Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9714 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9714 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6925/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, da ll’AVV_NOTAIO (p.e.c.: EMAIL), elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
NOME, in persona del Sindaco pro tempore, e RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 14067/2021, pubblicata in data 3 settembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO COGNOME
Fatti di causa
Con ricorso ex art. 615 cod. proc. civ. AVV_NOTAIO propose opposizione avverso il verbale di accertamento, di cui era venuto a conoscenza a seguito della consegna della cartella di pagamento relativa a sanzione amministrativa per violazione al codice della strada elevata da Roma Capitale, deducendo la mancata notifica del verbale e della cartella di pagamento eseguita direttamente dal concessionario.
All’esito della costituzione di RAGIONE_SOCIALE e di Roma Capitale, il Giudice di pace di Roma dichiarò inammissibile l’opposizione, perché proposta oltre il termine di trenta giorni dalla ricezione della cartella di pagamento.
La sentenza, impugnata dal COGNOME, è stata confermata dal Tribunale di Roma.
I l giudice d’appello ha osservato , richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite n. 22082/2017, che l’opposizione alla cartella di pagamento, per la riscossione di sanzione amministrativa irrogata per violazione al codice della strada, doveva essere proposta, nel termine di trenta giorni, ex art. 7 d.lgs. n. 150 del 2011, e non ex art. 615 cod. proc. civ., nel caso in cui la parte deduceva che essa costituiva il primo atto con cui era venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione; ed ha, di conseguenza, rilevato la tardività dell’opposizione avanzata dal COGNOME , ponendo a suo carico le spese del giudizio di primo grado, considerato che l’inammissibilità dell’opposizione era conseguenza non solo dei
principi enunciati dalle Sezioni Unite, ma anche del fatto che l’opponente era decaduto sin dal 2011 da possibili contestazioni avverso il verbale di accertamento, che era stato correttamente e tempestivamente notificato a mani proprie del destinatario.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione della suddetta decisione, con tre motivi.
Roma Capitale e RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc. civ.
Il Collegio si è riservato il deposito nel termine di sessanta giorni dalla data della decisione.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente deduce ‹‹Pronuncia extra petita, in violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.››.
Rappresenta che con l’atto di appello non aveva formulato un motivo di gravame per lamentare l’assenza di pronuncia sulla invalidità della notifica della cartella, ma aveva piuttosto chiesto la compensazione delle spese di lite in ragione dei contrasti giurisprudenziali esistenti prima dell’intervento della pronuncia delle Sezioni Unite n. 22080/17; il Tribunale, invece, aveva esaminato anche le doglianze nel merito, sebbene non riproposte, in violazione del principio del tantum devolutum quantum appellatum .
Con il secondo motivo il ricorrente prospetta la ‹‹violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; conseguente contrasto con le norme degli artt. 112 e 342 c.p.c.›› ed addebita al giudice di appello di non avere correttamente
interpretato l’atto di appello, considerato che l’assenza di pronuncia sul tema della notifica della cartella era stata evidenziata al solo fine di chiarire che la condanna alle spese si fondava esclusivamente sulla ritenuta inammissibilità dell’opposizione, stante l’inottemperanza al termine di cui all’art. 7 d.lgs. n. 150/11, e che tale ragione giustificava la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ.
Con il terzo motivo, deducendo ‹‹Pronuncia extrapetita , in violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 276 comma 2, e 279, comma 2, nonché dell’art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.››, il ricorrente rimarca che, non avendo mai introdotto in appello un motivo di impugnazione sulla questione della mancata notifica del verbale di accertamento, che risultava ritualmente notificato nel 2011, giusta copia conforme della relativa relata prodotta da Roma Capitale, la decisione impugnata si pone in contrasto con le nome evocate, in quanto la dichiarata inammissibilità dell’opposizione precludeva l’esame del merito.
I motivi sopra illustrati, strettamente connessi, perché tutti nella sostanza volti a denunciare la mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, possono essere trattati unitariamente e sono infondati.
Anche se il Tribunale si sofferma a richiamare le doglianze attinenti al merito, sottolineando che, nel caso di specie, era in discussione ‹‹ il rapporto tra la generale possibilità di opposizione alla esecuzione offerta dall’art. 615 cod. proc. civ. per i fatti estintivi sopravvenuti quale la prescrizione e quelle previste per dedurre i vizi del verbale di accertamento delle infrazioni e per i vizi della cartella di pagamento ›› , e ripercorre, con un lungo excursus , l’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto alla sentenza delle Sezioni Unite n.
22082/17, emerge evidente che le argomentazioni poste a sostegno del decisum , complessivamente considerate, sono funzionali soltanto a ribadire la correttezza della condanna alle spese di lite, a fronte di due ragioni di inammissibilità dell’opposizione, ed a disattendere la asserita sussistenza delle gravi ed eccezionali ragioni che, ad avviso dell’allora appellante, ora ricorrente, avrebbero potuto giustificare la compensazione delle spese di lite.
Non vi è stata, dunque, pronuncia su un motivo di appello non proposto, ma piuttosto -sia pur con una motivazione eccessivamente lunga e diffusa -una illustrazione del percorso logico giuridico che ha giustificato la declaratoria d’inammissibilità dell’opposizione e la conseguente condanna alle spese di lite a carico della parte soccombente.
A tanto consegue che non è ravvisabile il vizio di ultrapetizione, che ricorre soltanto quando il giudice attribuisca ad una parte un bene non richiesto o maggiore di quello richiesto (Cass., sez. 3, 11/06/2021, n. 16608), né le ulteriori violazioni contestate, poiché il Tribunale, nel rigettare l’appello, ha comunque confermato l’inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine previsto dall’art. 7 del d.lgs n. 150/2011, cosicché le ulteriori argomentazioni contenute nella sentenza sono state svolte ad abundantiam.
Ciò porta anche ad escludere che la decisione gravata si ponga in dissonanza con il disposto di cui ai richiamati artt. 276 e 279 cod. proc. civ. e che incorra in una delle gravi anomalie motivazionali che si traducono in un error in procedendo che comporta nullità della sentenza, come individuate dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 2232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n 16599).
In ogni caso, considerato che la soccombenza, ai fini della
regolazione delle spese, si rapporta all’esito concreto della lite, e non a quello sperato o ritenuto più corretto da chi vi appare univocamente ed incontestabilmente soccombente, non è in questa sede censurabile la statuizione della decisione del Tribunale di condanna dell’odierno ricorrente al pagamento delle spese dei gradi di merito.
Difatti, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, cosicché la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., sez. U. 15/07/2005, n. 14989; Cass., sez. 3, 31/03/2006, n. 7607; Cass., sez. 6 -3, 26/04/2019, n. 11329; Cass., sez. 3, 04/03/2021, n. 6110).
5. Alla infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per non avervi svolto alcuna attività le controparti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione