Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20127 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 32852-2018 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 30/05/2024
CC
avverso la sentenza n. 244/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 09/05/2018 R.G.N. 650/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
R.G. 32852/18
Rilevato che:
Con sentenza del 9.5.2018 n. 244, la Corte d’appello di Bologna accoglieva il gravame proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Ferrara che aveva accolto la domanda di COGNOME NOME e COGNOME NOME volta a chiedere che fosse accertata la non debenza della contribuzione di pertinenza del fondo commercianti accertata in sede ispettiva, eccependo che non sussistevano i presupposti per la iscrizione al predetto regime assicurativo, atteso che l’attività della società de qua era cessata dal 2008 e successivamente aveva limitato la propria attività alla percezione dei canoni delle locazioni degli immobili di proprietà e che, comunque, nessun facere efficiente e abituale era stato posto in essere dai soci ricorrenti all’interno della predetta società.
Il tribunale, nella resistenza dell’ente previdenziale, accoglieva la domanda, osservando, in sintesi, che doveva ritenersi irrilevante quanto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE tempestivamente eccepito e cioè, che gli avvisi di addebito relativi alla contribuzione e accessori non erano stati opposti, alla luce del fatto che era stata incardinata una previa azione di accertamento negativo.
La Corte d’appello, da parte sua, a sostegno dei propri assunti di accoglimento del gravame dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto l’opposizione tardiva, perché proposta oltre il termine perentorio di 40 gg. dalla notifica dell’atto impositivo, di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 46/99, divenendo in caso contrario definitivo il titolo e incontestabile la pretesa contributiva.
Avverso la sentenza della Corte d’appello RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria, mentre l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non ha spiegato difese scritte.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 24 comma 3 del d.lgs. n. 46/99, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello non aveva tenuto conto che i ricorrenti, prima di ricevere la notifica degli avvisi di addebito, avevano incardinato davanti al tribunale di Ferrara un giudizio di accertamento negativo del credito avverso la medesima pretesa contributiva, impugnando le comunicazioni dell’RAGIONE_SOCIALE del 25.3.14 e nelle more non era intervenuta alcuna pronuncia che attestasse la fondatezza della pretesa contributiv a dell’Ente ; al contrario, il giudice di primo grado aveva accertato che nulla era dovuto a titolo di contributi, sicché i ricorrenti non erano tenuti ad impugnare, nel termine di cui all’art. 24 comma 3 del d.lgs. n. 46/99, alcun atto impositivo successivo, che non poteva neppure essere emesso.
Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, evincibile dalla motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c .p.c., consistente nel fatto che la Corte d’appello aveva fatto riferimento alla preliminare mancata opposizione degli avvisi di addebito la cui sottostante pretesa non poteva essere più contestata in un successivo giudizio, laddove la vicenda processuale oggetto di controversia era ben diversa, consistente
nella proposizione di un giudizio di accertamento negativo del credito precedente (e non successivo) all’emissione degli avvisi di addebito, aventi ad oggetto la medesima pretesa impositiva, così che gli stessi, la cui efficacia era stata sospesa dallo stesso RAGIONE_SOCIALE previdenziale, non avrebbero potuto neppure essere emessi, fintantoché il giudice non si fosse pronunciato sul primo giudizio.
Il primo e secondo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono infondati.
La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha consapevolmente superato il principio di diritto enunciato da Cass. n. 16203/2008, secondo il quale, una volta che sia stata introdotta, e sia in corso, una causa di merito sulla fondatezza della pretesa contributiva previdenziale, non occorre che il contribuente instauri un secondo separato giudizio relativo anch’esso al merito sostanziale della pretesa dell’ente previdenziale, come è il giudizio di opposizione contro l’iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 24, comma 5, D.Lgs. n. 46/1999, atteso che la mancata proposizione dell’opposizione ex art. 24 cit. integrerebbe soltanto una preclusione di carattere processuale, come tale irrilevante rispetto a questioni di merito già validamente proposte in giudizio, sicché essa non potrebbe in ogni caso incidere sulla validità e sull’efficacia di una sentenza di accertamento negativo della pretesa contributiva previdenziale pronunziata in accoglimento della domanda del contribuente proposta prima di detta opposizione.
Per converso, questa Corte ha recentemente sostenuto che l’art. 24 comma 5 del d.lgs. n. 46/99 ha previsto uno specifico mezzo dell’impugnazione del ruolo da azionarsi entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, con il quale vengono devolute in giudizio tutte le questioni aventi ad
oggetto la fondatezza della pretesa, e dunque sia quelle relative alla regolarità del titolo che quelle attinenti al merito; che, quindi, nessun risultato utile potrebbe più conseguire il contribuente che, prima della notifica della cartella esattoriale, abbia intrapreso un giudizio di accertamento negativo del credito iscritto a ruolo, impugnando ad es. il verbale recante l’accertamento ispettivo (così, Cass. n. 6753 del 2020).
La superata opinione espressa da Cass. n. 16203/08 cit. trascura di considerare che, contrariamente a quanto avviene nella riscossione mediante ruolo dei tributi, l’atto propedeutico all’iscrizione a ruolo dei crediti degli istituti previdenziali, ossia il verbale di accertamento o altro equipollente, non è un atto per il quale la legge prevede l’impugnazione entro termini perentori, l’unico termine perentorio essendo invece posto dall’art. 24, D.Lgs. n. 46/1999, per l’opposizione all’iscrizione a ruolo, che decorre dalla notifica al debitore della cartella esattoriale. Argomentando diversamente, si finirebbe surrettiziamente per disapplicare l’art. 24, comma 5, D.Lgs. n. 46/1999, non essendo logicamente configurabile una “preclusione di carattere meramente procedurale, priva di conseguenze sul piano del diritto sostanziale”, come invece sostenuto Cass. n. 16203 del 2008, e dovendo invece reputarsi – in linea con l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte – che la perentorietà del termine, importando la decadenza dalla facoltà di rimettere in discussione il titolo medio tempore consolidatosi, abbia carattere sostanziale (cfr. Cass. n. 6199/2024).
Il ricorso va, quindi, rigettato, mentre la mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’RAGIONE_SOCIALE previdenziale esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30.5.24.