Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32012 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 32012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6642/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME ed COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata della quale sono domiciliati per legge;
-controricorrenti- ingiuntivo ex art. 614 cpc. Preclusione di ogni contestazione suscettibile di essere proposta nel corso del processo di esecuzione attraverso i rimedi ex artt. 615 e 617 c.p.c.
Ud PU 25 novembre 2024
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 170/2023, depositata il 25/01/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/11/2024 dal Consigliere COGNOME udito il Procuratore Generale, Dott.ssa NOME COGNOME che, richiamate le conclusioni scritte, ha chiesto il rigetto del ricorso; uditi i Difensori delle parti, che, riportandosi ai rispettivi scritti difensivi, hanno insistito nell ‘ accoglimento delle rispettive richieste.
FATTI DI CAUSA
Su ricorso dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Bologna con decreto n. 1066/2016, emesso ai sensi dell’art. 614 c.p.c., nell’ambito della procedura esecutiva R.G.E. n. 2751/2010, ingiunse a NOME COGNOME il pagamento dell’importo di euro 18.056,69 in favore di detti coniugi, a titolo di rimborso delle spese di ctu che questi erano stati condannati a pagare in proprio sostenute nella suddetta procedura esecutiva.
Il COGNOME proponeva opposizione davanti al Tribunale di Bologna avverso il suddetto decreto ingiuntivo.
Si costituivano i coniugi COGNOME i quali chiedevano il rigetto dell’opposizione.
Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 826/2018, in accoglimento dell’opposizione, riteneva il difetto di legittimazione passiva del COGNOME; e, conseguentemente, revocava il decreto ingiuntivo opposto.
Avverso la decisione del Tribunale proponevano appello i coniugi COGNOME deducendo, tra l’altro, che il primo giudice erroneamente non aveva considerato che la signora NOME COGNOME e il suo avente causa, signor NOME COGNOME rivestivano la qualità di parti esecutate per effetto dell’ordine del G.E. di estendere il contraddittorio nei loro confronti al fine di dare esecuzione al capo della sentenza relativo alla costruzione della strada, precisando che la somma ingiunta
corrispondeva alle spese, da essi anticipate per la costruzione della strada.
Si costituiva il COGNOME, il quale in via preliminare eccepiva: a) la inammissibilità dell’appello ai sensi degli artt. 342 e 348 bis c.p.c., b) la tardività dell’eccezione di decadenza ex adverso formulata con il primo motivo di censura; c) la ‘inesigibilità’ della sentenza n. 307/2004, perché la prolungata inerzia delle parti ne aveva determinato la ‘caducazione’ per inutile decorso del termine decennale. Nel merito, sosteneva l’infondatezza dell’appello, del quale chiedeva il rigetto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 170/2023, respinte le eccezioni preliminari, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, respingeva l’opposizione proposta dal COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 1066/2016, che confermava, con condanna del COGNOME alla rifusione delle spese processuali relative ad entrambi i gradi.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il COGNOME.
Hanno resistito con controricorso i coniugi COGNOME che hanno contestato la ricostruzione processuale fornita da controparte nel ricorso, hanno dedotto la inammissibilità ed infondatezza di ciascuno dei motivi ex adverso articolati ed hanno chiesto la condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. (comma primo o comma terzo).
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il Difensore di parte ricorrente ha depositato memoria insistendo nell’accoglimento del ricorso e chiedendo a sua volta la condanna dei coniugi COGNOME COGNOME al pagamento di una somma equitativa da liquidarsi secondo giustizia, a titolo di responsabilità aggravata processuale.
Anche il Difensore dei coniugi resistenti ha depositato memoria.
All’odierna udienza pubblica il Procuratore Generale ed i Difensori delle parti hanno concluso nei termini sopra precisati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In sintesi il COGNOME odierno ricorrente, ha contestato nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (emesso dal giudice dell’esecuzione) il diritto dei coniugi COGNOME odierni resistenti, di ottenere il rimborso delle spese che questi ultimi avevano anticipato durante la procedura esecutiva per l’esecuzione di un’opera, in atti indicata (la strada carrozzabile).
Nella sentenza impugnata la corte territoriale, in riforma della sentenza del giudice di primo grado, ha affermato il suddetto diritto sul riscontro della qualità del COGNOME di parte del processo esecutivo, mai in quella sede contestata.
Il COGNOME sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, in ogni caso la sua eccezione di prescrizione del diritto al rimborso, ex adverso invocato, sarebbe stata tempestiva e fondata e che comunque lui sarebbe privo di legittimazione passiva, per cui erroneamente sarebbe stato ritenuto obbligato alla realizzazione della suddetta strada.
La questione di diritto, sottesa a diversi dei motivi articolati in ricorso, è la seguente: se l’esecutato-ingiunto, con l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 614 c.p.c., possa contestare la sua legittimazione passiva assumendo di non dover sostenere gli oneri del processo.
Il COGNOME articola in ricorso otto motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia <>, questo identificato nella carenza in atti di alcuna richiesta a lui rivolta dai procedenti in merito a quanto indicato nel titolo.
2.2. Con il secondo motivo denuncia <>, questo identificato nella reiteratamente dichiarata carenza di interesse dei procedenti alla costruzione della strada di cui era obbligato nel titolo.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia <>, nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che <>.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia <> per l’erroneità del suo coinvolgimento nel processo esecutivo.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia <>, nella parte in cui la corte territoriale ha affermato (pag. 11): <>.
2.6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia <> nella parte in cui la corte territoriale ha affermato (p. 12) <>.
2.7. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia: <>, nella parte in cui la corte territoriale ha accolto la domanda del gruppo RAGIONE_SOCIALE volta a chiamare nella causa R.G. 2751/2010 sua madre e lui, soggetti estranei al ricorso proposto ex art. 612 c.p.c. dai coniugi COGNOME.
2.8. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia: <>, nella parte in cui la corte territoriale ha liquidato le spese secondo i parametri 2018, mentre avrebbe dovuto applicare i parametri in vigore nel 2012 per la causa di Primo Grado (Tribunale) e quelle del 2018 (per la causa d’Appello).
Premesso che il controricorso è inammissibile per tardività, essendo stato depositato mercoledì 3 maggio 2023, cioè quando era già decorso il termine di legge, di 40 giorni, dalla data di notifica del ricorso (22 marzo 2023), delle censure del ricorrente sono superflue una analitica illustrazione e la stessa disamina, poiché il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
Invero, le doglianze relative al preteso difetto di legittimazione passiva sono da intendersi precluse.
Questa Corte, con la recente sentenza n. 12466/2023 (richiamata da Cass. n. 23736/2024), ha avuto modo di compiere alcune puntualizzazioni in tema di opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell’art. 614 c.p.c., per il recupero delle spese dell’esecuzione forzata per obblighi di fare o di non fare.
In particolare, in continuità con la precedente giurisprudenza (Cass. n. 3553/1972, n. 11270/1993, n. 8339/2003, n. 25394/2009), è stato affermato (nell’interesse della legge) il seguente principio: <>. (Sez. 3 -, Sentenza n. 12466 del 09/05/2023, Rv. 667582 – 01).
In motivazione questa Corte ha rilevato che <<…se è pur vero che, nell'esecuzione in forma specifica, gli artt. 612-614 c.p.c. 'non contempla(no) un atto del giudice che vi pone termine' (Cass. n. 8339/2003) e che l'ingiunzione può essere richiesta non soltanto al termine dell'esecuzione, ma anche 'nel corso di essa', come espressamente disposto dall'art. 614 c.p.c., ciò non toglie che detto potere giurisdizionale si consuma in ogni caso con la 'chiusura della procedura esecutiva, contenuta nel verbale delle operazioni
dell'ufficiale giudiziario, compiute in ottemperanza all'ordinanza del giudice dell'esecuzione, sempreché il verbale e l'ordinanza non siano stati impugnati per vizi concernenti la non conformità di quanto eseguito o disposto rispetto al titolo esecutivo' (così, Cass. n. 23182/2014; conf., Cass. n. 29347/2019). Pertanto, allorquando il g.e. procede all'emissione del decreto ingiuntivo ex art. 614 c.p.c. , egli è investito di un autonomo potere di cognizione, sommario ancorché funzionale al (e derivante dal) suo ruolo; il decreto così adottato, però, non è un atto direttamente riferibile al processo esecutivo (quand'anche emesso non già al termine dell'esecuzione, ma nel corso di essa, finalizzato com'è al conseguimento di un separato ed autonomo titolo esecutivo di condanna al pagamento di una somma, quand'anche collegata geneticamente al diverso procedimento di esecuzione in forma specifica) e la sua notificazione determina la pendenza del relativo (e distinto) processo che da esso scaturisce, secondo la regola generale dettata dall'art. 643 c.p.c., in tema di procedimento monitorio, se del caso seguito dalla fase a contraddittorio pieno, con l'opposizione ex art. 645 c.p.c.››.
