LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ordinanza onorari avvocato: quando l’appello è escluso

Un avvocato otteneva un’ordinanza per il pagamento dei suoi onorari. Il cliente proponeva appello, che veniva accolto. La Corte di Cassazione ha però annullato la decisione d’appello, stabilendo che la prima ordinanza onorari avvocato non era appellabile, ma solo ricorribile in cassazione. La Corte ha applicato il principio dell’apparenza, secondo cui il mezzo di impugnazione si determina in base al rito implicitamente scelto dal primo giudice, in questo caso quello sommario speciale previsto per le parcelle legali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ordinanza onorari avvocato: quando l’appello è inammissibile

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di impugnazioni, specificando quando una ordinanza onorari avvocato non può essere contestata con l’appello, ma unicamente con ricorso per cassazione. La decisione si fonda sul cosiddetto “principio dell’apparenza”, un criterio che lega la scelta del rimedio processuale al rito effettivamente seguito dal giudice di primo grado, anche se in modo implicito.

Il caso: una controversia sugli onorari professionali

La vicenda ha origine dalla richiesta di un avvocato di ottenere il pagamento dei compensi professionali da un collega, suo cliente. Il Tribunale, decidendo con un’ordinanza emessa da un collegio di giudici, accoglieva la domanda e condannava il cliente al pagamento di oltre 8.500 euro.

Quest’ultimo, ritenendo di aver subito un torto, proponeva appello, lamentando vizi nella notifica dell’atto introduttivo del primo giudizio. La Corte d’Appello, contrariamente a quanto eccepito dal creditore, riteneva l’appello ammissibile e, nel merito, lo accoglieva, dichiarando la nullità del procedimento di primo grado. La motivazione della Corte territoriale si basava sul fatto che il Tribunale non avesse mai qualificato espressamente il procedimento come “rito sommario speciale”, rendendo così l’ordinanza finale appellabile.

L’impugnazione e la corretta interpretazione della Cassazione

Contro la sentenza d’appello, il primo avvocato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare ammissibile l’impugnazione. Secondo il ricorrente, la controversia, avendo ad oggetto onorari professionali, rientrava di diritto nel rito sommario speciale previsto dall’art. 14 del D.Lgs. 150/2011, la cui ordinanza conclusiva è, per legge, unicamente ricorribile per cassazione e non appellabile.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello senza rinvio. Gli Ermellini hanno chiarito che, per identificare il corretto mezzo di impugnazione, vale il principio dell’apparenza. Questo principio impone di guardare non tanto alla qualificazione giuridica che le parti hanno dato all’azione, ma alla forma del provvedimento e al rito che il giudice ha scelto di adottare, anche implicitamente.

Nel caso specifico, sebbene mancasse un provvedimento formale di mutamento del rito, la decisione del Tribunale di procedere in composizione collegiale (come previsto per il rito speciale) anziché monocratica, rappresentava una scelta implicita ma sufficientemente chiara di applicare le regole del rito sommario speciale. Di conseguenza, l’ordinanza emessa era da considerarsi inappellabile fin dall’origine. L’eventuale irregolarità procedimentale (come la mancata conversione esplicita del rito) costituisce un vizio del procedimento che si ripercuote sulla validità della decisione, ma che deve essere fatto valere con il mezzo di impugnazione corretto previsto per quel tipo di provvedimento, ovvero il ricorso per cassazione.

Le conclusioni

La Suprema Corte ha concluso che la Corte d’Appello non avrebbe mai dovuto esaminare il merito dell’impugnazione, ma dichiararla inammissibile. Avendo errato nella scelta del rimedio, l’appellante ha dato vita a un giudizio che non poteva essere proposto. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza d’appello senza rimandare la causa ad altro giudice, chiudendo definitivamente la questione e condannando la parte soccombente al pagamento di tutte le spese legali, sia del grado d’appello che del giudizio di legittimità.

Quando un’ordinanza che decide sugli onorari di un avvocato non è appellabile?
Secondo la sentenza, non è appellabile quando, in base al principio dell’apparenza, il giudice di primo grado ha implicitamente adottato il rito sommario speciale previsto dall’art. 14 del D.Lgs. 150/2011. In questo caso, l’unico rimedio esperibile è il ricorso per cassazione.

Cosa stabilisce il ‘principio dell’apparenza’ in materia di impugnazioni?
Stabilisce che il mezzo di impugnazione da utilizzare contro un provvedimento giudiziario si determina in base alla forma del provvedimento stesso e al rito che il giudice ha concretamente seguito, anche se la scelta del rito fosse errata o non esplicitata formalmente. L’obiettivo è tutelare l’affidamento delle parti.

Quali sono le conseguenze se si sceglie il rimedio sbagliato, come l’appello invece del ricorso per cassazione?
La conseguenza è l’inammissibilità dell’impugnazione. Come nel caso di specie, se si propone appello contro un’ordinanza che era solo ricorribile per cassazione, il giudice d’appello deve dichiarare l’impugnazione inammissibile. Se erroneamente la accoglie, la sentenza d’appello può essere cassata senza rinvio, con la condanna alle spese per aver avviato un giudizio non consentito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati