Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2261 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2261 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
R.G.N. 27101/2022
C.C. 24/10/2024
SANZIONI AMMINISTRATIVE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 27101/2022) proposto da:
AVV. COGNOME, rappresentato e difeso da se stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
U.T.G. di ROMA, in persona del Prefetto p.t.;
–
intimato – avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 5345/2022, pubblicata il 7 aprile 2022;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 24 ottobre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal ricorrente.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Roma , decidendo – con sentenza n. 5345/2022 -sull’appello proposto da COGNOME COGNOME avverso la pronuncia del Giudice di pace di Roma n. 14621/2020, lo rigettava, ravvisando l’infondatezza di tutti i motivi di gravame , sia con riguardo alla contestazione della legittimità dell’opposta ordinanza -ingiunzione emessa in ordine alla violazione di cui all’art. 7, comma 1 e 14, c.d.s. per mancata sottoscrizione da parte del Prefetto e carenza di
potere del vice-Prefetto, sia con riferimento alla confutazione della motivazione nel merito circa la ritenuta sussistenza dell’infrazione stessa.
L’avv. COGNOME ha impugnato per cassazione la suddetta sentenza di appello con ricorso affidato a due motivi.
L’intimato Prefetto non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il Consigliere delegato della Sezione, in persona del dr. NOME COGNOME ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. , ravvisando l’inammissibilità di entrambi i motivi formulati in applicazione dell’art. 360 -bis, n. 1), c.p.c.
Il citato avvocato ricorrente, con istanza dal medesimo sottoscritto quale difensore di se stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c., ha chiesto decidersi il ricorso in virtù del comma 2 dell’indicato art. 380-bis c.p.c.
Il giudizio è stato, conseguentemente, fissato per l’adunanza camerale nelle forme dell’art. 380 -bis.1. c.p.c. (per la composizione del cui collegio è stato tenuto presente il principio enunciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 9611/2024), in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – la violazione o falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 689/1981 e dell’art. 204 c.d.s., prospettando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto legittimamente adottata l’impugnata ordinanza -ingiunzione ancorché emessa da un Vice -Prefetto semplice totalmente privo del potere ad emettere siffatto provvedimento sanzionatorio in difetto del rilascio di apposita delega da parte del Prefetto che non risultava essere stata allegata.
In proposito, il ricorrente evidenzia come egli non fosse rimasto inerte processualmente, avendo, anzi, pur di assolvere all’onere probatorio negativo di dimostrare l’assenza di delega e l’assenza di sottoscrizione dell’ordinanza -ingiunzione opposta, espressamente richiesto più volte al giudice di emettere l’ordine di esibizione ex art.
213 c.p.c. sia della delega sia dell’originale dell’ordinanza -ingiunzione per verificarne la sottoscrizione.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce le medesime violazioni sotto altro profilo, ovvero lamentando l’illegittimità dell’impugnata pronuncia che, nonostante esso ricorrente avesse fin dal primo grado contestato espressamente la mancata produzione dell’originale dell’opposta ordinanza -ingiunzione e malgrado la Prefettura di Roma non avesse assolto al relativo onere, aveva ritenuto che l’ordinanza -ingiunzione dovesse considerarsi legittimamente adottata, essendo stata prodotta solo una copia dichiarata conforme all’originale anch’essa priva di sottoscrizione.
3. Rileva il collegio che il primo motivo si profila inammissibile per non aver colto la ‘ratio decidendi’ della sentenza impugnata e, comunque, per non aver tenuto conto di uno specifico accertamento compiuto dal giudice di appello (cfr. pag. 3 della sentenza stessa), il quale ha dato atto che era stato ‘documentato’ il decreto di conferimento dei poteri al Vice -Prefetto effettivamente e debitamente delegato all’emissione del provvedimento sanzionatorio amministrativo (v. Cass. n. 3904/2014), in persona del dr. NOME COGNOME ragion per cui non era necessario che il giudice di primo grado si avvalesse dell’ordine previsto dall’art. 213 c.p.c. o dei poteri istruttori d’ufficio contemplati dall’art. 6 del d. lgs. n. 150/2011, il cui relativo modello processuale è regolato dal rito del lavoro.
Del resto, la citata delega era stata indicata specificamente anche nell’ordinanza -ingiunzione oggetto di opposizione.
In ogni caso, ove l’attuale ricorrente – quale appellante – avesse voluto contestare la suddetta attestazione dell’avvenuta documentazione in giudizio della citata delega, avrebbe dovuto proporre domanda di revocazione dinanzi allo stesso giudice di appello in relazione al caso enucleato al n. 4) dell’art. 395 c.p.c.
4. Il secondo motivo si profila inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1) c.p.c. perché il Tribunale – senza che il ricorrente abbia offerto elementi per mutarlo – si è conformato all’univoco orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. n. 9394/1997, Cass. n. 11499/2005), in base alla quale, ove
l’ordinanza -ingiunzione sia stata redatta con sistemi meccanizzati, la sottoscrizione è legittimamente sostituita dall’indicazione di cui all’art. 3, comma 2, della legge n. 39/1993 e, qualora per la validità degli atti adottati sia prevista l’apposizione della firma autografa, quest’ultima è idoneamente surrogata dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile (nella specie proprio quello del Vice -Prefetto appositamente delegato).
In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Poiché l’intimato Prefetto non ha svolto attività difensive in questa sede, non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, così come non può -pur in presenza della conformità della decisione alla proposta di cui all’art. 380 -bis c.p.c. -disporsi la condanna prevista dall’art. 96, comma 3, c.p.c., mentre trova applicazione quella al pagamento della somma indicata al successivo comma dello stesso articolo 96, quantificata nella misura di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., della somma di euro 500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile