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Ordinanza 186 ter cpc: assorbita dalla sentenza finale

Una società si oppone a un decreto ingiuntivo per un importo errato. Il giudice, dopo aver emesso un’ordinanza 186 ter cpc per la somma non contestata, revoca entrambi i provvedimenti e condanna al pagamento del solo debito residuo, compensando le spese.

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Pubblicato il 10 aprile 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

L’Ordinanza 186 ter cpc: un provvedimento provvisorio assorbito dalla sentenza finale

Nel corso di una causa civile, può accadere che una parte del debito non sia contestata. In questi casi, la legge mette a disposizione del creditore uno strumento per ottenere un pagamento anticipato: l’ordinanza 186 ter cpc. Una recente sentenza del Tribunale di Trento chiarisce la natura e gli effetti di questo provvedimento, sottolineando come esso sia destinato a essere superato dalla decisione definitiva che conclude il giudizio. Il caso analizzato riguarda l’opposizione a un decreto ingiuntivo per il pagamento di una fattura, dove la società debitrice ammetteva di dovere solo una parte della somma richiesta.

I Fatti del Caso: da un’ingiunzione a un pagamento parziale

La vicenda ha inizio quando una società appaltatrice ottiene un decreto ingiuntivo di circa 14.700 euro nei confronti di una società committente per lavori di pavimentazione non saldati. La società committente, tuttavia, si oppone al decreto, sostenendo che l’importo fosse errato. Ammetteva di aver già versato un acconto di 9.000 euro e che il debito residuo ammontava a poco più di 5.700 euro, come peraltro richiesto in precedenza dalla stessa creditrice. Di fronte a questa ammissione, la società appaltatrice ha richiesto e ottenuto dal giudice un’ordinanza 186 ter cpc, che imponeva alla committente il pagamento immediato della somma non contestata di 5.700 euro, in attesa della conclusione della causa.

La Decisione del Tribunale e la natura dell’ordinanza 186 ter cpc

La causa è proseguita fino alla sentenza finale, che ha risolto la controversia in modo definitivo. Il Tribunale ha accolto parzialmente le ragioni di entrambe le parti, delineando con precisione il percorso logico-giuridico che governa questi casi.

La revoca del decreto ingiuntivo

In primo luogo, il giudice ha revocato il decreto ingiuntivo iniziale. Questo perché la richiesta originaria di 14.700 euro si è rivelata infondata, dato che la stessa parte creditrice ha ammesso l’avvenuto pagamento parziale. Il decreto ingiuntivo, basato su un presupposto di credito errato, non poteva quindi rimanere in piedi.

La natura provvisoria dell’ordinanza di pagamento

Il punto centrale della decisione riguarda la sorte dell’ordinanza 186 ter cpc. Il Tribunale ha chiarito che questo tipo di provvedimento non è autonomo né definitivo. La sua funzione è meramente anticipatoria e la sua esistenza è legata alla pendenza del giudizio. Con l’emissione della sentenza finale, che accerta e definisce l’intero rapporto tra le parti, l’ordinanza provvisoria viene revocata e completamente ‘assorbita’ dalla decisione conclusiva. Non si tratta di un’opposizione all’ordinanza stessa, ma del naturale esaurimento della sua funzione.

Le Motivazioni della Sentenza

Il Giudice ha fondato la sua decisione su un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U. nn. 1820/2007 e 22245/2006). L’ordinanza-ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c. è un provvedimento anticipatorio e provvisorio, destinato a essere sostituito o confermato dalla sentenza che definisce il merito della causa. Non acquista mai l’autorità di giudicato e non può sopravvivere alla decisione finale. Di conseguenza, il Tribunale ha revocato sia il decreto ingiuntivo iniziale (perché errato nell’importo) sia l’ordinanza provvisoria (perché superata), e ha condannato la società committente al pagamento della somma residua di 5.721,00 euro, che rappresentava il reale debito accertato in corso di causa. La reciproca parziale soccombenza – il creditore ha ottenuto meno di quanto inizialmente richiesto, e il debitore è stato comunque condannato a pagare – ha giustificato la compensazione integrale delle spese di giudizio.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

Questa sentenza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che opporsi a un decreto ingiuntivo per un importo parzialmente errato è una strategia valida, che può portare alla revoca del provvedimento. In secondo luogo, chiarisce che l’ottenimento di un’ordinanza 186 ter cpc non chiude la partita: è solo un acconto sul giudizio finale. La vera definizione dei diritti e degli obblighi avviene solo con la sentenza, che può confermare, modificare o revocare quanto stabilito in via provvisoria, regolando anche in modo definitivo le spese legali in base all’esito complessivo della lite.

Cosa succede a un decreto ingiuntivo se l’importo richiesto è parzialmente errato?
Il decreto ingiuntivo basato su una somma parzialmente errata viene revocato. La causa prosegue per accertare l’effettivo importo dovuto, che verrà poi stabilito nella sentenza finale.

L’ordinanza ex art. 186 ter cpc è un provvedimento definitivo?
No, non è definitiva. È un’ordinanza provvisoria che anticipa il pagamento di somme non contestate. La sua efficacia cessa con la sentenza finale, dalla quale viene assorbita o sostituita, e pertanto viene revocata.

Perché il giudice ha compensato le spese legali tra le parti?
Il giudice ha compensato le spese a causa della ‘reciproca parziale soccombenza’. Ciò significa che entrambe le parti hanno vinto e perso su alcuni punti: la società creditrice ha ottenuto il pagamento del debito residuo ma ha visto revocato il decreto ingiuntivo per l’importo maggiore, mentre la società debitrice è stata comunque condannata a pagare la somma non contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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