Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14728 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14728 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15490/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentat i e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti e ricorrenti in via incidentale –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 196/2021 depositata il 16/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. COGNOME COGNOME e COGNOME COGNOME -rispettivamente usufruttuaria e nuda proprietaria dell’immobile in Ostuni alla INDIRIZZO (in catasto al fg. 222, ptc 2051, sub. 2 e 3) convenivano in giudizio i germani COGNOME NOME e COGNOME NOME e COGNOME NOME premettendo: – di aver ricevuto da quest’ultima (precedente nuda proprietaria dell’immobile predetto trasferito con atto 25.10.2001) la nota 10.10.2008 con la quale la COGNOME comunicava di aver ricevuto il 30.9.2008 la sentenza 78/2007 (depositata il 31.5.2007) con la quale, in accoglimento della domanda proposta dai germani COGNOME (anno di citazione del 25.7.2002) il Tribunale di BrindisiSez. di Ostuni aveva: – dichiarato l’esistenza in favore dell’immobile dei COGNOME ed a carico dell’immobile COGNOME di due servitù di luce ad altezza del piano di calpestio di mt. 1.90; dichiarato l’illegittimità delle occlusioni di tali luci; ordinato a COGNOME la rimozione di tali occlusioni; condannato COGNOME al risarcimento del danno (€ 6.000,00 oltre interessi); posto a carico di COGNOME spese giudiziali e di CTU.
Tanto premesso, COGNOME e COGNOME spiegavano opposizione di terzo avverso la predetta sentenza 78/2007 (passata in giudicato), perché emessa nei confronti di soggetto privo di legittimazione passiva (la COGNOME) che aveva ceduto i suoi diritti sull’immobile prima dell’introduzione della causa decisa
con la sentenza oggetto di opposizione) e, stante il potenziale pregiudizio derivante dall’eventuale esecuzione a danno del loro immobile, chiedevano di: riconoscere e dichiarare la nullità della sentenza opposta e disporre la revoca della stessa; riconoscere e dichiarare la irregolarità delle luci oggetto della sentenza opposta ed ordinarne la chiusura, o quantomeno, la loro conformazione ai requisiti di legge; riconoscere e dichiarare, in ogni caso, il loro diritto di disporre, nei modi e termini di legge, la chiusura delle predette luci e condannare i germani COGNOME in solido al risarcimento dei danni (da quantificarsi nella somma di € 10.000 ovvero in quella di giustizia).
Il Tribunale dichiarava ammissibile l’opposizione di terzo e per l’effetto annullava la sentenza opposta; dichiarava l’apertura della luce irregolare e per l’effetto ne disponeva la regolarizzazione con la condanna di parte convenuta ad eseguire le opere consequenziali adeguando la medesima apertura alle caratteristiche previste in materia dal vigente codice civile (art. 901 c.c.); rigettava la domanda riconvenzionale proposta da parte convenuta.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
COGNOME e COGNOME si costituivano chiedendo la conferma dell’impugnata decisione, l’appellata COGNOME rimaneva contumace.
La Corte d’Appello di Lecce accoglieva in parte il gravame e annullava la sentenza n.78/2007 del Tribunale di Brindisi – Sez. di Ostuni limitatamente alla esistenza a favore dell’immobile degli attori di due servitù di luce poste a carico dell’immobile di proprietà
della convenuta e all’ ordine a COGNOME NOME di rimuovere i conci in tufo occludenti le dette finestre.
In particolare, secondo la Corte d’Appello nessun pregiudizio poteva derivare alle parti appellate dalla statuizione di condanna della COGNOME al risarcimento danni ed al rimborso delle spese giudiziali. Tali statuizioni erano insuscettibili di arrecare pregiudizio, neanche indiretto, alla sfera giuridico-patrimoniale di COGNOME e COGNOME, in capo ai quali non sussisteva interesse ad impugnare le già menzionate condanne in assenza di qualsivoglia possibile effetto a loro utile in caso di modifica di tali statuizioni rispetto alle quali, infatti, non erano proposte specifiche doglianze.
Il secondo motivo era inammissibile per difetto di interesse ad impugnare. Il Tribunale aveva dichiarato le luci irregolari e condannato i sigg.ri COGNOME alla regolarizzazione delle stesse secondo quanto previsto dall’art 901 c.c. con ciò riconoscendo il diritto invocato dagli appellanti a mantenere in essere le luci purché conformi alle disposizioni di legge.
COGNOME e COGNOME rappresentata dalla propria procuratrice generale COGNOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale e con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle proprie richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 102 e 112 c.p.c. con riferimento all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
Il soggetto nei cui confronti è proposta la domanda deve coincidere con il soggetto passivo del rapporto sostanziale (legittimazione passiva) e il giudice non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è stata proposta non è stata citata e non è comparsa (art. 101 c.p.c.). Tale principio, sancito dal secondo comma dell’art. 111 della Costituzione sarebbe stato violato. Infatti, in virtù d ell’ evidente violazione del contraddittorio in sede di opposizione di terzo, la richiesta era di declaratoria di nullità della sentenza opposta e il giudice di primo grado aveva accolto l’opposizione rilevando che la COGNOME non era la proprietaria dell’immobile al momento della citazione.
Secondo i ricorrenti erano litisconsorti necessari quali (con)titolari di diritti reali sui beni da riportare in pristino e avrebbero potuto subire un evidente pregiudizio patrimoniale dall’esecuzione della condanna opposta.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Erroneità del procedimento per violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 404 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
La sentenza di primo grado del giudizio di opposizione nell’annullare la sentenza opposta aveva statuito che: l’apertura della luce era irregolare e aveva disposto la regolarizzazione con la condanna di parte convenuta ad eseguire le opere consequenziali adeguando la medesima apertura alle caratteristiche previste in materia dal vigente codice civile.
La Corte d’Appello ha riformato la sentenza del Tribunale di Brindisi, operando indebitamente una semplice correzione ablativa della primitiva sentenza (n. 78/2007) limitatamente ad alcune
statuizioni del dispositivo e recuperandone, invece, per il resto, la piena efficacia.
Dopo tale abrogazione parziale il dispositivo della sentenza n. 78/2007, che rimarrebbe ancora efficace, dovrebbe risultare il seguente: ” Accoglie la domanda (….parte cancellata….) e dichiara la illegittimità della occlusione delle dette luci con conci di tufo. condanna COGNOME NOME al pagamento di € 6.000 a titolo di risarcimento dei danni patiti dagli attori in conseguenza dell’illegittima condotta, oltre interessi legali dalla presente sentenza al saldo.
Secondo parte ricorrente non si comprenderebbe la portata esatta della originaria sentenza dopo l’intervento ablativo operato dalla Corte d’Appello e dunque si sarebbe in presenza di una motivazione apparente. La decisione determinerebbe un evidente vulnus del diritto degli odierni ricorrenti esposti alla esecuzione di una sentenza opposta perché emessa in evidente violazione del contraddittorio e costretti ancora una volta, a fronte della illegittima richiesta dei COGNOME, ad intraprendere un altro giudizio per far accertare (ancora una volta!) la irregolarità di quelle luci.
2.1 I primi due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Il giudizio passato in giudicato rispetto al quale è stata proposta l’opposizione di terzo si è svolto solo in primo grado, dunque, il Tribunale ha correttamente ritenuto fondata l’opposizione di terzo proposta dai proprietari dell’immobile rispetto ai quali la sentenza non era opponibile, essendo parti necessarie pretermesse del giudizio precedente. Ciò detto, terminata la c.d.
fase rescindente, il Tribunale ha esaminato in sede rescissoria la domanda dei terzi opponenti correlata alla domanda originaria dei Germani che era stata accolta nel precedente giudizio oltre che alla domanda riconvenzionale proposta nel nuovo giudizio di opposizione di terzo.
Sotto quest’ultimo profilo il Tribunale ha dichiarato le luci irregolari e ne ha disposto la regolarizzazione a carico dei germani COGNOME in conformità al disposto dell’art. 901 c.c. ed ha rigettato la loro domanda riconvenzionale condannandoli alle spese anche della CTU.
NOME COGNOME e NOME COGNOME con l’appello hanno lamentato che l’annullamento della sentenza si sia esteso anche alla individuazione della COGNOME come autrice materiale dell’illecita occlusione delle luci e alla condanna della medesima al risarcimento del danno e al rimborso delle spese giudiziali e di CTU.
La decisione della Corte d’Appello di accoglimento di questo specifico motivo è corretta in quanto la parte relativa alla condanna al risarcimento del danno della COGNOME non si pone come pregiudizievole rispetto al diritto di proprietà degli opponenti salvaguardato dall’annullamento con dichiarazione di inefficacia della sentenza opposta rispetto all’esistenza del diritto di servitù lucifere e della condanna al ripristino in capo alla COGNOME.
Infatti, una volta identificata la COGNOME come autrice materiale dell’illecita occlusione (che può qualificarsi come spoglio) correttamente la sentenza d’Appello ha ritenuto non pregiudizievole la condanna di quest’ultima al risarcimento del danno rispetto alla cui domanda la COGNOME, originaria convenuta, era unica legittimata passiva. Deve ribadirsi, infatti, che
lo spoglio e la turbativa costituiscono fatti illeciti e determinano la responsabilità individuale dei singoli autori degli stessi (Cass. Sez. 6, 05/04/2011, n. 7748, Rv. 617292 – 01).
Sicché in presenza di più domande proposte dalle parti del giudizio, alcune delle quali soggette al litisconsorzio necessario ed altre no, tra le quali non si ravvisi un rapporto di pregiudizialità, né alcun profilo di necessario collegamento logico-giuridico, la remissione della causa al giudice di prime cure, a cagione della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di uno o più litisconsorti pretermessi in primo grado, si giustifica solo in relazione alle domande soggette a tale regime; ne consegue che, in siffatta evenienza, il giudice di secondo grado deve separare le cause, rimettendo al primo grado solo le domande assoggettate a litisconsorzio necessario, mentre deve esaminare i motivi di impugnazione relativi alle altre domande (Cass. Sez. 2, 28/07/2021, n. 21610, Rv. 662056 – 01). Questo principio vale anche in riferimento al giudizio di opposizione di terzo svolto avverso la sentenza di primo grado. Infatti, nell’opposizione di terzo, la sentenza che accerti che il terzo opponente è titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con quello riconosciuto dalla sentenza pronunciata “inter alias” non deve solo provvedere – ove il diritto del terzo prevalga, per ragioni di diritto sostanziale, su quello della parte vittoriosa nel primo giudizio – all’accoglimento, in ragione di detta prevalenza, dell’opposizione, dichiarando, con pronuncia rescindente, l’inefficacia nei confronti del terzo del giudicato formatosi tra le parti originarie, ma deve anche pronunciarsi, in sede rescissoria, sul merito della domanda proposta dal terzo, procedendo, secondo le ordinarie regole
processuali, all’accertamento del reale modo d’essere del diritto che lo stesso ha azionato.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 91, 92, 112, 336 e 343 c.p.c., avendo la Corte distrettuale riformato la statuizione sulle spese processuali del primo grado del giudizio in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è infondato.
In tema di impugnazioni, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione.
Ricorso incidentale
Il primo motivo del ricorso incidentale è così rubricato: Violazione dell’art. 100 c.p.c.
La Corte ha ritenuto ‘inammissibile per difetto di interesse ad impugnare’ il motivo di appello volto ad ‘ordinare alle sigg.re COGNOME in eventuale solidarietà con la sig.ra NOME COGNOME di rimuovere le occlusioni lucifere oggetto di causa, fermo il rispetto della altezza di ml. 2 del loro bordo inferiore dal pavimento dei corrispondenti vani. Tale motivazione elude il senso stesso della domanda, dal momento che i sigg.ri
COGNOME non chiedevano alla Corte (così come non avevano chiesto al Tribunale in primo grado attraverso domanda riconvenzionale) di veder confermato un diritto riconosciuto loro pacificamente dalla legge, ma di condannare le sigg.re COGNOME nella rispettiva qualità di usufruttuaria e nuda proprietaria del fondo confinante, a rimuovere le occlusioni in oggetto, in solidarietà con la sig.ra COGNOMEche essendo tuttora l’unica occupante del loro appartamento potrebbe altrimenti rifiutare la propria collaborazione ed impedire così la esecuzione dei lavori) o a tollerare i lavori eseguiti personalmente dai ricorrenti incidentali.
Sembra dunque evidente l ‘ interesse dai controricorrenti COGNOME – al contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale – ad ottenere, in accoglimento della domanda riconvenzionale da loro avanzata nel giudizio di primo grado e reiterata in sede di appello – la condanna delle ricorrenti a fornire la necessaria cooperazione, nel senso sopra specificato , alle operazioni murarie per l ‘apertura delle ‘nuove’ aperture lucifere.
4.1 Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.
I ricorrenti con l’atto di appello avevano chiesto vedersi riconosciuto il loro diritto a mantenere le luci con le caratteristiche previste dalla legge (vedi pag. 12 dell’atto di appello). Tale domanda è stata accolta dal Tribunale di Brindisi sicché la sentenza ha correttamente ritenuto il difetto di interesse al motivo di appello. I ricorrenti affermano che doveva dedursi implicitamente che la loro domanda comprendeva anche quella ulteriore di imporre alle controparti, non direttamente autrici della illegittima occlusione, ma comunque proprietarie del fondo confinante, quanto meno a non opporsi alle operazioni di ripristino delle luci oscurate. Tale
domanda implicita non emerge in alcun modo dalla lettura dell’atto di appello e, pertanto, la censura di violazione dell’art. 100 c.p.c. è infondata e deve essere rigettata.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è così rubricato: Violazione dell ‘ art. 115 c.p.c.
Nel quarto motivo di appello , i sigg.ri COGNOME avevano chiesto alla Corte di Lecce (così come avevano chiesto al Tribunale di Brindisi attraverso la domanda riconvenzionale in primo grado) di condannare le sigg.re COGNOME e COGNOME al risarcimento dei danni provocati ai medesimi appellanti dal mantenimento delle occlusioni delle aperture lucifere dal 31 – 10 -2008 (data in cui, proponendo opposizione di terzo, le COGNOME – COGNOME si erano dichiarate proprietarie dell ‘ appartamento già di proprietà della COGNOME) fino alla completa attuazione del buon diritto degli stessi COGNOME a veder ripristinate le luci di tolleranza dalle quali dipendeva la abitabilità ‘amministrativa ‘ (e comunque certamente quella ‘ pratica ‘) del loro appartamento .
La Corte di Lecce ha ritenuto inammissibile il motivo per violazione dell ‘ art. 342 c.p.c.: in quanto gli appellanti si sarebbero limitati a chiedere la modifica della sentenza sul punto del rigetto della riconvenzionale di risarcimento danni, ma avrebbero omesso di indicare gli ipotetici errori (di ‘ricostruzione fattuale’ o di ‘violazione di legge’) nei quali sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere la domanda risarcitoria non fondata perché non provata.
5.1 Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 115 c.p.c. ma nel giudizio di cassazione per dedurre la violazione di tale norma, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o
implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 01).
Peraltro, i ricorrenti non colgono la ratio decidendi della decisione che ha dichiarato inammissibile il loro motivo di appello circa il rigetto della riconvenzionale di risarcimento del danno per aver omesso di indicare gli ipotetici errori nei quali sarebbe incorso il Tribunale nel ritenere la domanda risarcitoria non fondata.
La censura di violazione dell’art. 115 c.p.c. è inammissibile anche sotto tale profilo in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile il motivo di appello dei ricorrenti i quali, pertanto, avrebbero dovuto lamentare la violazione dell’art. 342 c.p.c. per aver proposto un motivo di appello erroneamente ritenuto inammissibile, censura non dedotta.
Peraltro, i ricorrenti non riportano neanche il motivo di appello che la Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile ex art. 342 c.p.c. sicché ricorre anche questo profilo di inammissibilità che preclude una riqualificazione della censura proposta con il motivo in esame sotto il profilo della violazione dell’art.115 c.p.c.
6. In conclusione, i ricorsi vanno respinti con compensazione delle spese.
7. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento della parte ricorrente principale e della parte ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento della parte ricorrente principale e della parte ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione