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Opposizione omologa concordato: limiti per creditori

La Cassazione chiarisce i limiti all’opposizione omologa concordato per un creditore appartenente a una classe consenziente. Il creditore non può contestare la convenienza del piano, ma solo la regolarità della procedura. L’appello è stato dichiarato inammissibile perché le censure riguardavano il merito e non la procedura.

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Opposizione Omologa Concordato: I Limiti per il Creditore di Classe Consenziente

L’opposizione omologa concordato preventivo è uno strumento a disposizione dei creditori, ma il suo esercizio è soggetto a precisi limiti, specialmente per chi appartiene a una classe che ha approvato la proposta. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che un creditore facente parte di una classe consenziente non può contestare la convenienza economica del piano, ma solo la regolarità formale della procedura. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società creditrice, che chiameremo Gamma S.r.l., si era opposta all’omologazione del concordato preventivo di un consorzio, denominato Alfa. La Gamma S.r.l. faceva parte di una classe di creditori che, a maggioranza, aveva espresso voto favorevole alla proposta concordataria.

Nonostante ciò, la società aveva sollevato diverse obiezioni, lamentando la lacunosità della relazione del commissario giudiziale e l’inattendibilità della relazione dell’attestatore. In sostanza, le critiche non riguardavano vizi procedurali, ma la fattibilità e la convenienza economica del piano, sostenendo che non si basasse su dati reali e riscontrabili. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto le doglianze della Gamma S.r.l., ritenendo che, in qualità di creditore di una classe consenziente, non avesse titolo per contestare il merito della proposta. Di qui il ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Opposizione Omologa Concordato

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 180, comma 4, della Legge Fallimentare (applicabile ratione temporis). Secondo gli Ermellini, il motivo di ricorso non coglieva la ratio decidendi della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le medesime argomentazioni sulla convenienza del piano, già ritenute inammissibili in appello.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito in modo netto la distinzione tra i diversi tipi di censure che possono essere mosse in sede di opposizione. I giudici hanno spiegato che per poter contestare la convenienza della proposta concordataria, un creditore deve possedere un “interesse normativamente qualificato”. Tale interesse sussiste solo se il creditore ha espresso un voto contrario alla proposta e appartiene a una classe che, nel suo complesso, si è espressa in modo dissenziente.

Nel caso di specie, la società ricorrente era inserita in una classe che aveva approvato il piano a maggioranza. Di conseguenza, la sua legittimazione a opporsi era limitata esclusivamente alla contestazione della regolarità della procedura e alla permanente sussistenza dei presupposti di ammissibilità del concordato. Le critiche sollevate, invece, attenevano tutte al merito: la presunta erroneità dei conteggi del commissario e la non fattibilità economica del piano. Si trattava, quindi, di censure sulla convenienza della proposta, che il creditore di classe consenziente non è legittimato a sollevare.

La Cassazione ha sottolineato che il ricorso era inammissibile perché non attaccava il principio di diritto applicato dalla Corte d’Appello, ma si limitava a insistere su questioni di merito, sollecitando un riesame dei fatti che è precluso in sede di legittimità.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di concordato preventivo: la volontà della maggioranza di una classe di creditori vincola la minoranza dissenziente per quanto riguarda la valutazione di convenienza del piano. Un creditore appartenente a una classe che ha approvato il concordato non può, in sede di opposizione all’omologa, rimettere in discussione il merito della proposta. Le sue uniche armi sono le censure relative a vizi procedurali. La decisione rafforza la stabilità delle procedure concorsuali, evitando che le opposizioni pretestuose o basate su valutazioni soggettive di convenienza possano ostacolare la ristrutturazione di un’impresa in crisi quando la maggioranza qualificata dei creditori ha già dato il proprio assenso.

Cosa può contestare un creditore appartenente a una classe consenziente in sede di opposizione all’omologa di un concordato?
Un creditore appartenente a una classe che ha votato a maggioranza a favore del concordato può contestare unicamente la regolarità della procedura e la permanente sussistenza dei presupposti di ammissibilità, ma non la convenienza economica o la fattibilità del piano proposto.

Perché il ricorso della società creditrice è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure mosse dalla società non riguardavano vizi procedurali, bensì contestazioni nel merito della proposta concordataria (convenienza, fattibilità, correttezza dei conteggi). Tali contestazioni non sono ammissibili per un creditore di una classe consenziente. Il ricorso, inoltre, non criticava la regola di diritto applicata dalla Corte d’Appello, ma si limitava a reiterare le stesse argomentazioni.

È possibile per un creditore contestare la convenienza di una proposta di concordato?
Sì, ma solo a determinate condizioni. Secondo la Corte, per poter contestare la convenienza della proposta è necessario avere un “interesse normativamente qualificato”, che si concretizza nell’aver espresso voto contrario (dissenso) e nell’appartenere a una classe di creditori a sua volta dissenziente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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