Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11961 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11961 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10424/2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elett.te domiciliato in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al controricorso;
-controricorrenti-
NOME NOME e BILLECI NOME;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n.1607/2017 depositata il 20.9.2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1) Con atto di citazione ex art. 404 comma 1° c.p.c., notificato a NOME COGNOME e NOME COGNOME il 17.12.2007, COGNOME NOME proponeva opposizione di terzo davanti al Tribunale di Palermo avverso l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità del 25.9.2007, che era stata emessa a favore delle convenute ed a carico dell’intimata COGNOME NOME, per il rilascio per la data del 29.1.2008 dell’immobile sito in Palermo, INDIRIZZO, dallo stesso Tribunale di Palermo. Sosteneva l’opponente che egli era proprietario del suddetto immobile (nel catasto fabbricati a foglio 48 particella 2204/1 e nel catasto terreni a foglio 48 particella 2205) in base all’atto di donazione a rogito del AVV_NOTAIO del 15.1.2007, trascritto il 31.1.2007 al n. 63, rep. n. 12594, racc. n.4784, per averlo ricevuto dai suoi genitori, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che a loro volta ne erano proprietari per usucapione ex art. 1158 cod. civ., e che aveva concesso in pari data in comodato alla madre COGNOME NOME una porzione dell’immobile adibita dai genitori a bar con licenza commerciale intestata alla RAGIONE_SOCIALE, ed al padre COGNOME NOME un’altra porzione adibita a rivendita di auto nuove ed usate, come da contratti prodotti. L’opponente sosteneva l’inesistenza e l’invalidità del contratto di locazione posto a base dell’ordinanza
di convalida di sfratto per morosità e concludeva per l’annullamento della stessa per l’inesistenza del presupposto del diritto di proprietà dell’immobile in capo alle intimanti; in subordine, chiedeva il riconoscimento in proprio favore della proprietà dell’immobile per usucapione, essendo egli succeduto ex art. 1146 comma 2° cod. civ. nel possesso dei propri genitori.
Nel giudizio così introdotto si costituivano COGNOME NOME e COGNOME NOME, che contestavano la tesi dell’opponente dell’inesistenza ed invalidità del contratto di locazione, sostenendo che erano proprietarie dell’immobile per successione mortis causa a COGNOME NOME in base al testamento olografo pubblicato il 18.12.2006; eccepivano l’inammissibilità dell’opposizione di terzo in quanto l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità, pronunciata in un giudizio al quale COGNOME NOME era rimasto estraneo, non poteva incidere negativamente sui pretesi diritti dominicali dell’opponente, ed in via riconvenzionale chiedevano di dichiarare la nullità dell’atto di donazione compiuto il 15.1.2007 da COGNOME NOME e COGNOME NOME in favore del figlio COGNOME NOME, in quanto avente ad oggetto la proprietà di beni non appartenenti ai donanti.
Integrato il contraddittorio nei confronti dei genitori dell’opponente, la COGNOME, che nel giudizio per convalida di sfratto era rimasta contumace, si costituiva all’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni, dichiarando di disconoscere la sottoscrizione del contratto di locazione concluso con COGNOME NOME posto a base dell’ordinanza di sfratto per morosità.
Il Tribunale di Palermo con la sentenza n. 43 del 12.6/12.7.2013, qualificata l’azione di NOME come opposizione ordinaria di terzo ex art. 404 comma 1° c.p.c., la respingeva con la motivazione che in alcun modo dall’esecuzione dell’ordinanza di sfratto per morosità poteva derivare un
nocumento al diritto dominicale dell’opponente, accoglieva la domanda riconvenzionale dichiarando la nullità della donazione compiuta in favore dell’opponente dai suoi genitori il 15.1.2007, per non avere essi provato di essere proprietari dell’immobile per usucapione ordinaria, e riteneva di non dare spazio all’accertamento della titolarità dell’immobile in capo a COGNOME NOME in quanto tale domanda era funzionale ad un’opposizione di terzo infondata ( rectius ritenuta inammissibile) ed in quanto l’opponente non aveva chiesto di provare il proprio possesso ad usucapionem, bensì solo quello dei suoi genitori.
Impugnata tale sentenza da NOME, con l’adesione dei suoi genitori, la Corte d’Appello di Palermo, nella resistenza delle intimanti, con la sentenza n. 1607 del 21.7/20.9.2017, confermava l’inutilizzabilità del rimedio dell’art. 404 c.p.c., ritenendo che l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità non incidesse sul diritto dominicale di COGNOME NOME e che il danno a lui derivante dall’esecuzione dell’ordinanza fosse un pregiudizio di mero fatto, non tutelabile con l’opposizione di terzo, escludeva conseguentemente l’esame delle questioni della falsità del contratto di locazione, del difetto di legittimazione di COGNOME NOME e COGNOME NOME a richiedere quali pretese eredi di COGNOME NOME la convalida di sfratto nei confronti dei genitori dell’opponente e dell’individuazione del bene oggetto di tale contratto; confermava la nullità dell’atto di donazione per difetto di prova dell’usucapione che sarebbe maturata in favore dei donanti, ritenendo generiche e compatibili con altri titoli di proprietà le prove testimoniali riproposte dall’appellante, con condanna dell’appellante alle spese processuali in favore delle intimanti, dichiarandole compensate tra l’appellante ed i suoi genitori.
Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 29.3.2018, NOME, affidato a
tre motivi, cui resistono con controricorso notificato il 2.5.2018 COGNOME NOME e COGNOME NOME, mentre sono rimasti intimati NOME e COGNOME NOME.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis .1 c.p.c. e le controricorrenti nella loro memoria hanno eccepito la tardività ed inammissibilità del ricorso perché notificato dopo la scadenza del termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata previsto dall’art. 327 c.p.c. nuova formulazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va respinta l’eccezione di tardività ed inammissibilità del ricorso sollevata dalle controricorrenti nella memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c., in quanto nel caso di specie, essendo stata proposta l’opposizione di terzo ordinaria nel 2007, e quindi in data anteriore al 4.7.2009, giorno previsto dall’art. 58 comma 1° della L. 18.6.2009 n. 69 per l’entrata in vigore con effetto del termine riformato sui giudizi introdotti in primo grado dopo quella data, il termine d’impugnazione applicabile era quello di un anno e non di sei mesi, e pertanto essendo stata pubblicata la sentenza impugnata il 20.9.2017 ed essendo stato notificato il ricorso il 29.3.2018, lo stesso deve ritenersi tempestivo.
Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n.3) c.p.c., la violazione e mancata applicazione dell’art. 404 comma 1° c.p.c.
Si duole il ricorrente che l’impugnata sentenza abbia confermato la decisione di primo grado in punto di inammissibilità dell’opposizione di terzo ex art. 404 comma 1° c.p.c. da lui proposta, con la motivazione che, data la diversità tra il titolo posto a base dell’ordinanza di convalida di sfratto per morosità (locazione) ed il titolo posto a base dell’opposizione di terzo
(proprietà del bene locato), l’ordinanza di convalida di sfratto emessa in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ed a carico di COGNOME NOME, non inciderebbe sul preteso diritto di proprietà di COGNOME NOME, qualificando di mero fatto il pregiudizio che allo stesso deriverebbe dall’esecuzione dell’ordinanza di convalida di sfratto per morosità e rilascio del bene immobile, non tutelabile con lo strumento dell’art. 404 comma 1° c.p.c.
Il primo motivo è fondato, in quanto l’impugnata sentenza ha considerato solo l’efficacia diretta dell’ordinanza di convalida di sfratto per morosità, che evidentemente va ad incidere sulle parti del giudizio in esso evocati (COGNOME NOME e COGNOME NOME, come locatrici, e COGNOME NOME, come conduttrice) e sulla sorte del contratto di locazione, cui è escluso il preteso diritto di proprietà di COGNOME NOME, ma non l’efficacia riflessa che dall’esecuzione di siffatta ordinanza inevitabilmente deriva al preteso ed incompatibile diritto dominicale del ricorrente.
Premesso che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 297/1985 del 25.10.1985, nel solco della precedente sentenza n. 167 del 7.6.1984 (riferita all’ordinanza di convalida di sfratto per finita locazione per la mancata comparizione dell’intimato, o per la mancata opposizione dell’intimato pur comparso), ha accolto, proprio in relazione all’ordinanza di convalida di sfratto per morosità, la questione di legittimità costituzionale che era stata sollevata avverso l’art. 404 c.p.c. per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedeva l’utilizzabilità del rimedio contro tale ordinanza perché non avente forma di sentenza passata in giudicato, o comunque esecutiva, come indicato dal primo comma di quell’articolo, si deve ritenere che l’interpretazione data dall’impugnata sentenza all’art. 404 c.p.c. non sia conforme alla lettura critica di tale
norma fornita dalla sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione n. 1238 del 23.1.2015 e dal più recente orientamento espresso in conformità dalla Suprema Corte (Cass. 29.2.2024 n. 5442; Cass. ord. 20.7.2022 n. 22710; Cass. n. 37847/2021; Cass. n.9720/2020; Cass. n. 21641/2019; Cass. n.4528/2019; Cass. n.29850/2018; Cass. n. 7041/2017), al quale questo Collegio ritiene di uniformarsi, condividendone l’impostazione.
La citata sentenza delle sezioni unite ha evidenziato che il rimedio dell’opposizione di terzo ordinaria dell’art. 404 comma primo c.p.c. non è offerto solo al litisconsorte necessario pretermesso, ma anche al terzo che assuma di essere titolare di un diritto autonomo ed incompatibile coi diritti delle parti destinatarie del provvedimento giudiziale opposto (nella specie l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità), che dall’esecuzione dello stesso subirebbe un inevitabile pregiudizio giuridico e non di mero fatto.
Nel caso in esame COGNOME NOME, nell’atto di opposizione di terzo ordinaria, ha assunto di essere proprietario dell’immobile per il quale è stato convalidato il 25.9.2007, a favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, lo sfratto per morosità della conduttrice COGNOME NOME, sulla base della donazione ricevuta da quest’ultima e dal padre COGNOME NOME per atto del AVV_NOTAIO dell’anteriore data del 15.1.2007, trascritto il 31.1.2007 al n. 63, assumendo la proprietà del suddetto immobile in capo ai suoi genitori per usucapione ordinaria ex art. 1158 cod. civ., e quindi per un titolo autonomo ed incompatibile con il diritto di proprietà per successione testamentaria derivante dalle intimanti dal de cuius COGNOME NOME e dalle stesse posto a base della loro legittimazione onde far valere contro COGNOME NOME il contratto di locazione a suo tempo concluso da COGNOME NOME per il quale, nella contumacia della conduttrice, era intervenuto lo
sfratto per morosità. Nel contempo NOME ha invocato la propria successione nel possesso esercitato dai genitori sull’immobile oggetto di causa ai sensi dell’art. 1146 comma 2° cod. civ., che consente al successore a titolo particolare (e quindi anche al donatario) di unire il proprio possesso a quello del suo autore (nella specie i genitori donanti) per goderne gli effetti e a conferma di tale possesso ha prodotto e invocato anche i contratti coi quali subito dopo il preteso acquisto della proprietà del bene, aveva concesso in comodato alla madre, COGNOME NOME, una porzione dell’immobile adibita a bar, con licenza commerciale intestata alla RAGIONE_SOCIALE, e al padre, COGNOME NOME, un’altra porzione adibita a rivendita di auto nuove ed usate.
Sia il diritto di proprietà dell’immobile oggetto di causa, acquistato a titolo derivativo, per donazione, dai genitori, prima della convalida di sfratto per morosità, ed asseritamente corroborato dalla prova della proprietà di esso che i genitori avrebbero acquisito a titolo originario per usucapione ordinaria (trasferendo poi al figlio il possesso del bene per goderne gli effetti), sia i diritti derivanti a COGNOME NOME dai contratti di comodato conclusi coi suoi genitori prima della decisione impugnata, costituiscono diritti autonomi rispetto a quelli fatti valere nel giudizio di cui all’ordinanza di convalida di sfratto per morosità, per cui COGNOME NOME non può neppure essere considerato come un avente causa delle parti del giudizio di convalida, in quanto tale legittimato a far valere solo l’opposizione di terzo revocatoria ex art. 404 comma 2° c.p.c. nell’ipotesi in cui il provvedimento impugnato sia l’effetto di dolo, o collusione in danno dell’opponente.
Nel contempo NOME non potrebbe tutelare i pretesi suoi diritti di proprietà e quelli connessi alla conclusione dei contratti di comodato coi genitori attraverso lo strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., giacchè rimedio
è offerto soltanto ai soggetti identificati nel titolo esecutivo come soggetti passivi dell’esecuzione e loro eredi, ed in base all’art. 602 c.p.c. ai terzi proprietari nell’esecuzione forzata, ma non nell’esecuzione per consegna o rilascio (vedi in tal senso Corte Cost. 7.6.1984 n.167). L’opponente pacificamente non è stato destinatario dell’ordinanza di convalida di sfratto per morosità, che ha fissato il rilascio del bene per il 29.1.2008, e l’esercizio di un’azione ordinaria di accertamento da parte del ricorrente intesa ad ottenere tutela dei propri diritti nei confronti delle intimanti, non potrebbe evitare nelle more gli effetti pregiudizievoli a lui derivanti dall’esecuzione dell’ordinanza di convalida di sfratto per morosità, anche se pronunciata in un giudizio al quale egli non ha preso parte, non rivestendo la veste di litisconsorte necessario.
L’esecuzione dell’ordinanza di convalida di sfratto per morosità relativa al bene immobile del quale il ricorrente assume di essere proprietario e comodante, comporta del resto di necessità il sacrificio, non solo di fatto, di tali diritti, che pur non essendo intaccati dall’efficacia diretta del giudicato, sono quindi senz’altro incompatibili con i diritti che nel giudizio di convalida di sfratto per morosità sono stati fatti valere, non potendo sopravvivere all’esecuzione della suddetta ordinanza (vedi sull’ammissibilità dell’opposizione di terzo ex art. 404 comma 1° c.p.c. nelle ipotesi in cui il terzo faccia valere un diritto autonomo ed incompatibile con quelli accertati oltre alla già ricordata sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione 23.1.2015 n. 1238, Cass. n. 27530/2014 e Cass. n.12114/2006).
Si deve quindi ritenere che l’opposizione di terzo ordinaria ex art. 404 comma 1° c.p.c. non fosse da ritenere inammissibile per essere priva di efficacia diretta sul diritto dominicale di COGNOME NOME, ma al contrario fosse l’unico mezzo offertogli dall’ordinamento a tutela dei diritti autonomi ed incompatibili da
lui invocati, che imponeva al giudice investito dell’opposizione di valutare tutti gli effetti che sarebbero potuti derivare nel giudizio di convalida di sfratto per morosità, al quale l’opponente non ha preso parte, se fossero stati considerati i titoli incompatibili dallo stesso invocati e se le prove dal medesimo offerte in contraddittorio con tutte le parti che avevano già partecipato al giudizio di convalida di sfratto per morosità ne avessero dimostrato la fondatezza.
8) Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione e mancata applicazione degli articoli 100, 112, 115, 116 e 132 comma primo n. 4) c.p.c. Si duole il ricorrente che la Corte d’Appello, disattendendo il suo secondo motivo di appello, col quale era stata contestata la sentenza di primo grado per non avere esaminato nel merito le sue doglianze in ordine all’inesistenza ed apocrifia del contratto di locazione dell’immobile asseritamente concluso da COGNOME NOME con COGNOME NOME, in relazione al quale aveva presentato querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo il 22.5.2008 ottenendo l’accertamento dell’apocrifia della sua sottoscrizione su quel contratto, disconosciuto costituendosi nel giudizio di opposizione di terzo, non si sia pronunciata sulla falsità del contratto di locazione, né sulla lamentata carenza di legittimazione attiva di COGNOME NOME e COGNOME NOME, per la ritenuta non esperibilità del rimedio dell’art. 404 comma 1° c.p.c. da parte di COGNOME NOME.
Per effetto dell’accoglimento del primo motivo, e quindi della piena ammissibilità dell’opposizione di terzo ordinaria ex art. 404 comma 1° c.p.c., il secondo motivo deve ritenersi assorbito, in quanto il giudice del rinvio dovrà valutare nel merito le questioni relative alla falsità del contratto di locazione, ed alla lamentata
carenza di legittimazione attiva di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
9) Col terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n.3) e 5) c.p.c., la violazione e mancata applicazione degli articoli 112, 116, 132 comma primo n. 4) c.p.c. Si duole il ricorrente che l’impugnata sentenza, malgrado il suo terzo motivo di appello, abbia confermato la pronuncia del primo giudice di nullità dell’atto di donazione in suo favore del 15.1.2007 in quanto asseritamente compiuta dai suoi genitori che non ne erano proprietari, senza fornire alcuna motivazione sul mancato esame delle prove documentali che corroboravano il possesso uti domini dei donanti dal 1978, e la sua successione nel possesso ex art. 1146 comma 2° cod. civ. quale donatario (i contratti di comodato del 15.1.2007 da lui prodotti e non contestati dalle intimanti), implicitamente rigettando le prove per interrogatorio formale e testimoniali da lui richieste nella memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c. L’impugnata sentenza ha ritenuto la doglianza in questione non fondata con questa stringata motivazione: ” Nè la documentazione prodotta (che non documenta la protrazione del possesso) né le prove orali articolate dall’appellante (le cui circostanze di fatto sono da ritenersi generiche in quanto compatibili con altri titoli), conducono univocamente a dare la dimostrazione del possesso uti domini del bene da parte dei coniugi COGNOME e la prova dell’avvenuta usucapione a favore di questi ultimi, danti causa dell’appellante, il quale non ha, comunque, chiesto di dimostrare il proprio possesso ad usucapionem”. Il ricorrente ritiene che la Corte d’Appello non solo abbia omesso di considerare le evidenze documentali e le richieste istruttorie formulate, non effettuando per esse un’approfondita disamina logica e giuridica, ma abbia reso una motivazione assolutamente inidonea a consentire il controllo delle ragioni che sono state poste a fondamento della
decisione, omettendo in ordine alle prove testimoniali articolate e riproposte (nel ricorso sono stati riportati alle pagine 24 e 25 i capitoli di prova per interpello e testimoniali articolati) in secondo grado, dopo l’omessa pronuncia del Tribunale legata alla ritenuta inammissibilità dell’opposizione di terzo, di evidenziarne il contenuto e di spiegare le ragioni della loro non decisività, così impedendo la verifica dell’esattezza dell’ iter logico seguito.
