Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14396 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 14396 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10001/2022 R.G. proposto da COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t., e QUESTURA COGNOME, in persona del AVV_NOTAIO p.t., rappresentati e difesi dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in RomaINDIRIZZO; -intimati – avverso l’ordinanza del Giudice di pace di AVV_NOTAIO n. 6/22, depositata il 2 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza del 2 marzo 2022, il Giudice di pace di AVV_NOTAIO ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta da NOME COGNOME, cittadino della Nigeria, avverso l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale emesso il 12 novembre 2021 dal AVV_NOTAIO di AVV_NOTAIO, a seguito del rigetto della richiesta di proroga del trattenimento presso il CPR di Gradisca d’Isonzo avanzata dal medesimo AVV_NOTAIO.
A fondamento della decisione, il Giudice di pace ha osservato che l’ordine di allontanamento emesso a seguito del decreto di espulsione non è suscettibile di autonoma impugnazione, precisando che ciò non comporta una carenza di tutela giurisdizionale, dal momento che tale provvedimento non incide sulla libertà personale dell’espulso. Ha ritenuto comunque infondata l’opposizione, rilevando che l’art. 14, comma 5bis , del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 impone al AVV_NOTAIO d’impartire l’ordine di allontanamento ogni qualvolta non risultino possibili né l’accompagnamento alla frontiera né il trattenimento in un CPR.
Avverso la predetta ordinanza l’AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Il Ministero dell’interno e il AVV_NOTAIO hanno resistito mediante il deposito di un atto di costituzione, ai fini della partecipazione alla discussione orale.
Il ricorso, avviato alla trattazione in camera di consiglio, è stato rimesso alla pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria del 9 agosto 2023, in considerazione della peculiarità della fattispecie presa in esame dall’ordinanza impugnata, fonte di complesse questioni giuridiche, in ordine alle quali si è rilevata l’opportunità di consentire alle parti di svolgere compiutamente le loro difese, ed al Pubblico Ministero di formulare le proprie conclusioni.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 13, comma ottavo, del d.lgs. n. 286 del 1998, sostenendo che, nell’escludere l’impugnabilità dell’ordine di allontanamento, l’ordinanza impugnata non ha considerato che lo stesso era stato emesso a seguito del rigetto della richiesta di proroga del trattenimento, a sua volta disposto in esecuzione di un decreto di espulsione ormai superato, in quanto adottato in pendenza di una domanda di protezione internazionale. Premesso infatti di avere fatto ingresso per la prima volta in Italia il 22 luglio 2015 e di essere stato rimpatriato a seguito del rigetto di una precedente domanda di protezione, assume che, essendo rientrato in Italia ed avendo proposto una nuova domanda, la stessa era stata considerata come domanda reiterata, con la conseguente emissione del decreto di espulsione; aggiunge che in sede di proroga del trattenimento, il Giudice di pace aveva accolto la sua tesi difensiva, secondo cui la domanda doveva essere considerata come prima domanda, ai sensi dell’art. 19 del Regolamento UE n. 604/2013, ed aveva ritenuto pertanto illegittima l’espulsione. Rilevato quindi che l’ordine di allontanamento, oltre ad essere stato emanato in assenza di un decreto di espulsione, si poneva in contrasto con il giudicato formatosi in ordine alla regolarità del suo soggiorno in Italia, afferma che il provvedimento doveva ritenersi autonomamente impugnabile indipendentemente dal decreto di espulsione, in quanto idoneo ad incidere negativamente sulla sua sfera giuridica.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 19 del Regolamento UE n. 604/2013, censurando l’ordinanza impugnata per aver ritenuto infondata l’opposizione, senza considerare che, in quanto qualificabile come prima domanda, la nuova domanda di protezione internazionale era assoggettata alla disciplina dettata dagli artt. 7 e 35bis del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, in virtù della quale egli era autorizzato a rimanere sul territorio nazionale fino alla decisione della Commissione territoriale e, in caso di esito negativo, per tutta la durata del giudizio d’impugnazione. Ribadisce inoltre che l’ordine di allontanamento si poneva in contrasto con il giudicato formatosi in ordine alla regolarità del suo soggiorno sul
territorio nazionale, per effetto del rigetto della richiesta di proroga del trattenimento.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in subordine, la violazione degli artt. 14, comma 5bis , e 19 del d.lgs. n. 286 del 1998, insistendo sull’annullabilità dell’ordine di allontanamento, per difetto delle condizioni previste dall’art. 14, comma 5bis , cit. Sostiene infatti che il trattenimento non avrebbe potuto essere disposto, sussistendo una causa ostativa all’espulsione che lo rendeva illegittimo fin dall’origine.
Il primo motivo è infondato.
