Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15398 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15398 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15796/2021 R.G. proposto da :
COMUNE DI PALERMO, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME e COGNOMEcontroricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 421/2021 depositata il 18/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.il Comune di Palermo ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Palermo, n.421 del 2021.
Con questa sentenza è stata dichiarata inammissibile l’opposizione di terzo, proposta dal ricorrente ai sensi dell’art. 404 c.p.c., contro la sentenza n.1813 del 2014 emessa dalla stessa Corte di Appello e passata in giudicato, confermativa della sentenza del Tribunale di Palermo con cui erano state accolte le domande della RAGIONE_SOCIALE di risoluzione del contratto di affitto di azienda intercorso tra la stessa società e NOME COGNOME e di condanna di quest’ultimo a restituire alla attrice l’azienda.
Con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello, osservato che il Comune aveva dedotto di essere pregiudicato dalla sentenza opposta in quanto proprietario dell’area su cui insisteva il bene aziendale principale -un chiosco bar, osservato che l’opposizione di terzo può essere proposta da chi vanta un diritto autonomo e incompatibile con quello accertato o costituito dalla sentenza opposta, ha ritenuto che la posizione proprietaria vantata dal Comune non fosse incompatibile con l’accertato diritto della Mondello RAGIONE_SOCIALE alla restituzione del bene, essendo questo diritto fondato sul contratto di affitto e non su una situazione proprietaria.
La Corte di Appello, dopo aver dichiarato l’opposizione inammissibile, ha aggiunto che ‘l’opposizione del Comune si sostanzia come domanda di rivendica ex art. 948 c.c.’ e, in relazione a questa domanda, ha evidenziato che, con altre sentenze passate in giudicato della stessa Corte di Appello -n.1136/2013; n.28/2005; n.876/2009; n.2039/2009; n.2040/2009, era stato accertato che l’area su cui insisteva il bar era di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE. La Corte di Appello ha poi affermato che il Comune non aveva assolto all’onere di provare che l’area fosse di sua proprietà essendosi limitato a produrre una serie di atti da cui risultava che, al contrario, l’area,
già facente parte del demanio dello Stato, era stata dallo Stato trasferita in proprietà alla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘. Né, ha aggiunto la Corte di Appello, poteva avere rilievo il fatto che al catasto l’area fosse intestata al Comune posta la insufficienza delle risultanze catastali rispetto all’assolvimento dell’onere rigoso di prova della proprietà, gravante sul Comune rivendicante. La Corte di Appello ha infine statuito che la tesi del Comune per cui l’area sarebbe stata parte del demanio stradale Comunale contrastava con la sentenza definitiva n.1136 del 2013 con la quale era stato accertato che l’area non era demaniale ma era di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e che identico accertamento era contenuto anche in altre sentenze della stessa Corte di Appello;
2.la società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
3.NOME COGNOME, la srl RAGIONE_SOCIALE e l’Assessorato Regionale all’Agricoltura Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea sono rimasti intimati;
4.la controricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta falsa applicazione art.404 c.p.c. Si deduce che la Corte territoriale ha errato nel dichiarare inammissibile l’opposizione del Comune;
2.con il secondo motivo di ricorso si lamenta falsa applicazione art.2909 c.c. e degli artt. 24 e 111 Cost. e ‘mancata applicazione’ degli artt. 1346 e 1418 c.c.
Si deduce che la Corte territoriale ha errato nell’affermare che la sentenza della Corte di Appello di Palermo n.1136 del 2013, con cui era stato dichiarato che l’area in questione ‘non è un bene demaniale’ ma è un bene ‘di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE, aveva effetto di giudicato nei confronti del Comune, posto che tale sentenza non era stata pronunciata nel contraddittorio del Comune;
3.con il terzo, articolato motivo di ricorso si lamenta, in primo luogo, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per avere la Corte territoriale fatto riferimento a precedenti proprie sentenze -ulteriori rispetto alla sentenza n.1136/2013 e precisamente alle sentenze nn.28/2005, 876/2009, 2039/2009 e 2040/2009affermando che da esse era dato evincere che l’area in questione era un bene ‘di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE. Si deduce che nessuna delle sentenze richiamate dalla Corte di Appello poteva avere rilievo rispetto al Comune, estraneo ai giudizi nei quali le sentenze erano state rese.
Con il motivo in esame si lamenta, in secondo luogo, violazione dell’art. 132, secondo comma, n.4. c.p.c. Si deduce che la sentenza è motivata in modo solo apparente per avere la Corte di Appello ignorato ‘documenti decisivi quali la concessione del 1911 Comune di Palermo/soc. Mondello; il regolamento edilizio all’epoca vigente; i verbali di consegna’.
La doglianza si lega a quella con cui si lamenta, in terzo luogo, in riferimento all’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c., l’omesso esame degli stessi documenti.
Con il motivo in esame si lamenta, in quarto luogo, violazione dell’art. 94 della legge 2359 del 1865 secondo cui ‘Se per la esecuzione del piano di ampliamento il Comune deve procedere alla costruzione delle vie pubbliche, i proprietari saranno obbligati a cedere il terreno necessario, senz’altra formalità. Il relativo compenso sarà determinato secondo gli artt. 39, 40 e 41, salvi quei concorsi nelle opere di sistemazione e di conservazione delle vie che dai regolamenti locali fossero per questo caso speciale imposti’;
4.con il quarto motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione e mancata applicazione dell’art. 22 della legge 2248 del 1865 all. F. e dell’art. 934 c.c.’. Si deduce che la Corte territoriale avrebbe
dovuto presumere la demanialità dell’area ai sensi dell’art. 22 cit. e la demanialità del chiosco ai sensi dell’art. 934 c.c.
in relazione ai primi tre motivi di ricorso, valgono le seguenti considerazioni.
L’affermazione – censurata con il primo motivo di ricorso – di inammissibilità dell’opposizione di terzo proposta dal Comune contro la ricordata sentenza n.1813 del 2014 è errata. La Corte di Appello, ritenendo che il Comune – il quale aveva dedotto di essere pregiudicato dalla sentenza opposta in quanto proprietario dell’area su cui insisteva il chiosco bar e che era stata concessa dallo stesso Comune in uso allo COGNOME -vantasse una posizione non incompatibile con l’accertato diritto della Mondello Immobiliare alla restituzione del bene essendo questo diritto fondato sul contratto di affitto e non su una situazione proprietaria, si è posta in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui, ‘qualora il locatore di cosa altrui agisca contro il conduttore per conseguire, attraverso lo sfratto, la restituzione del bene, al proprietario, in quanto titolare del diritto di possedere e godere il bene medesimo in via esclusiva, deve riconoscersi la facoltà non solo di fare opposizione di terzo, ai sensi dell’art 404 cod. proc. civ., avverso la sentenza che provvedendo su detta domanda pregiudichi il suo diritto, ma anche di partecipare al procedimento in corso con intervento autonomo ad excludendum , ai sensi dell’art 105 primo comma cod proc civ, per ottenere nei confronti di entrambi i contendenti una pronuncia che gli riconosca l’indicato diritto’ (Cass. n. 4255 del 22/09/1978; Cass. n.3251/57). Questa giurisprudenza è riferita alla locazione ma, tenuto conto del fatto che ex art. 1615 c.c. l’affitto è una locazione che ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, è estensibile anche all’ ipotesi di affitto.
L’affermazione della Corte di Appello per cui la sentenza n.1136 avrebbe accertato definitivamente la proprietà della Mondello
Immobiliare sull’area in questione – affermazione censurata con il secondo motivo di ricorso è errata. L’art. 2909 c.c. stabilisce che ‘L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa’. La sentenza n.1136/2013 è stata resa in giudizio di cui sono state parti la RAGIONE_SOCIALE, l’Assessorato Agricoltura e Foreste e Territorio e Ambiente della Regione Siciliana, l’Agenzia delle Entrate, NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ma non il Comune di Palermo.
Per ragioni identiche a quelle appena espresse rispetto al riferimento fatto dalla Corte di Appello alla sentenza n.1136/2013 è errato il riferimento fatto dai giudici di secondo grado – e censurato con il terzo motivo di ricorso -alle sentenze nn.28/2005, 876/2009, 2039/2009 e 2040/2009.
La Corte di Appello – come dedotto appunto con il terzo motivo di ricorso – non ha dato conto di aver valutato il regolamento edilizio della Città di Palermo del 1889, segnatamente l’art. 109 di detto regolamento, che il ricorrente ha ricordato essere stato prodotto tempestivamente in causa per estratto- a mente del quale -come riportato a pagina 25 del ricorso nel caso di ‘ ampliamenti di iniziativa privata’ quale fu quello demandato alla società RAGIONE_SOCIALE de Palerme, ‘… dal giorno della sistemazione della via i frontisti ne dovranno curare la regolare illuminazione, manutenzione e la nettezza … finché la via non venga consegnata al Municipio. Quando gli edifici sono tutti compiuti e dichiarati abitabili, il proprietario concedente o i frontisti potranno consegnare la via al Municipio perché venga compresa nel numero delle strade comunali e siano dallo stesso assunti la manutenzione e gli altri servizi. A tal fine sarà fatta cessione della proprietà del terreno e delle opere stradali in perfetto stato d’integrità …’.
Né la Corte di Appello ha dato conto di avere valutato per intero la concessione del 1911 tra il Comune di Palermo e la stessa società
Les RAGIONE_SOCIALE de Palerme: la Corte di Appello ha menzionato la concessione ricordando che con essa la società otteneva di poter provvedere alla ‘costruzione e esercizio di linee tranviarie’ e si impegnava a realizzare su parte dell’area acquistata dal Demanio, varie strutture (un hotel, uno stabilimento balneare; una chiesa; villini), a sistemare una spiaggia ed alla ‘costruzione di strade e marciapiedi’. La Corte di Appello non ha tuttavia dato conto di aver valutato che nella concessione, come risulta dal ricorso, era espressamente richiamato il regolamento edilizio del 1989 e il relativo art. 109. Il dato trascurato appare, come evidenziato dal Comune, potenzialmente decisivo rispetto alla affermazione della Corte di Appello per cui i verbali di consegna del 1929 e del 1930 attestavano solo ‘la consegna come atto materiale n eutro’ e non il passaggio di proprietà;
in conclusione il primo, il secondo e, nei limiti di cui al precedente punto 5., il terzo motivo di ricorso, devono essere accolti e la sentenza impugnata deve essere cassata con assorbimento delle restanti censure formulate con il terzo motivo e del quarto motivo;
la causa deve essere rinviata alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese;
PQM
la Corte accoglie il primo, il secondo e, per quanto di ragione, il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbite le altre censure, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione.
Roma 4 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME