Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9451 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 9451 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 25083 del ruolo AVV_NOTAIO dell’anno 2022, proposto da
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOME CODICE_FISCALE)
(C.F.:
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , in qualità di procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore
RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore
Rep.
RAGIONE_SOCIALE, già Banca di RAGIONE_SOCIALE Cooperativo del RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore
RAGIONE_SOCIALE, già Banca RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimati- per la cassazione della sentenza del Tribunale di Lamezia Terme n. 639/2022, pubblicata in data 17 agosto 2022; udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME; udito il pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso, come da requisitoria scritta già depositata, per la cassazione senza rinvio o, in subordine, con rinvio della sentenza impugnata.
Fatti di causa
Nel corso di un procedimento di espropriazione immobiliare promosso da vari creditori in danno di NOME COGNOME e poi proseguito nei confronti dei suoi eredi NOME, NOME, NOME, NOME ed NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, il giudice dell’esecuzione, disattese le contestazioni relative al progetto di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita proposte da NOME COGNOME, ha approvato detto progetto.
Avverso l’ordinanza di approvazione del progetto di riparto, il COGNOME ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi degli artt. 512 e 617 c.p.c..
L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Lamezia Terme, esclusivamente con riguardo alla posizione del creditore intervenuto RAGIONE_SOCIALE, nelle cui posizioni soggettive era frattanto subentrata RAGIONE_SOCIALE, che è stata esclusa dal riparto, mentre è stata rigettata in relazione alla posizione degli altri creditori.
Ricorre RAGIONE_SOCIALE, sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso il COGNOME.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.
È stata disposta la trattazione in pubblica udienza.
Entrambe le parti costitute hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. .
Ragioni della decisione
Si premette che non risulta impugnata (pur non apparendo in linea con la giurisprudenza di questa Corte) la statuizione del giudice del merito in ordine alla non necessità di evocare nel presente giudizio gli altri creditori procedenti e/o intervenuti nel processo esecutivo, di cui deve ritenersi dunque irrilevante anche l’esatta identificazione nell’esposizione dei fatti di cui al ricorso (decisione espressa nei seguenti termini: « Ugualmente infondata pare l’eccezione di nullità del ricorso solo ad alcuni dei creditori: non sembra sussistere, infatti, alcun interesse ad agire in capo ai restanti creditori » …) .
D’altra parte, come si vedrà, l’opposizione di merito proposta dal COGNOME risulta originariamente inammissibile, e ciò assorbe ogni altra questione, anche relativa alla corretta instaurazione del contraddittorio nel giudizio di merito.
Risulta pregiudiziale ed assorbente l’esame del secondo motivo del ricorso, con il quale si denunzia « Violazione e falsa applicazione dell’ art. 618 II comma c.p.c. nonché degli artt. 156 e 158 c.p.c. in relazione all’ art. 360 I comma nn. 3 e 4 c.p.c. ». La società ricorrente sostiene che l’opposizione del COGNOME avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile ovvero improcedibile, per la sua tardiva proposizione e/o, comunque, per non essere stata preceduta dal regolare svolgimento della necessaria fase sommaria davanti al giudice dell’ese cuzione, anche in virtù della tardiva notificazione del relativo atto introduttivo.
Il motivo è fondato.
Si tratta, in ogni caso, di questioni rilevabili anche di ufficio (ove non precluse -come nella specie -da un contrario esplicito giudicato interno), in quanto in astratto idonee a determinare la cassazione senza rinvio della decisione impugnata perché la domanda di merito non poteva essere proposta, ai sensi dell’art. 382, comma 3, c.p.c. .
2.1 Per quanto emerge dagli atti, l’originario ricorso in opposizione era stato ritualmente diretto al giudice dell’esecuzione , come emerge dall’intestazione dello stesso.
Esso, peraltro, risulta iscritto nel ruolo degli affari contenziosi, non semplicemente depositato nel fascicolo dell’esecuzione.
Secondo quanto riferiscono le parti, in effetti, il Presidente del Tribunale avrebbe in un primo tempo designato per la trattazione del suddetto ricorso -benché diretto al giudice dell’esecuzione -un giudice addetto ai giudizi di cognizione ordinaria, che glielo avrebbe restituito perché fosse trasmesso al giudice dell’esecuzione; quest’ultimo, però, lo avrebbe a sua volta qualificato come atto introduttivo del giudizio di cognizione di merito dell’opposizione e, pertanto, invece di fissare davanti a sé la comparizione delle parti per lo svolgimento della fase sommaria, avrebbe disposto ed ottenuto una nuova rimessione del fascicolo al giudice della cognizione (senza sentire le parti e, quindi, senza lo svolgimento della necessaria fase sommaria dell’opposizione).
Il giudice infine designato dal Presidente del Tribunale ha, comunque, fissato l’udienza di comparizione delle parti, con decreto in calce al ricorso, assegnando a tal fine alla parte opponente il termine per la notificazione dell’atto introduttivo previst o dall’art. 618, comma 2, c.p.c. (ha, cioè, disposto la notificazione del ricorso nel rispetto dei termini a comparire di cui all’art. 163 bis c.p.c., ridotti della metà).
L’opponente non risulta, però, aver provveduto alla notificazione entro tale termine e, all’udienza fissata per la
comparizione delle parti e la trattazione, ha chiesto ed ottenuto dal giudice istruttore l’assegnazione di un nuovo termine.
2.2 Orbene, in questa situazione, parrebbe effettivamente doversi escludere che si sia svolta regolarmente la necessaria fase sommaria del giudizio di opposizione davanti al giudice dell’esecuzione, in conformità al principio della struttura bifasica della fase introduttiva delle opposizioni esecutive, la quale richiede che sia fissata dal giudice dell’esecuzione la comparizione delle parti davanti a lui, ai sensi dell’art. 618, comma 1, c.p.c. (previa assegnazione di un termine perentorio per la notifica del ricorso), con successiva assegnazione, all’esito della fase sommaria, di un ulteriore termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, da effettuarsi con atto di citazione notificato entro detto termine (di regola, e salva la necessità di applicare riti speciali, in questo caso non ricorrente), ai sensi dell’art. 618, comma 2, c.p.c..
Nella specie, pur sottoposto il ricorso al giudice dell’esecuzione, questi (come si vedrà, è irrilevante nella presente fattispecie stabilire se a torto o a ragione) lo ha qualificato come atto introduttivo del giudizio di merito dell’opposizione e, di conseguenza, ha ritenuto di doverlo trasmettere direttamente ad un altro giudice dell’ufficio designato per la trattazione dei giudizi di cognizione, senza disporre lo svolgimento della fase sommaria davanti a sé.
Ciò, peraltro, diversamente da quanto prospettato dalla rappresentante della Procura Generale, non potrebbe determinare, di per sé, l’inammissibilità dell’opposizione.
Secondo l’indirizzo di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25170 del 11/10/2018, Rv. 651161 -01 e 02 e successive conformi), infatti, è vero che « la preliminare fase sommaria delle opposizioni esecutive (successive all ‘ inizio dell ‘ esecuzione) davanti al giudice dell ‘ esecuzione (ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617, comma 2, e 618, nonché 619, c.p.c.) è
necessaria ed inderogabile, in quanto prevista non solo per la tutela degli interessi delle parti del giudizio di opposizione ma anche di tutte le parti del processo esecutivo e, soprattutto, in funzione di esigenze pubblicistiche, di economia processuale, di efficienza e regolarità del processo esecutivo e di deflazione del contenzioso ordinario » onde « la sua omissione, come il suo irregolare svolgimento, laddove abbia impedito la regolare instaurazione del contraddittorio nell ‘ ambito del processo esecutivo ed il preventivo esame dell ‘ opposizione da parte del giudice dell ‘ esecuzione -non solo in vista di eventuali richieste cautelari di parte, ma anche dell ‘ eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi diretti a regolare il corso dell ‘ esecuzione -determina l ‘ improponibilità della domanda di merito e l ‘ improcedibilità del giudizio di opposizione a cognizione piena »; ed è altrettanto vero che « l’atto introduttivo dell’opposizione esecutiva successiva all’inizio dell’ esecuzione (ex artt. 615, comma 2, 617, comma 2, e 618, nonché 619, c.p.c..) che eventualmente si discosti dal modello legale (il quale richiede un ricorso direttamente rivolto al giudice dell’esecuzione, da depositarsi quindi nel fascicolo dell’esecuzione già pendente e non da iscriversi nel ruolo contenzioso civile) è nullo, ma la nullità resta sanata, per raggiungimento dello scopo, se l’atto sia depositato nel fascicolo dell’esecuzione e/o comunque pervenga nella sfera di conoscibilità del giudice dell’esecuzione, anche su disposizione di un giudice diverso, che ne rilevi la suddetta nullità, o su richiesta della parte opponente; in tal caso, la sanatoria opera con effetto dalla data in cui sia emesso il provvedimento che dispone l ‘ inserimento dell’atto nel fascicolo dell ‘ esecuzione ovvero dalla data, se anteriore, della richiesta dell ‘ opponente »; resta peraltro fermo, in ogni caso, che « laddove il mancato tempestivo inserimento (del ricorso) nel fascicolo dell ‘ esecuzione non sia imputabile alla parte opponente ma ad un errore della cancelleria, gli effetti della proposizione della domanda
resteranno quelli del deposito dell ‘ atto presso l ‘ ufficio giudiziario, tenuto conto che la cancelleria è tenuta ad inserire nel fascicolo dell ‘ esecuzione tutti gli atti che siano oggettivamente interpretabili come diretti al giudice dell ‘ esecuzione, indipendentemente dalla loro forma o dalla loro iscrizione a ruolo ».
Non potrebbe, dunque, condurre alla dichiarazione di definitiva inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi l’omesso svolgimento della relativa fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione, laddove tale omissione non sia imputabile ad un’erronea introduzione del giudizio da parte dell’opponente, ma ad un errore dell’ufficio giudiziario.
Per giungere alla definitiva dichiarazione di inammissibilità della fase di merito delle opposizioni esecutive successive all’inizio dell’esecuzione, in casi del genere, occorre che la violazione delle disposizioni sulla regolare instaurazione delle stesse, secondo la inderogabile struttura bifasica prevista dalla legge, sia imputabile all’opponente e non ad un errore dell’ufficio giudiziario; in quest’ultima ipotesi, il giudizio di cognizione di merito relativo all’opposizione (svoltosi senza la preventiva fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione) sarà comunque nullo e dovrà essere rinnovato, previa regolare instaurazione e svolgimento della fase sommaria omessa, ma senza alcuna decadenza per la parte opponente (diversamente da quanto accadrà nel ca so in cui l’omissione sia imputabile alla parte).
2.3 Tanto premesso, nella specie, anche a prescindere dall’imputabilità, in concreto, alla parte ricorrente ovvero all’ufficio giudiziario, dell’assegnazione del ricorso in opposizione ad un giudice incaricato della trattazione dei giudizi di cognizione invece che al giudice dell’esecuzione, è assorbente la considerazione che c ertamente è imputabile all’opponente l’omessa notificazione dell’atto introduttivo dell’opposizione nel termine assegnatogli dal giudice (infine) designato per la trattazione della
stessa, termine che certamente doveva ritenersi avere carattere perentorio per legge.
Sono, infatti, espressamente previsti dalla legge come perentori sia il termine di cui all’art. 618, comma 1, c.p.c., per la notificazione del ricorso diretto al giudice dell’esecuzione ai fini dello svolgimento della fase sommaria davanti al medesimo, sia il te rmine di cui all’art. 618, comma 2, c.p.c., per l’introduzione del giudizio di merito a cognizione piena.
Nella specie, il decreto con il quale il giudice (infine) designato per la trattazione dell’opposizione ha fissato il termine per la notificazione del ricorso -nonostante la confusione determinatasi nell’attività di assegnazione dell’affare non potrebbe trovare altra e diversa possibile qualificazione, se non una delle due appena indicate.
Ne consegue che non è rilevante stabilire se, a seguito del deposito del ricorso della parte opponente, non abbia avuto luogo la necessaria fase sommaria dell’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione perché esso era stato erroneamente iscritto nel ruolo degli affari contenziosi dallo stesso opponente, ovvero perché era stato erroneamente qualificato dal giudice dell’esecuzione (cui comunque era stato trasmesso) e dal Presidente del Tribunale, quale atto introduttivo del giudizio di merito erroneamente proposto nella forma del ricorso invece che dell’atto di citazione; e neanche rileva stabilire se la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, infine operata dal giudice designato dal Presidente del Tribunale per la trattazione di quel ricorso, sia avvenuta ai sensi dell’art. 618, comma 1, c.p.c., ai fini dello svolgimento davanti a sé della fase sommaria dell’opposizione unitamente al merito (per quanto in violazione del carattere bifasico della fase introduttiva delle opposizioni esecutive), ovvero se tale fissazione sia avvenuta esclusivamente ai fini dello svolgimento del solo giudizio di merito, perché: a) nel primo caso, il termine assegnato all’opponente per
la notificazione del ricorso costituirebbe il termine perentorio di cui all’art. 618, comma 1, c.p.c.; b) nel secondo caso, il suddetto termine non potrebbe che costituire quello, ugualmente perentorio, previsto dall’art. 618, comma 2, c.p.c., per l’introduzione del giudizio di merito.
In entrambi i casi, il mancato rispetto di quel termine impedisce la proposizione ovvero la regolare prosecuzione del giudizio di merito a cognizione piena relativo all’opposizione.
Non è, del resto, predicabile altra possibile qualificazione del termine assegnato per la notificazione di quel ricorso, in quanto tale ricorso -tertium non datur -può essere qualificato esclusivamente: a) come ricorso diretto al giudice dell’esecuzione ai fini dello svolgimento della fase sommaria dell’opposizione (ricorso che va notificato nel termine perentorio di cui all’art. 618, coma 1, c.p.c.); b) come atto introduttivo del giudizio di merito dell’opposizione stessa (il quale va notificato nel term ine perentorio di cui all’art. 618, comma 2, c.p.c.).
E poiché il suddetto termine assegnato non risulta essere stato rispettato, in entrambe le ipotesi il giudizio di merito dell’opposizione deve ritenersi improcedibile (quanto meno) per il mancato rispetto di un termine perentorio: nel primo caso, per il ma ncato rispetto del termine perentorio per l’instaurazione del contraddittorio tra le parti ai fini del regolare svolgimento della fase sommaria, in mancanza del quale regolare svolgimento il giudizio di merito non è proponibile; nel secondo caso, per il ma ncato rispetto del termine perentorio per l’introduzione dello stesso giudizio di merito, che (anche a voler ritenere non imputabile all’opponente il mancato svolgimento della fase sommaria) determina analoga conseguenza; in entrambi i casi, comunque, per il mancato rispetto di un termine perentorio imputabile all’opponente.
2.4 Ad identica conclusione si perviene, sia laddove voglia negarsi rilevanza all’omesso svolgimento della fase sommaria
davanti al giudice dell’esecuzione, in quanto non imputabile all’opponente ma alla erronea decisione di quest’ultimo, che ha disposto la immediata trasmissione del ricorso al giudice della cognizione, sia laddove, per ipotesi, si volesse addirittura ritenere in qualche modo comunque avvenuto lo svolgimento della fase sommaria dell’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione (sia pure in modo non regolare), per essere stato comunque a quest’ultimo trasmesso il ricorso.
In ogni caso, vi è un dato oggettivo del quale, anche in tali ipotesi, non può dubitarsi: il giudice dell’esecuzione, pur essendo venuto a conoscenza dell’opposizione, non ha assegnato alle parti il termine per l’instaurazione del giudizio di merito.
In tali casi, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, la parte interessata -vi sia, o meno, provvedimento sulle spese -può chiedere al giudice la fissazione di tale termine, con istanza ai sensi dell ‘ art. 289 c.p.c., nel termine perentorio previsto da detta norma, ovvero può introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito, sempre nel detto termine perentorio (giurisprudenza costante; per tutte, cfr.: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286 -01; Sez. 6 3, Ordinanza n. 5060 del 04/03/2014, Rv. 630644 -01; Sez. 3, Sentenza n. 26285 del 17/10/2019, Rv. 655494 -06; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, Rv. 644810 -02).
D’altra parte, è altrettanto consolidato il principio di diritto secondo il quale « l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione deve avvenire con la forma dell’atto introduttivo richiesta in ragione del rito applicabile alla fase di cognizione piena; pertanto, nell’ipotesi in cui sia ap plicabile il rito ordinario, l’erronea instaurazione del processo con ricorso anziché con citazione è suscettibile di sanatoria a condizione che, nel suddetto termine, l’att o sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice ma anche notificato alla controparte » (cfr. per tutte: Cass., Sez. 3, Ordinanza n.
6237 del 02/03/2023, Rv. 667141 -01; Sez. 3, Sentenza n. 20995 del 23/08/2018, Rv. 650444 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 5809 del 09/03/2018, Rv. 648347 -01; Sez. 3, Sentenza n. 10643 del 15/05/2014, Rv. 630775 – 01).
In base ai suddetti principi di diritto, anche ad escludere che possa aver rilievo la sostanziale omissione della fase sommaria dell’opposizione, ovvero che la si voglia ritenere svolta (sia pure irritualmente, ma per ragioni imputabili al giudice dell’esecuzione), e sia che debba intendersi la fissazione del termine per la notificazione del ricorso depositato dal COGNOME come fissazione del termine per l’introduzione del giudizio di merito, sia che debba escludersi che una siffatta fissazione vi sia stata, deve quant o meno convenirsi che l’opponente avrebbe avuto l’onere di instaurare il giudizio di merito dell’opposizione, mediante notificazione del relativo atto introduttivo alla controparte, quanto meno, nel termine perentorio di cui all’art. 289 c.p.c., decorrente al più tardi dal momento in cui il giudice dell’esecuzione aveva disposto la trasmissione del ricorso al giudice della cognizione, senza assegnare egli stesso il termine di cui all’art. 618, comma 2, c.p.c..
Ciò certamente non è avvenuto, in quanto la notificazione dell’atto di opposizione risulta effettuata solo nel giugno del 2011, dopo che il giudice designato per la trattazione della stessa, a seguito della trasmissione del fascicolo da parte del giudice d ell’esecuzione, nel mese di ottobre 2010 aveva già fissato l’udienza del 25 febbraio 2011, assegnando il termine per la notifica di cui all’art. 618, comma 2, c.p.c. (cioè, i termini di cui all’art. 163 bis c.p.c. ridotti della metà).
Ed è, infine, appena il caso di osservare che nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza che, proprio all’udienza del 25 febbraio 2011, sia stato dal giudice stesso assegnato un ulteriore termine per effettuare la suddetta notificazione, trattandosi di provvedimento certamente non consentito dalla legge nel caso
in cui, come nella specie, si era già verificata la decadenza della parte dalla relativa facoltà processuale, per la violazione di un termine perentorio.
2.5 Le segnalate irregolarità della fase introduttiva del giudizio di opposizione imputabili all’opponente sono oggetto delle censure formulate dalla parte opposta (ricorrente nella presente fase del giudizio), con il motivo di ricorso in esame e risultano, in ogni caso, già avanzate nel corso del giudizio di merito, come emerge dalla stessa sentenza impugnata; esse sarebbero, d’altra parte, rilevabili anche di ufficio.
La decisione impugnata, sul punto, è da ritenersi certamente viziata da erronea applicazione delle norme processuali, nella parte in cui afferma che « i termini assegnati per l’introduzione non sono stati qualificati espressamente come ‘perentori’ e laddove tale specificazione manchi, devono intendersi come ordinatori ».
Si è già visto, infatti, che, in qualunque modo debba qualificarsi il termine violato dall’opponente, si tratta in ogni caso di un termine certamente previsto dalla legge come perentorio, la cui violazione impedisce il possibile svolgimento della fase di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione.
Il tribunale avrebbe dovuto, pertanto, rilevare, anche al di là dell ‘ omissione della necessaria fase sommaria dell’opposizione davanti al giudice dell ‘ esecuzione, quanto meno il mancato rispetto dei termini perentori previsti dall ‘ art. 618 c.p.c., certamente imputabile all’opponente, dichiarando in ogni caso l’inammissibilità del merito dell’opposizione.
La sentenza impugnata, che ha invece ritenuto ammissibile e giudicato fondata l’opposizione stessa, va, di conseguenza, cassata, in accoglimento del secondo motivo del ricorso e, decidendo nel merito, va dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione proposta dal COGNOME.
Tutti gli altri motivi del ricorso restano assorbiti.
È accolto il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata è cassata e, decidendo nel merito, l’opposizione proposta dal COGNOME dichiarata inammissibile. Per le spese del giudizio si provvede, sulla base del principio
della soccombenza, come in dispositivo.
per questi motivi
La Corte:
-accoglie il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa, per l’effetto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’opposizione proposta dal COGNOME;
-condanna il controricorrente COGNOME a pagare le spese del giudizio in favore della società ricorrente, liquidandole in complessivi € 5.534,00 per il giudizio di merito ed in € 7.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge, per quello di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-