Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15575 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15575 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
Oggetto: Professioni.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11772/2018 R.G. proposto da Prof. Arch. COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, con procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) del foro di Napoli ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, con procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO del foro di Napoli ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , domiciliato in Napoli, INDIRIZZO;
-intimata- avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 4114/2017, pubblicata il 12 ottobre 2017 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
– il Prof. Arch. COGNOME NOME chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Napoli decreto ingiuntivo n. 7680/2011 per il pagamento della complessiva somma di euro 1.224.591,22 a titolo di compensi che assumeva maturati per avere espletato, per conto dell’RAGIONE_SOCIALE, l’incarico di supporto al Responsabile Unico del Procedimento per le opere ospedaliere finanziate ex art. 20 L.67/88 – 2° fase, decreto avverso il quale l’RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione;
-instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell’opposto, il Tribunale di Napoli, con ordinanza n. 4359 del 2014, adottata ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c. disponeva il pagamento della minor somma di euro 467.835,30, revocato il decreto ingiuntivo originariamente concesso e con separata ordinanza dichiarava estinto il giudizio;
sul gravame interposto da NOME COGNOMECOGNOME COGNOME Corte di Appello di Napoli, nella resistenza dell’RAGIONE_SOCIALE, r igettava l’appello e condanna va l’appellante al pagamento delle spese.
A sostegno della decisione il giudice del gravame riteneva che l’appello fosse inammissibile non avendo l’appellante interesse ad ottenere una pronuncia differente da quella impugnata nella quale era risultato totalmente vittorioso.
Infatti, dall’esame delle carte processuali del primo grado si rilevava che a seguito di istanza n. 4576/2017 del 12/10/2017 avanzata dal difensore dell’COGNOME dell’11 febbraio 2014 denominata “Riproposizione domanda ingiunzionale”, il giudice fissava la comparizione delle parti per l’udienza del 15 maggio 2014 nella quale veniva verbalizzato che il difensore dell’opposto espressamente si riportava all’istanza ingiunzionale notificata alla controparte e chiedeva “la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e/o concessione dell’ordinanza immediatamente esecutiva ex art. 186quater , bis ovvero ter c.p.c. per euro 467.835,30 come accertato nella CTU ovvero in via subordinata di euro 131.449, 25”, domanda che veniva accolta con l’ordinanza oggi impugnata dal giudice istruttore e rinviava all’udienza di precisazione delle conclusioni del 22 gennaio 2015, poi celebratasi il 18 giugno 2015; in quella sede il difensore dell’opposto si riportava ai precedenti scritti difensivi chiedendo l’accoglimento di tutte le conclusioni ivi formulate mentre il difensore dell’AORN chiedeva la cancellazione della causa da ruolo “stante la pendenza del grado di appello avverso l’ordinanza ex art. 186-quater c.p.c.” ed il Tribunale, considerato che parte intimata (AORN) non aveva manifestato la volontà che venisse pronunciata la sentenza ex art. 186 quater, comma 4, c.p.c. e che pertanto l’ordinanza aveva acquistato valore di sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza, dichiarava estinto il giudizio. Avverso l’ordinanza di estinzione non era stata proposta impugnazione ex art. 308, comma 1 c.p.c. e pertanto il procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo era da intendersi definitivamente concluso, per cui ogni altra valutazione estranea all’oggetto di cui all’ordinanza era inammissibile stante il disposto del comma 3 dell’art.186-quater c.p.c. a mente del quale se dopo la pronuncia dell’ordinanza, il processo si estingueva, l’ordinanza acquistava l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza, efficacia la cui sussistenza il comma 4 della norma in esame
rimetteva alla valutazione esclusiva della parte intimata che poteva e doveva entro trenta giorni chiedere che venisse pronunciata la sentenza eventualmente modificativa o annullativa dell’ordinanza emessa pena la acquiescenza alla stessa. Pertanto, stante la espressa richiesta, peraltro consacrata anche in un atto formale notificato alla controparte, con la quale il difensore dell’COGNOME chiedeva la condanna al pagamento della somma di euro 467.835,30 a chiusura dell’istruttoria e stante la espressa richiesta di parte intimata di cancellazione della causa dal ruolo (che, pur se impropriamente trattandosi di un’ipotesi di estinzione, costituiva esternazione della volontà di prestare acquiescenza all’ordinanza) l’appello proposto era inammissibile avendo il giudice istruttore accolto la richiesta e condannando l’opponente anche al pagamento delle spese della fase di opposizione;
-avverso la citata sentenza della Corte di appello di Napoli, proponeva ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base di tre motivi, cui ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE;
la Regione Campania è rimasta intimata;
-in prossimità dell’adunanza camerale la sola parte ricorrente ha curato il deposito di memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
Considerato che:
-con il primo motivo viene dedotta la violazione e la falsa applicazione di legge ai sensi dell’ art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 186 quater c.p.c.; 339 c.p.c., 100 c.p.c. e 24 e 25 Cost.
Nel dettaglio viene denunciata la violazione e la falsa applicazione del principio, ribadito anche in sede di legittimità, secondo cui “l’ordinanza che pronuncia su alcuni capi della domanda produce gli effetti di una sentenza definitiva sull’intero oggetto della domanda se è fatta rinuncia alla sentenza con la conseguenza che le parti possono
impugnarla in ragione del loro interesse ad una diversa pronuncia ed, ove la impugnino, il giudice dell’impugnazione che ne sia richiesto deve pronunciare anche sui capi della domanda in relazione ai quali è mancata la pronuncia.
Con il secondo motivo il ricorrente evidenzia la nullità della sentenza per violazione del fondamentale principio della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato e omessa pronuncia ai sensi dell’ art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c.
Viene dedotto che la Corte partenopea è senz’altro incorsa anche in macroscopici errores in procedendo per avere acriticamente assorbito nel proprio illegittimo ed aprioristico ragionamento, del tutto avulso dall’effettivo thema decidedum .
Quest’ultima, assumendo che l’odierno ricorrente, avendo ottenuto l’intero importo richiesto con l’istanza anticipatoria di condanna, sarebbe per ciò risultato “totalmente vittorioso” ha, di fatto, fondato la declaratoria di inammissibilità dell’appello completamente omettendo di pronunciarsi e anche solo di esaminare le reali domande dell’odierno ricorrente che, infatti, lungi dall’avere impugnato l’ordinanza/sentenza nella parte a lui favorevole (vale a dire per la parte attinente la condanna dell’intimata al pagamento della somma di euro 467.835,30) aveva, ovviamente, censurato invece proprio e solo quelle parti a lui sfavorevoli. Difatti con l’appello ha richiesto il pagamento anche dell’ulteriore importo di euro 756.755,92, che il Tribunale, con l’impugnato provvedimento, aveva ritenuto non essergli dovuto.
Con il terzo ed ultimo motivo si censura la sentenza anche per vizio di motivazione, avendo la Corte a quo immotivatamente disatteso tutte le argomentazioni difensive esposte dal deducente proprio a fondamento del suo irrefutabile diritto ed interesse all’impugnativa, nonché fondato, comunque, il proprio convincimento su argomentazioni a tal punto illogiche e contraddittorie da risultare oggettivamente non comprensibili.
I tre motivi -che vanno esaminati unitariamente vertendo sulla medesima questione della nullità della sentenza -sono fondati.
Giova ricordare che l’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. è una forma alternativa di decisione del giudizio di primo grado che statuisce su tutta la domanda proposta e quindi non soltanto sul punto sul quale il giudice ritenga raggiunta la prova ma anche sui punti sui quali, non ritenendo raggiunta la prova, rigetti le domande o, in ipotesi, non si pronunci affatto, implicitamente rigettando le domande.
Nel caso di specie, con l’ordinanza adottata, il Tribunale ha definito tutto il giudizio di primo grado, accogliendo la domanda del professionista limitatamente all’importo di euro 467.835,30, nella sostanza implicitamente rigettando la richiesta del maggiore importo di euro 1.224.591,22, con la conseguenza che per far valere il maggiore credito per euro 756.755,92 l’originario attore era gravato dall’onere di impugnarla per evitare che la statuizione passasse in giudicato. Non avrebbe invece potuto legittimamente chiedere la prosecuzione del giudizio di primo grado né il giudice di primo avrebbe dovuto proseguire il giudizio e definirlo con sentenza, essendosi già esso concluso con l’adozione dell’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., che ha prodotto gli effetti di una sentenza definitiva sull’intero oggetto del giudizio, pur avendo pronunciato solo su alcune domande o capi della domanda, non essendo stata richiesta dalla parte intimata -l’unica legittimata a chiederla – la pronuncia della sentenza (così già Cass. n. 30097 del 2020).
Dunque, correttamente l’COGNOME, che si è ritenuto insoddisfatto dall’ordinanza del giudice di prime cure, ha impugnato il provvedimento in ragione del suo interesse a una diversa pronuncia, ed il giudice di secondo grado avrebbe potuto provvedere sui capi della domanda per i quali era mancata una decisione di merito. Del resto, il provvedimento richiesto dall’opposto era ‘di provvisoria esecuzione del decreto opposto ovvero di pronuncia ai sensi dell’art. 186 quater o bis oppure ter c.p.c. ‘, quindi non poteva ritenersi essere
totalmente vittorioso, per avere il Tribunale ritenuto raggiunta la prova del credito solo nei limiti accertati dal c.t.u. e la richiesta attorea, almeno quanto alla somma di euro 467.835,30, non costituiva certamente manifestazione di volontà di prestare acquiescenza ovvero rinunciare al maggiore credito preteso. L’ordinanza ex art. 186quater c.p.c. che pronuncia solo su alcuni capi della domanda, se è fatta rinuncia alla sentenza, o se, successivamente alle modifiche introdotta dalla legge n. 263 del 2005, la parte intimata non fa richiesta di una pronuncia, produce gli effetti di una sentenza definitiva sull’intero oggetto del giudizio, con la conseguenza che le parti possono impugnarla in ragione del loro interesse a una diversa pronuncia e il giudice di secondo grado, se richiesto, deve provvedere anche sui capi della domanda in relazione ai quali è mancata una decisione di merito mediante il provvedimento anticipatorio (cfr. ex multis Cass. n. 10097 del 2020; Cass. n. 20693 del 2016; Cass. n. 23313 del 2007; Cass. n. 2079 del 2002).
Il Tribunale, semplicemente, non poteva pronunciare la sentenza in quanto la lite era stata definita mediante l’ordinanza post-istruttoria, spogliandosi della potestà decisionale sull’intero giudizio.
In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che dovrà pronunciarsi sul merito dell’appello proposto dall’COGNOME.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P . Q . M .
La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile in