Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14925 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14925 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
sul ricorso 8947/2021 proposto da:
COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso lla sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 100/2021 depositata il 12/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Fratelli COGNOME di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nonché i fideiussori della medesima, ricorrono a questa Corte per sentire cassare, sulla base di tre motivi di ricorso, ai quali si oppone l’intimata con controricorso, l’epigrafata sentenza della Corte di appello di Catania che, accogliendo il gravame del Credito Siciliano s.p.aRAGIONE_SOCIALE -ora Credito Valtellinese s.p.a. -ha riformato, per quel che qui ancora rileva, l’impugnata decisione di condanna in primo grado dell’appellante a ripetere in favore degli attori le somme da essa indebitamente incamerate in applicazione delle clausole nulle regolanti i sottostanti rapporti di conto.
La Corte territoriale ha motivato il proprio deliberato sull’assunto che, erroneamente, il primo giudice avesse accolto l’istanza di rimessione in termini degli attori onde dar loro modo di produrre la documentazione (nella specie gli estratti conto antecedenti al 1° luglio 1999) posta a base dell’impugnata decisione, nonostante l’avvenuta scadenza dei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ.; e ciò non potendo condividersene le ragioni (decesso del legale rappresentante della società e rinvenimento tardivo della documentazione), dato «che all’epoca della proposizione della domanda da parte della Fratelli COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, deceduto poco dopo, non era l’unico amministratore della società in quanto era amministrata anche da COGNOME NOMECOGNOME il quale aveva quindi, pieno accesso alla documentazione della società. A ciò si aggiunga, come evidenziato dalla banca, che le preclusioni istruttorie di cui all’articolo 183, comma
sesto, c.p.c. sono maturate in data 22.09.2010, quindi dopo un anno dall’assunzione in via esclusiva dell’amministrazione della società (in ragione del decesso dell’altro amministratore) da parte di NOMECOGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si deduce la nullità della sentenza opposta per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., in quanto essa sarebbe corredata di una motivazione solo apparente, non chiarendo le ragioni del proprio convincimento, posto, in particolare, che, contrariamente a quanto riferito circa la revoca chiesta dalla convenuta della pronunciata ordinanza di rimessione, «non vi sono prove delle contestazioni mosse in appello avverso l’ordinanza di rimessione in termini in quanto verten(ti) su circostanze nuove, mai dedotte in primo grado, di fatto non sono provate» -è infondato e va pertanto disatteso.
Sorvolando sulla genericità dell’allegazione, dato che i ricorrenti lasciano solo intendere che si voglia censurare il capo della decisione qui impugnata nella parte in cui ha dato atto dell’errore in cui era incorso il decidente di primo grado nel rimetterli i termini, essa non coglie in ogni caso nel segno.
Stando, per vero, alla contestazione di principio (vizio di motivazione apparente), vale qui rammentare che il vizio denunciato si rende configurabile solo allorché la sentenza non sia assistita da uno sviluppo argomentativo atto a renderne le palesi le ragioni che la coonestano ovvero quando dette ragioni siano indicate senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio ( ex plurimis , Cass., Sez. V-VI, 7/04/2017, n. 9105); tanto bastando per dire che la sentenza ha, come comprova la
pregressa narrativa di fatto, ampiamente ed esaustivamente assolto il proprio mandato di spiegare perché, fatti alla mano, la decisione del Tribunale sul punto fosse errata ed andasse perciò riformata.
Ove, invece, l’intenzione degli odierni ricorrenti, valorizzando la chiusa del motivo che si è riprodotta in extenso , fosse stata quella di censurare la decisione di appello per aver pronunciato in difformità del gravame ed, in particolare, per aver pronunciato nei riferiti termini quantunque nessuna istanza in tal senso fosse stata formulata dalla convenuta, nondimeno la censura potrebbe giudicarsi condivisibile.
La tesi ricorrente -che si esplicita più estesamente nel secondo motivo di ricorso, parimenti infondato, con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 177, 178 e 345 cod. proc. civ. perché, se il decidente avesse «attenzionato» gli atti di causa e i verbali di udienza, non avrebbe potuto affermare che la banca in più occasioni avesse chiesto che l’ordinanza di rimessione fosse revocata -è che la decisione d’appello sia immotivata o abbia pronunciato contra legem perché la revoca dell’ordinanza non sarebbe stata in realtà mai richiesta dalla banca. Ora, in disparte dal chiedersi se ciò corrisponda o meno al vero -la banca però lo smentisce -, insistendo in questo proponimento, i ricorrenti non vedono che la questione è stata esaminata dal giudice d’appello perché materia del primo motivo di appello, rispetto alla cui formulazione nessuna rilevanza può avere il fatto che l’ordinanza di rimessione in termini sia stata o meno contestata dalla controparte, vuoi perché le ordinanze istruttorie non hanno mai carattere decisorio con attitudine alla definitività e vuoi perché, quando la causa è rimessa al collegio per la decisione, nessuna preclusione, per come consta dall’art. 178, comma 1, cod. proc. civ., può derivare alla parte dal fatto di non aver contestato per tempo l’ordinanza da cui dissente.
Il terzo motivo di ricorso interloquisce sulle spese di lite, chiedendosi la cassazione della sentenza impugnata anche in parte qua alla luce della fondatezza dei pregressi motivi di impugnazione, disattesi i quali la condanna alle spese degli appellati non può che restare ferma.
In conclusione il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico di parte ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 5200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il