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Orario di lavoro autista: la sosta non è lavoro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4358/2024, ha stabilito che il tempo di sosta di un conducente di linea tra una corsa e l’altra non rientra nell’orario di lavoro autista se il lavoratore non ha obblighi di custodia del mezzo o di reperibilità. Di conseguenza, è stata respinta la richiesta di un dipendente part-time di trasformare il suo contratto in tempo pieno e di ottenere differenze retributive, poiché le ore di sosta non potevano essere computate come lavoro effettivo.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

L’Orario di Lavoro dell’Autista: La Sosta non è Lavoro se c’è Libertà

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4358/2024) ha fornito un chiarimento cruciale sulla definizione di orario di lavoro autista, stabilendo che i tempi di sosta tra le corse non sono da considerarsi lavoro effettivo se il dipendente è libero da vincoli. Questa decisione ha importanti implicazioni per i lavoratori del settore dei trasporti e per le aziende, delineando con precisione i confini tra tempo a disposizione del datore di lavoro e tempo libero del lavoratore.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un conducente di linea con contratto part-time, il quale chiedeva la trasformazione del suo rapporto in tempo pieno e il pagamento di cospicue differenze retributive. Sosteneva che il suo orario di lavoro superava costantemente quello contrattuale, in quanto riteneva che anche il lungo periodo di sosta tra la corsa di andata e quella di ritorno dovesse essere computato come orario lavorativo.

Il lavoratore lamentava inoltre la violazione di norme del contratto collettivo nazionale e richiedeva un incentivo sulla produttività per la vendita di biglietti a bordo. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, ritenendo che durante la sosta l’autista fosse libero di allontanarsi dal mezzo e non avesse alcun obbligo di custodia o di reperibilità.

L’analisi sull’orario di lavoro autista e la sua qualificazione

Il nodo centrale della questione giuridica era stabilire se il tempo trascorso dall’autista nel parcheggio, in attesa di riprendere il servizio per la corsa di ritorno, dovesse essere qualificato come orario di lavoro autista effettivo. Il ricorrente invocava la normativa che considera lavoro il tempo in cui il personale è comandato a disposizione dell’azienda.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha confermato la decisione dei giudici di merito, basandosi sulle prove testimoniali emerse durante il processo. È stato accertato che, una volta parcheggiato l’autobus, il conducente era completamente libero di autodeterminarsi: poteva allontanarsi, non era soggetto ad alcun comando specifico, né aveva un obbligo di reperibilità. Era, in sostanza, libero di gestire quel tempo come meglio credeva, senza alcun potere di controllo da parte del datore di lavoro.

La Distinzione tra Tempo a Disposizione e Sosta Libera

I giudici hanno operato una distinzione fondamentale basata sulla Legge 138/1958. Hanno chiarito che non si poteva applicare la norma relativa al ‘tempo a disposizione’, poiché questa presuppone un vincolo, un comando o un obbligo per il lavoratore. Al contrario, la situazione del conducente rientrava nella fattispecie del ‘periodo di tempo che il lavoratore trascorre inoperoso fuori residenza’, senza altro obbligo se non quello (nemmeno presente in questo caso) della reperibilità. Tale tempo non è considerato lavoro effettivo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato tutti i motivi del ricorso con una motivazione dettagliata.

In primo luogo, ha ribadito che, sulla base degli accertamenti di fatto, l’orario complessivo svolto dal lavoratore, inclusi i tempi per attività accessorie, non superava le 24 ore settimanali pattuite. Di conseguenza, non sussistevano i presupposti né per la trasformazione del contratto in full-time né per il pagamento di differenze salariali per lavoro straordinario.

In secondo luogo, la richiesta di indennizzo per la violazione di un articolo del CCNL del 2015 è stata respinta perché tale contratto non era vigente al momento della stipula del rapporto di lavoro. L’accordo applicabile, quello del 2004, non prevedeva la conversione del contratto come sanzione per la violazione contestata.

Infine, anche la domanda relativa all’incentivo per la vendita di biglietti è stata giudicata infondata. Il ricorrente non aveva specificato l’accordo aziendale su cui si basava la sua pretesa, né aveva fornito prove concrete sul numero di biglietti venduti o sull’esistenza di una maggiorazione di prezzo. La richiesta è stata quindi ritenuta troppo generica e priva di adeguato supporto probatorio.

Le Conclusioni

La sentenza n. 4358/2024 rafforza un principio chiave nel diritto del lavoro del settore trasporti: la mera attesa tra due turni di servizio, se svincolata da qualsiasi obbligo di custodia, controllo o disponibilità immediata, non costituisce orario di lavoro. Per i lavoratori, ciò significa che per poter rivendicare la retribuzione di tali periodi è necessario dimostrare l’esistenza di un vincolo effettivo che limita la propria libertà personale. Per le aziende, sottolinea l’importanza di definire chiaramente nei contratti e negli accordi aziendali gli obblighi del personale durante le soste, al fine di evitare future controversie sulla qualificazione e retribuzione dell’orario di lavoro.

Quando il tempo di sosta tra due corse viene considerato orario di lavoro per un autista?
Il tempo di sosta è considerato orario di lavoro solo se il lavoratore è soggetto a vincoli specifici, come l’obbligo di custodia del veicolo, l’obbligo di rimanere a bordo, o un dovere di reperibilità che lo obbliga a essere pronto a riprendere servizio immediatamente. Se il lavoratore è libero di allontanarsi e gestire il proprio tempo, la sosta non è lavoro effettivo.

Un autista può ottenere la trasformazione del contratto da part-time a tempo pieno se le ore di sosta non vengono pagate?
No. Se le ore di sosta non sono qualificate come orario di lavoro effettivo e, di conseguenza, il totale delle ore lavorate non supera il limite contrattuale del part-time, non ci sono i presupposti per chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno o il pagamento di straordinari.

Per richiedere un incentivo sulla produttività, cosa deve dimostrare il lavoratore?
Il lavoratore deve dimostrare con precisione i presupposti della sua richiesta. Secondo la sentenza, deve indicare la fonte della sua pretesa (es. un accordo aziendale specifico), fornire prove concrete (es. il numero di biglietti venduti) e specificare i termini dell’incentivo (es. l’eventuale maggiorazione sul prezzo). Una richiesta generica, priva di questi elementi, viene respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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