come titolo esecutivo per avviare un’esecuzione forzata di rilascio tramite un ufficiale giudiziario (secondo gli artt. 605 e ss. c.p.c.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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