Correttamente l’ordinanza impugnata ha dichiarato inammissibile l’opposizione, richiamando il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il provvedimento con il quale il questore, ai sensi dell’art. 14, comma 5bis , del d.lgs. n. 286 del 1998, ordina allo straniero colpito da provvedimento prefettizio di espulsione di lasciare il territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entro cinque giorni, non è suscettibile di autonoma impugnazione davanti alla Autorità giudiziaria ordinaria con il procedimento previsto per l’opposizione all’espulsione, non essendo configurabile un nesso di strumentalità necessaria rispetto all’espulsione, e potendo i due provvedimenti essere adottati in tempi diversi, come accade nel caso in cui l’allontanamento sia ordinato a seguito della scadenza dei termini previsti per il trattenimento presso un centro di permanenza per i rimpatri (cfr. Cass., Sez. Un., 18/10/2005, n. 20121; Cass., Sez. VI, 10/01/2023, n. 413; Cass., Sez. I, 9/12/2004, n. 23009).
Lo stesso ricorrente ammette infatti di essere stato raggiunto, in epoca successiva al suo rientro in Italia, da uno o più decreti di espulsione, emessi il 19 agosto e il 16 settembre 2021 dal AVV_NOTAIO (e avverso i quali non ha neppure dedotto di aver proposto opposizione), in esecuzione di uno dei quali sarebbe stato disposto dapprima il suo trattenimento presso il CPR di Gradisca d’Isonzo e successivamente l’allontanamento dal territorio nazionale, ordinato a seguito dell’ordinanza del 12 novembre 2021, con cui il Giudice di pace di AVV_NOTAIO ha rigettato la richiesta di proroga del trattenimento. Non può quindi trovare applicazione, nella specie, il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ove l’ordine di allontanamento sia stato emesso in carenza di un precedente decreto di espulsione avverso il
quale l’interessato abbia potuto proporre ricorso, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 13, comma ottavo, del d.lgs. n. 286 del 1998 (nel testo sostituito dall’art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189, come modificato dal d.l. 14 settembre 2004, n. 241, convertito con modificazioni dalla legge 12 novembre 2004, n. 271, e, da ultimo, sostituito dall’articolo 34, comma diciannovesimo, lett. b ) del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150) impone di ritenere ammissibile l’opposizione dinanzi al Giudice di pace, risultando altrimenti lo straniero privato di qualsiasi tutela giurisdizionale, e quindi vulnerato nel suo diritto di difesa, in relazione ad un provvedimento che incide negativamente sulla sfera della sua libertà personale (cfr. Cass., Sez. VI, 7/03/2012, n. 3565).
In riferimento al caso in cui, come nella fattispecie in esame, l’allontanamento sia stato disposto in esecuzione di un decreto di espulsione, questa Corte, nell’escluderne l’autonoma impugnabilità, ha d’altronde precisato che ciò non comporta una carenza di tutela giurisdizionale, poiché da un lato tale provvedimento non incide sulla libertà personale dell’espulso (non ristretto presso un centro di permanenza temporanea, né sottoposto all’accompagnamento coattivo alla frontiera), e proprio per tale motivo non è soggetto agli strumenti giurisdizionali di controllo previsti per le misure restrittive (artt. 13, comma 5bis , e 14 del d.lgs. n. 286 del 1998), dall’altro il controllo sulla sussistenza dei presupposti necessari per l’emissione dell’ordine resta demandato al giudice penale nell’ambito del giudizio sull’imputazione ascritta al soggetto espulso, che si sia trattenuto senza giustificato motivo nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in violazione dell’ordine impartito dal questore (art. 14, comma 5ter , del d.lgs. n. 286 del 1998), potendo, in quella sede, l’Autorità giudiziaria disapplicare, ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, l’atto presupposto che sia stato adottato illegittimamente (cfr. Cass., Sez. I, 9/12/2004, n. 23009, cit.).
Il secondo ed il terzo motivo sono invece inammissibili, avendo ad oggetto considerazioni contenute nell’ordinanza impugnata che, in quanto attinenti alla fondatezza delle censure mosse all’ordine di allontanamento, devono ritenersi svolte soltanto ad abundantiam , essendo la decisione fondata
su un rilievo di carattere pregiudiziale, concernente l’impugnabilità del provvedimento, la cui portata assorbente precludeva l’esame del merito dell’opposizione.
Qualora infatti il giudice, dopo aver dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della potestas iudicandi , abbia ugualmente proceduto all’esame degli stessi nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione, e quindi prive di effetti giuridici, con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione della decisione (cfr. Cass., Sez. Un., 1/02/2021, n. 2155; Cass., Sez. III, 19/09/2022, n. 27388; Cass., Sez. I, 16/06/2020, n. 11675).
6. Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo al mancato svolgimento di attività difensiva da parte degl’intimati, costituitisi tardivamente ai soli fini della partecipazione alla discussione orale, alla quale non hanno poi preso parte.
Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione l’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 13/02/2024