Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31783 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31783 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25882-2020 proposto da: COGNOME NOMECOGNOME in proprio;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO n. 7148/2020 del TRIBUNALE DI CATANIA, depositato il 21/8/2020;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 6/11/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il Tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l ‘ opposizione che NOME COGNOME aveva proposto avverso lo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE s.p.a., al quale era stato ammesso per la minor somma (rispetto a quella richiesta) di €. 208.956,01, oltre accessori, quali compensi maturati per le
prestazioni professionali che lo stesso, in qualità di avvocato, aveva svolto per conto della società poi fallita.
1.2. Il Tribunale, in particolare, dopo aver affermato l’inammissibilità della prova testimoniale richiesta dall’opponente in ragione della sua genericità ed irrilevanza nonché per la sua superfluità in quanto ‘ per la maggior parte, volta provare circostanze già accertate ‘, ha ritenuto che l’opposizione doveva essere rigettata e l’ammissione dell’opponente confermata per come risultante dal decreto di esecutività dello stato passivo.
1.3. NOME COGNOME c on ricorso notificato il 27/9/2020, ha chiesto, per un motivo, la cassazione del decreto.
1.4. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.5. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Il ricorrente, lamentando la violazione e l ‘ erronea applicazione degli artt. 134 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 98 e 99 l.fall., ha censurato il decreto impugnato deducendo: – a) innanzitutto, che l ‘ opposizione allo stato passivo, in violazione del principio costituzionale del giusto processo, è stata assegnata e decisa dalla stessa sezione del Tribunale di cui fa parte il giudice che si è pronunciato sulla domanda di ammissione proposta, con la conseguenza che, avendo il Tribunale difeso l ‘ operato del giudice dallo stesso delegato, è mancato il requisito del giudice terzo ed imparziale; – b) in secondo luogo, che l ‘ ordinanza impugnata ha una motivazione palesemente irrazionale ed illogica, non avendo il Tribunale considerato che i documenti prodotti in giudizio, come le fatture mensili e gli estratti autentici notarili delle scritture contabili per il periodo tra il 1999 e il 2016, dimostravano pienamente, con l ‘ indicazione del compenso ed il richiamo della convenzione e con
le allegate contabili bancarie, l ‘ esistenza della convenzione e dell ‘ importo del compenso pattuito; – c) in terzo luogo, che il Tribunale ha ritenuto la genericità dei capitoli di prova orale, laddove, al contrario, la loro semplice lettura, specie se valutati complessivamente, conferma che gli stessi non sono generici ma mirano a dimostrare che il professionista creditore ha svolto le attività professionali per le quali ha reclamato il compenso nonché a superare la prescrizione presuntiva per quelle domande che sono state rigettate; – d) in quarto luogo, che il Tribunale, pur a fronte della documentazione prodotta, ha erroneamente escluso che l ‘ opponente avesse fornito una prova scritta, opponibile al Fallimento, della convenzione e del compenso pattuito, della sua partecipazione alla redazione e alla stipula delle transazioni e dell ‘ interruzione della prescrizione presuntiva relativamente ai crediti non ammessi; – e) infine, che il Tribunale, nonostante le istanze proposte dall ‘ opponente, non ha consentito la discussione orale della causa né la concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali, laddove tali attività, sebbene non previste, non sono certo vietate.
2.2. Il motivo è inammissibile in tutte le censure che contiene: – la prima (sub a), perché non è sindacabile in cassazione il provvedimento con il quale il presidente del Tribunale assegna una causa, come l ‘ opposizione allo stato passivo, alla sezione che (come nella specie è rimasto incontestato) è sulla stessa tabellarmente competente, rilevando unicamente che del collegio chiamato a decidere sulla stessa non faccia parte il giudice (delegato) che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo (art. 98, comma 10°, l.fall.); d ‘ altra parte, perfino l ‘ incompatibilità del giudice delegato, che ha pronunciato il decreto di esecutività dello stato passivo, a far parte del collegio chiamato a decidere
sulla conseguente opposizione, non determina una nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto tale incompatibilità, salvi i casi di interesse proprio e diretto nella causa, può dar luogo soltanto all ‘ esercizio del potere di ricusazione, che la parte interessata ha l ‘ onere di far valere, in caso di mancata astensione, nelle forme e nei termini di cui all ‘ art. 52 c.p.c., ponendosi tale interpretazione in coerenza con il principio del giusto processo espresso dall ‘ art. 111, comma 2° Cost. che trova nell ‘ art. 6, par. 1, della Convenzione Edu il suo fondamento (Cass. n. 10492 del 2019); in difetto di ricusazione, infatti, la violazione del dovere del giudice d ‘ imparzialità (come nel caso dell ‘ inadempimento da parte dello stesso all ‘ obbligo di astenersi) non è deducibile in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza dal medesimo emessa, posto che l ‘ art. 111 Cost., nel fissare i principi fondamentali del giusto processo (tra i quali, appunto, l ‘ imparzialità e terzietà del giudice), ha demandato al legislatore ordinario di dettarne la disciplina e, in considerazione della peculiarità del processo civile, fondato sull ‘ impulso paritario delle parti, non è arbitraria la scelta del legislatore di garantire, nell ‘ ipotesi anzidetta, l ‘ imparzialità e terzietà del giudice tramite gli istituti dell ‘ astensione e della ricusazione (cfr. Cass. n. 21094 del 2017; Cass. n. 25083 del 2023); – le altre censure (sub b, c e d), perché la valutazione delle prove raccolte costituisce un ‘ attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni circa la ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, se non per il vizio, nel caso in esame neppure dedotto con la dovuta specificità, consistito, come stabilito dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nell ‘ avere il giudice di merito, in sede di accertamento della fattispecie concreta, del tutto omesso l ‘ esame di uno o più fatti
storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti per contro dal testo della sentenza o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell ‘ eccezione dalla stessa proposta; d ‘ altra parte, il giudizio sulla superfluità e sulla genericità di una prova per testimoni è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto, che può essere censurata solo se (a differenza di quanto dedotto nel caso in esame) basata su erronei principi giuridici ovvero su incongruenze di carattere logico (v. Cass. n. 34189 del 2022; Cass. n. 18222 del 2004); – l ‘ ultima (sub e), perché la mancata assegnazione del termine per il deposito delle comparse conclusionali, al pari della mancata fissazione dell ‘ udienza per la discussione orale della causa innanzi al Tribunale, non essendo espressamente imposte dalla legge (cfr. art. 98, comma 11°, l.fall., che consente solo l ‘ eventuale assegnazione di un termine per il deposito di memorie), non ne configurano, evidentemente, una violazione deducibile in cassazione, quale motivo di nullità del decreto che ha definito il giudizio, a norma dell ‘ art. 360 n. 4 c.p.c.; d ‘ altra parte, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l ‘ interesse all ‘ astratta regolarità dell ‘ attività giudiziaria, ma garantisce solo l ‘ eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, con la conseguenza che è inammissibile l ‘ impugnazione con la quale si lamenti (come nel caso in esame) un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l ‘ erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la
parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. n. 26419 del 2020).
3.1. Il ricorso è, dunque, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
3.2. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
3.3. La Corte, infine, dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso ; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida nella somma di €, 7.900,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima