Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17686 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17686 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3604-2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2812/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/12/2020 R.G.N. 3077/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 3604/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 07/05/2025
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza in data 7 dicembre 2020 , la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ha riformato la decisione di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato a NOME COGNOME in data 12 ottobre 2015 e condannato la società all’immediata riassunzione della lavoratrice nel termine di tre giorni o, in subordine, al pagamento di n. 2,5 mensilit à dell’ultima retribuzione globale di fatto, condannando, altresì, la convenuta al pagamento di euro 17.076,89 a titolo di differenze retributive e, in caso di mancata riassunzione, di ulteriori euro 5.787, 57 a titolo di indennità di mancato preavviso e TFR.
In particolare, la Corte, integralmente rivedendo l’ iter decisorio del primo giudice, ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato in presenza di una grave violazione dei doveri di lealtà e correttezza che incombono sul lavoratore.
Con riguardo, poi, alle differenze retributive richieste, fondate sul presupposto dello svolgimento, da parte della lavoratrice, di un orario di lavoro differente rispetto a quello contrattualmente stabilito, la Corte ha escluso che fosse stata raggiunta la prova in giudizio di tale orario superiore rispetto a quello negoziato fra le parti.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso NOME COGNOME articolandolo in un solo motivo.
Resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso si censura la decisione impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. allegandosi l’omesso esame di un fatto decisivo fra le parti con riguardo all’orario di lavoro asseritamente svolto dalla ricorrente, la carenza assoluta di motivazione e motivazione apparente, sempre con riguardo alle risultanze probatorie acquisite.
Il motivo proposto è inammissibile: lo stesso, infatti, nella sostanza contesta l’accertamento operato dalla Corte territoriale in ordine all ‘orario di lavoro effettivamente seguito, criticando sotto vari profili la valutazione dalla Corte compiuta con doglianze intrise di circostanze fattuali.
Questa Corte ha affermato che, in caso di censura per motivazione mancante, apparente o perplessa, spetta al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. n. 13578 del 02/02/2020) e, d’altra parte, per aversi motivazione apparente occorre che la stessa, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (sul punto, fra le altre, Cass. n. 13248 del 30/06/2020).
Con riferimento alla dedotta omessa e contraddittoria motivazione, occorre rilevare, poi, che si verte nell’ambito di una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinarioin relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017).
Nella specie, in realtà, la Corte, con motivazione in fatto non implausibile, ha escluso che sussistesse l’accertamento in concreto circa l’orario di lavoro asseritamente svolto da parte ricorrente. Il giudice di secondo grado ha affermato, infatti, che nessuno fra i vari testimoni esaminati è stato in grado di confermare con certezza che l’effettivo orario di lavoro della ricorrente fosse, in realtà, superiore a quello indicato in contratto e tale valutazione deve ritenersi sottratta al sindacato di legittimità.
Deve concludersi che parte ricorrente, nel formulare le proprie censure mediante ricorso per cassazione, non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 co. 1 nn.3 e 5 e, cioè, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l ‘ apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 34476 del 2021).
Alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo;
S ussistono i presupposti processuali per il versamento, dalla parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 7 maggio 2025.
La Presidente
NOME COGNOME