Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27852 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 27852  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16400/2021 R.G., proposto da
NOME  COGNOME ;  rappresentato  e  difeso  da ll’AVV_NOTAIO,  in  virtù  di  procura  in  calce  al  ricorso;  con  domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME  COGNOME ;  rappresentato  e  difeso dall’AVV_NOTAIO,  in  virtù  di  procura  su  atto  separato;  con  domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 2946/2020 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 16 dicembre 2020; udìta la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
in  data  22  agosto  2017  NOME  COGNOME  intimò  a NOME lo sfratto per morosità, con contestuale citazione per la convalida dinanzi al Tribunale di Verona , dall’immobile che gli aveva concesso in locazione abitativa con contratto del 27 marzo 2015;
in  data  5  settembre  2017,  in  mancanza  di  comparizione  e  di opposizione dell’intimato,  il  Tribunale emise l’ordinanza  di  convalida dello sfratto e ordinò il rilascio dell’immobile;
in  data  11  novembre  2017,  iniziò  l’ esecuzione  forzata  con  la notifica all’intimato , da parte dell’ ufficiale giudiziario, del preavviso di cui all’art. 608 cod. proc. civ.;
in  data  22  novembre  2017  NOME  COGNOME  propose, av verso  l’ ordinanza di  convalida,  opposizione  ‘ successiva ‘,  ai  sensi dell’art. 668 cod. p roc. civ., sull’assunto di no n avere avuto tempestiva conoscenza dell’intimazione;
costituitosi  in  giudizio l’intimante,  dopo  alcuni rinvii  la  causa  fu decisa dal Tribunale di Verona con sentenza del 13 giugno 2019, con cui fu dichiarata la cessazione della materia del contendere per essere stato l’immobile rilasciato nelle more;
in applicazione della regola della soccombenza virtuale, rilevata la tardività dell’opposizione e ritenuto che essa fosse diretta ad ottenere la revoca dell ‘ordinanza di convalida di sfratto e non  solo la rideterminazione del can one dovuto, il Tribunale condannò l’ opponente
a  rimborsare all’ opposto  le  spese  del  giudizio,  quantificandole  sulla base del valore indeterminato della causa;
l’appello proposto avverso questa sentenza da NOME COGNOME  è  stato  rigettato  dalla  Corte  territoriale  di  Venezia,  con sentenza  16  dicembre  2020,  n.  2946,  sulla  base  delle  seguenti considerazioni:
Icorrettamente il giudice di primo grado aveva posto a base del giudizio di soccombenza virtuale dell’ opponente la tardività dell’ opposizione all’ordinanza di convalida di sfratto, per violazione del termine di dieci giorni dall’ inizio dell’e secuzione stabilito dall’art. 668, secondo comma, cod. proc. civ.; questo termine, infatti, diversamente da quanto reputato dall’appellante -in seguito alla sostituzione del primo comma dell’art. 608 cod. proc. civ., ad opera dell’art. 2, comma 3, lett. e) , n.37, del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 80/2005 -non decorre dal primo accesso dell’ ufficiale giudiziario sull’immobile da rilasciare, bensì dalla notifica del preavviso con cui lo stesso ufficiale giudiziario comu nica all’ esecutato il giorno e l’ora in cui procederà; preavviso che, nel caso di specie, era stato notificato il giorno 11 novembre 2017, con conseguente tardività del ricorso in opposizione all’ordinanza di convalida di sfratto, depositato solo il 22 novembre successivo;
IInon era stato provato l’assunto -posto a fondamento della deduzione di illegittimità dell’ordinanza di convalida emessa
in assenza dell’intimato, ex art. 663 cod. proc. civ., nonché dell’ opposizione proposta contro tale ordinanza, ai sensi dell’art. 668 cod. proc. civ., e della successiva richiesta di rimessione nei termini per proporla, avanzata in via subordinata con l’atto d’ appello -che l’ appellante non avesse avuto conoscenza dell’intimazione e non avesse ricevuto la contestuale citazione; tale assunto, anzi, da un lato risultava persino smentito all’esito del rituale perfezionamento della notifica dell’atto, evidenziata dall’ attestazione di compiuta giacenza formulata dall’ ufficiale giudiziario sulla relata; da ll’a ltro lato, « a fronte dell’attestazione dell’ ufficiale postale di avere inserito l’avviso in cassetta » (nonché della circostanza che risultava essere stata notificata per compiuta giacenza anche la comunicazione di cui all’ art. 660, ultimo comma, cod. proc. civ.), non era credibile che « plurime comunicazioni relative alla stessa vicenda state tutte ‘smarrite’ »;
IIIcorrettamente,  infine,  il  primo  giudice  aveva  ritenuto  la causa di valore indeterminato medio (peraltro, riducendo del 50% la liquidazione relativa alla fase decisoria), non essendo congruente, ai fini della determinazione del valore, il riferimento all’entità della morosità;
propone  ricorso  per  cassazione  NOME  COGNOME,  sulla base di cinque motivi;
risponde con controricorso NOME COGNOME;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale;
il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
con  il  primo  motivo  viene  denunciata  « Violazione  e  falsa applicazione  dell’art.  668,  secondo  comma,  c.p.c.  con  riferimento all’asserita intempestività dell’opposizione dopo la convalida, in relazione all’art. 360, comma 1, punti 3) e 5), c.p.c. »;
i l ricorrente censura la sentenza d’appello, di integrale conferma di quella di primo grado, sia nella parte in cui ha ritenuto tardiva l’opposizione proposta dall’intimato avverso l’ordinanza di convalida dello sfratto, per violazione del termine previsto dall’art. 668, secondo comma, cod. proc. civ.; sia nella parte in cui ha reputato comunque insussistenti ab initio i presupposti di esperibilità dell’ opposizione ‘ successiva ‘ di cui all’art. 668, primo comma, cod. proc. civ., ritenendo non provato (e anzi persino smentito) l’assunto che l’intimato non avesse avuto conoscenza dell’intimazione;
1.1. con la prima censura il ricorrente sostiene che la Corte territoriale non avrebbe considerato la circostanza -da lui asseritamente evidenziata nel secondo e n el terzo motivo d’ appello -che l’avviso di ‘sloggio’ di cui all’art.608 cod. proc. civ. era stato emesso sulla base di una ordinanza di rilascio illegittima e, in quanto affetto da invalidità derivata, avrebbe dovuto considerarsi improduttivo di ogni effetto, primo tra tutti quello di far decorrere il termine di dieci giorni per la proposizione dell’oppo si zione ‘ successiva ‘ all’ordinanza medesima, previsto dall’art. 668, secondo comma, cod. proc. civ.;
questa prima censura è manifestamente inammissibile;
1.1.a. in primo luogo, essa, in quanto tesa a denunciare l’omesso esame di una circostanza asseritamente decisiva (la circostanza relativa alla – dedotta inefficacia per invalidità derivata dell’avviso di ‘ sloggio ‘ per mancanza di effettiva conoscenza, da parte del ricorrente, dell’intimazione di sfratto ), oltre a non tener conto del fatto che il sindacato sulla validità di un atto processuale implica la soluzione di una questione giuridica e non il mero esame di un fatto storico, si infrange sulla regola (già posta d all’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , e ora dal ‘ nuovo ‘ art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n.149 del 2022) che esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza d ‘appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’); in proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. ‘doppia conforme’ in facto , sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c od. proc. civ., ha l’onere nella specie non assolto -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass.
18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994);
1.1.b. in  secondo  luogo,  la  censura  in  esame,  in  quanto  tesa  a denunciare la violazione della legge processuale, introduce in sede di legittimità una questione nuova, che non risulta essere stata sollevata nel giudizio di merito;
dalla sentenza impugnata risulta, infatti, che la questione della illegittimità della ordinanza di convalida di sfratto -per essere asseritamente stata emessa senza che NOME COGNOME avesse avuto conoscenza dell’intimazione -era stata sollevata specificamente in funzione dell’ accertamento della sussistenza dei presupposti dell’opposizione ‘ successiva ‘ alla convalida medesima, ai sensi dell’art.668, primo comma, cod. proc. civ. (nonché della richiesta subordinata di rimessione in termini per l’o pposizione), non anche ai diversi fini della posizione dell’u lteriore questione dell’invalidità derivata e della conseguente inefficacia del preavviso di ‘sloggio’, in funzione dell’accertamento della mancata decorrenza del termine di cui all’art.668, secondo comma, cod. proc. civ.; la tempestività del ricorso in opposizione -in quanto proposto nel termine di dieci giorni dall’ inizio dell’esecuzione -era stata infatti sostenuta dal ricorrente (allora appellante) non già sul presupposto che questo termine non fosse neppure iniziato a decorrere per inefficacia del decreto di ‘ sloggio ‘ , bensì sul diverso presupposto che il termine medesimo fosse iniziato a decorrere « dall’accesso dell’ufficiale giudiziario sul luogo, che costituisce il primo atto dell’esecuzione in forma specifica per il rilascio » (pag. 6 della sentenza impugnata);
il carattere di novità della questione relativa alla (asserita) invalidità derivata e alla conseguente inefficacia del preavviso di ‘sloggio’ ai fini della decorrenza del termine di cui all’art. 668, secondo comma, cod. proc. civ., trova poi conferma nella dedotta trascrizione (alle pagg.8-9 del ricorso) dei motivi d ‘ appello, asseritamente ripetitivi di quelli del ricorso in opposizione: sebbene il ricorrente affermi che con questi motivi (asseritamente, il secondo e il terzo) aveva censurato la decisione del Tribunale per avere fatto decorrere quel termine non ostante il carattere illegittimo e inefficace del preavviso di ‘sloggio’, dalla loro trascrizione in ricorso risulta, ben diversamente, che egli aveva invece argomentato solo sull’illegittimità dell’ordinanza di convalida (per essere stata emessa, in assenza dell ‘ intimato, senza che questi avesse avuto conoscenza della citazione), ai fini dell’accertamento della violazione del dovere giudiziale di ordinarne il rinnovo, ex art.663, primo comma, cod. proc. civ., e della conseguente sussistenza dei presupposti dell’opposizione ‘ successiva ‘, ex art. 668, primo comma, cod. proc. civ.;
il carattere di novità della questione relativa all’invalidità derivata dell’avviso di ‘sloggi o ‘ ne implica la manifesta inammissibilità;
invero, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d ‘ inammissibilità,  questioni  che  siano  già  comprese  nel  tema  del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione  non  trattati  nella  fase  di  merito  ( ex  multis ,  Cass. 30/03/2007, n.7981; Cass. 9/07/2013, n. 25319; Cass. 25/110/2017,
n. 25319; Cass. 13/08/2018, n. 20712; Cass. 29/02/2024, n. 5370; Cass. 1/07/2024, n. 18018);
1.1.c. giova peraltro puntualizzare, sia pure ad abundantiam , che, se la ragione di manifesta inammissibilità non ne avesse impedito la delibazione nel merito, la censura in esame sarebbe stata manifestamente infondata;
questa Corte ha infatti chiarito che in tema di opposizione tardiva alla convalida di sfratto ex art. 668 cod. proc. civ., il termine, previsto a pena di inammissibilità, di dieci giorni dall ‘ inizio dell ‘ esecuzione va fatto decorrere, nel caso di esecuzione per consegna o rilascio, dalla data della notifica del preavviso previsto dall ‘ art. 608 cod. proc. civ., il quale, a seguito delle modifiche apportate alla norma dalla legge n. 80 del 2005, costituisce l ‘ inizio dell ‘ esecuzione per rilascio e non, come nella formulazione antecedente, mero atto ad essa prodromico (v., recentemente, Cass. 16/06/2025, n. 16067);
il preavviso di ‘sloggio’, pertanto, fa decorrere il termine per la proposizione dell’opposizione dopo la convalida in quanto momento ini ziale dell’esecuzione (art.668, secondo comma, cod. proc. civ.), senza che assuma rilevanza , sotto tale profilo, l’eventuale illegittimità del provvedimento da eseguire, la quale è sindacabile proprio con il rimedio impugnatorio per il cui esperimento quello stesso termine è concesso; d’a ltra parte, se l’illegittimità della convalida in assenza dell’intimato (in quanto emessa senza che questi ne abbia avuto conoscenza per irregolarità della notificazione, caso fortuito o forza maggiore ) costituisce il presupposto dell’esperibilità dell’ opposizione ‘ successiva ‘ ( arg. ex art. 668, primo comma, cod. proc. civ.), sarebbe
irragionevole  ritenere  che  il  termine  per  proporre  tale  opposizione presupponga, al contrario, la legittimità dell’ordinanza medesima ;
1.2. Con la seconda doglianza articolata con il primo motivo -diretta a censurare la sentenza d’ appello nella parte in cui ha reputato legittima l’ordinanza di convalida emessa in assenza dell’intimato ex art.663 cod. proc. civ., e dunque insussistenti ab initio i presupposti di esperibilità dell’opposizione ‘ successiva ‘ di cui all’art. 668, primo comma, cod. proc. civ. -il ricorrente ribadisce che egli non aveva avuto effettiva conoscenza dell’intimazione di sfratto , sicché, invece di emettere l’ordinanza di convalida, il giudice adìto avrebbe dovuto ordinare il rinnovo della citazione; sostiene che questa circostanza sarebbe provata dall ‘attestazione di compiuta giacenza apposta dall’ufficiale giudiziario sulla relata di notifica dell’atto; p untualizza che tale mancata conoscenza sarebbe stata causata dall’indebito contegno della moglie del locatore, la quale, senza esservi autorizzata, in molteplici occasioni aveva prelevato le comunicazioni a lui destinate dalla cassetta postale; conclude che quest’ultima circostanza (che escludeva la possibilità di ritenerlo in colpa per il mancato rinvenimento degli avvisi di tentata notifica e che dunque integrava un’ ipotesi di caso fortuito ai sensi dell’art. 668, primo comma, cod. proc. civ. ), pur rappresentata nell’atto d’appello, non era stata presa in considerazione dalla Corte di merito, che si era limitata a ritenere non credibile lo ‘smarrimento’ delle comunicazioni;
1.2.a. anche la seconda censura articolata con il primo motivo è manifestamente inammissibile;
come si è veduto , l’assunto che l’appellante non avesse avuto conoscenza dell’intimazione e non avesse ricevuto la contestuale citazione (posto a fondamento della deduzione di illegittimità dell’ordinanza di convalida, dell’esperito rimedio dell’ opposizione ‘ successiva ‘ e della richiesta subordinata di rimessione in termini), lungi dall’essere stato provato dall ‘ opponente -gravato dal relativo onere ai sensi dell’art. 668, primo comma , cod. proc. civ. -, è stato ritenuto persino smentito dalla Corte d’ appello, la quale, per un verso, ha accertato la regolarità della notifica dell’atto, evidenziata dall’attestazione di compiuta giacenza formulata dall’ufficiale giudiziario sulla relata; per altro verso, « a fronte dell’attestazione dell’ufficiale postale di avere inserito l’avviso in casse tta » (nonché della circostanza che risultava essere stata notificata per compiuta giacenza anche la comunicazione di cui all’art. 660, ultimo comma, cod. proc. civ.), ha reputato non credibile che « plurime comunicazioni relative alla stessa vicenda state tutte ‘smarrite ‘» (pag.7 della sentenza impugnata); in tal senso, la Corte di merito ha escluso che fosse provato lo ‘smarrimento’ delle dette comunicazioni per causa non imputabile al destinatario (causa che può identificarsi, oltre che in un fatto naturale, anche nel fatto del terzo) e che quindi fosse stata data la prova del caso fortuito o della forza maggiore richiesta dall’art. 668, primo comma, cod. proc. civ. ai fini dell’esperibilità dell’opposizione successiva alla convalida ;
vertendosi  in  ipotesi  di  un  accertamento  di  merito  fondato  sulla motivata valutazione degli elementi probatori forniti dall’onerato, esso
non è sindacabile  in  sede  di  legittimità,  con  conseguente  manifesta inammissibilità della censura in esame;
con  il secondo  motivo  viene  denunciata  l’« illegittimità  per assenza di pronuncia sull’istanza di rimessione nei termini , in relazione all’art. 360, comma 1, punto 5 »;
il  ricorrente  lamenta  che  la Corte  d’appello  « non  abbia  dedotto alcunché in merito alla richiesta subordinata di rimessione in termini per proporre l’opp osizione dopo la convalida », fondata sulla deduzione della sua incolpevole inconsapevolezza dell’intimazione di sfratto;
2.1. anche questo motivo, in quanto veicolato ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., è inammissibile per la già evidenziata preclusione alla possibilità di formulare detta censura in relazione a fattispecie di doppia conformità tra le sentenze dei gradi di merito;
in ogni caso, la censura sarebbe manifestamente infondata poiché la Corte d’ appello ha espressamente dato atto che NOME COGNOME aveva formulato la richiesta subordinata di essere rimesso in termini per proporre opposizione (pag.6 della sentenza impugnata) e ha espresso il giudizio di legittimità dell’ordinanza di convalida (escludendo l a prova dell’asserita incolpevole mancata conoscenza dell’intimazione di sfratto ) anche ai fini del rigetto di tale richiesta subordinata (pag.7, 10° rigo, della sentenza impugnata);
con  il  terzo  motivo  viene  denunciata  « violazione  e  falsa applicazione  dell’art.447  bis  e  dell’art.  420  V  comma,  c.p.c.  con riferimento al mancato  accoglimento  delle  istanze  istruttorie,  in relazione all’art. 360, comma 1, punto 3) c.p.c. »;
il ricorrente lamenta che sia stato ritenuto « poco credibile » quanto da  lui  dedotto  in  ordine  alla  « mancata  conoscenza  degli  atti  del procedimento  di  sfratto »  (pag.15  del  ricorso),  senza  che  venissero ammesse le prove da lui richieste, in particolare quelle testimoniali;
3.1. anche questo motivo è manifestamente inammissibile, involgendo  il  giudizio  di  rilevanza  dei  mezzi  istruttori  richiesti  dalla parte ai fini della loro ammissione; giudizio che costituisce prerogativa esclusiva del giudice del merito (Cass. 6/11/2023, n.30810);
con  il  quarto  motivo  viene  denunciata  « violazione  e  falsa applicazione  degli  artt.  91  e  92  c.p.c.,  con  riferimento all’omesso esame della questione concernente la compensazione delle spese, in relazione all’art. 360, comma 1, punt i 3) e 5) c.p.c. »;
il ricorrente -ricordato che il giudice di primo grado, dichiarata la cessazione della materia del contendere, aveva fatto applicazione del principio della soccombenza virtuale, ponendo a suo carico le spese di lite, senza  verificare la sussistenza  dei presupposti  per  la loro compensazione -si  duole  che  la  Corte  d’ appello  abbia  omesso  di esaminare il motivo di gravame con cui, in relazione a tale statuizione, era stata da lui dedotta la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ.;
4.1. anche questo motivo è manifestamente inammissibile;
la  Corte territoriale ha  dato  atto che  l’appellante , oltre  ad impugnare  la  statuizione  sulle  spese  (per  essere  state  le  stesse quantificate  dal  giudice  di  primo  grado  sulla  base  della  erronea qualificazione della causa come di valore indeterminato), aveva anche chiesto che ne fosse disposta la compensazione (pag.6 della sentenza impugnata);
peraltro, nel reputare corretta la detta quantificazione, ha ritenuto, sia pur implicitamente, che il Tribunale avesse correttamente escluso la  compensazione,  facendo  corretta  applicazione  del  principio  della soccombenza virtuale;
la censura in esame, dunque, è manifestamente inammissibile sia perché non è configurabile, neppure alla stregua delle allegazioni del ricorrente, un’omessa pronuncia sui motivi d’ appello (vizio che avrebbe dovuto essere denunciato ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) sia, soprattutto, perché costituisce ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui la regola che deve guidare il giudice del merito nella regolazione delle spese processuali è quella fondata sulla soccombenza (art.91 cod. proc. civ.), mentre la compensazione, parziale o totale, al verificarsi delle ragioni previste dall’art.92, secondo comma, cod. proc. civ. (nella formulazione applicabile ratione temporis ), è riservata al prudente apprezzamento del giudice e trova quindi fondamento in un potere di natura discrezionale, il cui esercizio è di norma incensurabile in sede di legittimità e trova il suo unico limite nell’impossibilità di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 24/06/2003, n. 10009; Cass. 26/11/2020, n. 26912);
la compensazione delle spese non costituisce, dunque, oggetto di un diritto della parte ma integra una facoltà discrezionale del giudice di  merito,  il  quale  non  è  tenuto  a  dare  ragione  con  una  espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che  la  pronuncia  di  condanna  alle  spese,  anche  se  adottata  senza prendere in esame l ‘ eventualità di una compensazione, non può essere censurata  in  cassazione,  neppure  sotto  il  profilo  della  mancanza  di
motivazione (Cass., Sez. Un., 15/07/2005, n. 14989; Cass. 31/03/2006, n. 7607; Cas.26/04/2019, n. 11329);
non sussistendo, dunque, un diritto della parte (anche virtualmente)  soccombente ad ottenere la compensazione delle spese, non è sindacabile la statuizione del giudice di appello che -come nella fattispecie -abbia  confermato  la  statuizione  di  primo  grado  di condanna  della  parte  (virtualmente)  soccombente  al  rimborso  delle spese  sostenute  da  quella  vittoriosa  nel  grado  medesimo,  oltre  ad accertare il medesimo diritto con riguardo al grado d’appello ;
con  il  quinto  motivo  viene  denunciata  « violazione  e  falsa applicazione  de ll’art.5,  comma  1,  del  D.M.  10  marzo  2014,  n.55  e dell’art.  12  c.p.c.  con riferimento all’errata  individuazione del valore della causa in relazione all’art. 360, comma 1, punto 3), c.p.c . »;
il  ricorrente  censura  la  statuizione  con cui  la  Corte  d’ appello  ha reputato  corretta  la  quantificazione  delle  spese  operata  dal  primo giudice, sul presupposto che la causa avesse valore indeterminato;
sostiene che, esclusa nella fattispecie l’a pplicabilità dei criteri di cui all’art.  5  del  D .M.  n.  55/2014,  il  valore  della  causa  avrebbe  dovuto essere  determinato ai sensi dell’art.12 cod. proc. civ.,  facendo riferimento alla parte del rapporto in contestazione, ovverosia all’ammontare dei soli canoni maturati e non pagati fino alla domanda di risoluzione del contratto, pari ad Euro 778,59;
aggiunge che la circostanza che avverso l’intimazione fosse stata proposta opposizione non attribuiva alla causa valore indeterminabile, sia perché nessuna norma prevedrebbe, in tal caso, una eccezione alle
regole codicistiche, sia perché l’ opposizione avrebbe natura di mezzo di impugnazione;
5.1. anche il quinto motivo è inammissibile;
l’ accertamento del valore della causa ai fini della quantificazione delle spese è stato operato dal giudice del merito sulla base di corrette premesse in iure ;
questa Corte ha statuito che, ai fini della liquidazione delle spese di lite nel giudizio di impugnazione dell ‘ ordinanza di rilascio, adottata ex art.  665 cod. proc. civ., a seguito dell ‘ opposizione del conduttore, il valore della causa non è dato dall ‘ ammontare della morosità su cui si fonda l ‘ intimazione di sfratto, ma è costituito dal valore di quella parte del rapporto controverso tra le parti, ossia dal valore dei canoni scaduti e da scadere per tutta la rimanente durata della locazione ;
questo  principio  può  essere  applicato  anche  alla  fattispecie  in esame,  data  l’analogia  tra  l’ opposizione ‘ successiva ‘ ad  ordinanza emessa  in  assenza dell’intimato  (artt.  663  e  668  cod.  proc.  civ.)  e l’impugnazione dell’ordinanza emessa  a  seguito  di comparizione dell ‘intimato e  di  rigetto dell’ opposizione ‘preventiva’ con  eccezioni non fondate su prova scritta (art.665 cod. proc. civ.);
poiché il ricorrente non ha precisato se fosse stata specificamente dedotta,  ai  fini  delle  spese,  la  durata  originaria  della  locazione conclusasi con lo spontaneo rilascio del bene in data 1° agosto 2018, non è censurabile la statuizione del giudice del merito, il quale, ritenuto correttamente non  congruente, in funzione della determinazione del valore, il riferimento all’entità della morosità , ha reputato la causa di valore indeterminabile;
in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le  spese  del  giudizio  di  legittimità  seguono  la  soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
sussistono  inoltre i  presupposti  processuali  di  cui  all’art.  13, comma  1quater , del d.P.R. 30  maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Per Questi Motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio  di  legittimità,  che  liquida  in  Euro  5.500,00,  oltre  alle  spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
a norma dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art.  1,  comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari  a  quello  previsto  per  il  ricorso  a  norma  del  comma  1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 2 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME