Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3032  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 995-2023 proposto da:
COGNOME  NOME,  elettivamente domiciliato in  INDIRIZZO  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME,  rappresentato  e  difeso  dall’avvocato  NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  1190/2022  della  CORTE  D’APPELLO  di PALERMO, depositata l’8/7/2022;lette le memorie del ricorrente;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO COGNOMEA DECISIONE
1. Il Tribunale di Palermo in composizione collegiale, con ordinanza  del  10  dicembre  2021,  decidendo  sul  ricorso  ex  art. 702bis  c.p.c.  proposto  dall’AVV_NOTAIO  nei  confronti dell’AVV_NOTAIO per il pagamento dei compensi professionali per attività svolta nell’interesse del convenuto, condannava quest’ultimo al pagamento della somma di € 8.572,33, a titolo di compensi professionali ed al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 2.000,00, oltre accessori di legge.
Con atto notificato in data 26 gennaio 2022, l’AVV_NOTAIO proponeva appello avverso la predetta ordinanza innanzi alla Corte d’Appello di Palermo, contestando la violazione delle norme disposte per la notifica degli atti in proprio da parte degli avvocati, per mancanza dei requisiti oggettivi previsti per la notifica dell’atto, e nel caso di specie: la mancanza del file oggetto di notifica costituito dal ricorso, dalla procura alle liti, dal decreto di fissazione di udienza digitalmente firmati. In particolare, lamentava di aver ricevuto notizia del procedimento di primo grado tramite EMAIL priva dei relativi allegati.
Si costituiva in appello l’AVV_NOTAIO, eccependo preliminarmente  l’inammissibilità dell’appello perché  notificato tardivamente e chiedendone il rigetto.
La Corte territoriale, con sentenza n. 1190 dell’8 luglio 2022, ha rigettato l’eccezione di inammissibilità e, in accoglimento dell’appello, ha dichiarato la nullità del giudizio di primo grado e dell’ordinanza  ex  art.  702 -bis  c.p.c.  del  Tribunale  di  Palermo, condannando parte appellata a rimborsare le spese di lite.
In  particolare,  per  quanto  rileva  in  questa  sede,  reputava  che  il Tribunale  non  avesse  espressamente  qualificato  il  procedimento introdotto come sommario speciale, così che l’ordinanza emessa risultava  appellabile  ex  art.  702  quater  c.p.c.,  non  potendosi trarre  elementi  decisivi  dalla  composizione  collegiale  dell’organo che l’aveva emessa.
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione dall’AVV_NOTAIO sulla base di due motivi.
AVV_NOTAIO resiste con controricorso.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 14 D. Lgs. n. 150/2011 e dell’art. 702 -quater c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per non aver la Corte territoriale accolto l’eccezione di inammissibilità dell’appello sull’errato assunto che il Tribunale abbia omesso di mutare il rito. In particolare, secondo il ricorrente, il giudice di primo grado avrebbe provveduto, nell’emanare il provvedimento di fissazione dell’udienza in qualità non di giudice unico, bensì di giudice delegato dal Tribunale in composizione collegiale, senza quindi procedere al mutamento del rito.
Il  secondo  motivo  di  ricorso  denuncia  la  violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.  per  aver  la  Corte  territoriale  condannato  il  ricorrente  al pagamento  delle  spese  processuali  in  dipendenza  dell’erroneo accoglimento dell’appello.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La  giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  più  volte  ribadito  che  in tema  di  controversie  per  onorari  ed  altre  spettanze  dovuti  dal cliente  al  proprio  difensore  per  prestazioni  giudiziali  civili,  onde individuare il regime impugnatorio del provvedimento – sentenza
od ordinanza – che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, sempre che la stessa sia frutto di una consapevole scelta da parte di costui (Cass. n. 26083/2021, che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta con ricorso per cassazione, anziché con l’appello, avverso l’ordinanza con la quale il tribunale, espressamente ritenendo la controversia sottratta al rito sommario speciale ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, aveva a propria volta dichiarato inammissibile l’opposizione spiegata con ricorso e non con citazione, per essere stato l’atto introduttivo notificato oltre il termine ex art. 641 c.p.c.).Cass. n. 4904/2019 ha altresì specificato che la qualificazione del giudice può ricavarsi non solo per effetto di un’esplicita affermazione, ma anche in maniera implicita, ravvisando tale scelta nel caso in cui la decisione era stata adottata con ordinanza monocratica in applicazione delle norme sul procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c., (conf. Cass. n. 263472019, che del pari ha inteso valorizzare ai fini della scelta implicita per le forme del sommario codicistico il fatto che la decisione era stata assunta con ordinanza monocratica).Vale al riguardo ribadire il principio dell’apparenza in virtù del quale: «L’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va infatti operata, a tutela dell’affidamento della parte, con riferimento esclusivo a quanto previsto dalla legge per le decisioni emesse secondo il rito in concreto adottato; principio, questo, che soddisfa le medesime esigenze salvaguardate da quello, cosiddetto dell’apparenza, in riferimento alla qualificazione dell’azione effettuata dal giudice (giusta o sbagliata che sia)»: Cass. n. 17646/2021; Cass. n. 23390/2020; Cass. n. 2948/2015; Cass. n. 20811/2010).
Poste  tali  coordinate,  ritiene  il  Collegio  che,  in  assenza  di  indici contrastanti di carattere formale, la scelta da parte del Tribunale di  assumere  la  decisione  in  composizione  collegiale,  nonostante l’iniziale  assegnazione  della  trattazione  del  procedimento  ad  un giudice  delegato,  deponga  in  maniera  sufficientemente  univoca per  una,  quanto  meno  implicita,  scelta  per  la  riconduzione  del procedimento alle regole del sommario speciale di cui al citato art. 14.
Il  contenuto del provvedimento presidenziale di designazione del giudice  che  era  incaricato  della  trattazione  non  permette  di rilevare una consapevole opzione per il rito sommario codicistico, essendo  rimasta  aperta  la  possibilità,  espressamente  richiamata nel decreto del 31/03/2021, che il delegato dovesse poi operare come longa manus del Collegio, ove avesse ravvisato il ricorrere delle  condizioni  per  l’applicazione  del  procedimento  sommario speciale.
Del pari privo di significatività e di univocità appare il provvedimento del giudice delegato con il quale ha disposto la comparizione delle parti, essendo il lemma ‘delega’ ivi utilizzato non univocamente riferibile alla nozione di designazione che l’art. 702 bis prevede per il giudice assegnatario del procedimento, prestandosi anche a sottintendere un richiamo alla figura del delegato all’assunzione dei mezzi istruttori come contemplato dal previgente art. 3 del D. Lgs. n. 150/2011.
E’ proprio la successiva rimessione della decisione al Tribunale in composizione  collegiale che  invece lascia  propendere  per  la soluzione  per  cui  deve  ritenersi  che  vi  sia  stata  una  implicita opzione  per  la  sottoposizione  del  procedimento  alle  norme  del sommario speciale, quanto meno per la fase decisionale, con la
conseguenza che la relativa ordinanza deve reputarsi inappellabile.
L’assenza di un provvedimento di mutamento del rito all’esito della prima udienza, come invece imposto dall’art. 4 del richiamato D. Lgs. n. 150/2011, ben potrebbe costituire una violazione dell’iter procedimentale del rito di cui all’art. 14, come appunto chiarito da Cass. n. 23783/2024, che ha ritenuto affetta da nullità l’ordinanza emessa all’esito di un tardivo mutamento del rito, come del pari potrebbe costituire causa di nullità la trattazione del procedimento da parte del giudice monocratico senza che la stessa sia stata affidata interamente al Collegio (cfr. Cass. n. 13856/2022), ma trattasi di invalidità del procedimento che si ripercuotono sulla validità della decisione, che vanno però fatte valere tramite il rimedio impugnatorio imposto in ragione del richiamato principio dell’apparenza.
Ne  consegue  che  l’ordinanza,  in  quanto  assunta  in  base  al  rito speciale sommario, non era appellabile ma unicamente ricorribile per cassazione.
L’accoglimento del motivo comporta pertanto la cassazione della sentenza gravata e, poiché il giudizio di appello non poteva essere proseguito, in ragione dell’erronea scelta del rimedio impugnatorio, ai sensi dell’art. 382 comma 3, deve procedersi alla cassazione  senza  rinvio  (cfr.  Cass.  n.  24047/2009;  Cass.  n. 16863/2017).
Le spese del presente giudizio e di quelle di appello seguono la soccombenza  e  si  liquidano  come  da  dispositivo,  restando  per l’effetto assorbito il secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e per l’effetto cassa senza  rinvio  la  sentenza  impugnata,  in  quanto  il  giudizio  di appello non poteva essere proposto;
condanna COGNOME NOME al rimborso in favore di COGNOME  NOME delle  spese  del  presente  giudizio  che  liquida  in  complessivi  € 1.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi ed accessori di legge, nonché delle spese del giudizio  di  appello  che  liquida  in  complessivi  €  3.232,00,  ,  oltre spese generali, pari al 15% sui compensi ed accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio del 24 gennaio 2025