Orbene, dando seguito alle suddette pronunce, occorre qui ribadire che l'esecutato, con l'opposizione al decreto ingiuntivo, emesso dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 614, comma 2, c.p.c. (per il rimborso delle spese anticipate dalla parte istante), può contestare la congruità delle spese o l'avvenuta anticipazione delle stesse; ma non può svolgere contestazioni che avrebbe dovuto proporre nel corso del processo di esecuzione forzata attraverso la proposizione dei rimedi previsti dagli artt. 615 e 617 c.p.c..
Pertanto, non rientra nel perimetro della opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 614 c.p.c. qualsiasi questione relativa al processo esecutivo (relativa all' an , al quis , al contra quem , al quomodo ); e, in particolare, con riferimento al caso di specie, né la questione relativa alla debenza delle somme inerenti al compimento di una o più opere in
quanto esorbitanti rispetto al titolo esecutivo (questione attinente all'effettiva portata di questo), né la questione relativa al difetto di legittimazione passiva dell'esecutato nel processo esecutivo.
Il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 614 c.p.c., ove dette questioni siano state sollevate dall'esecutato davanti a lui (senza, quindi, tempestivamente e previamente proporle con le opposizioni esecutive), non può riqualificare la domanda come se la stessa fosse stata proposta ai sensi degli artt. 615 o 617 c.p.c., sia per la diversità di ambito dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. rispetto a quelle esecutive, sia perché – se il decreto opposto è successivo al definitivo completamento delle opere attestato dall'ufficiale giudiziario – non è più possibile proporre rimedi interni al procedimento esecutivo.
In definitiva, il COGNOME avrebbe dovuto svolgere le sue doglianze relativamente alla mancata notificazione del precetto ed alle anomale modalità con cui il processo era stato instaurato nei suoi confronti attraverso i rimedi e, soprattutto, nei tempi e nei modi di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c.
Poiché ciò non è avvenuto, è intervenuta preclusione che rende irrimediabilmente inammissibili i motivi in esame.
Al rilievo che precede, di per sé assorbente, si aggiungono i seguenti ulteriori e indipendenti profili di inammissibilità.
4.1. Inammissibile è il primo motivo.
Secondo un consolidato principio di questa Corte, affermato da oltre un decennio dalle Sezioni Unite (nn. 8053/2014) e seguito successivamente dalla giurisprudenza di legittimità a Sezione semplice, il ricorrente, nel rispetto delle previsioni dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell'articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve indicare il ' fatto storico ', il cui esame sia stato omesso, il ' dato ', testuale o extra testuale, da cui esso risulti esistente, il ' come ' e il ' quando ' tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ' decisività' ', fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori
non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal Giudice.
Nel caso di specie, risulta dalla sentenza impugnata (p. 10, p. 11 e p. 13) che il presunto fatto asseritamente trascurato, riguardante l'asserita inerzia o mancanza di 'richieste' e 'messa in mora' dei coniugi COGNOME nei confronti del COGNOME, è stato in realtà valutato dalla corte territoriale, sia pure in modo difforme dalle aspettative del ricorrente.
Inoltre – anche a voler prescindere dal rilievo che il fatto, asseritamente trascurato, non risulta essere stato dedotto nel giudizio di primo grado – il ricorrente inammissibilmente non si misura con le ragioni addotte dalla corte territoriale a fondamento della sua decisione (e, in particolare, non censura la sentenza impugnata nella parte in cui la corte ha dichiarato l'inammissibilità ex art. 345 c.p.c., per tardività, della sua eccezione di prescrizione decennale), ma sostanzialmente sollecita questa Corte a procedere ad una rivalutazione in punto di fatto, che, come è noto, è ad essa preclusa. Tanto è vero che giunge a chiedere a questa Corte di dichiarare che, nei suoi confronti, non è mai stato posto l'obbligo di costruire la strada per cui è ricorso.
4.2. Inammissibile è il secondo motivo.
Il ricorrente si duole che la corte territoriale nella sentenza impugnata non ha considerato che i coniugi COGNOME COGNOME avevano dichiarato nell'ambito del processo esecutivo R.G.E.n. 2751/10 di non avere interesse alla costruzione della strada, cosa che, secondo la tesi del ricorrente, configurerebbe ' rinuncia per mancanza di interesse al diritto di chiedere al Dott. COGNOME di porre in essere l'obbligo del costruire la strada e quindi di pagare le spese di CTU relative '.
Senonché, il ricorrente inammissibilmente non indica dove e in che termini la tesi della rinuncia dei resistenti (a chiedere l'adempimento dell'obbligo di costruire la strada) sia stata da lui
allegata e dove e in che termini detta tesi abbia formato oggetto di discussione tra le parti nel corso del giudizio di merito (di primo e di secondo grado).
D'altronde, dal complesso della motivazione della sentenza impugnata, centrata sul fondamentale rilievo che ogni doglianza avrebbe dovuto essere proposta nel corso del processo di esecuzione, si evince che la corte territoriale ha esaminato anche il suddetto preteso fatto storico omesso.
4.3. Inammissibili sono anche tutti i restanti motivi, nei quali il ricorrente contesta la violazione di norme di legge, senza neppure indicare quali sarebbero state le disposizioni normative violate.
Al riguardo, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio (ribadito di recente dalle Sezioni Unite con sentenza n. 23745/2020) per cui in tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi – sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c. e nella specie non osservato – impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa.
4.4. Inammissibile è il terzo motivo.
Il ricorrente si duole che la corte territoriale ha dichiarato tardiva l'eccezione di prescrizione, da lui sollevata, ma non precisa dove, quando e in che termini detta eccezione aveva sollevato.
Peraltro, non può non ribadirsi che il COGNOME, sia pure su ricorso notificatogli a seguito di indicazione del giudice, ha partecipato al
processo esecutivo, in qualità di parte esecutata, ragion per cui, in base all'art. 2945 c.c., il termine prescrizionale del diritto ex adverso azionato è rimasto ineludibilmente interrotto.
4.5. Inammissibile è il settimo motivo.
Invero il ricorrente non soltanto inammissibilmente non indica le norme di legge che sarebbero state violate, ma inammissibilmente, nel contestare la inammissibilità/improponibilità/infondatezza della domanda con la quale il gruppo Poli COGNOME aveva chiamato lui e sua madre nella causa RG 2751/2010 censura – censura (non una parte della sentenza qui impugnata, ma) un atto del processo esecutivo RGE n. 2751/2010, che comunque 'giudizio' non è, nei confronti di soggetti (i Poli COGNOME) che non sono stati parte del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 614 c.p.c.
4.6. Inammissibile è l'ottavo motivo, concernente la statuizione relativa alle spese processuali.
Invero, in tema di spese processuali, secondo consolidato principio di diritto affermato da questa Corte (si cfr., tra le altre, Cass. n. 19989/2021), in caso di riforma della decisione, il giudice dell'impugnazione, investito ai sensi dell'art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d'appello, atteso che l'accezione omnicomprensiva di "compenso" evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera prestata nella sua interezza.
Inoltre, il ricorrente, in violazione del generale principio di specificità del ricorso, non indica le ragioni per le quali sarebbe stati liquidati compensi superiori al massimo fissato dal primo decreto ministeriale.
In definitiva, all'inammissibilità del ricorso non consegue la condanna alle spese, per la dichiarata tardività del controricorso, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali
per il pagamento dell'importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
dichiara inammissibile il controricorso;
– ai sensi dell ' art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente al competente ufficio di merito, dell ' ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2024, nella camera di