Ritiene la Corte che anche il terzo motivo debba essere accolto, sotto il profilo della carenza di motivazione, sia nell’individuazione delle ragioni della mancata ammissione delle prove per interpello e testi articolate da COGNOME NOME nella memoria ex art. 183 c.p.c. del giudizio di primo grado e riproposte in appello, i cui capitoli sono stati riportati compiutamente anche nel ricorso per cassazione, sia nell’indicazione analitica e non solo generica dei motivi per cui i singoli documenti prodotti e le prove articolate dall’opponente non sono stati ritenuti idonei a supportare la richiesta di accertamento dell’usucapione ordinaria che sarebbe maturata a favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME in data anteriore alla donazione del 15.1.2007, con effetto favorevole anche per il loro avente causa, COGNOME NOME, che ha invocato la successione nel possesso ex art. 1146 comma 2° cod. civ., ed avendo asseritamente acquistato la proprietà dell’immobile a titolo derivativo dai genitori donanti. Né era certo tenuto ad avanzare domanda di usucapione o ad articolare un’autonoma prova di acquisizione del diritto di proprietà per usucapione rispetto alla prova sul possesso uti domini dei suoi pretesi danti causa.
Sebbene per effetto della nuova formulazione dell’art. 360 comma 1° n. 5) c.p.c., come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza
resa il 20.9.2017), il sindacato di legittimità sulla motivazione si sia ormai ridotto al “minimo costituzionale” (Cass. 14.3.2023 n. 10021; Cass. n. 27501/2022; Cass. n. 26199/2021; Cass. n. 395/2021; Cass. n.9017/2018), con la conseguenza che è possibile ravvisare una “motivazione apparente”, nella specie l’impugnata sentenza, influenzata dall’errata convinzione che l’opposizione di terzo di COGNOME NOME fosse inammissibile, ha fornito sia sulla domanda di accertamento della asserita proprietà del bene da parte del ricorrente sia sulla riconvenzionale delle intimanti di accertamento della nullità dell’atto di donazione, e congiuntamente sulle prove in argomento riproposte dall’appellante, una motivazione assolutamente generica, esponendo argomentazioni del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione, che non consentono l’identificazione dell’iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo, risolvendosi in espressioni che oltre ad essere generiche, non permettono di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Certamente non può essere condivisa la decisione di rigetto del terzo motivo di appello per difetto di prova dell’usucapione asseritamente maturata a favore dei genitori dell’opponente donanti, e quindi per il principio della successione nel possesso, anche a favore di quest’ultimo, senza neppure dare corso alle prove richieste.
Per quanto concerne la documentazione prodotta (che comprendeva anche i contratti di comodato del 15.1.2007 conclusi dall’opponente coi suoi genitori subito dopo l’acquisto della proprietà dell’immobile per donazione), l’impugnata sentenza non solo non ha minimamente individuato i documenti ai quali intendeva riferirsi, ma si é limitata ad indicare che essi non avrebbero dimostrato la protrazione del possesso, non permettendo quindi di comprendere se tra i documenti non dimostrativi della protrazione del possesso fossero ricompresi
anche i contratti di comodato, che pure pacificamente sono stati conclusi subito dopo la donazione dell’immobile a favore dell’opponente.
Per quanto riguarda le prove orali (per interpello e testi) articolate dall’appellante, non solo la Corte d’Appello non ne ha esaminato partitamente il contenuto per valutarne l’ammissibilità e rilevanza, ma le ha ritenute generiche in quanto compatibili con altri titoli (non specificati) e quindi inidonee a dare dimostrazione del possesso uti domini del bene da parte dei coniugi COGNOME, precisando, altrettanto erroneamente, che l’opponente non avrebbe chiesto di dimostrare il proprio possesso ad usucapionem, laddove COGNOME NOME aveva prodotto l’atto di donazione ed i contratti di comodato per dimostrare il protrarsi del godimento del bene oggetto di causa, invocando espressamente la sua successione nel possesso ad usucapionem dei genitori suoi danti causa.
L’impugnata sentenza va quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo;
cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile