Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12929 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 12929 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10930/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME rappresentat i e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 490/2022 depositata il 11/02/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2016 il Sindaco del Comune di Broni, quale autorità di pubblica sicurezza, notificava ai sigg.ri COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, al l.r. della società RAGIONE_SOCIALE, nonché ai sigg.ri COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME (in quanto ‘proprietari’ delle singole particelle formanti il sedime privato denominato INDIRIZZO e/o ‘aventi diritto di passaggio’ o diritti reali o personali di godimento sulla stessa via) l’ordinanza a tutela della salute pubblica con cui ordinava loro di provvedere, mediante idonea sovracopertura, alla esecuzione delle opere di ‘confinamento dello strato di sottofondo stradale contenente polverino di amianto’, stante anche l’imminente sopraggiungere della stagione invernale. Il Sindaco ordinava, altresì, che l’intervento venisse eseguito dai proprietari e/o aventi diritto di passaggio ‘in solido tra loro’.
L’ordinanza non veniva impugnata da alcuno dei destinatari dinanzi al Giudice Amministrativo.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, avendo eseguito i lavori di bonifica dell’intero sito da agenti inquinanti e provveduto al saldo integrale delle spese di appalto, convenivano in giudizio i sigg.ri
COGNOME, COGNOME NOME ed NOME, COGNOME NOME e NOME, COGNOME e COGNOME, nonché la società RAGIONE_SOCIALE per ottenere la condanna dei convenuti al rimborso pro quota delle spese sostenute per ottemperare alla vista ordinanza sindacale.
Il Tribunale di Pavia, con sentenza n. 1152/2019, rigettava la domanda proposta dalla COGNOME e dal COGNOME, escludendo la possibilità di invocare alcun diritto di regresso nei confronti di altri ipotetici condebitori, per le implementate misure di prevenzione di cui all’art. 242 D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente); respingeva, altresì, la riconvenzionale per danni dispiegata dai convenuti COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME; condannava gli attori alle spese, nella misura intera in favore dei convenuti COGNOME e per la metà in favore dei convenuti attori in riconvenzionale.
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 490/2022, in accoglimento dell’interposto gravame, riformava la pronunzia di primo grado e condannava gli appellati al rimborso pro quota delle somme spese per l’esecuzione dei lavori, in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
In particolare, il Giudice dell’appello riqualificava l’ordinanza del Sindaco come ‘contingibile ed urgente’, finalizzata a rinvenire ed eliminare le emergenze sanitarie che potevano minacciare la salute pubblica, e divenuta definitiva, perché mai impugnata dinanzi al G.A. Di poi, statuiva che i soggetti ingiunti dovessero procedere alla esecuzione dell’intervento in regime di solidarietà ex artt. 1292 ss. c.c.: sicché escludeva che gli appellati potessero legittimamente rifiutarsi di rimborsare l’importo anticipato dalla controparte per l’esecuzione dei lavori.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno impugnato per cassazione la sentenza d’appello con ricorso affidato a quattro motivi.
3.1. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
3.2. Tutte le parti hanno depositato memoria.
3.3. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
3.4. Con ordinanza interlocutoria n. 28771 del 07/11/2024, la trattazione della causa è stata rinviata ad udienza pubblica in ragione della particolare rilevanza delle questioni di diritto in materia ambientale e in materia di proprietà sottese al ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo si prospetta – ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 244, 245, 250 e 253 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, oltre che la totale disapplicazione dell’intera disciplina ex D.Lgs. n. 152/2006.
I ricorrenti assumono che la Corte territoriale avrebbe errato nella qualificazione giuridica dell’ordinanza da cui è sorta l’obbligazione adempiuta dagli odierni resistenti. Sostengono, di contro, che la stessa debba qualificarsi quale ordinanza emessa ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente) e non come ordinanza contingibile ed urgente prevista dal D.Lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.).
4.2. Con il secondo motivo si prospetta – ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 50 e 54 T.U.E.L., poiché la Corte meneghina avrebbe erroneamente ritenuto che le norme in questione potessero autorizzare il Sindaco ad incidere nei rapporti fra privati ed a costituire con un siffatto provvedimento obblighi reciproci fra i medesimi.
4.3. Con il terzo motivo si prospetta – ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1292 ss. c.c., in materia di nozione e disciplina delle obbligazioni solidali passive, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’ordinanza
emessa dal Sindaco fosse idonea fonte di un’obbligazione solidale a carico dei destinatari quanto alla sua esecuzione.
4.4. Con il quarto motivo si prospetta – ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, L. 20 marzo 1865 n. 2248, All. E e/o dell’art. 12 disp. prel. c.c. e/o di ogni altra norma di diritto in materia di interpretazione sistematica e/o costituzionalmente orientata.
Parte ricorrente lamenta, in sostanza, che la Corte di merito non avrebbe dato al provvedimento una interpretazione costituzionalmente orientata, né lo avrebbe disapplicato.
Il ricorso, nel suo complesso, non merita accoglimento.
5.1. In particolare, i motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto intimamente connessi, sono infondati.
Ed invero, vanno qualificate corrette le argomentazioni della Corte territoriale in punto di qualificazione dell’ordinanza sindacale e sussistenza di una obbligazione solidale tra i suoi destinatari.
5.2. Nel dettaglio, la questione sollevata dai ricorrenti riguarda l’idoneità dell’ordinanza sindacale a tutela della salute pubblica, emanata nei confronti dei proprietari e/o ‘aventi diritto di passaggio’ o diritti reali o personali di godimento, definita dalla Corte d’appello come ‘contingibile e urgente’ – oramai definitiva, poiché non impugnata dinanzi al giudice amministrativo -a costituire una obbligazione solidale per i destinatari e, di lì, un diritto di regresso in favore di chi abbia sostenuto le relative spese anche per i coobbligati, senza considerare – per di più – il ruolo di ognuno nella produzione della situazione di inquinamento cui ovviare.
A questa si ricollega anche l’ulteriore questione dell’idoneità dell’ordinanza appena descritta a costituire titolo, in favore di uno o più tra i suoi destinatari, per intervenire sulle proprietà facenti capo ad altri tra i destinatari medesimi, al fine di eseguire i lavori ordinati dal Comune.
Nel caso di specie, risulta – infatti – che due dei contitolari di diritti reali, a prescindere da ogni accertamento sulla loro responsabilità per l’inquinamento, cui era indirizzata l’ordinanza, abbiano eseguito i lavori di bonifica da agenti inquinanti dell’intero sito e provveduto al saldo integrale delle spese di appalto.
5.3. Per dare risposta a tali quesiti è opportuno, in via preliminare, prendere le mosse dalla precipua questione relativa alla qualificazione della ordinanza con la quale il Sindaco del Comune di Broni, quale autorità di pubblica sicurezza, rivolgendosi ai destinatari – sia collettivamente, sia facendo riferimento ai rispettivi titoli di proprietà (espressamente individuati nelle particelle costituenti il sedime privato) ovvero diritti di passaggio e/o diritti reali e personali di godimento -, ordinava loro di provvedere alle opere di bonifica da amianto e di messa in sicurezza della strada privata, in comune godimento, denominata ‘INDIRIZZO, ancorché soggetti non responsabili della detta contaminazione.
Segnatamente, la Corte milanese ha qualificato il detto provvedimento quale ordinanza contingibile ed urgente emessa dal Sindaco ai sensi degli artt. 50, comma 5, e 54, comma 4, D.Lgs. n. 267/2000 (a pag. 8 della sentenza impugnata).
A tal riguardo, occorre rammentare, in via generale, che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, le ordinanze contingibili e urgenti di cui agli artt. 50 e 54 T.U.E.L. costituiscono provvedimenti atipici, derogatori del principio di legalità-tipicità, che possono essere adottati allorquando gli ordinari poteri conferiti dalla legge risultino inadeguati (‘contingibilità’) per ovviare ad una situazione di imminente pericolo, imprevedibile e transeunte, da fronteggiarsi prontamente (‘urgenza’) attraverso un intervento non rinviabile. Trattasi, dunque, di atti connotati dalla intrinseca provvisorietà e dalla temporaneità dei relativi effetti, da valutarsi secondo un criterio di proporzionalità e adeguatezza (cfr.
Consiglio di Stato, Sentenza n. 774/2017; Consiglio di Stato, Sentenza n. 3369/2016).
L’esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente risulta perciò condizionato dalla sussistenza di un pericolo concreto, che imponga di provvedere in via d’urgenza, con strumenti extra ordinem , per far fronte ad emergenze sanitarie o porre rimedio a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, non fronteggiabili con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento (v. Corte cost., Sentenza n. 115/2011; Consiglio di Stato, Sentenza n. 3001/2014; Consiglio di Stato, Sentenza n. 533/2015; Consiglio di Stato, Sentenza n. 4474/2020; Consiglio di Stato, Sentenza n. 344/2021; Consiglio di Stato, Sentenza n. 1375/2021). Di talché, in linea teorica, tale strumento non può essere adottato ogni qual volta si sia in presenza di poteri tipici previsti dalle norme vigenti già idonei a far fronte al tipo di situazione verificatasi in concreto.
A fronte di tali premesse di carattere generale, non sono però mancate, in giurisprudenza, ulteriori indicazioni, conferenti la specifica materia ambientale, relative – in particolare all’uso dei diversi strumenti di intervento amministrativo predisposti dall’ordinamento.
Infatti, è bensì vero che, con riferimento alla messa in sicurezza, alla bonifica e al ripristino ambientale in situazioni di inquinamento, il D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente) disciplina, agli artt. 244 ss., un iter procedimentale ad hoc, prevedendo altrettanti strumenti di carattere ordinario (a differenza dell’ordinanza contingibile ed urgente prevista dal T.U.E.L.) che l’Amministrazione può all’uopo adottare; nondimeno, è appena il caso di osservare che, in ordine alla specifica materia dei rifiuti e dell’inquinamento ambientale, i Giudici amministrativi (v., di recente, Consiglio di Stato, Parere n. 489/2024), definendo i rapporti tra potere di ordinanza contingibile ed urgente e disciplina contenuta nel D.Lgs.
n. 152/2006, hanno chiarito che l’amministrazione può intervenire non solo con l’esercizio dei poteri tipici previsti dal Codice dell’ambiente, ma anche, in presenza di una situazione che si renda pericolosa per la salute pubblica, con ordinanze contingibili e urgenti, imponendo l’immediata rimozione del materiale o l’adozione di altre misure emergenziali.
Aggiungasi che, in tal caso, poiché il potere esercitato non è quello tipico previsto dall’art. 192 D.Lgs. n. 152/2006, il Comune non è assoggettato agli oneri motivazionali, istruttori e procedimentali ivi previsti e può ordinare l’intervento al proprietario dell’area senza il ricorrere dei presupposti (accertata responsabilità a titolo di dolo o di colpa) indicati dalla suddetta norma (in tal senso, anche Consiglio di Stato, Sentenza n. 3316/2019), pur essendo comunque necessaria una idonea e sostenuta motivazione in ordine ai presupposti dell’esercizio del potere di ordinanza di cui all’art. 54 T.U.E.L. (del resto, conformemente a quanto accade per ogni altro caso di provvedimento extra ordinem ).
L’esercizio del potere di ordinanza ex artt. 50 e 54 T.U.E.L. è, quindi, derogatorio alla disciplina di settore di cui al D.Lgs. n. 152/2006 e, segnatamente, al prescritto iter procedimentale.
Quest’ultimo, di converso, risulta condizione imprescindibile per il corretto intervento in subiecta materia e per il conseguimento del rimborso da parte della P.A. che abbia, in ipotesi, provveduto ai lavori d’ufficio.
In tal senso depone l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, già affermato con riferimento alla previgente disciplina in materia ambientale, dalla Sentenza n. 41436 del 23/12/2021.
In tale occasione, infatti, questa Corte ha rilevato che, con riguardo alle attività di messa in sicurezza e di bonifica ambientale di siti inquinati, realizzate dagli enti locali in surroga del responsabile dell’inquinamento -ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. n. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999 (ratione temporis applicabili nel caso allora
sottoposto all’attenzione del Supremo Collegio, con norme sostanzialmente trasposte poi nella successiva disciplina del codice dell’ambiente), nonché delle eventuali leggi regionali di disciplina della materia la possibilità per l’ente medesimo di procedere al recupero delle relative spese direttamente in via esecutiva nei confronti del responsabile, mediante iscrizione a ruolo delle corrispondenti somme, sussiste solo laddove sia stata posta in essere la procedura amministrativa prevista dal complesso normativo richiamato.
Tale conclusione dell’insorgenza del diritto alla ripetizione degli esborsi in esito al procedimento specificamente previsto dalla disciplina ambientale – non può, allora, valere per i casi in cui, anziché quelle previste dalla specifica disciplina tipica, siano adottate ordinanze contingibili e urgenti.
Orbene, dei suindicati principi ha fatto invero piena e corretta applicazione la Corte ambrosiana.
I Giudici d’appello, infatti, una volta verificati, nel caso concreto, i presupposti dell’esercizio del potere di cui agli artt. 50 e 54 T.U.E.L., seppure in via incidentale, hanno espresso un puntuale apprezzamento valutativo, al cui esito hanno qualificato l’ordinanza sindacale de qua come ‘contingibile e urgente’. Ciò in base all’assunto secondo il quale «he si tratti di ordinanza contingibile ed urgente, oltre che annunciato quale incipit dell’intestazione, è continuamente ripetuto nella motivazione (v. ad es. pagg. 8/10), unitamente ai presupposti che la legittimano, cioè una situazione anche ‘potenzialmente lesiva’, che comporta per il sindaco (del quale vengono parimenti elencati i poteri) il ‘dovere di attivarsi’. Il provvedimento non manca di enunciare e commentare il supporto normativo che ne costituisce il fondamento, vale a dire in primo luogo gli artt. 50.5 e 54.4 dlgs 267/2000 (senza che della stessa ordinanza venga mutata la natura, per effetto del suo richiamo testuale ad altre concorrenti e complementari fonti normative,
quale ad es. il dlgs 152/2006). Merita ancora notare come il provvedimento abbia dato atto altresì (pag. 10) della sua finalità di ‘prevenire ed eliminare le emergenze sanitarie che minacciano la salute pubblica’ e della sua natura di ‘rimedio giuridico straordinario, dagli effetti particolarmente incisivi e penetranti nella sfera riservata di libertà e proprietà dei privati’» (a pag. 8 della sentenza impugnata).
Tale valutazione va condivisa: infatti, è adeguatamente esplicitato nella motivazione del provvedimento amministrativo esaminato che quello era rivolto solo alla rimozione delle emergenze sanitarie che minacciavano la salute pubblica; e ben potendo, per quanto visto, emanare il Sindaco provvedimenti contingibili e urgenti pure in materia ambientale, ove ne ricorrano i presupposti.
5.4. Tanto premesso in ordine alla qualificazione dell’ordinanza sindacale, giova passare all’esame della seconda questione posta nel ricorso: segnatamente, quella della idoneità o meno dell’ordinanza ut supra descritta a costituire una obbligazione solidale in capo ai suoi destinatari e, di riflesso, un diritto di regresso in favore di chi, tra loro, abbia provveduto alla relativa attuazione per l’intero (ovvero facendosi carico anche delle quote di spettanza di altri obbligati), realizzando interventi su un bene di comune godimento, su cui però insistono contemporaneamente più diritti dominicali facenti capo ad altri tra i medesimi destinatari.
5.4.1. Più puntualmente, varrà premettere quanto è stato di recente sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa, in occasione dell’esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente ai sensi dell’art. 54 T.U.E.L. e – in special modo – in ordine agli effetti e alle modalità attuative dell’ordinanza.
Le medesime questioni di massima appena richiamate hanno infatti costituito oggetto di un recente arresto del Consiglio di Stato (Sez. 5, Sentenza n. 128/2025), che, pronunciandosi sulla legittimità di una ordinanza contingibile ed urgente che si rivolgeva ai destinatari
(sia collettivamente, sia facendo riferimento ai rispettivi titoli di proprietà), ha confermato, in linea di principio, quanto già affermato dal T.A.R. in ordine al vincolo di solidarietà («quando il Sindaco ordina ex art. 54 del d.lgs. 267/2000 determinati interventi contingibili ed urgenti a carico di più destinatari ed in relazione ad un bene o una fonte di pericolo che è comune a tutti, salvo che la natura dei luoghi o dell’intervento non lo esiga o non lo renda opportuno, non è tenuto ad indicare o prescrivere la suddivisione della misura in quote per ciascun destinatario, perché l’ordinanza costituisce in capo ai proprietari una obbligazione solidale, che, quindi, dovrà regolarsi secondo il titolo»: T.A.R. Lazio, Sentenza n. 16291/2022), salvo poi precisare che «nella fase esecutiva a carico dei destinatari tenuti alla prestazione nemmeno l’amministrazione comunale potrebbe imporre l’ingerenza di ciascuno dei privati proprietari nelle proprietà degli altri, fatto salvo l’eventuale intervento coattivo diretto dell’ente comunale (intervento che, come precisato dal tribunale, ‘può rivelarsi doveroso quando il pericolo non consenta l’indugio’). In tale ultima eventualità, peraltro, ogni questione di riparto dei costi o (nella peggiore delle ipotesi, anche) delle responsabilità esula del tutto dall’ottemperanza alle ordinanze contingibili e urgenti».
5.4.2. Epperò, fermo tale principio di carattere generale, si impone l’ulteriore precisazione per cui se, per un verso, è pacifica, per il tenore letterale del non impugnato provvedimento amministrativo, la sussistenza di un vincolo di solidarietà tra i destinatari dell’ordinanza nell’attuazione delle prescrizioni in essa previste, per altro verso, non può affatto prescindersi dalle peculiarità che connotano, al fondo, il caso di specie.
Ciò risulta evidente ove si consideri che, più correttamente, le doglianze mosse dagli odierni ricorrenti, relative proprio alle prescrizioni e alle modalità attuative contenute nell’ordinanza sindacale contingibile ed urgente (che, si ricordi, investiva ognuno
dei suoi destinatari del dovere di provvedere unitariamente sul bene e, quindi, anche sulle porzioni di quello di cui non fossero titolari esclusivi), avrebbero dovuto costituire dapprima oggetto di specifica censura tramite la (esclusiva) impugnazione del provvedimento dinanzi alla competente giurisdizione amministrativa; impugnazione che, per vero, nessuno dei destinatari ha mai promosso.
In tal guisa, allora, la mancata impugnazione dell’ordinanza dinanzi al T.A.R. assume una dirimente decisività, determinandone la definitività, stante il principio generale in forza del quale al destinatario del provvedimento amministrativo è rimessa la scelta alternativa di impugnarlo ovvero di darvi esecuzione.
Peraltro, neanche una sua eventuale disapplicazione da parte del giudice ordinario (della cui mancanza i ricorrenti si dolgono nel quarto motivo del ricorso) può predicarsi nel caso di specie, in ragione del consolidato orientamento di questa Corte ai sensi del quale il giudice ordinario può disapplicare l’atto amministrativo solo quando la valutazione della sua legittimità debba avvenire in via incidentale, ossia quando l’atto non assume rilievo come causa della lesione del diritto del privato, ma come mero antecedente; sicché, la questione della sua legittimità viene a prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico e non come principale. Se, infatti, l’atto integrasse una questione pregiudiziale in senso logico, la controversia non sarebbe più su diritti soggettivi ed il giudice ordinario sindacherebbe il potere amministrativo in via principale (v., ex multis , Sez. 3, Ordinanza n. 4362 del 19/02/2025; Sez. 3, Sentenza n. 32505 del 02/12/2019; Sez. U, Sentenza n. 28053 del 02/11/2018; Sez. U, Sentenza n. 2244 del 06/02/2015; Sez. 1, Sentenza n. 19659 del 13/09/2006).
Per converso, nel caso di specie tale provvedimento integra, al fondo, proprio uno dei fatti costitutivi del diritto al rimborso da parte degli odierni resistenti, non invece un mero elemento esterno
alla fattispecie dedotta in giudizio: tanto per l’appunto – osta ad una sua disapplicazione da parte del giudice ordinario.
Da ciò consegue, pertanto, che tale ordinanza è da ritenersi definitiva così come deliberata e notificata ai suoi destinatari, poiché mai impugnata.
Più puntualmente, come rilevato dalla Corte di merito, è al precipuo fine di ottemperare a tale ordinanza, ormai definitiva, che i sigg.ri COGNOME e COGNOME operando in regime di solidarietà – in linea con le prescrizioni sindacali, e con la consolidata giurisprudenza amministrativa – ed agendo in buona fede, dopo aver sollecitato invano l’esecuzione dei lavori da parte degli altri privati sulle rispettive proprietà o porzioni di proprietà, si sono attivati per la realizzazione dei lavori anche sulle aree di proprietà altrui su un sito di comune godimento per la bonifica dello stesso (e ciò, a più forte ragione, senza alcun divieto frapposto dagli interessati circa l’esecuzione di tali lavori, come puntualizzato dalla Corte di merito), per il preminente interesse alla rimozione del materiale tossico, a tutela della salute pubblica, anche al fine di non incorrere nelle sanzioni connesse alla mancata attuazione dell’ordinanza. Del resto, era proprio quest’ultima a prescrivere un intervento unico e complessivo da parte dei proprietari e/o aventi diritto di godimento
-indistintamente indicati -sulle aree inquinate, al fine di conseguire lo scopo della bonifica integrale dell’intero sito, nella misura in cui eventuali interventi esclusivi, che avrebbero interessato singole porzioni della strada privata, si sarebbero rivelati privi di alcuna utilità pratica.
In definitiva, le considerazioni che precedono dimostrano come la Corte ambrosiana abbia correttamente statuito che «gli appellati, conseguentemente privi di titolo alcuno legittimante il loro rifiuto, sono certamente tenuti in solido a rimborsare per quanto di ragione l’importo anticipato dalla controparte per le causali in commento» (a pag. 10 della sentenza impugnata).
Non attiene alla materia del contendere alcuna altra questione relativa alle conseguenze della non colpevolezza nella causazione della situazione inquinante.
A questo riguardo, infatti, ben può dirsi che, ove avesse avuto applicazione la disciplina del codice dell’ambiente, il proprietario non responsabile dell’inquinamento avrebbe dovuto sostenere le spese degli interventi di bonifica e di ripristino ambientale nei soli limiti del valore di mercato del sito da essi interessato (arg. ex art. 253, comma 4, cod. ambiente), configurandosi, per l’eccedenza tra tale somma e le spese concretamente e complessivamente sostenute per i detti lavori, un indebito arricchimento da parte del Comune (che altrimenti avrebbe dovuto provvedere d’ufficio alla realizzazione dei detti interventi come previsto dalla normativa di settore), in astratto legittimante – beninteso, ove ne ricorressero tutti gli altri presupposti – il medesimo proprietario incolpevole ad agire nei confronti di quest’ultimo ai sensi dell’art. 2041 c.c. per l’indebito arricchimento comunque conseguito, nei limiti della detta eccedenza.
Ma la verifica della possibilità di trasporre tale conclusione al regime della ripartizione delle spese in caso di interventi oggetto di provvedimenti diversi da quelli previsti dal codice dell’ambiente (e, in particolar modo, come nella specie, di ordinanze contingibili e urgenti), pure suscettibile di essere sorretta da evidenti esigenze di parità di trattamento nei rapporti tra privati e in quelli tra questi e la pubblica amministrazione, esula dall’oggetto dell’odierna controversia: la quale intercorre esclusivamente tra i privati destinatari del provvedimento contingibile e urgente.
Nella specie, infatti, l’identificazione di un obbligo di fare specifico e fungibile quale oggetto di un’ordinanza contingibile e urgente, legittimamente emessa pure in materia ambientale, avente ad oggetto una serie di interventi unitari e indivisibili su di un bene
soggetto anche a contitolarità di diritti e, soprattutto, non impugnata dinanzi al giudice amministrativo:
-da un lato, legittima l’intervento del singolo coobbligato solidale sul bene stesso, a prescindere dalla volontà degli altri coobbligati, per potere ottemperare all’ordinanza emessa nei confronti di tutti e adempiere quindi il dovere, adeguatamente sanzionato, posto a loro carico ex novo ed ex nihilo dal provvedimento dell’autorità;
-dall’altro lato, implica l’applicazione diretta della disciplina in tema di comunione in ordine alle spese erogate per il bene oggetto della contitolarità dei diritti: e, pertanto, esige la ripartizione delle spese, relative all’intervento unitariamente eseguito, con il recupero, a favore di chi le abbia sostenute nell’interesse di tutti, della quota di pertinenza di costoro.
E, nella specie, incentrata sulla contestazione dell’ an debeatur , non vi è adeguata censura neppure alla quantificazione di tale rimborso in capo a ciascuno dei convenuti.
Ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., essendo stato il ricorso esaminato e deciso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la Corte enuncia il principio di diritto che segue:
«I proprietari e/o titolari di diritto di godimento del sito inquinato, destinatari di ordinanza sindacale contingibile e urgente ex art. 54 D.Lgs. n. 267 del 2000, divenuta definitiva, perché mai impugnata, che ordini loro solidalmente di eseguire unitariamente le opere di messa in sicurezza e di bonifica dei luoghi, sono tenuti a dare corso alla esecuzione della detta ordinanza, in conformità alle prescrizioni e alle modalità attuative in essa contenute, ivi compreso il regime della solidarietà passiva; di talché, il debitore che abbia adempiuto per l’intero potrà agire nei confronti degli altri condebitori attraverso l’azione di regresso di cui all’art. 1299 c.c. in relazione alle quote spettanti a ciascuno».
Sulla base di tali premesse, rivelandosi corretta la conclusione cui è pervenuta la corte territoriale, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese del presente giudizio, in favore dei controricorrenti, liquidate in complessivi Euro 6.100,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza