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Orario di lavoro: onere della prova e prescrizione

Un lavoratore, assunto con contratto part-time, ha dimostrato in tribunale di aver costantemente svolto un orario di lavoro a tempo pieno. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda, chiarendo i principi sull’onere della prova per le ore di lavoro supplementare. Inoltre, ha confermato che la prescrizione dei crediti salariali si sospende in presenza di tutele di stabilità reale del posto di lavoro, correggendo il riferimento normativo dalla corte d’appello (Legge Fornero anziché Jobs Act) ma confermando la decisione nel merito.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Orario di Lavoro: Onere della Prova e Prescrizione secondo la Cassazione

L’ordinanza in esame affronta temi cruciali nel diritto del lavoro, in particolare la questione dell’orario di lavoro effettivo rispetto a quello contrattuale e le relative conseguenze su differenze retributive e prescrizione. La Corte di Cassazione chiarisce come si distribuisce l’onere della prova e quali tutele sospendono il decorrere dei termini per far valere i propri crediti, offrendo spunti fondamentali per lavoratori e datori di lavoro.

I Fatti di Causa: Il Lavoro Part-Time che Nascondeva un Full-Time

Il caso nasce dalla domanda di un lavoratore, formalmente assunto con un contratto a tempo parziale di 24 ore settimanali, che sosteneva di aver in realtà sempre lavorato per un orario molto più esteso. Nello specifico, l’attività lavorativa si svolgeva per sei giorni a settimana, dalle 13:30 alle 23:30, con una sola ora di pausa. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, condannando la società datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive maturate. La decisione dei giudici di merito si è fondata principalmente sulle prove testimoniali, che hanno confermato l’orario di lavoro effettivo.

I Motivi del Ricorso: L’Azienda Contesta l’Orario di Lavoro

La società ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su cinque motivi principali. In primo luogo, ha lamentato un’errata valutazione delle prove e una violazione delle regole sull’onere della prova, sostenendo che fosse stato ingiustamente posto a suo carico il compito di dimostrare l’orario osservato. In secondo luogo, ha contestato la mancata prova rigorosa del lavoro straordinario. Con il terzo e quarto motivo, ha denunciato un vizio di ultrapetizione (la condanna sarebbe andata oltre la richiesta) e l’errata applicazione delle norme sulla prescrizione. Infine, ha lamentato l’omessa pronuncia su un punto ritenuto decisivo.

La Decisione della Cassazione sull’Onere della Prova

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili o ha respinto tutti i motivi del ricorso. Per quanto riguarda l’onere della prova, ha ribadito un principio consolidato: la valutazione delle prove testimoniali è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, se non per vizi logici o giuridici che in questo caso non sono stati riscontrati.

La Prova dell’Orario di Lavoro Effettivo

La Corte ha chiarito che la violazione dell’art. 2697 c.c. (onere della prova) si configura solo quando il giudice individua erroneamente la parte su cui grava tale onere, non quando si limita a valutare il materiale probatorio acquisito. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano accertato i fatti basandosi sulle testimonianze, concludendo che l’orario di lavoro fosse costantemente quello indicato dal lavoratore. Di fronte a una prestazione lavorativa giornaliera ripetuta in modo uniforme per tutto il periodo, la Corte ha ritenuto che non fosse necessaria una prova dettagliata e rigorosa per ogni singola ora di straordinario.

Il Principio di Autosufficienza del Ricorso

Molti dei motivi del ricorso sono stati dichiarati inammissibili per violazione del principio di autosufficienza. La società ricorrente, infatti, non aveva trascritto nel proprio atto le parti dei documenti processuali (come la domanda iniziale del lavoratore) necessarie a comprendere le censure. Questo principio impone che il ricorso per Cassazione debba contenere tutti gli elementi per essere deciso, senza che la Corte debba cercare altrove le informazioni.

La Correzione sulla Prescrizione e l’Impatto della Legge Fornero

Particolarmente interessante è la decisione sul quarto motivo, relativo alla prescrizione dei crediti retributivi. La Corte d’Appello aveva escluso la prescrizione basandosi sul D.Lgs. 23/2015 (Jobs Act). La Cassazione ha rilevato l’errore, poiché il rapporto di lavoro era iniziato nel 2012, quindi prima dell’entrata in vigore di tale normativa. Tuttavia, ha corretto la motivazione senza annullare la decisione.

La Suprema Corte ha spiegato che al rapporto di lavoro si applicava la Legge n. 92/2012 (Riforma Fornero), entrata in vigore il 18 luglio 2012. Tale legge ha introdotto un regime di tutela reale che garantisce una stabilità al rapporto di lavoro. Secondo la giurisprudenza consolidata, la prescrizione quinquennale dei crediti di lavoro non decorre (o è sospesa) quando il lavoratore è protetto da un regime di stabilità che lo tutela da un licenziamento ritorsivo. Poiché il rapporto era iniziato il 4 aprile 2012, al momento dell’entrata in vigore della Legge Fornero non era ancora decorso alcun termine di prescrizione significativo.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine del processo civile e del diritto del lavoro. La decisione riafferma la netta distinzione tra il giudizio di fatto, riservato ai tribunali di merito, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione, che si limita a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. La reiezione dei motivi basati sulla valutazione delle prove è una diretta conseguenza di questo principio. Inoltre, la Corte ha sottolineato l’importanza del rispetto delle regole procedurali, come l’autosufficienza del ricorso, la cui violazione porta all’inammissibilità delle censure. La correzione della motivazione in tema di prescrizione dimostra il potere della Corte di confermare una decisione giusta nel risultato, pur modificandone il percorso giuridico, garantendo così l’esatta osservanza della legge.

le conclusioni

L’ordinanza offre due importanti conclusioni pratiche. La prima è che, in una causa per differenze retributive, se un lavoratore riesce a provare, anche tramite testimoni, di aver seguito un orario di lavoro costante e superiore a quello contrattuale, l’onere di dimostrare il contrario ricade sul datore di lavoro. La seconda conclusione riguarda la prescrizione: i crediti retributivi sono protetti dalla sospensione della prescrizione finché il rapporto è assistito da un regime di stabilità reale, come quello introdotto dalla Legge Fornero del 2012. Ciò significa che i lavoratori assunti in quel periodo hanno avuto più tempo per rivendicare i propri diritti economici senza temere di perderli per il decorso del tempo.

Chi deve provare l’orario di lavoro effettivo in una causa per differenze retributive?
Spetta al lavoratore fornire gli elementi di prova, come le testimonianze, che dimostrino l’orario di lavoro effettivamente svolto. Se la prestazione si è ripetuta in modo costante e uniforme, non è necessaria una dimostrazione analitica e rigorosa di ogni singola ora di lavoro supplementare.

Quando si sospende la prescrizione per i crediti di lavoro?
La prescrizione quinquennale per i crediti retributivi è sospesa e non decorre durante il rapporto di lavoro se questo è assistito da un regime di stabilità reale che tutela il lavoratore da licenziamenti illegittimi. Secondo la sentenza, tale stabilità era garantita dalla Legge n. 92/2012 (Riforma Fornero) per i rapporti sorti prima del Jobs Act.

Cosa significa che un motivo di ricorso in Cassazione è “inammissibile” per difetto di autosufficienza?
Significa che la parte che ha presentato il ricorso non ha incluso nell’atto tutti gli elementi necessari (ad esempio, la trascrizione delle parti rilevanti degli atti dei gradi precedenti) per permettere alla Corte Suprema di valutare la fondatezza della censura senza dover consultare documenti esterni al ricorso stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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