Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25870 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 137-2021 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l’amministratore unico, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 336/2020 d ella Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, depositata in data 27/10/2020;
Oggetto
CONTROVERSIE AGRARIE
Esecuzione per rilascio Opposizione
R.G.N. 137/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 02/05/2024
Adunanza camerale
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale in data 02/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 336/20, del 27 ottobre 2020, della Corte d’appello di Lecce, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Taranto, che -nel respingerne il gravame avverso la sentenza n. 3001/19, del 2 dicembre 2019, del Tribunale di Taranto, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -ne ha rigettato l’opposizione esecutiva proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘).
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di essersi opposto al precetto notificatogli il 1° febbraio 2018 dalla società RAGIONE_SOCIALE, per il rilascio di terreni siti in agro di Castellaneta, alla INDIRIZZO Sterpine, dei quali l’intimante società assumeva di aver acquistato la proprietà dalla ex RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘), ponendo alla base dell’esecuzione, quale titolo esecutivo notificato unitamente al precetto, la sentenza resa da questa Corte di Cassazione il 17 giugno 2011, n 13337. Con la proposta opposizione NOME COGNOME, oltre a negare l’idoneità della suddetta sentenza a porsi quale titolo esecutivo, perché non portatrice di alcun ordine di rilascio, essendo priva di qualsiasi statuizione condannatoria (oltre ad essere fondata su un ricorso dichiarato inammissibile), contestava pure la titolarità del diritto, ‘e quindi la legittimazione attiva a procedere all’intimato rilascio’, in capo alla predetta società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Veniva, inoltre, eccepita la nullità ed inefficacia del precetto e del relativo preavviso di rilascio per mancata notifica, nei termini di legge, agli altri, presunti,
coobbligati al rilascio (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), risultando errati i relativi indirizzi riportati nell’atto di precetto.
Eccepiva, infine, che alcuna azione poteva essere intrapresa nei propri confronti dall’esecutante, in quanto esso NOME risultava portatore di un autonomo diritto alla conduzione agraria, quale titolare di un contratto di fittanza. Riferiva, infatti, di aver concluso tale contratto -in qualità di subaffittuario -con il proprio padre, NOME COGNOME, affittuario a propria volta di tale NOME COGNOME, senza che l’originaria avente causa dalla medesima, ovvero l’RAGIONE_SOCIALE, si fosse avvalsa, una volta venuta a conoscenza di tale contratto, del diritto di far dichiarare la nullità del subaffitto, a norma dell’art. 21 della legge 3 maggio 1982, n. 203.
In subordine, l’allora opponente chiedeva dichiararsi l’ineseguibilità del rilascio prima della scadenza dell’annata agraria in corso, avendo i comproprietari intentato l’esecuzione in epoca posteriore al 10 novembre.
Su tali basi, dunque, l’odierno ricorrente concludeva per l’accoglimento della proposta opposizione, ovvero in via di subordine -affinché l’adito giudicante, ritenuta, ‘per le questioni sollevate e censurate nella presente opposizione ex art. 615 e 617 cod. proc. civ., la competenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rimettesse la stessa ‘innanzi a quest’ultima Autorità Giudiziaria’, il tutto, comunque, ‘sempre previa sospensione dell’esecuzione inaudita altera parte ‘.
Orbene, l’adito giudice dell’esecuzione del Tribunale tarantino, concessa la sospensione dell’esecuzione, nonché fissata la comparizione delle parti, dopo la costituzione della società RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza dell’11 febbraio 2019, nel dichiara re ‘ cessata la materia del contendere relativamente alle opportunità di concedere, modificare o revocare la sospensione concessa inaudita altera parte ‘, affermava ‘la competenza per
materia delle Sezioni Specializzate Agrarie del Tribunale di Taranto a conoscere delle ragioni dell’opposizione all’esecuzione’, all’uopo fissando ‘il termine di tre mesi per la riassunzione della causa’.
Riassunta la causa dall’COGNOME, il medesimo reiterava in tale sede tutte le eccezioni e difese fino ad allora proposte, concludendo affinché l’adito Tribunale volesse ‘dichiarare invalidi e inefficaci tutti gli atti esecutivi’, e cioè l’atto di precetto notificato in data 1° febbraio 2018 e il preavviso di rilascio notificato in data 29 marzo 2018.
Rigettata l’opposizione dal primo giudice, il giudice d’appello -ovvero, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Corte tarantina -respingeva il proposto gravame.
Avverso la sentenza della Corte tarantina ha proposto ricorso per cassazione l’COGNOME, sulla base come detto -di sei motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 617, 618, 474, 475, 479 e 480 cod. proc. civ.
Il ricorrente si duole del fatto che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Corte d’appello di Taranto ‘ha deciso su materia di competenza del Giudice dell’Esecuzione’, pronunciandosi, inoltre, ‘sulla questione del difetto di notifica del titolo esecutivo che configura’ una ‘opposizione agli atti (art. 617 cod. proc. civ.)’, come tale ‘ricorribile solo per Cassazione e non in appello’, sicché l’adito giudicante avrebbe dovuto dichiarare, sul punto, l’inammissibilità del proposto gravame.
A conferma, del resto, ‘che l’eccezione fosse di competenza’ , che si riteneva spettante a l giudice dell’esecuzione, viene invocata
l’ordinanza da questo adottata l’11 febbraio 2019, nella quale non solo si respingeva il rilievo secondo cui ‘il titolo esecutivo’ fatto valere dall’intimante non p otesse ‘ riconoscersi nella sentenza della Corte di Cassazione ‘ , ma si soggiungeva pure che ‘vi è incompetenza per materia del tribunale sezione agraria a decidere le doglianze riguardanti la mancata notifica del titolo esecutivo, di precetto e preavviso e di mancanza di formula esecutiva in calce al titolo esecutivo, trattandosi di contestazioni qualificabili come opposizione agli atti esecutivi’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 2) e 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione di norme sulla competenza.
Ribadisce il ricorrente che la proposta opposizione si fondava sui seguenti motivi:
-nullità dell’esecuzione per mancata notifica -difetto di notifica di titolo idoneo all’esecuzione;
-nullità ed inefficacia dell’atto di precetto e del preavviso di rilascio nei confronti del legittimo detentore in fittanza agraria;
-difetto di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE;
-nullità e inefficacia del precetto e del relativo preavviso di rilascio per mancata notifica agli altri presunti coobbligati.
In via gradata, veniva eccepita l’ineseguibilità del rilascio prima della scadenza dell’annata agraria in corso, avendo i comproprietari intentato l’esecuzione in epoca posteriore al 10 novembre.
Evidenzia il ricorrente che il giudice dell’esecuzione aveva ravvisato, nell’opposizione esecutiva da ess o proposta, ‘aspetti’ propri sia di ‘una opposizione all’esecuzione’ che di ‘una opposizione agli atti esecutivi’, rilevando, quanto alla prima, che il titolo esecutivo ‘non può riconoscersi nella sentenza della Corte di Cassazione’.
Ritiene, quindi, l’COGNOME che la sentenza impugnata nel pronunciarsi su tale questione, ravvisando il titolo nella condanna al rilascio contenuta nella sentenza di primo grado e confermata in appello, come indicato in precetto -ha pronunciato su question e di competenza del solo giudice dell’esecuzione, peraltro erroneamente, perché la sentenza di questa Corte non poteva fungere da titolo esecutivo, tale essendo solo quella che rechi una statuizione condannatoria.
Analogamente, nell’escludere la prescrizione del diritto di procedere all’esecuzione, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Corte tarantina avrebbe violato la competenza del giudice dell’esecuzione.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 2) e 3), cod. proc. civ. -erronea o falsa applicazione di norme di diritto in riferimento agli artt. 615 e ss. cod. proc. civ.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva della società RAGIONE_SOCIALE, avendo motivato tale decisione sul rilievo che l’avvenuto trasferimento dalla RAGIONE_SOCIALE, alla predetta società, della proprietà degli immobili per cui è causa, a copertura dei debiti regionali per la spesa sanitaria, non è stato oggetto di specifica contestazione, ex art. 115 cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Corte tarantina non avrebbe potuto decidere su questione attribuita alla competenza del giudice dell’esecuzione, fermo restando che, a fronte dell’eccezione sollevata da esso COGNOME, la società RAGIONE_SOCIALE non ha fornito la benché minima prova della titolarità dei fondi di cui reclama il rilascio, venendo meno, così, al principio ‘ adfirmandi incumbit probatio ‘ .
3.4. Il quarto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 2) e 3), cod. proc. civ. -erronea o falsa applicazione di norme di diritto in riferimento agli artt. 617, 618 e 38 cod. proc. civ.
Si censura la sentenza impugnata là dove ha confermato quella resa in prime cure, nella parte in cui essa aveva ritenuto che l’esistenza del contratto di subaffitto non pote sse farsi valere nel giudizio di opposizione all’esecuzione, dovendo, invece, dedursi nel giudizio in cui si è formato il titolo esecutivo. Anche in questo caso si assume che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Corte tarantina non avrebbe potuto decidere su questione attribuita, invece, alla competenza del giudice dell’esecuzione.
3.5. Il quinto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 2), 3) e 5), cod. proc. civ. -erronea o falsa applicazione di norme di diritto.
La sentenza impugnata viene censurata, in questo caso, nella parte in cui ha ritenuto assorbite le censure svolte dall’allora appellante in relazione all’errata interpretazione delle risultanze processuali relative alla:
-decisiva conoscenza, da parte della RAGIONE_SOCIALE, del contratto di subaffitto;
-mancata contestazione, ex art. 21 della legge n. 203 del 1982, del contratto stesso, nei quattro mesi successivi alla sua conoscenza, donde l ‘ opponibilità alla società RAGIONE_SOCIALE, avente causa dalla predetta RAGIONE_SOCIALE;
-efficacia temporale di tale contratto di subaffitto, non potendo esso considerarsi ‘ ex novo ‘, mantenendo, così, la sua scadenza originaria.
Oltre a ribadire che la sentenza è inficiata da nullità, perché la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Corte tarantina non avrebbe potuto decidere su materia di esclusiva competenza del giudice dell’esecuzione, il ricorrente reputa sussiste re, in relazione a
ciascuno dei punti testé illustrati, il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
3.6. Infine, il sesto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione di legge o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla condanna alle spese, comminata in violazione dei parametri di cui al d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
Assume il ricorrente che, trattandosi di opposizione esecutiva e di controversia relativa all’affittanza agraria, il valore della stessa andava determinato -ai fini della liquidazione delle spese di lite -ai sensi dell’art. 12 cod. proc. civ., ovvero avuto riguardo al valore del pagamento annuale del fitto, pari, nella specie, a € 1.092,00. Di conseguenza, la somma liquidata a titolo di compensi, nella misura di € 9.515,00 risulta eccessiva, atteso che -assunto a riferimento lo scaglione del d.m. n. 55 del 2014 in cui era ricompreso il suddetto valore di € 1.092,00 e liquidati i compensi nella misura media -l’importo complessivo non poteva superare € 1.830,00, di cui € 918,00 per la fase di studio, € 918 per la fase introduttiva/di costituzione in giudiz io e € 1.458,00 per la fase decisionale, essendo stati superati finanche i valori massimi, in difetto di specifica motivazione, pari nella specie a € 2.775,00.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, nonché domandando l’applicazione dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va rigettato.
8.1. Il primo motivo è inammissibile e, comunque, non fondato.
8.1.1. Difatti, non solo dal testo della sentenza impugnata (la quale, a pag. 3, individua quale oggetto del primo motivo di gravame proposto dall’COGNOME l’affermazione secondo cui ‘alcun titolo condannatorio di rilascio terreni è stato notificato in uno all’atto d i precetto’), ma dalla stessa lettura del ricorso cfr. pag. 24, ove si afferma che, davanti al giudice d’appello, ‘si argomentava che il titolo posto a fondamento ed allegato al precetto di rilascio dei fondi fu la sentenza di Cassazione’, la quale, però, ‘non avendo un contenuto condannatorio, non poteva essere posta a fondamento dell’esecuzione con ogni conseguenza di legge in merito alla sua eccepita nullità’, tra le quali la ‘nullità dell’atto di precetto per rilascio di fondi per la mancata notifica del titolo esecutivo’ -emerge che del tema del ‘difetto di notifica del titolo esecutivo’ il giudice d’appello fu investito su specifica iniziativa dell’odierno ricorrente. Ne consegue, pertanto, che egli -ove avesse ritenuto che la proposizione di tale questione integrasse una ‘opposizione agli atti (art. 617 cod. proc. civ.)’, come tale ‘ricorribile solo per Cassazione e non in appello, come sostenuto con il primo motivo del presente ricorso -avrebbe dovuto scindere ‘ illico et immediate ‘ i rimedi impugnatori, e non dolersi
oggi, per giunta ‘ secundum eventum litis ‘, dell’irritualità del mezzo di impugnazione da esso stesso prescelto.
Da quanto illustrato, dunque, emerge che essendo stato l’COGNOME ad aver proposto l’appello , risultando, sul punto della sua ammissibilità, vittorioso, non può, oggi, dolersi di una decisione che, ipoteticamente, si è risolta a suo vantaggio.
D’altra parte, il difetto di interesse ad impugnare sussiste in relazione a tale motivo -anche sotto altro profilo: s e l’appello era inammissibile e, quindi, questa Corte dovesse considerare fondato il motivo oggi proposto, ciò si risolverebbe a svantaggio dello stesso ricorrente, posto che si dovrebbe dichiarare l’ inammissibilità del gravame, ai sensi dell’art. 382, comma 3, cod. proc. civ., con conseguente pregiudizio per l’COGNOME.
8.1.2. Il motivo, comunque, è privo di fondamento.
È, infatti, sufficiente considerare le conclusioni prese dallo stesso COGNOME in sede di riassunzione, dopo la declinatoria di competenza (pag. 18 del ricorso), per evidenziare che il giudizio riassunto aveva ad oggetto la contestazione del diritto di procedere ad esecuzione, in quanto si assumeva che il titolo non potesse spiegare efficacia, in ragione dell’esistenza della posizione agraria rivendicata dall’COGNOME. D’altro canto , lo stesso tenore della decisione impugnata evidenzia che la decisione tanto ha avuto, effettivamente, ad oggetto.
8.2. I motivi secondo, terzo e quarto -suscettibili di scrutinio unitario (salvo quanto si rileverà, aggiuntivamente, per il terzo motivo), giacché ipotizzano tutti una ‘incompetenza’ della RAGIONE_SOCIALE a pronunciarsi su questioni da devolvere , invece, al giudice dell’esecuzione sono anch’essi inammissibili.
8.2.1. Va, invero, premesso che -come si legge a pag. 13 dello stesso ricorso -è stato proprio il medesimo NOME COGNOME, nel proporre l’opposizione esecutiva, a concludere, sebbene ‘in via gradata’, affinché l’adito giudicante volesse ‘rimettere’ all’e same della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del Tribunale di Taranto, ove ne avesse ravvisato la competenza, ‘le questioni sollevate e censurate nella presente opposizione ex artt. 615 e 617 cod. proc. civ.’, nonché ad aver riassunto il giudizio innanz i a tale autorità (cfr. pag. 19 del ricorso).
Non si comprende, dunque, a che titolo egli oggi possa far valere un’incompetenza come si vedrà appena di seguito -mai formalmente eccepita.
Se è vero, infatti, che egli non avrebbe potuto proporre regolamento di competenza ex art. 42 cod. proc. civ. avverso il provvedimento con cui il giudice dell’opposizione aveva declinato la propria competenza in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del Tribunale di Taranto (Cass. Sez. 3, ord. 21 aprile 2010, n. 9511, Rv. 612778-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 22 aprile 2020, n. 8044, Rv. 657580-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 24 giugno 2020, n. 12378, Rv. 65802901), del difetto di competenza di quest’ultima l’COGNOME avrebbe dovuto dolersi almeno con l’appello, ciò che assume di aver fatto, secondo quanto afferma nel ricorso nell’ultimo capoverso di pag. 23 e nel primo capoverso di pag. 24. Ivi, infatti, si legge che ‘nel proposto appello’, egli ebbe a lamentare ‘che i Giudici delle SSA del Tribunale di Taranto ingiustamente e in violazione delle norme sulla competenza avevano deciso sul quomodo procedere all’esecuzione, decisione, quest’ultima, di competenza esclusiva del Giudice dell’Esecuzione e non della RAGIONE_SOCIALE Sp ecializzata RAGIONE_SOCIALE‘.
Tuttavia, la sentenza impugnata non dà conto della proposizione di una simile censura, sicché i motivi di ricorso in esame difettano di specificità, non avendo il ricorrente provveduto
ad indicare -né direttamente, né indirettamente -il contenuto dell’atto di appello.
In ogni caso, insistendo nel difetto di competenza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l’COGNOME deduce, inammissibilmente, tale questione, ormai preclusa a seguito della riassunzione e che, semmai, avrebbe potuto rilevarsi solo con l’elevazione di un conflitto ex art. 45 cod. proc. civ. da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del Tribunale tarantino.
Quanto, poi, alla censura -oggetto, in particolare, del terzo motivo di ricorso -secondo cui la sentenza impugnata, nel confermare il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva della società RAGIONE_SOCIALE, avrebbe violato il principio secondo cui ‘ adfirmandi incumbit probatio ‘, è sufficiente rilevare che essa, per contro, si è correttamente richiamata ad un principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte. Difatti, se è vero che ‘la titolarità attiva del credito va provata dall’attore, e che l’eccezione di difetto di titolarità attiva del diritto è rilevabile d’ufficio’ (Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2951, Rv. 63837101), tuttavia ‘è anche vero’ (cfr. §§ 55 e 56 dei «Motivi della decisione») ‘che l’onere di allegazione e prova, da parte dell’attore, della titolarità del credito fatto valere in giu dizio si considera assolto (e quindi il convenuto non può più eccepire il difetto di titolarità attiva dell’obbligazione) in due casi: a) quando il convenuto svolge difese incompatibili con la contestazione della titolarità del credito; b) quando il convenuto non contesta (art. 115 cod. proc. civ.) la titolarità del credito, salva però in quest’ultimo caso la facoltà del giudice di ritenerla comunque insussistente sulla base di altre e diverse prove’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 23 marzo 2022, n. 9439, Rv. 664451-01).
8.3. Il quinto motivo è anch’esso inammissibile , sotto più profili.
8.3.1. In via generale va rilevato che inammissibile è la censura relativa alla (non meglio precisata) violazione di norme di diritto.
Deve, infatti, ribadirsi che ‘l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura’, non solo ‘di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione’, ma anche ‘di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastino col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’ (Cass. Sez. Un. , sent. 28 ottobre 2020, n. 23745, Rv. 659448-01).
Quanto, invece, alla censura di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, l’inammissibilità discende a norma dell’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ. -dalla constatazione che il ricorrente non si doveva limitare a dedurre quale fossero i fatti ‘omess i ‘ e la loro (supposta) ‘decisività’, ma pure il ‘dato’, testuale o extratestuale, da cui essi risultino esistenti, nonché il ‘come’ e il ‘quando’ tal i fatti siano stati oggetto di discussione processuale (cfr., Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8054, Rv. 629831-01; in senso conforme, tra le più recenti, Cass. Sez. 3, sent. 11 aprile 2017, n. 9253, Rv. 643845-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 10 agosto 2017, n. 19987, Rv. 645359-01).
In relazione, poi, al difetto di competenza della RAGIONE_SOCIALE valgono i rilievi già svolti nello scrutinare i motivi che precedono , mentre quanto alla ‘omissione’ in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, deve rilevarsi quanto segue.
Nella specie ricorre l’ipotesi del cd. ‘assorbimento improprio’, sussistente ‘quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande’, sicché ‘l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa’ (Cass. Sez. 1, ord. 1 2 novembre 2018, n. 28995, Rv. 651580-01; in senso analogo Cass Sez. Lav., sent. 22 giugno 2020, n. 12193, Rv. 658099-01).
Si tratta di principi ribaditi, ancora di recente, da questa Corte, secondo cui è ‘configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza ‘, con la conseguenza ‘che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto
di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività’ (C ass. Sez. 3, ord. 8 maggio 2023, n. 12131, Rv. 667614 -01).
Nella specie alcuna violazione di legge o carenza di motivazione può addebitarsi alla sentenza impugnata, la quale ha escluso la necessità di pronunciarsi sulla validità ed efficacia del contratto di subaffitto, sul corretto presupposto che di tale questio ne si sarebbe dovuto controvertere nel giudizio all’esito del quale ebbe a formarsi il titolo giudiziale poi mandato ad esecuzione, non potendo configurarsi il diritto da esso nascente come ‘fatto sopravvenuto’ alla formazione di detto titolo , deducibile c on il mezzo dell’opposizione esecutiva (da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 22 marzo 2023, n. 8220, Rv. 667362-01).
8.4. Infine, il sesto motivo non è fondato.
8.4.1. In disparte, infatti, il rilievo che non è dato comprendere come e perché il valore del giudizio di opposizione all’esecuzione d ebba correlarsi al contrato di affittanza agraria eccepita, piuttosto che alla pretesa consacrata nel titolo (sul cui valore, peraltro, parte ricorrente nulla dice), deve osservarsi che è stato il medesimo COGNOME -come rileva la controricorrente -ad indicare, in appello, il valore della controversia, come compreso tra € 52.000,00 ed € 260.000,00 . Ne consegue che la liquidazione, a titolo di compensi, dell’importo di € 9.515,00 risulta inclusa tra il minimo e il medio del suddetto scaglione di riferimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.
Non sussistono i presupposti per applicare l’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., come da richiesta della controricorrente.
10.1. Va premesso, invero, che lo scopo di tale norma è quello di sanzionare una condotta ‘oggettivamente valutabile alla stregua di «abuso del processo»’ (‘ ex multis ‘, Cass. Sez. 3, sent. 30 marzo 2018, n. 7901, Rv. 648311-01; Cass. Sez. 2, sent. 21 novembre 2017, n. 27623, Rv. 646080-01), e, dunque, nel giudizio di legittimità, di uso indebito dello strumento impugnatorio. Siffatta evenienza, tuttavia, è stata ravvisata in casi – a nessuno dei quali può ricondursi quello presente, almeno in relazione a tutte le censure formulate – o di vera e propria ‘giuridica insostenibilità’ del ricorso (Cass. Sez. 3, sent. 14 ottobre 2016, n. 20732, Rv. 642925-01), ‘non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate’ con lo stesso (così, Cass. Sez. Un., sent. 20 aprile 2018, n. 9912, Rv. 648130-02), ovvero in presenza di altre condotte processuali – al pari indicative dello ‘sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali’, e suscettibili, come tali, di determinare ‘un ingiustificato aumento del contenzioso’, così ostacolando ‘la ragionevole durata dei processi pendenti e il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione’ – quali ‘la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata o completamente privo di autosufficienza oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia o, ancora, fondato sulla deduzione del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., ove sia
applicabile, « ratione temporis », l’art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ., che ne esclude l’invocabilità’ (Cass. Sez. 3, ord. 30 aprile 2018, n. 10327, Rv. 648432-01).
A carico del ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, a RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 6.000,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della