Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22094 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22094 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6288/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrenti –
contro
NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-controricorrenti –
e
REGIONE SICILIA;
-intimata-
avverso la sentenza n. 541/2020 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 18/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME NOME e NOME COGNOME, dichiaratisi legittimi ed unici possessori da oltre vent’anni e ‘uti domino’ di un fabbricato, costituito da un vano a piano terra e da un vano a primo piano, sito in Lipari INDIRIZZO, INDIRIZZO individuato in catasto al F. 51 part. 106, confinante con la particella 107 da una parte e con la particella 103 dall’altra, proposero opposizione di terzo, ex art. 404 cod. proc. civ., avverso la sentenza n. 1246/2010 emessa dal Tribunale di Messina nella causa n. 4209/2006 intercorsa tra i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME e la Regione Sicilia, avente ad oggetto il riconoscimento dell’acquisto per usucapione da parte dei coniugi COGNOME della particella catastale sita in Lipari, località Pirrera al F. 51 part. 106.
Gli attori chiesero pronunciarsi l’inefficacia nei loro confronti della sentenza suddetta e per l’effetto dichiararsi loro stessi unici proprietari per maturata usucapione ordinaria, o, in subordine, unici e legittimi possessori, del fabbricato anzidetto.
1.1. I convenuti si costituirono in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea.
1.2. Il Tribunale di Messina, dichiarata la contumacia della Regione Sicilia, rigettò l’ opposizione, ritenendo non provata la prospettazione degli attori di un loro possesso protratto per almeno venti anni.
I coniugi COGNOMENOME proposero appello. La Corte di appello di Messina confermò la sentenza di primo grado.
2.1. Questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza che in questa sede assumono rilievo:
la proposta opposizione non meritava di essere accolta poiché, come affermato dal giudice di prime cure, non poteva dirsi raggiunta la prova certa circa l’inizio del possesso esclusivo degli
opponenti di terzo e non poteva ritenersi provato <> ;
-non poteva essere accolta l’ulteriore domanda svolta in subordine, trattandosi di pretesa manutenzione nel possesso avverso non ben precisate molestie, <>; la domanda (intesa ad ottenere la dichiarazione di essere unici possessori dell’immobile de quo ) doveva inoltre considerarsi inammissibile poiché il vantato possesso non costituiva situazione giuridica incompatibile con il diritto di proprietà accertato in capo agli appellati.
NOME NOME e NOME COGNOME propongono ricorso fondato su quattro motivi. Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Con il primo motivo (nomato ‘A’) viene denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 4, cod. proc. civ. (profilo ‘ A.1 ‘); violazione e falsa applicazione dell’art. 404 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ. (profilo ‘ A.2 ‘); infine, violazione dell’art. 24 Cost. e degli artt. 1140 e 1168 e segg. cod. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n 3, cod. proc. civ. (profilo ‘ A.3 ‘).
Secondo l’assunto la Corte d’appello era incorsa in plurimi errori
Affermando che gli opponenti avessero fatto valere diritto di proprietà acquisito per usucapione aveva esaminato una domanda diversa rispetto a quella avanzata. Avevano narrato di avere in precedenza ottenuto in altra sede tutela possessoria nei confronti dei coniugi COGNOME/COGNOME e, pertanto di avere piena legittimazione in qualità di <> del cespite. La Corte locale aveva <>.
La sentenza aveva limitato la tutela di cui all’art. 404 cod. proc. civ. solo a riguardo dei diritti assoluti, mentre la disposizione consente la tutela di qualsiasi autonomo diritto del terzo o <> e il riconoscimento operato dalla decisione dello ‘ius possidendi’ era incompatibile con lo ‘ius possessionis’ dei ricorrenti, dovendosi la posizione possessoria considerarsi un vero e proprio diritto.
<>.
Con il secondo motivo (nomato ‘B’) viene denunciata violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 4, cod. proc. civ.
Secondo i ricorrenti la sentenza era incorsa in plurimi e convergenti errori:
avere preteso che gli opponenti di terzo debbano vantare un proprio autonomo diritto incompatibile con il diritto accertato dalla sentenza oggetto del giudizio d’opposizione;
-avere ritenuto <>;
avere attribuito agli opponenti la volontà di avere agito quali proprietari del bene, ex art. 1158 cod. civ.
Da tali errori ne sarebbe derivata una motivazione inconcludente, al di sotto del minimo costituzionale.
Secondo i ricorrenti, in conclusione, la sentenza aveva <>.
Con il terzo motivo (nomato ‘C’) , relativo al mancato accoglimento della domanda di accertamento dell’acquisto della proprietà da parte degli attori per continuato possesso ventennale, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. cvi., nonché la violazione dell’art. 1158 cod. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ.
Questa la sintesi della mossa critica:
la Corte di merito non aveva colto che la domanda proposta <>, così violando il dettato dell’art. 112 cod. proc. civ.;
inoltre, aveva errato nel limitare lo spazio temporale del possesso dal momento in cui i ricorrenti avevano dichiarato di aver
cominciato a possedere a quello del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, in quanto un tale passaggio in giudicato non poteva aver prodotto alcuna modificazione dello ‘ius possessionis’ dei ricorrenti.
Con il quarto motivo (nomato ‘D’) , i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 4, cod. proc. civ., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 404 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto inammissibile la domanda tesa a far dichiarare i ricorrenti unici e legittimi possessori dell’immobile oggetto di causa , domanda che, invece, avrebbe dovuto essere considerata posta a tutela di una <>.
Tutti i motivi, tra loro osmotici, costituiscono un unitario complesso censorio manifestamente infondato.
A voler rendere leggibile il costrutto impugnatorio, di lettura non sempre agevole, i ricorrenti assumono di aver inteso agire a tutela dello ‘ius possidendi’ loro riconosciuto dal giudice in altra sede. Di aver chiesto, pertanto, venisse loro riconosciuto un tale diritto infrangendo la sentenza intervenuta ‘inter alios’. Solo a sèguito del riconoscimento della loro posizione possessoria gli opponenti avevano inteso chiedere fosse loro riconosciuto il diritto di proprietà per usucapione.
La Corte d’appello, per contro, ignorata la loro posizione possessoria, aveva escluso essere maturato il ventennio di legge, costituente presupposto per l’acquisizione del diritto di proprietà (nella specie) per usucapione, sulla base di un ragionamento non condivisibile.
È certamente vero che l’ordinamento assegna tutela alla mera posizione possessoria in sé (‘ius possessionis’), costituente apparenza del diritto di proprietà o di un diritto reale minore.
Tuttavia, proprio perché trattasi di apparenza la tutela apprestata cede davanti alla posizione di diritto reale altrui (emblematica la sentenza della Corte costituzionale n. 25/1992, che ha dichiarato in parte qua illegittimo l’art. 705 cod. proc. civ.), né, ragionevolmente, potrebbe diversamente essere, salvo a teorizzare l’incomprensibile tutela del possesso, per fare un esempio estremo, del ladro nei confronti del legittimo proprietario.
Quindi, i ricorrenti, non potendo opporre un diritto autonomo leso dalla sentenza intervenuta fra terzi necessariamente erano destinati a soccombere a fronte del riconosciuto diritto reale altrui.
Un tal ragionamento ha tenuto in conto la sentenza, la quale, di conseguenza, ha scrutinato l’eventualità dell’acquisizione da parte degli opponenti di una posizione giuridica tutelabile, quale, appunto, l’intervenuto acquisto del diritto di proprietà per usucapione.
Evenienza quest’ultima motivatamente esclusa (pagg. 12 -14):
-non era rimasto provato l’inizio del dedotto possesso ad usucapionem;
non erano rimasti provati gli atti possessori.
È, allora, evidente essere vano oggi disquisire sul termine finale del preteso possesso.
Trattasi, all’evidenza, di costrutto motivazionale in questa sede incensurabile, in quanto si pone ben al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’. Né, peraltro, i ricorrenti articolano specifiche e concludenti censure a riguardo del vaglio probatorio (salvo, come si è visto, a riguardo dell’individuazione del termine finale del possesso).
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto
conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore dei controricorrenti.
10. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 giugno