Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1730 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1730 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19896-2022 proposto da:
NOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, tutti domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
Opposizione all’esecuzione ricorso straordinario cassazione condizioni
R.G.N. 19896/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 06/12/2023
CC
avverso la sentenza n. 123/2022 del TRIBUNALE di MANTOVA, depositata il 01/07/2022 R.G.N. 514/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 1 luglio 2022, il Tribunale di Mantova, previa la loro sospensione con ordinanza nella ravvisata sussistenza dei presupposti di fumus boni iuris e di periculum in mora , ha dichiarato l’inefficacia degli atti di precetto con i quali i lavoratori indicati in epigrafe hanno intimato a RAGIONE_SOCIALE il pagamento delle somme, a titolo di differenze retributive al lordo delle imposte, in forza della sentenza n. 109 del 12 luglio 2021 dello stesso Tribunale e condannato i primi al rimborso, in fa vore della seconda, della somma di € 3.955,50, a titolo di esborsi, rigettandone la domanda risarcitoria, ai sensi dell’art. 96, primo comma c.p.c.;
2. esso ha così accolto l’opposizione della società, per avere i lavoratori intimato il pagamento di somme al lordo delle imposte e illegittimamente rifiutato lo spontaneo adempimento alla sentenza di condanna da parte della medesima, erroneamente contestandone la liquidazione degli importi al netto (anziché al lordo come preteso dai predetti) delle imposte, cui la società aveva fatto seguire l’offerta reale della somma, a norma dell’art. 1209 c.c., accettata da
ognuno dei lavoratori, fatta salva l’espressa riserva di agire per le somme trattenute dalla società a titolo di imposte, che assumevano essere loro dovute ed oggetto appunto dei precetti intimati;
fermo l’obbligo di liquidazione del giudice delle somme in questione al lordo delle imposte, il Tribunale ha ritenuto (non soltanto corretto, ma) doveroso, per la prescrizione sanzionata dell’obbligo, il loro pagamento, da parte del datore di lavoro (o di chi, come nel caso di specie RAGIONE_SOCIALE in qualità di committente, con esso tenuto), al netto delle imposte, in qualità di sostituto di imposta.
Ed esso ha pure ritenuto dovuti alla società, in quanto giustificati e documentati, gli esborsi dalla medesima sostenuti (in misura di € 3.955,50) per l’offerta reale ai lavoratori, che ne avevano infondatamente rifiutato lo spontaneo adempimento.
Infine, il Tribunale ha rigettato la domanda risarcitoria, ai sensi dell’art. 96, primo comma c.p.c., della società, in difetto di allegazione, né tanto meno di prova, del danno;
con atto notificato il 6 agosto 2022, i lavoratori hanno proposto ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost. con un unico motivo, cui la società ha resistito con controricorso e memoria finale.
5. il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
i ricorrenti hanno dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale l’irregolarità formale dei precetti, contestata nelle conclusioni, per ‘avere essi ad oggetto l’intimazione di pagamento di un importo errato perché considerato al lordo delle ritenute fiscali’ (unico motivo);
esso è inammissibile;
in via di premessa, occorre chiarire la natura dell’opposizione promossa dalla società agli atti di precetto intimatile dai lavoratori in epigrafe indicati per il pagamento delle somme, loro dovute a titolo di differenze retributive, al lordo delle imposte (anziché al netto, come ad essa fatto obbligo, in qualità di committente solidalmente tenuta con l’appaltatrice loro datrice: e pertanto, in qualità di sostituto di imposta).
Con essa, infatti, la società ha contestato (non già la mera irregolarità formale del precetto, bensì) la spettanza (almeno in parte) del credito intimato in pagamento, avendo essa domandato al Tribunale adito di ‘accertare e dichiarare la caducazione, e conseguentemente l’inefficacia, del titolo esecutivo su cui si fonda il precetto … per aver la Società correttamente corrisposto … l’intera somma oggetto di tale titolo a mezzo di offerta reale ex art. 1209 c.c. e comunque accertare e dichiarare l’irregol arità formale del precetto, per avere esso ad oggetto l’intimazione al pagamento di un
importo errato perché considerato al lordo delle ritenute fiscali, dichiarando per l’effetto l’improcedibilità dell’esecuzione relativamente all’importo oggetto del titolo in parola considerato al netto delle ritenute fiscali’ (così nelle conclusioni trascritte all’esordio dell’esposizione in fatto della sentenza impugnata);
3.1. si comprende come l’espressa contestazione, non già delle modalità ( quomodo ) dell’esecuzione (tipicamente propria dell’opposizione agli atti esecutivi: artt. 617, 618, 618 bis c.p.c.), quanto piuttosto dello stesso diritto ( an ) di procedere ad essa (con la richiesta esplicita che essa non prosegua per la parte di credito intimato in pagamento, relativa alle imposte gravanti gli emolumenti retributivi spettanti ai lavoratori, in quanto non dovuta), ne comporti la corretta qualificazione alla stregua di opposizione all’esecuzione, a norma degli artt. 615, 616, 618 bis c.p.c. (Cass. 7 dicembre 2000, n. 15533; Cass. 23 marzo 2023, n. 8394);
in tema di esecuzione forzata, se la parte intimata o esecutata proponga contestualmente opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e dell’art. 617 c.p.c., qualora siano decisi soltanto i motivi qualificabili come opposizione agli atti esecutivi, la denunzia di omessa pronunzia sugli altri motivi, integranti opposizione all’esecuzione, deve essere proposta mediante appello e non con ricorso straordinario per cassazione (Cass. 18 luglio 2016, n. 14661; Cass. 14
febbraio 2020, n. 3722). Ed è infatti noto che le sentenze che abbiano deciso, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., opposizioni alle esecuzioni, prima della data del 1° marzo 2006, il regime d’impugnazione applicabile sia quello dell’appello, applicandosi invece a quelle pubblicate successivamente la regola della non impugnabilità, ai sensi del nuovo testo dell’art. 616 c.p.c., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza dell’esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass. 21 gennaio 2011, n. 1402); e che detto regime di impugnabilità sia stato vigente fino alla data del 4 luglio 2009, per la soppressione, ad opera dell’art. 49, secondo comma legge n. 69/2009, del periodo finale dell’art. 616 c.p.c. ( ‘La causa è decisa con sentenza non impugnabile’ ): con il ripristino, pertanto, del regime di ordinaria appellabilità della sentenza (così, tra le più recenti: Cass. 26 giugno 2023, n. 18230, in motivazione sub p.ti 3.2, 3.3; Cass. 8 novembre 2023, n. 31137, in motivazione sub p.to 2) e della conseguente inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, settimo Cost., previsto soltanto per l’opposizione agli atti esecutivi, non altrimenti impugnabile a norma dell’art. 618, secondo comma, ult. parte e terzo comma c.p.c.
5. per le suesposte ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei
presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso condanna i lavoratori alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 8.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 6 dicembre 2023