Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13511 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13511 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20280/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME e NOME COGNOME in proprio, rappresentata e difesa da se medesima -ricorrenti- contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso DECRETO di TRIBUNALE BOLOGNA n. 3581/2019 depositata il 05/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.l’avvocato NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con cinque motivi avversati dal Ministero della Giustizia con controricorso, per la cassazione del decreto 3521, emesso dal Tribunale di Bologna il 5 maggio 2020.
L’impugnato decreto ha annullato, in accoglimento dell’opposizione del Ministero basata sulla dedotta violazione dell’art. 79 del d.P.R. 115 del 2002, il precedente decreto con cui era stato liquidato all’avvocato Marconi il compenso per l’attività espletata a favore di COGNOME, cittadino del Camerun, provvisoriamente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in una procedura di riconoscimento della protezione internazionale.
Il decreto di cui oggi si chiede la cassazione è stato emesso dal Tribunale di Bologna quale giudice a cui la Corte di legittimità, con ordinanza 8038 del 2019, aveva rinviato la causa a seguito della cassazione della sentenza della Corte di Bologna, n.905/2014, con cui era stato respinto l’appello dei Ministeri dell’Interno e dell’Economia e delle Finanze contro il provvedimento con cui l’opposizione al decreto di liquidazione del compenso, presentata dai suddetti Ministeri ai sensi dell’art. 170 d.p.r. 115/2002, era stata dichiarata inammissibile per essere l’opposizione rimedio riferibile al decreto di pagamento e non all’ammissione al patrocinio.
In particolare, con tale ordinanza la Corte, investita, con l’unico motivo di ricorso dei due Ministeri, della questione di ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 323 c.p.c., 170 TU 115/2002, 30 legge 794/1942 e 111 Cost.’ per avere la Corte d’appello ritenuto che l’opposizione ex art.170 cit. si riferisse solo ad aspetti liquidatori e non anche allo stesso diritto al compenso, ha, preliminarmente rispetto all’esame del motivo, rilevato che il procedimento era stato iniziato e proseguito in difetto di integrità del contraddittorio rispetto al Ministero della Giustizia. La Corte ha poi precisato (punto 3 della motivazione), in riferimento ‘ al rilievo dei
contro
ricorrenti … dell’inutilità del rinvio al giudice dell’opposizione considerata l’inammissibilità, nel caso in esame, del procedimento di cui al citato art. 170 ‘, che doveva preferirsi l’orientamento interpretativo per cui l’opposizione disciplinata dal citato art.170 d.p.r. 115/2002 non è funzionale solo alle contestazioni del quantum della liquidazione ma è un rimedio generale contro tutti i decreti in materia di liquidazione ed è, quindi, esperibile anche per la contestazione dei presupposti della liquidazione.
Il Tribunale di Bologna, in adesione alla precisazione della Corte, ha esaminato e ritenuto fondata l’eccezione del Ministero della Giustizia per cui il Nghoumpe non avrebbe dovuto essere ammesso al beneficio del patrocino a spese dello Stato per mancanza di idonea autodichiarazione e di certificazione sui redditi.
Il Tribunale ha rilevato che la dichiarazione sostitutiva di certificazione presentata dal RAGIONE_SOCIALE era stata da sottoscritta con firma non autenticata e non era accompagnata da fotocopia del documento di identità, laddove, per un orientamento interpretativo, l’autenticazione e la produzione della copia del documento erano imposte dall’art. 79, comma 1, lett. c); che, pur aderendo all’orientamento opposto, l’autocertificazione presentata era comunque non rispondente ai requisiti normativi perché si riduceva all’affermazione di ‘non possedere redditi’ e non conteneva alcuna indicazione sul nucleo familiare, sulla esistenza o meno di congiunti percipienti reddito, sulle condizioni personali e patrimoniali dell’istante, non era corredata da dichiarazione dell’autorità consolare circa la veridicità delle affermazioni rese né da dichiarazione autocertificata dalla impossibilità di procurarsi la documentazione consolare, che le carenze di elementi che avrebbero dovuto corredare l’istanza non potevano essere superate dalla mera, successiva, dichiarazione per cui l’autorità consolare non avrebbe rilasciato alcuna documentazione essendo l’COGNOME fuggito dal Camerun dopo essere evaso da un carcere, che in
sostanza il COGNOME non poteva essere ammesso al patrocinio sulla base di una mera dichiarazione, non controllabile, di non possedere redditi;
i ricorrenti hanno depositato memoria;
considerato che
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta ‘la violazione e falsa applicazione dell’art.383, comma 3, e dell’art. 384 c.p.c.’ per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che la Corte di Cassazione, con la precisazione per cui il procedimento di cui al citato art. 170 è un rimedio generale contro tutti i decreti in materia di liquidazione ed è, quindi, esperibile anche per la contestazione dei presupposti della liquidazione, avesse espresso un principio di diritto a cui il Tribunale era vincolato.
Il motivo è inammissibile perché non sorretto da concreto interesse (art. 100 c.p.c.) atteso che esso, attenendo alla affermazione che si legge nel decreto impugnato per cui il Tribunale è tenuto, in forza del ‘dictum vincolante’ della Corte di Cassazione, ad esaminare la questione della violazione dell’art. 79 d.P.R. 115 del 2002, pone solo una questione astratta: se la ‘precisazione’ della Corte di Cassazione fosse o meno espressiva di un principio di diritto;
2. con il secondo motivo di ricorso si lamenta ‘la violazione e falsa applicazione degli artt.79,112,127 e 136 del d.P.R. 115 del 2002’ per avere il Tribunale annullato il decreto di liquidazione del compenso al di fuori dei casi previsti dal d.P.R. 115/2002 senza revocare il decreto di ammissione al patrocinio.
3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta ‘la violazione e falsa applicazione artt.,112,127 e 136 del d.P.R.115 del 2002’ per avere il Tribunale annullato il decreto di liquidazione implicitamente revocando, in modo illegittimo, il decreto di ammissione al patrocinio.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono strettamente collegati e per questo vengono esaminati assieme.
Essi sono infondati riducendosi alla prospettazione di una tesi sull’ambito applicativo dell’art. 170 d.P.R. 115/2002, opposta a quella espressa dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n.8039 del 2019, condivisa da questo Collegio, sulla valenza dell’opposizione ex art. 170 come rimedio non limitato alle contestazioni del quantum della liquidazione ma come rimedio generale. Alle pronunce in tal senso, già richiamate nella già menzionata ordinanza, può aggiungersi Cass. Sez. 6 2, Ordinanza n.33562 del 11/11/2021, secondo cui ‘La revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio, qualora l’interessato abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, non va adottata con la sentenza o con l’ordinanza che definisce il giudizio sulla domanda di merito, ma necessariamente con separato decreto, come previsto dall’art. 136 del d.P.R. n. 115 del 2002, il quale è soggetto al rimedio dell’opposizione ex art. 170 dello stesso d.P.R.’.
I motivi sono poi scollegati dal contenuto del decreto impugnato laddove gli stessi hanno riferimento alla revoca del provvedimento di ammissione al beneficio, che, secondo i ricorrenti, sarebbe sottesa al decreto. Il decreto, però, non ha revocato il provvedimento di ammissione al beneficio; ha incidentalmente verificato la inidoneità contenutistica della istanza presentata dal Nghoupe per ottenere il beneficio, al fine di stabilire se fosse legittimo il decreto con cui all’avvocato COGNOME era stato liquidato il compenso, a carico dell’Erario, per l’attività prestata;
4. con il quarto motivo di ricorso si lamenta la’ violazione e falsa applicazione degli artt.79 del d.P.R. 115 del 2002, 3 e 24 Cost., 16, comma 2 (in applicazione degli artt. 20 e 21 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello stato di protezione internazionale e del diritto di asilo) e 25 d.lgs. 25 del 2008 e 25 della Convenzione di Ginevra’.
Il motivo è inammissibile.
Il primo comma dell’art. 79 del d.P.R. 115/2002 prevede che l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ‘è redatta in carta semplice e, a pena di inammissibilità, contiene: a) la richiesta di ammissione al patrocinio e l’indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente; b) le generalità dell’interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali; c) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76; d) l’impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell’anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell’istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.
I ricorrenti sostengono che l’istanza di ammissione al beneficio presentata dal Nghoupe conteneva tutto ciò che è richiesto dall’art. 79 del d.P.R. 115 del 2002 ed in particolare l’indicazione della composizione del nucleo familiare dell’istante e l’indicazione analitica dei redditi percepiti dall’istante nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza.
Per questa parte il motivo è inammissibile perché si riduce alla prospettazione di una realtà di fatto sul contenuto dell’istanza, opposta a quella accertata dal Tribunale. Al di là della rubrica non si prospetta, la violazione di legge, ossia l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, né la falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una
qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. n. 23851 del 25/09/2019 (Rv. 655150 – 02). L’art. 79 del d.P.R. 115 del 2002 prevede, al comma 2, che ‘Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato’. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 157 del 10 giugno 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma ‘nella parte in cui non consente al cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, in caso di impossibilità a presentare la documentazione richiesta ai sensi dell’art. 79, comma 2, di produrre, a pena di inammissibilità, una dichiarazione sostitutiva di tale documentazione”.
I ricorrenti sostengono che l’istanza non conteneva l’indicazione dei redditi percepiti all’estero semplicemente perché l’istante non ne aveva effettivamente percepiti.
Per questa parte il motivo si riduce ad una allegazione in fatto che non tiene conto della necessità di una indicazione anche negativa.
Si sostiene infine che per i richiedenti asilo la facoltà di produrre una dichiarazione sostitutiva della attestazione consolare non sarebbe subordinata alla dimostrazione ma neppure alla allegazione delle ragioni di impossibilità di produrre l’attestazione consolare.
Nel caso di specie il Tribunale ha sottolineato che il COGNOME non solo non aveva presentato la dichiarazione dell’autorità consolare ma neppure una dichiarazione sostitutiva, completa, di tale documentazione;
5. con il quinto motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 360, primo comma, n.5 c.p.c., in relazione all’omesso esame sull’eccepita mancanza di legittimazione passiva
del sottoscritto procuratore avvocato NOME COGNOME e mancata estromissione dal procedimento’.
Si sostiene che, essendo l’opposizione fondata sulla insussistenza del diritto del COGNOME a fruire del patrocinio, il COGNOME avrebbe dovuto essere ritenuto unico legittimato passivo.
Il motivo è infondato.
Al di là del riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. riferimento che non tiene conto del fatto che la disposizione, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate’ (Cass. Sez. 6 – 1, ordinanza n.2268 del 26/01/2022), l’opposizione proposta dal Ministero, essendo volta all’annullamento del decreto di liquidazione emesso in favore dell’avvocato COGNOME e quindi alla negazione di un suo diritto soggettivo patrimoniale, vedeva l’avvocato COGNOME come parte legittima e necessaria;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere al Ministero della Giustizia le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € . 2.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma 15 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME