Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11699 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 22587/2022 R.G. proposto da:
DI COGNOME, DI COGNOME e DI COGNOME , in proprio e quali eredi di COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, con l’ avv. NOME COGNOME come da procure allegate al ricorso, domicilio digitale
;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
BNL s.p.a. e RAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la sentenza n. 1849/2022 del la Corte d’appello di Roma , depositata in data 18.3.2022;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La vicenda è stata così ricostruita in fatto nella coeva controversia tra le parti, poi definita da Cass. n. 1647/2023: ‘ 1. La Banca Nazionale del Lavoro (il cui credito sarà, nelle more del giudizio, ceduto alla IFIS NPL s.p.a.), essendo munita di titolo esecutivo stragiudiziale garantito da ipoteca nei confronti di NOME COGNOME, nel 2009 iniziò l’esecuzione forzata nei confronti del debitore. 2. Il 15 gennaio 2013 NOME COGNOME venne a mancare, lasciando quali eredi NOME e NOME COGNOME. 3. L’espropriazione immobiliare seguì il suo corso, e in particolare: ) il 16 febbraio 2015 avvenne l’aggiudicazi one; -) il 14 settembre 2015 il giudice dell’esecuzione pronunciò il decreto di trasferimento; -) il 23 novembre 2016 fu dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione e chiusa la procedura. 4. Con ricorso depositato il 4.11.2015 NOME e NOME COGNOME proposero opposizione (formalmente qualificata) agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento. A fondamento dell’opposizione (dopo aver premesso che il decreto di trasferimento fu loro comunicato solo il 21 ottobre 2015) allegarono che: ) l’immobile pignorato apparteneva per 1/2 alla moglie del debitore, NOME COGNOME deceduta quattro anni prima dell’aggiudicazione (il 4 maggio 2011);
e contro
la vendita aveva quindi avuto ad oggetto illegittimamente nella sua interezza un immobile che apparteneva solo in parte al debitore, invece che la sola quota di proprietà del debitore esecutato; -) nessun atto della procedura era mai stato notificato alla vedova del debitore e coerede, NOME COGNOME; -) nessun atto della procedura era stato mai notificato agli opponenti nella qualità di eredi di NOME COGNOME; solo il decreto di trasferimento era stato notificato (tardivamente) agli opponenti ‘nella qualità di eredi di NOME COGNOME e non anche nella qualità di eredi di NOME COGNOME; -) il decreto di trasferimento era stato emesso illegittimamente, in mancanza del versamento alla procedura delle somme da cui prelevare la quota a favore della comproprietaria NOME COGNOME e dei suoi eredi (essendo stato il prezzo pagato dall’aggiudicatario direttamente al creditore). 5. Con sentenza 25 febbraio 2020 n. 4033 il Tribunale di Roma rigettò l’opposizione. Il Tribunale osservò che la censura concernente l’omessa notifica a NOME COGNOME del pignoramento, ed ai suoi eredi ‘dell’avviso’ ex art. 599 c.p.c., ‘doveva essere fatta valere prima dell’aggiudicazione’. Richiamò, a sostegno di tale conclusione, la giurisprudenza di legittimità secondo cui le nullità del procedimento esecutivo anteriori alla vendita non possono pregiudicare l’acquisto dell’aggiudicatario, salvo il caso di collusione tra questi ed il creditore. 6. La sentenza (…) è stata impugnata per cassazione da NOME, NOME e NOME COGNOME con ricorso fondato su cinque motivi ed illustrato da memoria. La IFIS NPL ha resistito con controricorso. La RAGIONE_SOCIALE (aggiudicataria) non si è difesa ‘. Con la citata ordin anza n. 1647/2023, questa Corte rigettò il ricorso proposto dai predetti NOME, NOME e NOME COGNOME sicché le
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relative statuizioni della sentenza n. 4033/2020 del Tribunale di Roma divennero definitive.
Con detta ultima sentenza, peraltro, era stata anche rigettata altra opposizione esecutiva ex artt. 615 e 619 c.p.c., precedentemente proposta dal solo NOME COGNOME (in proprio e n.q. di erede di COGNOME NOME e di COGNOME NOME) con ricorso del 22 .6.2015, riunita all’opposizione agli atti esecutivi proposta da tutti gli eredi avverso il decreto di trasferimento, come s’è detto già definita in sede di legittimità. Detta statuizione di primo grado venne appellata, in parte qua , da NOME COGNOME nella spiegata qualità, nonché ad adiuvandum da NOME e NOME COGNOME (anch’essi in proprio e nella qualità di eredi dei predetti genitori defunti).
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1849/2022 del 18.3.2022 , rigettò l’appello, ritenendolo in parte inammissibile ed in parte infondato. In particolare, la Corte territoriale rilevò che il gravame non rispettava i dettami dell’art. 342 c.p.c., conglobando doglianze e censure riferibili sia all’opposizione agli att i esecutivi (per la quale era stato già proposto ricorso per cassazione), sia all’esecuzione, e risultando perfino arduo distinguere le singole posizioni soggettive dei fratelli Di COGNOME, quanto alla rispettiva legittimazione e al proprio ruolo. In ogni caso, nel merito, la Corte romana: a) riaffermò il diritto di BNL di procedere all’esecuzione forzata sull’immobile di NOME COGNOME, stante l’irrilevanza della comproprietà dell’immobile stesso ai fini dell’ integrazione del contraddittorio nei confronti del coniuge in comunione legale; b) ribadì che la posizione di NOME COGNOME non era solo quella di garante/fideiussore, quanto piuttosto quella del terzo datore di ipoteca che ha garantito con quel suo bene
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(poi pignorato) il credito della BNL, sicché tutti gli argomenti riferiti alla inesistenza, nella specie, di un mutuo fondiario e, quindi, di un titolo in capo alla banca per poter procedere anche nei confronti del coniuge in comunione, assente dal procedimento esecutivo, risultavano inconferenti; c) per l’effetto, evidenziò che la questione della omessa notifica alla comproprietaria COGNOME era egualmente inconferente, fermo restando che lo stesso g.e., con ordinanza del 16.10.2015, aveva dato atto che tutte le notifiche agli eredi sia di NOME COGNOME che della COGNOME erano state eseguite; d) affermò, infine, che era rimasta priva di riscontro la prospettata ‘collusione’ tra aggiudicatario e creditore in ragione della mancata erogazione della quota in favore della comproprietaria o comunque del mancato accantonamento, tanto più che il g.e. aveva affermato il diritto della COGNOME alla quota in sede di distribuzione.
Avverso tale sentenza di secondo grado (resa sull’appello avverso i capi qualificati di definizione di opposizione non formale della unitaria sentenza di primo grado i cui capi di opposizione formale sono stati oggetto del ricorso per cassazione definito con la ricordata Cass. n. 1647/2023) ricorrono ora per cassazione NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME nelle già spiegate qualità, affidandosi a sei motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE Entrambe le parti hanno depositato memoria. Non hanno svolto difese né la BNL s.p.a., né la cessionaria del credito IFIS NPL s.p.a. La causa è stata infine trattata all’odierna adunanza camerale, per la quale le parti hanno depositato ulteriori memorie, al cui esito il Collegio ha riservato il deposito della motivazione entro sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 599, comma 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non essere stata rilevata l’i mprocedibilità dell’azione esecutiva promossa contro NOME COGNOME per mancata notifica al comproprietario non debitore.
1.2 -Con il secondo motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) o, in subordine, qualora sulla questione fosse ravvisabile un implicito rigetto, violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 498, 599 e 600 c.p.c.) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , per non essere stata dichiarata l’i mprocedibilità per mancata integrazione del contraddittorio.
1.3 -Con il terzo motivo si denuncia omesso esame (ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) o, in subordine, qualora sulla questione fosse ravvisabile un implicito rigetto, violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riguardo all ‘ art. 189 c.c. e agli artt. 599, 600 e 601 c.p.c. , per non aver la Corte d’appello tenuto conto del fatto che l’e secuzione in discorso è stata effettuata in relazione a debiti personali di un coniuge, mediante assoggettamento a vincolo sulla intera proprietà di bene ricadente in comunione legale.
1.4 -Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell ‘ art. 41 T.U.B. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) o in subordine, qualora fosse ravvisabile un implicito rigetto, violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 41 T.U.B. ed agli artt. 586 e 587
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c.p.c.) , per non essere stata rilevata l’i napplicabilità delle norme speciali sull’esecuzione fondiaria in fattispecie di finanziamento ad impresa commerciale garantito da fideiussore.
1.5 -Con il quinto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 96, commi 1 e/o 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., giacché non può essere temeraria -come invece ritenuto dalla Corte d’appello – la chiamata in causa di un litisconsorte necessario.
1.6 -Con il sesto motivo, infine, si denuncia omesso esame circa diversi fatti decisivi per il giudizio, che erano stati oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.), con conseguente lesione del diritto del terzo comproprietario non debitore.
2.1 -In via preliminare, occorre evidenziare (come già rilevato dall’ordinanza interlocutoria) che il controricorso è stato firmato anche dall’avv. NOME COGNOME che non risulta iscritto allo speciale albo per gli abilitati al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione. Benché da tanto non discenda l’inammissibilità del controricorso – stante la condivisione del mandato difensivo da parte degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno pure firmato il controricorso ed hanno autenticato la procura speciale rilasciata dalla società controricorrente – occorre comunque procedere alla segnalazione dell’occorso al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Velletri, per quanto di competenza, trattandosi di questione avente rilevanza disciplinare, nonché alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, per quanto possa ravvisarsi anche di penalmente rilevante. 3.1 -Ciò posto, ad eccezione del quinto motivo, su cui si dirà infra
, tutte le restanti censure mosse dai ricorrenti si palesano inammissibili, anzitutto per
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violazione dell’art. 366, comma 1, n n. 3 e 4, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ).
A parte la inestricabile commistione di ruoli (tra i fratelli COGNOME) e di censure che pervade l’intero giudizio e che rende assai ardua la lettura dell’atto , come già stigmatizzato ( mutatis mutandis ) dalla Corte d’appello, il ricorso in esame non si confronta compiutamente con le rationes decidendi della sentenza impugnata ed è gravemente aspecifico, anche in relazione ai profili censurati ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non risultando affatto rispettati i criteri valorizzati da consolidato orientamento giurisprudenziale (per tutte, Cass., Sez. Un., n. 23745/2020); inoltre, quanto alle censure relative a pretesi plurimi vizi di omesso esame di fatti decisivi, ai sensi del l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (di cui ai motivi 2, 3, 4 e 6), esse si rivelano inammissibili sia perché riferite a circostanze non definibili quali fatti fenomenici (i soli il cui omesso esame può rilevare a quei fini), sia a i sensi dell’art. 348 -ter , ult. comma, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), trattandosi di doppia conforme in facto . Né i ricorrenti hanno indicato al riguardo -com’era loro onere (v. Cass. n. 26934/2023) -che le ragioni poste a base della decisione di primo grado fossero diverse dal quella poste a fondamento della sentenza d’appello, qui impugnata.
3.2 -A tanto deve aggiungersi che la gran parte delle censure poste dai motivi in esame (tutti, tranne il quinto), attengono al quomodo dell’esecuzione : così è, infatti, per la pretesa mancata notifica degli avvisi ex artt. 599 e 498 c.p.c., per il presunto mancato versamento del prezzo, ecc. Si tratta di questioni, però, che erano state già proposte col ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale ( che infatti aveva pronunciato sia sull’opposizione formale, con
decisione ut supra impugnata, sia sull’opposizione all’esecuzione, pronuncia poi appellata dai COGNOME e definita con la sentenza qui impugnata) ; s’è già visto, però, che detto ricorso è stato rigettato dalla già citata Cass. n. 1647/2023: sulle relative questioni, dunque, è sceso inevitabilmente il giudicato (in special modo, su quella afferente al sesto motivo, già oggetto del primo motivo del precedente ricorso), sicché esse non possono essere nuovamente proposte in questa sede e sono da considerare correlativamente inammissibili.
Né del resto – in relazione alla motivazione addotta dalla citata Cass. n. 1647/2023 (pp. 3-4) proprio sulla questione del ‘ mancato versamento del ricavato della vendita alla procedura e la mancata distribuzione della quota di COGNOME NOME agli eredi della stessa ‘ , oggi appunto agitata col sesto motivo risulta che la relativa domanda, già valutata da questa Corte inammissibile in relazione alla tempistica di proposizione, sia stata avanzata in sede distributiva e, soprattutto, se una simile domanda, così in ipotesi proposta, rientri nel confuso perimetro del giudizio che qui occupa, come da identificarsi in relazione al solo rilevante momento del ricorso introduttivo della fase sommaria.
Anche per tal verso, dunque, resta confermata la complessiva inammissibilità delle censure in esame.
4.1 -Il quinto motivo appare invece fondato.
Benché sia pacifico che l’aggiudicatario possa considerarsi litisconsorte necessario solo nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi avente ad oggetto il decreto di trasferimento, o più in generale gli atti del subprocedimento di vendita (v. Cass. n. 2461/2009), la condanna ex art. 96 c.p.c. comminata dalla
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Corte capitolina ai COGNOME per aver evocato nel giudizio di gravame la società aggiudicataria, odierna controricorrente, non è conforme a legge.
Invero, la scelta di evocare nel giudizio d’appello (inerente almeno secumdum legem -la sola opposizione all’esecuzione) la predetta società aggiudicataria appare frutto di scelta più prudenziale e ‘necessitata’ che temeraria, posto che l’obiettivo perseguito dai COGNOME, nella sostanza, è sempre stato quello di invalidare gli atti dell’intera procedura .
In realtà, se temerarietà deve ravvisarsi, essa va semmai individuata nella inestricabile commistione dei profili di opposizione (all’esecuzione e agli atti esecutivi) in cui sono incorsi i Di Bello, e dunque nella manifestata incapacità di confrontarsi adeguatamente con le pur complesse questioni poste nei vari giudizi riuniti. Ma si tratta di profilo ovviamente diverso da quello apprezzato dalla Corte romana e che non può ufficiosamente rilevarsi.
5.1 -In definitiva, è accolto il quinto motivo, mentre i restanti sono inammissibili. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito, col rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c., ferme le altre statuizioni diverse da quelle sulle spese di quel grado.
Queste ultime seguono comunque la soccombenza e vanno rideterminate, a seguito della superiore statuizione, come da dispositivo, in favore delle parti appellate costituite.
Le spese del giudizio di legittimità possono invece integralmente compensarsi, attesa la reiezione di tutte le censure relative al merito della controversia.
P. Q. M.
La Corte accoglie il quinto motivo e dichiara inammissibile nel resto; cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c., fermo il resto. Condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione in favore delle parti appellate, delle spese del grado di appello, che si liquidano per ciascuna di esse in € 12.399,00, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge. Compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità. Dispone la trasmissione della presente ordinanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Velletri ed alla Procura Generale della Repubblica, per quanto di eventuale competenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno