Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26686 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26686 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 10127/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, subentrante nei rapporti di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), AGENTE DELLA RAGIONE_SOCIALE PER LA PROVINCIA DI PALERMO, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO per procura in atti.
-ricorrente –
contro
Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e del socio accomandatario COGNOME NOME (n. 171/2016 del Tribunale di Palermo), c.f. e p. iva P_IVA, in persona del curatore AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso nel presente procedimento, dall’AVV_NOTAIO.
–
contro
ricorrente –
avverso il decreto n. 181/2019 emesso il 27.12.2018 dal Tribunale di Palermo; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10.9.2025
dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 13 febbraio 2018, la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione allo stato passivo del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e del socio accomandatario COGNOME NOME, contestando i provvedimenti assunti dal giudice delegato in sede di verifica RAGIONE_SOCIALE domande. Più in particolare, l’impugnativa era diretta a contestare le determinazioni assunte dal g.d., avuto riguardo alle domande annotate ai numeri 28 e 29 del registro cronologico, che solo in parte erano state ammesse allo stato passivo. Tutti i crediti relativi ai contributi RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE erano stati, invece, rigettati poiché ritenuti prescritti.
Nella resistenza della curatela fallimentare, con ordinanza del 4.10.2018 il Tribunale di Palermo, dopo aver ‘rilevato che l’opponente ha proposto un’unica opposizione ex art. 98 L.F. avverso i provvedimenti assunti dal G.D. in sede di formazione dello stato passivo con riguardo alle istanze n. 28 e n. 29’, ha disposto la separazione dei ricorsi formulati con l’originario atto introduttivo.
Con il provvedimento qui impugnato il Tribunale di Palermo ha deciso il ricorso contraddistinto dal numero di RNUMERO_DOCUMENTO. 15080/2018 (e relativo alla domanda n. 29), rigettandolo. Più in particolate il Tribunale ha rilevato che non era stata dimostrata l ‘ esistenza di validi e tempestivi atti interruttivi dell ‘ eccepita prescrizione e che, anche laddove tale prova era stata fornita, dalla documentazione allegata non era ricavabile l’importo insinuato per le cartelle sorrette dalla prova dell ‘ interruzione della prescrizione.
Il decreto, pubblicato il 27.12.2018, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e del socio accomandatario COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato e del procedimento nel quale lo stesso era stato emesso per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
1.1 Secondo la ricorrente, infatti, avendo il curatore contestato, oltre alla prescrizione della maggior parte del credito, anche la carenza probatoria della domanda di insinuazione, avrebbe dovuto necessariamente essere disposta la partecipazione degli enti impositori titolari del diritto di credito (nella specie, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE).
1.2 Il motivo è infondato.
Sul punto giova ricordare che la giurisprudenza prevalente di questa Corte è ormai ferma nel ritenere che, in tema di riscossione dei contributi previdenziali mediante iscrizione a ruolo, deve escludersi la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra l’ente creditore ed il concessionario del servizio di riscossione qualora il giudizio sia promosso da quest’ultimo o nei confronti dello stesso, non assumendo a tal fine alcun rilievo che la domanda (proposta, nella specie, con l’opposizione allo stato passivo fallimentare) abbia ad oggetto, non la regolarità o la ritualità degli atti esecutivi, ma l’esistenza stessa del credito, posto che l’eventuale difetto del potere di agire o di resistere in ordine a tale accertamento comporta l’insorgenza solo di una questione di legittimazione, la cui soluzione non impone la partecipazione al giudizio dell’ente creditore. La chiamata in causa di quest’ultimo, prevista dall’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, dev’essere, pertanto, ricondotta all’art. 106 cod. proc. civ. ed è, come tale, rimessa alla esclusiva valutazione discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio non è censurabile né sindacabile in sede d’impugnazione (così, Sez. 1, Sentenza n. 9016 del 05/05/2016; v. anche: Sez. 1, Ordinanza n. 13929 del 22/05/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 24589 del 02/10/2019).
Con il secondo mezzo si deduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 97, 98, e 99 l. fall.
2.1 Sostiene RAGIONE_SOCIALE che il Tribunale di Palermo avrebbe ritenuto ‘erroneamente che andava proposta un’autonoma opposizione con riferimento a ciascuna domanda di insinuazione al passivo’ e conseguentemente avrebbe altrettanto erroneamente ‘disposto la separazione dei ricorsi decidendo con l’impugnata decisione … solo la domanda n. 29’ (con ciò implicitamente evidenziandosi un vizio di omessa pronuncia).
2.2 Il motivo è inammissibile.
Anche in relazione al secondo motivo occorre ricordare la giurisprudenza conforme espressa da questa Corte, secondo la quale ‘ i provvedimenti che decidono sulla riunione o separazione RAGIONE_SOCIALE cause sono atti processuali di carattere meramente preparatorio, privi di contenuto decisorio sulla competenza, ed insindacabili in sede di gravame, in quanto la valutazione dell’opportunità della trattazione congiunta RAGIONE_SOCIALE cause connesse è rimessa alla discrezionalità del giudice innanzi al quale i procedimenti pendono ‘ (così Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24496 del 18/11/2014; v. anche Cass. Sez. 1, ordinanza n. 28539 del 30/09/2022, nella quale, proprio in relazione al giudizio impugnatorio di cassazione, è stato affermato expressis verbis : ‘ In tema di connessione di cause, il provvedimento di riunione e di separazione, fondandosi su valutazioni di mera opportunità, costituisce esercizio del potere discrezionale del giudice e ha natura ordinatoria, essendo pertanto insuscettibile di impugnazione e insindacabile in sede di legittimità ‘ ).
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essersi il tribunale pronunciato su alcune RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento oggetto dell’opposizione . Più in particolare, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., che il Tribunale: (i) avrebbe erroneamente ritenuto che la statuizione su una serie di cartelle non fosse stata impugnata; (ii) avrebbe erroneamente tralasciato di considerare che per una serie di cartelle ammesse era stata fatta opposizione per domandare anche interessi di mora, aggio coattivo, spese tabellari e diritti di notifica; (iii) non si sarebbe pronunciato su tre cartelle.
3.1 Il motivo è inammissibile per un evidente difetto di autosufficienza nella formulazione RAGIONE_SOCIALE relative doglianze.
Sul punto è utile ricordare che, in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALEC. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (così, Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019).
Ciò ricordato, occorre evidenziare che, nel caso di specie, la ricorrente, nonostante la denuncia di un error in procedendo , non può ora pretendere una rilettura da parte di questa Corte dell’incarto processuale, senza aver prima indicato ove le questioni sopra ricordate e non considerate fossero state proposte ed indicate nei precedenti gradi di giudizio ed in particolar modo nei motivi di opposizione allo stato passivo.
Il quarto mezzo denuncia, infine, la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione alle previsioni di cui all’art. 87, comma 2, d.p.r. 602/73, art. 17 e 18 d. l.vo 46/99 e art. 93 l.f. per non avere correttamente valutato gli elementi probatori posti a sostegno della domanda ‘ . Contesta la ricorrente il provvedimento del Tribunale di Palermo nella parte in cui aveva sostanzialmente rilevato che anche la documentazione prodotta nel corso del giudizio di opposizione ex art. 98 l. fall. non valeva a superare la dichiarazione di prescrizione, oltre alla parte in cui si era preso atto della mancata impugnazione di parte RAGIONE_SOCIALE statuizioni del giudice delegato.
4.1 Anche l’ultimo motivo è all’evidenza inammissibile sia perché pretende un nuovo apprezzamento della quaestio facti , tramite la rilettura degli atti istruttori di matrice documentale, sia perché le censure neanche colgono a pieno la ratio decidendi su cui riposa il provvedimento qui impugnato. Il Tribunale aveva, infatti, affermato che non era stata fornita la prova degli atti interruttivi e che, anche laddove tale dimostrazione era stata fornita, non era
stata comunque indicata l’entità del credito del quale si reclamava l’ammissione al passivo. Ebbene, tale ultima ratio decidendi non è stata impugnata dalla ricorrente, così rendendo anche le ulteriori censure qui sollevate del tutto irrilevanti.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME