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Opposizione onorari avvocato: scelta del rito sommario

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3038/2025, ha stabilito un principio fondamentale in tema di opposizione onorari avvocato. Anche quando il compenso richiesto riguarda attività puramente stragiudiziale, la parte che si oppone al decreto ingiuntivo ha la facoltà di scegliere il rito sommario di cognizione (ex art. 702 bis c.p.c.) invece del rito ordinario. La Corte ha chiarito che questa non è un’irregolarità procedurale, ma una scelta legittima volta a semplificare il giudizio, cassando la decisione del tribunale che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Opposizione onorari avvocato: è possibile scegliere il rito sommario?

La controversia sugli onorari professionali è una fase delicata del rapporto tra avvocato e cliente. Quando il dialogo fallisce, il legale può ricorrere a uno strumento rapido per il recupero del credito: il decreto ingiuntivo. Ma cosa succede quando il cliente contesta la parcella? Con quale procedura deve avviare la causa? L’ordinanza n. 3038/2025 della Corte di Cassazione fornisce un chiarimento cruciale in materia di opposizione onorari avvocato, affermando la piena legittimità della scelta del rito sommario da parte dell’opponente, anche per compensi stragiudiziali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da un avvocato nei confronti di due suoi ex clienti per il pagamento di compensi relativi ad un’intensa attività di consulenza e assistenza stragiudiziale. Questa attività includeva l’analisi di documentazione, la redazione di scritture private e la partecipazione a complesse trattative.

I clienti decidevano di contestare la pretesa, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo. Invece di utilizzare il rito ordinario, introdotto con atto di citazione, optavano per il procedimento sommario di cognizione, depositando un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c.

La Decisione del Tribunale di Primo Grado

Il Tribunale di Roma, investito della questione, dichiarava l’opposizione inammissibile. Secondo il giudice di primo grado, la procedura speciale per la liquidazione dei compensi legali (art. 14 del D.Lgs. 150/2011) si applica solo alle prestazioni giudiziali o a quelle stragiudiziali strettamente connesse. Poiché nel caso di specie l’attività era esclusivamente stragiudiziale, l’opposizione avrebbe dovuto seguire le forme del rito ordinario. L’aver scelto il rito sommario era stato quindi considerato un errore procedurale insanabile.

L’intervento della Cassazione e la facoltà di scelta del rito

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato completamente la decisione del Tribunale. I giudici supremi hanno chiarito che il problema non era un errore nella forma dell’atto (citazione anziché ricorso), ma la possibilità per l’opponente di scegliere consapevolmente un rito diverso e più snello di quello ordinario.

La Corte ha affermato che la scelta di avvalersi del procedimento sommario di cognizione (art. 702 bis c.p.c.) rientra nella piena facoltà dell’opponente. Questo rito è applicabile a tutte le controversie di competenza del Tribunale in composizione monocratica, a meno che non siano esplicitamente escluse, e quella sugli onorari stragiudiziali non rientra tra queste.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione, ponendosi in continuità con un suo precedente (Cass. 34501/2022), ha sottolineato che sarebbe contraddittorio negare all’opponente la possibilità di scegliere il rito sommario. Se la legge offre questo strumento per semplificare la trattazione, privarne la parte che si oppone a un decreto ingiuntivo significherebbe negarle un’alternativa processuale legittima. La scelta del rito sommario non costituisce una violazione procedurale da ‘sanare’, ma una legittima opzione strategica. Di conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto procedere con l’esame del merito della causa, invece di dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione.

Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione ha un’importante implicazione pratica: chiunque si trovi a dover contestare un decreto ingiuntivo per compensi professionali di un avvocato, anche se puramente stragiudiziali, non è obbligato a intraprendere la via, spesso più lunga e complessa, del rito ordinario. Può, invece, scegliere legittimamente il procedimento sommario, beneficiando di una trattazione più rapida ed efficiente. Questa pronuncia rafforza il principio di flessibilità degli strumenti processuali, garantendo alla parte opponente una maggiore libertà nella scelta della strategia difensiva più adeguata al caso concreto.

Quando ci si oppone a un decreto ingiuntivo per onorari di un avvocato, si è obbligati a usare il rito ordinario?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’opponente ha la facoltà di scegliere di utilizzare il procedimento sommario di cognizione (ex art. 702 bis c.p.c.), anche se la richiesta di pagamento riguarda compensi per attività puramente stragiudiziale.

Se si sceglie il rito sommario per l’opposizione invece di quello ordinario, l’atto è considerato inammissibile?
No. Secondo la sentenza, la scelta del rito sommario non è un errore procedurale, ma una legittima opzione a disposizione dell’opponente per ottenere una trattazione semplificata della causa. Pertanto, l’opposizione non può essere dichiarata inammissibile per questo motivo.

Questa regola vale solo per i compensi legati a un’attività giudiziale?
No, la decisione chiarisce che la facoltà di optare per il rito sommario sussiste anche quando l’opposizione riguarda un decreto ingiuntivo emesso per compensi relativi ad attività esclusivamente stragiudiziale (consulenza, redazione contratti, ecc.), non collegata a una causa in tribunale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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