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Opposizione tardiva decreto ingiuntivo: i limiti

Un consumatore ha presentato un’opposizione tardiva a un decreto ingiuntivo ottenuto da una società finanziaria, lamentando la presenza di clausole abusive nel contratto di finanziamento. Il Tribunale ha respinto l’opposizione, chiarendo che, secondo i principi della Cassazione (sent. 9479/2023), tale strumento è strettamente limitato alla valutazione dell’abusività delle clausole. Il giudice ha ritenuto che il consumatore non avesse adeguatamente dimostrato come le clausole contestate incidessero concretamente sulla pretesa creditoria, giudicando le sue allegazioni troppo generiche. Di conseguenza, l’opposizione è stata rigettata e il consumatore condannato al pagamento delle spese legali.

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Opposizione tardiva a decreto ingiuntivo: quando i motivi non bastano

L’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo rappresenta uno strumento cruciale per la tutela del consumatore, specialmente alla luce della storica sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 9479/2023. Tuttavia, una recente pronuncia del Tribunale di Torino ci ricorda che l’accesso a questo rimedio è soggetto a limiti rigorosi e richiede allegazioni specifiche e pertinenti. Il caso analizzato riguarda un finanziamento e dimostra come la semplice denuncia di clausole vessatorie, senza un’adeguata dimostrazione del loro impatto concreto, non sia sufficiente per ottenere la revoca di un’ingiunzione di pagamento.

I fatti del caso: un’opposizione basata su clausole abusive

Una società finanziaria otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un consumatore per il recupero di un credito di circa 37.500 euro, derivante da un prestito personale e una linea di credito. Sulla scia dei principi affermati dalla Corte di Cassazione, il consumatore proponeva un’opposizione tardiva, sostenendo che il contratto di finanziamento contenesse diverse clausole vessatorie.

In particolare, venivano contestate le clausole relative all’uso della carta di credito, alla garanzia a carico del coniuge, all’esclusione di alcuni costi dal calcolo del TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) e alla decadenza dal beneficio del termine. L’obiettivo del consumatore era ottenere la revoca del decreto ingiuntivo e l’accertamento di un importo inferiore dovuto.

La decisione del Tribunale: opposizione respinta

Il Tribunale di Torino ha rigettato integralmente l’opposizione presentata dal consumatore. Di conseguenza, ha confermato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’opponente al pagamento delle spese di lite in favore della società finanziaria, liquidate in oltre 5.000 euro. La decisione sottolinea che i motivi di opposizione devono essere non solo fondati in diritto, ma anche direttamente collegati alla pretesa creditoria azionata.

Le motivazioni

La motivazione della sentenza si articola su alcuni punti cardine che chiariscono i confini dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo per abusività delle clausole.

In primo luogo, il giudice ha ribadito che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, l’opposizione tardiva può avere come unico ed esclusivo oggetto l’accertamento dell’abusività delle clausole contrattuali che hanno incidenza sulla domanda del creditore. Per questo motivo, la contestazione relativa al calcolo del TAEG è stata ritenuta inammissibile, in quanto non attinente al profilo dell’abusività di una clausola contrattuale.

In secondo luogo, e questo è il punto centrale della decisione, il Tribunale ha ritenuto le altre contestazioni del tutto generiche. Il consumatore si era limitato a sostenere la vessatorietà di alcune clausole (relative alla cessione del credito o all’uso della carta) senza però spiegare quali concrete conseguenze avessero avuto sul rapporto e sulla pretesa azionata. Ad esempio, non ha specificato quali eccezioni avrebbe potuto opporre al creditore originario o in che modo la garanzia del coniuge (clausola n. 23) fosse rilevante nel suo caso specifico. In sostanza, mancava un nesso di causalità tra la presunta abusività e il danno lamentato.

Infine, sono stati respinti anche i motivi relativi alle penali per il ritardo nei pagamenti. Il giudice ha osservato che le penali non apparivano ‘manifestamente eccessive’ e, soprattutto, che l’opponente non aveva allegato in modo compiuto né il cumulo delle varie voci di costo né l’entità delle somme che gli sarebbero state addebitate a quel titolo. Inoltre, è stato decisivo il fatto che nel ricorso per decreto ingiuntivo la società finanziaria avesse richiesto il pagamento dei soli ‘interessi legali’ e non dei più onerosi interessi di mora previsti dal contratto.

Le conclusioni

Questa sentenza offre importanti implicazioni pratiche per chi intende avvalersi dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo. Non è sufficiente elencare le clausole che si ritengono abusive; è indispensabile argomentare in modo puntuale e specifico, dimostrando in che modo ciascuna clausola abbia inciso sull’importo richiesto dal creditore. Un’allegazione generica, teorica e slegata dalla realtà concreta del rapporto dedotto in giudizio è destinata all’insuccesso. La pronuncia del Tribunale di Torino funge da monito: la tutela del consumatore, seppur rafforzata dalla giurisprudenza di legittimità, richiede un onere di allegazione preciso e circostanziato, senza il quale il diritto rischia di rimanere inapplicato.

È sempre possibile fare un’opposizione tardiva a un decreto ingiuntivo per denunciare clausole abusive?
Sì, la sentenza conferma che, in linea con la pronuncia n. 9479/2023 delle Sezioni Unite della Cassazione, è possibile proporre un’opposizione tardiva. Tuttavia, l’oggetto di tale opposizione è limitato esclusivamente a far accertare l’eventuale abusività delle clausole contrattuali.

Basta affermare che una clausola è abusiva per ottenere la revoca del decreto ingiuntivo?
No. La decisione chiarisce che non è sufficiente una generica denuncia. Il debitore deve prospettare in modo specifico le conseguenze che l’abusività della clausola ha avuto sulla pretesa concreta fatta valere dal creditore. Senza questa dimostrazione, l’opposizione viene respinta.

Se il creditore chiede solo gli interessi legali, si possono contestare le clausole sugli interessi di mora?
Nel caso specifico, il Tribunale ha ritenuto irrilevante la contestazione sulle clausole relative agli interessi di mora e alle penali. Poiché la società finanziaria nel decreto ingiuntivo aveva richiesto il pagamento dei soli ‘interessi legali’, le clausole contrattuali su tassi di interesse più elevati non erano state applicate e, quindi, la loro eventuale abusività non incideva sull’importo richiesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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