Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24753 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24753 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12369/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di FIRENZE n. 10867/2017 depositato il 29/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Presidente NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME chiese di essere ammesso al passivo del fallimento di NOME COGNOME, con prelazione ipotecaria, per un credito portato da un anteriore decreto ingiuntivo del Tribunale di Firenze, non opposto e dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ .
Il credito non fu ammesso e l’istante propose opposizione ai sensi dell’art. 98 legge fall.
Il T ribunale di Firenze ha respinto l’opposizione sul fondamentale rilievo che il curatore, da considerarsi terzo , aveva eccepito l’esistenza di un accordo collusivo tra le parti, atteso (anche) lo stretto legame tra esse ( l’uno cognato dell ‘altra ).
Il curatore, in particolare, non aveva messo in discussione la validità formale e l’ efficacia del provvedimento monitorio, ma aveva dedotto che il decreto (come poi l’ipoteca) era stato frutto di un disegno fraudatorio volto a pregiudicare le ragioni dei creditori.
Ciò stante il tribunale ha ritenuto che ‘s ulla scorta della causa petendi sopra individuata e delle conseguenti richieste della curatela l’istituto giuridico applicabile al caso concreto quello dell’opposizione di terzo revocatoria prevista dall’art 404 II comma c.p.c. proposta in via di eccezione ‘ , norma applicabile anche al decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ. In questo senso il tribunale ha stabilito che in effetti la curatela non aveva
fatto richiamo di tale istituto, ma di quelli -non pertinenti -disciplinati dagli artt. 64, 66 e 1414 cod. civ.; i quali tuttavia non potevano trovare applicazione essendo relativi alla revocatoria o alla simulazione degli atti negoziali. Ha aggiunto che la domanda era stata da tal punto di vista erroneamente respinta dal giudice delegato sulla base dell’art. 395 cod. proc. civ. , poiché la controversia non poteva dirsi rientrare nell’ambito dei casi previsti da tale norma per la revocazione della sentenza, non essendosi dinanzi a un caso di dolo di una delle parti in danno dell’altra, sebbene di dolo di entrambe in danno dei creditori (e del fallimento in quanto terzo espressione della massa).
Ne ha tratto che la domanda avrebbe dovuto essere sì respinta (come pure l’opposizione al passivo) , ma in corretta applicazione del combinato disposto degli artt. 404 e 656 cod. proc. civ., sussistendo nel giudice il potere-dovere di interpretare il titolo al fondo della controversia applicando una norma diversa da quelle invocate dalla parte, in base al principio iura novit curia e fermi rimanendo -come nella specie – il petitum e la causa petendi .
NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto, deducendo due motivi.
Il Fallimento ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I. -Col primo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione degli artt. 99 legge fall., 24 e 111 cost., 6 Cedu, 404, 656, 325, 326, 112 e 113 cod. proc. civ., il ricorrente censura la decisione perché il curatore mai aveva invocato, neppure in via d’eccezione l’art. 404 , secondo comma, cod. proc. civ. né le circostanze riferibili a tale norma; invero l’eccezione era stata sollevata solo con la memoria di riepilogativa di replica dinanzi al tribunale; donde la curatela si sarebbe dovuta considerare decaduta dal diritto di sollevarla in forza delle preclusioni di cui agli artt. 324 e 326 stesso codice. In questo senso la decisione del tribunale si sarebbe distinta per ultrapetizione.
Con il secondo motivo , deducendo l’omesso esame di fatti decisivi e la violazione o falsa applicazione dell’art. 404 cod. proc. civ., il ricorrente lamenta che la motivazione del decreto sarebbe erronea e incomprensibile quanto al merito, essendo il decreto basato su asserzioni indimostrate a fronte di circostanze di fatto e prove documentali non adeguatamente valutate.
II. – Il primo motivo è fondato, sebbene nel più articolato senso che segue, e tanto assorbe le doglianze di cui al secondo.
III. – La questione processuale al fondo della causa presupponeva la soluzione di due problemi.
Il primo era (ed è) quello della possibilità di svolgere o meno, in via di mera eccezione, all’interno del procedimento di insinuazione fallimentare, l’opposizione di terzo revocatoria .
Il secondo era (ed è) quello della possibilità o meno di configurare il profilo afferente come di mera qualificazione giuridica, una volta appurato che -lo dice lo stesso tribunale -non all’opposizione di terzo, ma all ‘azione revocatoria, la curatela si era riferita onde paralizzare l’altrui pretesa; e una volta stabilito che il giudice delegato, non de ll’opposizione di terzo ma della revocazione ex art. 395 cod. proc. civ. aveva ravvisato il presupposto onde respingere a sua volta la domanda di insinuazione tardiva; revocazione, tuttavia, pacificamente inapplicabile per mancato riscontro delle circostanze di fatto.
IV. – Il tribunale ha dato risposta affermativa a entrambi i quesiti. Ha dato questa risposta perché era stato prospettato un accordo collusivo (di cui ha ritenuto integrata la prova) tra COGNOME e la fallita COGNOME in danno della massa, accordo tale da creare le condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo con successiva iscrizione ipotecaria .
Il tribunale ha rilevato che la curatela, invocando tale accordo, ‘ non in discussione la formale validità ed efficacia del provvedimento monitorio’ , ma ne aveva dedotto la funzione in frode a danno delle ragioni del Fallimento, da considerare come soggetto terzo espressione della massa dei creditori di una delle parti. Per cui la
sottostante questione era da ravvisare come implicante i profili qualificatori dell’eccezione prospettata , avendo in generale il giudice (e quindi anche il giudice dell’opposizione al passivo) il potere -dovere ‘di interpretare il titolo su cui si fonda la controversia e di applicare una norma diversa da quella invocata dalla parte interessata lasciando inalte rati sia il petitum che la causa petendi’.
La conclusione non può esser condivisa da nessun punto di vista.
V. -Innanzi tutto non può discorrersi in un caso del genere di mera qualificazione giuridica del rimedio prospettato dalla parte.
Dallo stesso decreto risulta che la curatela aveva invocato i rimedi negoziali (la revocatoria e la simulazione), chiaramente finalizzati a ottenere il diniego di ammissione in base al principio di inefficacia relativa del titolo.
Tale principio implica una ben diversa causa petendi rispetto a quella al fondo dell’opposizione di terzo revoca toria, notoriamente finalizzata, invece, non alla mera declaratoria di inefficacia relativa ma alla vera a propria eliminazione del titolo che ne costituisce oggetto.
E difatti la sentenza che accoglie l’opposizione di terzo revocatoria proposta avverso una sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva, ovvero avverso un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ., non comporta soltanto l’inefficacia di quel provvedimento nei confronti del terzo opponente, mantenendolo invece fermo (come per il caso dell’azione revocatoria ordinaria o fallimentare di un atto negoziale) nel rapporto tra le parti originarie, ma la sua totale eliminazione nei confronti delle parti del processo originario, con effetto riflesso e consequenziale nei confronti del terzo opponente (cfr. Cass. Sez. 3 n. 24631-15).
L’accoglimento dell’opposizione di terzo, cioè, anche se normalmente produce l’effetto di evitare che il provvedimento impugnato arrechi pregiudizio al terzo, estende necessariamente la sua efficacia anche nei riguardi delle parti del giudizio originario (v. anche
Cass. Sez. 2 n. 6261-09, Cass. Sez. 2 n. 833-93, Cass. Sez. 3 n. 432488).
Ne consegue che quella in esame non era una questione di qualificazione giuridica, ma di vera e propria corretta identificazione del rimedio esperibile.
Non rientra nei poteri del giudice, e integra il vizio di ultrapetizione, respingere una domanda di insinuazione al passivo ritenendo sussistente il presupposto d i un’ opposizione di terzo revocatoria (destinata a eliminare il titolo giudiziale) non promossa dalla parte legittimata, ove questa parte, invece, abbia semplicemente (e peraltro in via di eccezione) invocato la sola revocatoria del decreto ingiuntivo ex art. 64 e 66 legge fall., ovvero la sua simulazione ex art. 1414 cod. civ., sull’errat a tesi di una possibile estensione di tali istituti al di là degli atti negoziale.
VI. – Dopodiché il provvedimento del tribunale fiorentino è errato in apicibus , dal momento che ipotizza che l’opposizione di terzo revocatoria possa essere promossa mediante una semplice eccezione nell’ambito del procedimento di verifica dei crediti (o nella fase dell’opposizione), anziché attraverso il rito a essa riferibile.
L’assunto è correlato a una sorta di simil itudine con le cd. facoltà di revocatoria in via breve.
L’art. 95, primo comma, legge fall. prevede -come noto – la possibilità del curatore di sollevare eccezioni per ‘ fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere ‘, nonché ‘ l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione ‘.
Ma vi è che ogni similitudine a tal riguardo è resa inammissibile dal rilievo che l’opposizione di terzo revocatoria non rappresenta un fatto estintivo, modificativo e impeditivo del diritto, né ha come funzione quella di giungere all’inefficacia del titolo su cui è fondato il credito o la prelazione. L’opposizione di terzo revocatoria si configura come un’ impugnazione straordinaria, ed è proponibile dal creditore di una
delle parti avverso un provvedimento giudiziale (la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva o -art. 656 cod. proc. civ. – il decreto ingiuntivo munito di esecutività ex art. 647 cod. proc. civ.) quando sia l’effetto di dolo o collusione a suo danno, col ben diverso obiettivo di eliminare il titolo in sé.
In questo senso da tempo si sottolinea, anche in dottrina, la natura ‘necessaria’ dell’opposizione di terzo revocatoria , a differenza di quella ordinaria.
L ‘opposizione di te rzo ordinaria (art. 404, primo comma, cod. proc. civ.) è solo facoltativa, perché è uno strumento offerto a chi non è vincolato dal giudicato tra parti diverse; sicché quel terzo, ove si ritenga pregiudicato, ha sempre la possibilità di raggiungere lo stesso risultato dell’opposizione di terzo ordinaria con un’azione autonoma parimenti ordinaria.
Non è così per l’opposizione di terzo revocatoria.
L’opposizione di terzo revocatoria è in vero l’unico strumento che ha a disposizione chi (avente causa o creditore di una delle parti) voglia sottrarsi all’efficacia della sentenza (o del decreto ingiuntivo esecutivo ex art. 647 cod. proc. civ.) allegando l’esistenza della collusione tra le parti a suo danno.
Ed è quindi uno strumento necessario alla luce del principio cd. di autoresponsabilità di cui è espressione l’onere d’impugnazione .
Ciò comporta che il dolo o la collusione non possono essere spesi dal terzo in via incidentale o in via di semplice eccezione per difendersi nel corso di un successivo processo, quale che sia, rispetto a un titolo coperto da giudicato.
Né quindi possono esserlo dalla curatela del fallimento di una delle parti mediante eccezione svolta nell’ambito del giudizio di verifica del credito fondato sul titolo divenuto irrevocabile, essendo invece il curatore tenuto, in questi casi, a proporre l’opposizione di terzo revocatoria nei modi e nei termini stabiliti dagli artt. 656, 404, secondo comma, 405, 325 e 326 cod. proc. civ.
E’ doveroso sottolineare che tali norme subordinano, tra l’altro, l’ammissibilità della opposizione di terzo revocatoria all’osservanza di termini perentori, decorrenti dal giorno della scoperta del dolo e della collusione in danno del terzo e della relativa prova, essi stessi da indicare nell’atto introduttivo del relativo giudizio sotto pena di nullità ex art. 156 cod. proc. civ. (v. in generale Cass. Sez. 2 n. 11259-11).
VII. -Il profilo trova corrispondenza nella regola desumibile dall’art. 96 legge fall. quanto ai crediti accertati con sentenza non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento.
In tali casi il curatore, se non vuole ammettere il credito, deve proporre il giudizio di impugnazione.
La regola costituisce evoluzione di quella di cui al vecchio art. 95, terzo comma, legge fall.
In condivisione di quanto affermato dalla dottrina tradizionale, deve riconoscersi in tale regola un’espressione di disciplina applicabile anche al caso del credito risultante da sentenza passata in giudicato, o da decreto ingiuntivo irrevocabile, quando ricorrano gli estremi per le impugnazioni straordinarie contro il provvedimento (artt. 396 e 404, secondo comma, cod. proc. civ.).
VIII. -Il decreto del Tribunale di Firenze va quindi cassato.
Segue il rinvio al medesimo tribunale, in diversa composizione, per nuovo esame.
Il tribunale si uniformerà ai principi esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il primo motivo nei sensi di cui in motivazione, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Firenze anche per le spese del giudizio di cassazione.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione